Stamattina, domenica settembrina, a distanza di una sola settimana dal mio trentaseiesimo compleanno, in preda a ormoni non sedati, vicino alla scrivania seduto, ho contattato di poco tatto una donna che, sinceramente, vorrei scoparmi. Senza “dare nell’occhio”, via chat di Facebook, le ho chiesto gentilmente se s’era svegliata a “gonfie vele”. Lei ha risposto di sì. Al che, sono andato giù p(r)es(s)ante, stimolandola ancora fra le lenzuola.
– Cara, avrei urgente, “ungente” (bi)sogno che tu mi mandassi un paio di foto di te (s)coperta. Si può fare? Dai, cara, anche se mi manca la “carta”… ho finito i (fazzo)letti.
– Come ti permetti? Son cos(c)e da chiedere a una damigella di prima mattina?
– Sì, chiedo questo e “altro”. Lo voglio in te al(a)to, “permeato”, “adombrato”, incuneato, “introiettato”, fottuto/a. Su, fammi… il piacere.
– Lurido! Io non mando foto nude al primo che capita! Capito? Caspita!
– Sono un lordo, non un lord. Lo(r)dalo! Sei pudica e invece dovre(st)i scoprirti in ogni sen(s)o.
– Fai schifo, merda! Vaffanculo!
– Ecco, è “lì” che vorrei andare. Mettiti a novanta. Sii il mio “van(t)o”. Il mio divano, il mio ano.
di Stefano Falotico