Quello che sta succedendo alla mia vita è veramente incredibile.
Dopo disagi psicologici tremendi, roba che i più devastanti libri di Chuck Palahniuk non sono niente a confronto delle mille spaccature mentali ed emozionali del mio turbolento passato mai visto nemmeno da me stesso, ah ah, la mia vita si sta miracolosamente innalzando, giorno dopo giorno, ora dopo ora.
Grazie alla mia instancabile verve letteraria, al mio acume prodigioso, alla virtuosa mia prosa da cinematografaro sui generis, quest’anno ho ottenuto giustamente l’accredito per la prossima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Ebbene, dopo i miei inspiegabili forfait delle scorse edizioni, comunque spiegabilissimi in quanto cagionati dalle mie depressioni inguaribili eppur sanate, causati dalla segregazione razziale, oserei dire, che masochisticamente m’inflissi, costringendomi a un autoesilio figlio dei miei capricci da asilo, non sono morto a Sant’Elena come Napoleone Bonaparte ma, con buona pace dei miei detrattori, posso qui attestare che mi vedrete al lido veneziano, ove spadroneggerò da critico-imperatore della Settima Arte più elevata. Monopolizzando con amenità ogni pittoresca donna sexy. Infilandomi in qualche festa e forse in qualche sottana suggestiva come un tramonto rosso sul mare, corteggerò, che ne so, una diva di Hollywood e lei capirà che è meglio George Clooney di me perché io sono più bello e giovane di lui ma lui è più ricco, ovviamente, del sottoscritto e dunque ha più voce in capitolo per scritturarla come sua nuova amante se dovesse divorziare dalla moglie di cui s’è sinceramente annoiato.
Intanto, stamattina ho rinnovato la carta d’identità.
Adesso, figlioli, le regole sono cambiate. Nella nuova carta d’identità, elettronica fra l’altro, non compaiono più alcune voci. Come il colore dei capelli e lo stato civile, oppure la professione.
Infatti, che senso aveva? La carta d’identità dura dieci anni. Nel frattempo, uno può cambiare lavoro, sposarsi altre mille volte oppure farsi monaco, perfino biondo.
Il ragazzo, quasi mio coetaneo, che mi ha posto delle domande per rinnovarmi, appunto, il certificato, mi ha solo domandato:
– Altezza, 1 e 70. Vuole che le aggiunga due tre centimetri?
– No, guardi. L’altezza è questa. Anzi, 1 e 68. Uguale a quel nano di Tom Cruise. Ma facciamo come per Al Pacino. Che ha chiesto a quelli di Wikipedia di inserire come statura, appunto, un metro e settanta.
Non ci crede nessuno. Basti vederlo in Scarface. Lui e Steven Bauer camminano, in questa pellicola di De Palma, quasi mano nella mano e vengono inquadrati dunque uno a fianco dell’altro.
Bauer si dice che sia alto uno e ottantacinque. Dunque, Pacino non può essere uno e settanta. Peraltro, oggi molto meno. È ingobbito.
Bauer, nella suddetta pellicola, lo sovrasta di almeno mezzo metro anche se Pacino, dal punto di vista recitativo, gli è una spanna decisamente sopra.
Vi racconto anche questa. Dopo di me, sono entrate nello sportello comunale, altre due persone, un uomo grassissimo e una figa bestiale.
Sempre il ragazzo burocratico, diciamo:
– Buongiorno. Prego, si accomodi. Può rilasciarmi gentilmente la vecchia carta d’identità?
– Tenga.
– Non è la sua.
– Come no?
– Scusi, lei sembra un lottatore di sumo. In questa vecchia carta d’identità, dunque la foto non è la sua.
– Come no?
– Impossibile. Lei qui pesava al massimo 40 kg.
– Sono passati dieci anni.
– Capisco. Vuole che le ritocchi la foto del visone con Photoshop?
– Va bene, se per lei non è troppo impegno.
– Si figuri. Ci metto solo 5 min. Mi dica solo… come vuole che le rifacci il look della faccia? Le piace questa foto di Johnny Depp a trent’anni?
– Johnny Depp è figo.
– Allora vada per il Depp. Vuole anche che le faccia il ciuffo di banana?
– No, meglio rasato a zero come in Paura e delirio a Las Vegas. Sa più di uomo vissuto.
– Ecco, tenga. Firmi qui, arrivederci.
– Buongiorno, carissima.
– Buongiorno. Sta bene?
– Certo.
– La vedo sul paonazzo forte.
– Onestamente, lei è una donna stupenda. Non nego che, vedendola a mezzo metro da me, non abbia provato un certo imbarazzo. Scusi, bevo un bicchiere d’acqua.
Glup glup. Perfetto. Procediamo.
Mi potrebbe cortesemente consegnare la vecchia carta?
– Sì, certo.
– Questa però non è lei.
– Come no?
– Scusi, non vorrei apparirle offensivo. In questa foto sembra la strega di Benevento.
– Come si permette? Villano.
– No, guardi, ha frainteso. Anzi, le rinnovo ancora i complimenti. Ha fatto un notevole cambiamento.
Scusi, non vorrei sembrarle inopportuno, ma, mi dica la verità, è stata otto ore in palestra tutti i giorni e ha trovato un chirurgo plastico da premio Nobel?
– No, sa. Lì avevo solo diciotto anni. Ero bulimica e sempre incazzata col mondo. Ora mi sono sposata. Ho trovato uno che mi mantiene. Non faccio un cazzo da mattina sera. Sa, senza preoccupazioni, con la mente libera, si dice che si diventi più belli.
– Ah, questo si dice?
– Ovvio, non lo sapeva?
– Pensare, carissima, che a me mia madre ha sempre detto il contrario. Mi diceva che le donne e gli uomini che non lavorano, eh già, non hanno dignità e si lasciano andare.
– Retorica da Costituzione italiana. Invero, sono quelli che lavorano come degli schiavi a finire, oltre che imbruttiti, pure nell’anima, senza più ardori vitali perché, dopo dieci ore passate in fabbrica, sono talmente distrutti che non sanno più cosa sia l’amore.
– Signora, a lei piace Elvis?
– E a chi non piace? Ho quasi tutti i suoi cd. Ma mi mancano solamente due suoi album.
– Capisco… Vorrebbe venire a casa mia dopo il mio lavoro? I due mancanti glieli posso regalare, se volesse…
– Ci sta provando?
– Un po’ sì, detta come va detta. Per lei è un problema insormontabile?
– No, tanto mio marito torna sabato. Non lo saprà mai.
– Grande! La nuova carta d’identità è pronta. Deve solo mettere due firme. Una su questa ricevuta e una su questo documento.
– E questo documento che sarebbe?
– Oh, niente di che. Burocrazia. Lei, firmando questo documento, mi dà il nullaosta affinché possa un giorno attestare che siamo entrati, diciamo, in confidenza intima, come posso dire.
– E a che le serve attestarlo?
– Sa, quando morirò, sulla mia lapide vorrei mettere la seguente iscrizione: qui giace un dipendente comunale che fu sfigatissimo ma ebbe una notte da Elvis con una donna da favola.
– Tutto qui? Vuole che le faccia questo piacere? Il documento sarà reso pubblico?
– No, lo archivierò nel cassetto dei miei segreti inconfessabili.
– Allora a che le serve la mia firma?