Posts Tagged ‘Bruce Springsteen’

Falò canta BACIAMI ANCORA by Jovanotti & I’m on Fire di Bruce Springsteen! Ed Enrico Silvestrin?


15 Apr

Falò canta JOVANOTTI (Baciami ancora), legge BLACK DAHLIA e il suo nuovo opus sarà ‘pornografico’!

0:01, incipit… non del libro.

1:58, Baciami ancora.

3:00, Rocky & Adriana, Joker doppiato da Adriano Giannini. 3:20, Il cielo in una stanza di Mina?

4:25.

5:21 (Super)Fantozzi. E Andrea Roncato?

7:01, freddura!

8:08, preview.

9:48, sono uguale a Woody Allen? Eh eh.

10:57, nel bel mezzo di un tramezzino, oh oh. Altro che Dante Alighieri.

12:35, il nuovo film di Paul Schrader con Richard Gere (ex) bello.

13:47, vi piace la Ferrari? Ih ih (14:12).

14:29, non poco mi allupo, no, alludo a Scomodi omicidi (Mulholland Falls)? Preferite Julianne Moore, la mora o la bionda? Quindi, un aneddoto erotico, no, sol alla Falotico, oh oh.

15:26, non si taglia nulla, ah ah.

16:53, Aaron Eckhart, 17:49, Nella società degli uomini… Amy Brenneman. E Heat

21:30.

21:30. Quindi, Elisabeth Shue e due Elizabeth, Hurley e Berkley. Mentre Hugh Grant?

26:56, Checco Zalone smentì un famoso luogo comune.

 

di Stefano Falotico

 

Amici, state sereni: se Spike Lee commise una gaffe micidiale al Festival di Cannes, lui, regista di Fa’ la cosa giusta, nella vita potete sbagliare quanto volete


18 Jul

spike lee

Eh sì, abbiamo assistito, anzi assistemmo (ormai è già passato remoto eppur questa cosa qui sarà eterna, ah ah, sempre nei cinefili presente) a una delle più clamorose papere di tutti i tempi.

In diretta mondiale, Spike Lee, mica il mio meccanico Leonardo di un’autofficina collocata nel quartiere Santa Viola di Bologna, dunque mica uno da cui ce lo si sarebbe potuto aspettare, a cui nessuno chiese, chiede e chiederà mai di presenziare a Cannes in veste di Presidente di Giuria, mica la mia vicina di casa Angela, la cui maggiore preoccupazione attuale nella vita è cucinare un pranzo domenicale non troppo salato, eh già, Spike Lee, primo nero, per dirla da suo attore ex feticcio Samuel L. Jackson, primo nigger nella storia della Settima Arte ad essere a capo del festival dei festival. Insomma, parliamo del regista di tanti capolavori. Ed è inutile che ve li elenchi. Presidente quest’anno, in quel della Costa Azzurra, del festival cinematografico più importante del mondo. Lui che inserì, in Inside Man, la lesbica Jodie Foster, Palma d’oro alla carriera, neanche a farlo apposta, donandole una minigonna che non poco attizzò Denzel Washington. Un Nerone che tutte brucia a mo’ di Ricky Johnson, Prince Yahshua, Isiah Maxwell e tanti bei neretti molto dotati. Uomini che s’incarnano bene nella parte, ah ah, dalla “classe” però lontana anni luce da Sidney Poitier. Comunque interprete storico, quest’ultimo, del primo amore interraziale, che ne so, non con Kagney Linn Karter, bensì con Katharine Houghton/Joanna Drayton di Indovina chi viene a cena?

Be’, pare anche con John Cena abbia cenato con molte attrici di Los Angeles. Quelle delle zone basse, non certamente Julianne Moore di Lontano dal paradiso. Ah ah.

Posso dirvi una cosa, Dennis Quaid è un playboy a tutt’oggi, nonostante sia più rifatto delle donne rifatte che si fa.

