Sì, è uscito finalmente il film più terrificante di sempre, così dice la Warner Bros Italia, frase ad effetto che è un’iperbole di cattivo gusto e un chiaro specchietto per le allodole per i fessi che davvero possano credere a una sesquipedale affermazione di questo genere. Film che credo non vedrò al cinema, invero ho già visto in streaming sottotitolato. Mi stupisce la nuova stupidità di questa nuova “Critica” che davvero pensa che questa pellicola sia un onorevole omaggio al capolavoro di King, e ancor più rimango allibito quando King afferma che questa versione gli è piaciuta. Ora, patti chiari e amicizia lunga, sia la miniserie con Tim Curry che questo film del Muschietti non rendono affatto giustizia a King, che sarà stato pagato fior di quattrini, come se non avesse abbastanza, per dichiarare che ne è rimasto entusiasta. Personaggi abbozzati, massiccio uso fastidioso del digitale, scene splatter di rara bruttezza, sia emotiva che psicologica. Quando capiranno che i grandi film horror non sono quelli che mostrano le più brutali efferatezze, con qualche eccezione alla regola, ma quelli che trasmettono paura dal nulla, dal non detto, alimentando l’immaginazione e stimolando gli incubi più feroci?
Questo IT è palesemente un’operazione commerciale per teenager che desiderano qualcosa di “spicciolo” per cagarsi un po’ nelle mutande. Tutto qui, lasciate stare chi lo apprezza e ne scrive bene. Ora, non detestabile ma neanche questa vetta di cui molti parlano con poca cognizione di causa.
Meglio la mia casa, ove a Natale “allestivo” il presepio, con tanto di Pennywise che come un re mago dà al Gesù bambino un bacio sulla fronte, espiando i suoi peccati.
Francesco Alò, che più passa il tempo e più delira sui film, sostiene che il Pennywise della miniserie era un pedofilo, mentre questo è un bullo. Anche questa devo sentire.
In buona sostanza, qui c’è molta gente che ha fumato robaccia.
Mangiate invece i miei cannelloni, con la “besciamella” della mia mente saporita che ama le pietanze sostanziose, non le schifezze che lasciano insoddisfatti i palati fini.
di Stefano Falotico