La misteriosa morte del celebre compositore russo è un argomento su cui i diversi media si sono cimentati con esiti alterni: questo più che apprezzabile lavoro si colloca sulla medesima scia di inchiesta, fornendo non un punto di vista definitivo bensì tre “verità”, diverse e ugualmente plausibili. Come in una sorta di Processo kafkiano, un oscuro giudice interroga i testimoni più attendibili sulla vicenda, la cui ricostruzione risulta complicata proprio a causa delle loro parole così contraddittorie, che aprono squarci inquietanti nella vita del musicista.
L’intero cast – sia tecnico, che artistico – mostra un notevole impegno nel tentativo di penetrare l’anima, di certo tormentata, di questo autentico e rivoluzionario genio musicale.
Particolarmente significative le interpretazioni di Valerio Vannini e Stefano Falotico: il primo, nei panni di Modest Cajkovskij, nonostante qualche incertezza nella pronuncia riesce comunque a rendere lo spirito di questo personaggio, vissuto quasi sempre all’ombra del ben più famoso e dotato fratello; l’altro, celato dietro un mascheramento degno dell’ipotetico e misterioso committente del Requiem mozartiano, come un novello epigono vocale di Carmelo Bene e Gianni Musy interroga non per giudicare, ma con il preciso scopo di seminare dubbi.
Firmata Leo Maltin
Pëtr Il’ic Cajkovskij è stato uno dei più notevoli compositori russi e uno dei grandi della musica di ogni tempo. Visse tra il 1840 e il 1893, un’esistenza quindi tutt’altro che lunga eppure travagliata: il trauma per la morte della amatissima madre, un animo inquieto scosso da amori discontinui e scandalosi, e una grande protettrice, Nadežda von Meck, più anziana di lui di nove anni.
Con Madame von Meck instaurò un rapporto giocato sul filo dell’ambiguità, talmente particolare da attirare l’attenzione di Ken Russell che ne trasse un film, L’altra faccia dell’amore (The Music Lovers, 1970), la cui sceneggiatura si basava su un romanzo scritto da una discendente della von Meck assieme a una giornalista americana, e nel quale le parti dei protagonisti erano affidate a Richard Chamberlain e Glenda Jackson.
Cajkovskij morì in circostanze mai del tutto chiarite, la causa ufficiale venne attribuita a un attacco di colera ma parecchi dubbi circolarono subito, a partire dal fatto che tale patologia, assai diffusa tra i poveri, era invece rarissima negli ambienti aristocratici e alto-borghesi cui il musicista apparteneva.
Si è parlato, come spiegazione alternativa, di un suicidio d’onore imposto al musicista da un giurì a causa della relazione che questi avrebbe intrattenuto con un giovane rampollo del casato degli Stenbok-Fermor .
Proprio la ricerca di chiarezza nelle cause di questa morte, inspiegabile sotto molti aspetti, è alla base di questo eccellente corto, realizzato da Alberto Luchetti e Ottavio Plini.
Cajkovskij, ben interpretato da Giacomo Beria, interrogato da un oscuro inquisitore (cui presta la voce, dai toni inquietanti, Stefano Falotico), assiste alla ricostruzione della sua morte attraverso la commemorazione di tre diversi testimoni.
L’uso di toni scuri e il sottofondo musicale affidato alle note romantiche e malinconiche della musica del grande compositore russo, risultano davvero efficaci nel costruire una atmosfera di dipartita, quasi come un pittore romantico (e il romanticismo – certo non a caso – è la corrente artistica cui viene sovente inserita l’opera di Cajkovskij) che con le giuste pennellate riesce a creare un quadro dalle tinte gotiche.
Toni gotici spazzati comunque via in un finale in cui il protagonista afferma con vigore l’essenza più profonda delle sue composizioni e della sua musica.
Interessante la costruzione della vicenda sotto forma di un processo inquisitorio, richiama alla mente il Tornatore di Una Pura Formalità.
Consentitemi di porre l’accento sulla figura del fratello del protagonista, Modest Il’ic, impersonato da Valerio Vannini, autore di una interpretazione davvero sentita. L’attore fiorentino rende in maniera convincente la sofferenza provata per la morte del fratello, cui era legato da un sincero affetto, che si intuisce profonda al di là dei modi sobri e formali propri di un appartenente all’alta borghesia ottocentesca.
Opera pregevole di cui si consiglia la visione.
Firmata GIANNISV66