Eh già, il nostro Nanni Moretti lo prese in quel posto come Kendra Lust da John Cena. Ah ah.

Sì, io sono un cinefilo toutcourt, cioè a tutto tonto, no, a tutto tondo e non mi faccio… mancare mai nulla. Son uomo mai messo a novanta, bensì son uomo che la guarda a 360°.

Sì, non solo nel Cinema normale vanno ora di monta, no, di moda le panoramiche in 3D.

Ci mancano solo gli odori alla John Waters e abbiamo completato l’opera.

Ebbene, dopo la gaffe colossale di Warren Beatty & Faye Dunaway (rispettivamente l’ex uomo più sciupafemmine di un pornoattore americano e la donna più strafatta del suo personaggio di debosciata-bagascia di gran cuore di Barfly, ah ah) agli Oscar di qualche anno fa quando annunciarono, erroneamente, come vincitore La La Land al posto di Moonlight, edizione degli Academy Awards molto nera, Spike Lee annunciò il film winner a pochi minuti dall’inizio della cerimonia. Capisco, anche per lui è arrivata la sua La 25ª ora. Comunque, rimanga fra noi, Spike utilizza quegli occhiali da mezzo cieco dopo una notte trascorsa con Rosario Dawson. Sì, fu fuso da Rosario. Da cui la canzone The Fuse di Springsteen. Le so tutte, ah ah. Che posso dirvi? Nella mia vita, mi dissero tutti Fa’ la cosa giusta. Ma io feci sempre scelte sbagliate alla pari di De Niro che rifiutò questo film di Spike Lee. Comunque, stasera non so che film guardare. Potreste consigliarmene uno? No, scusate. Ho visto più film di voi. Ah ah. E, su questa freddura, scivolo nella notte, tenendo al guinzaglio il pipistrello. Sì, odio Batman, io sono Joker. Sì, sono uguale a Matt Damon di Rounders – Il giocatore. Se un vostro amico come Edward Norton ha dei problemi, non chiamate Mr. Wolf di Pulp Fiction.

"Rat mal, wer zum Essen kommt". Im Bild: Joey (Katharine Houghton) und John (Sidney Poitier) wollen heiraten - doch beider Eltern laufen gegen diese Verbindung Sturm. SENDUNG: ORF2, SA, 06.05.2006, 11:10 UHR. - Veroeffentlichung fuer Pressezwecke honorarfrei ausschliesslich im Zusammenhang mit oben genannter Sendung des ORF bei Urhebernennung. Foto:ORF/-. Andere Verwendung honorarpflichtig und nur nach schriftlicher Genehmigung der Abteilung ORF/GOEK-Photographie. Copyright:ORF-PHOTOGRAPHIE, Wuerzburggasse 30, A-1136 Wien, Tel. +43-(0)1-87878-14383.

“Rat mal, wer zum Essen kommt”. Im Bild: Joey (Katharine Houghton) und John (Sidney Poitier) wollen heiraten – doch beider Eltern laufen gegen diese Verbindung Sturm. SENDUNG: ORF2, SA, 06.05.2006, 11:10 UHR. – Veroeffentlichung fuer Pressezwecke honorarfrei ausschliesslich im Zusammenhang mit oben genannter Sendung des ORF bei Urhebernennung. Foto:ORF/-. Andere Verwendung honorarpflichtig und nur nach schriftlicher Genehmigung der Abteilung ORF/GOEK-Photographie. Copyright:ORF-PHOTOGRAPHIE, Wuerzburggasse 30, A-1136 Wien, Tel. +43-(0)1-87878-14383.

Vi piace, inoltre, Birdman?

Purtroppo, non sono alto come Ed Norton. Ma la mia faccia che vi dice?norton il giocatorestefano falotico

rosario dawson 25 ora

di Stefano Falotico

In My Letter To You, a mo’ di Bruce Springsteen, attraverso i trailer dei film con De Niro dell’ultima decade, vi racconto che (non) sono andato a letto presto


22 May

de niro truffa hollywood

Credo, in tutta sincerità, che l’ultimo album di Springsteen sia molto bello, mai sdolcinato, sempre ottimamente bilanciato fra sana retorica, un pizzico di rabbia da lui giammai persa, sebbene asciugata nella maturità che voi scambiate per patetica vecchiaia che v’induce a brutti, screanzati detti come ok, boomer…

Sì, credo che di Bruce ce ne sia soltanto uno, un po’ forse stagionato ma per niente obsoleto od annacquato.

Bruce Willis gira oramai, infatti, soltanto filmacci dalle trame più prevedibili dei film, per modo di dire, col pornoattore Bruce Venture.

Quest’ultimo non può rivaleggiare con me. Per purissimo pudore e contegno morale, non desidero sfidarlo nelle sue performance ma credo che, da un eventuale confronto nudo e crudo, ne uscirebbe spompato e assai ridimensionato.

Insomma, duri come Mark Wahlberg di Boogie Nights mi fanno un baffo da Tom Selleck d’annata, ah ah.

Ecco, sino a un paio di anni fa, mi misi alla ricerca di Jack Kevorkian, detto Il Dottor Morte, interpretato da Al Pacino in un omonimo (almeno nel sottotitolo italiano) biopic per la HBO.

Ma non si doveva parlare di De Niro?

Sì, scusate. Vedete, a volte il mio cervello abbisognerebbe di essere spento. Staccate la spina, per piacere, ah ah.

Detto ciò, non sono però la protagonista della canzone Janey Needs A Shooter del Boss e neppure Hilary Swank del finale di Million Dollar Baby.

Debbo riconoscere che son un vecchietto niente male, eh già, Walt Kowalski di Gran Torino se la suderebbe non poco contro di me. Ah ah.

Spesso, sapete, ho l’impressione di essere invece il ragazzo che, alla fine del succitato capolavoro ineguagliabile di Clint, malgrado ogni tragedia e tante amarezze occorse a lui e specialmente a sua sorella, memore dei film di Sergio Leone e soprattutto della battuta pronunciata da Lee Van Cleef in Per qualche dollaro in più, ecco, parafrasandolo/a… sei diventato ricco e te lo sei meritato.

Ribaltata, diciamo(la) più francamente: sei diventato povero e non te lo sei meritato, ah ah.

Ecco, nel periodo soprastante, ho volutamente tentennato in merito al perfetto italiano ma, nel periodo riguardante i miei ultimi dieci anni di vita, devo confessarvi che fui estremamente sicuro che mi sarei suicidato. Vedete come passo, con grande facilità, dal passato prossimo a quello remoto? Sono un verbo imperfetto e in me incarnato?

Procediamo con un calmante? No, con tutta calma.

Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster come Henry Hill/Ray Liotta di Quei bravi ragazzi?

No, non volevo essere pazzo ma, a causa di bullismi esasperanti, mi svegliai un bel giorno, insomma, bel giorno un ca… o, eh eh, in una suite del Baglioni di Bologna, no, su uno scassato letto di ospedale.

In quel periodo in cui fui attorniato da infermieri ignoranti e da discutibili medici col camice bianco ma con l’anima poco immacolata, per compensare i miei psicologici scompensi, rividi in continuazione il trailer di Sfida senza regole. Dal primo sguardo rivolto a esso, compresi subito che non mi trovavo di fronte a Heat di Michael Mann. Ma la speranza, come si suol dire, è per l’appunto l’ultima a morire.

A meno che non vedi il suddetto film pronto e impacchettato, malamente doppiato e distribuito, in una multisala dalle parti di Faenza.

Al che, comprendi che tanta febbricitante e delirante (è il caso di dirlo) attesa, potevi risparmiartela. Risparmiando, peraltro, anche gli 8 Euro del biglietto strappato da una maschera più brutta di quella indossata da Robert Pattinson in The Batman di Matt Reeves.

A voi pare figa come una delle attrici con cui lavora Bruce Venture? No, a me pare rifatta. Insomma, è poi la stessa cosa, no? Ah ah. Sì, è tutta plastificata.

Comunque, sebbene Righteous Kill sia un film più che mediocre, lo riguardai altre mille volte per convincermi che fosse avvenente come Carla Gugino.

Be’, non si può dire che sia attraente come Carla in Sin City e in Jet.

Però, Sfida senza regole è carino, tutto sommato, come Jessica/Trilby Glover.

La Glover non è sexy come Jessica Alba di Machete, dai!

Inoltre, dalla mia situazione d’impasse, me la cavai come Ed Norton di Stone?

No, fu un periodo di ménage à trois non fra De Niro, Milla Jovovich e Norton stesso. Bensì fra me, la mia immagine allo specchio e un rendervous col prossimo film con De Niro.

Che vita, eh? Ah ah.

Per superare la mia depressione abissale, dovevo assolutamente diventare Bradley Cooper del secondo tempo di Limitless. Comunque, non mi drogai.

Potei solamente duellare virtualmente col mio acerrimo nemico e rivale storico à la Stallone de Il grande Match per illudermi di essere De Niro palestrato, non rovinato, di Toro scatenato.

Comunque, mi assunsero come stagista inaspettato per dare lezioni di vita non ad Anne Hathaway di The Intern (magari, eh), bensì a Jennifer Lawrence di Joy.

Che culo!

No, a parte gli scherzi, per molto tempo pensai di essere un ciarlatano come De Niro di Red Lights, invece, con mio sommo stupore, scoprii davvero di essere un fenomeno paranormale a cui piace Elizabeth Olsen.

Volete, per questo, rendermi cieco? Ah ah.

Sì, lo so, non sono Travis Bickle di Taxi Driver & Rupert Pupkin di Re per una notte, non sono né Bill Murray né Joker. Neanche Franklin Murray.

Forse sono però davvero il protagonista di The Comedian.

Sì, la mia lei è come Leslie Mann.

Quindi, andate a dire a John Travolta di Killing Season che la guerra è finita e non deve portarmi rancore se lui non capisce Il lato positivo di David O. Russell e io dunque severamente lo sgrido.

Presto, uscirò col libro Bologna Hard Boiled & l’amore ai tempi del Covid.

Secondo il mio editor, ho detto editor e non tutor, questo mio libro è qualcosa d’immane. Invero, per far sì che non mi montassi la testa, ho detto testa, mi disse “solo” che è l’opera di un genio.

Sì, credo che sia un grande libro. Io sono però realista… venderà dieci copie.  Dunque, se qualcuno non mi reggerà il gioco, cioè la mia lei o un vero amico, vi scriverò una lettera d’addio…

 

di Stefano Falotico

Da JOKER al COVID-19, da THE IRISHMAN al Cinema di oggi, attualmente quasi scomparso, la mia e vostra vita in un annus horribilis e al contempo mirabilis, vi racconto…


23 Feb

joker

So che forse non v’interessa, so che lo reputerete uno sfoggio vanitoso o forse, ancora peggio, un modo che ho io di allentare la noia esistenziale di queste nostre giornate pregne d’apatia immane, rallentate da qualcosa di grave e sconcertante che, in men che non si dica, parve passeggero e momentaneo, entrambi sinonimi di un “attimo” che, con l’arrivo dell’estate e il suo apparentemente tranquillo inoltrarsi, sembrava svanito, dimenticato. Per sempre sepolto nel passato. Sì, solamente un triste episodio estemporaneo oramai estinto, del tutto scomparso. Come si direbbe in gergo medico et similia, debellato.

I virologi accennarono infatti, molto vagamente, soltanto a una seconda, innocua ondata. Invece, i loro calcoli in merito al Coronavirus, sì, di questo stavo parlando, ve n’eravate accorti o no, miei sbadati e superficiali, ecco… dicevo, perdonatemi se mi son incantato e momentaneamente perso per strada.

Rinvengo, risorgeremo? Non più c’oscureremo oppure, dopo gli incalcolabili danni economici e psicologici di tale interminabile periodo protrattosi in modo estenuante, sì, fino allo sfinimento non preventivato né “diagnosticato” da una massa di scienziati incauti e frettolosi, dai disturbi psichici derivati dal Covid ci cureremo?

Ci salveremo, saremo santi, no, sanati? Tutto tornerà alla normalità? Ma quale sanità, per carità!

Personalmente, il termine normalità non appartiene da tempo immemorabile alla mia vita già trapassata in tempi non sospetti ove la gente, per via del mio vivere fuori dalla norma, sì, dal comune, volle impedirmi di spostarmi tra le regioni, no, fra le ragioni della mia mente ubicata chissà dove. Anche in questo vi è la misura restrittiva? Sì, fui messo alle strette in modo folle. Per fortuna, non fui messo fra le tette. Io non ho le tette, quindi non riesco a entrarvi in sintonia. Che cazzo volete da me?

Sì, da tempo, a mo’ di Guy Pearce di Memento, smemorato che sono io del mio dietro, consapevole solo di aver un discreto lato b, cioè didietro, debbo ammettere che in passato non ebbi molto culo e presi varie botte. Fisiche ma anche in senso lato, sebbene non sia mai stato un omosessuale passivo, sì, in passato mi fottei da solo. Dimenticando perfino che Carrie Anne-Moss fosse figa. Sì, una mezza bagascia passabile per poi ficcarla nel rusco.

Adesso, col senno di poi, no, col senno al posto giusto e anche qualcos’altro tornatomi alla memoria, no, tornato dritto, en pleine forme, devo essere onesto con me stesso. Credo di aver assunto la pillola sbagliata di Matrix.

Cioè quella per cui, se l’ingerisci, diventi Bradley Cooper di Limitless, dunque Carrie Anne-Moss ti sembra Anna Mazzamauro/signorina Silvani della saga di Fantozzi.

Sì, quando divieni superdotato non solo nel cervello, non te la tiri più su Carrie ma te la tiri su tutte, no, puoi permetterti di fare lo snob come John Wick. Vero ascetico a cazzo duro. In tutta franchezza, un povero cristo.

Forse farai la fine di Laurence Fishburne fra qualche anno. Sì, Laurence lo vedo sullo svaccato forte. Mi sa che si ridurrà “indurito” come il pornoattore Prince Yahshua.

Ci rendiamo coito, no, conto in che mondo siamo precipitati? Un tempo, la gente ascoltava quel genio di Prince, all’anagrafe Rogers Nelson, di Purple Rain.

Adesso invece vanno di moda uomini “cazzuti” e donne cazzone amanti di farsi i “cavoli” altrui.

D’altronde, da una vita le milf sostengono che i bambini nascono, nascano da un cavolo.

S’, sono alquanto misogino. Non vedo nessuna differenza fra Cherie DeVille e la Meloni. La prima è una pornostar, la seconda voleva esserlo ma, essendo più racchia, l’ha buttata sul far la figa di questo par de palle. Che palle, ‘sta donna.

Sì, la gente passa il tempo su Instagram a cazzeggiare in modo totalmente debosciato.

La depravazione impazza, in piazza urla per l’appunto la Meloni assieme a quel traviato di Salvini mentre Bonaccini offende Tiziana Panella perché non gliela dà e a lui girano non poco, virando dunque sulla virologia e non sull’essere stato da lei “evirato”.

Su Facebook anche la timida cantante Giorgia sputtana ogni sua depressione cronica, dandosi alla pazza gioia da frustrata mai vista, spogliandosi in diretta al suono del popolo eccitato a morte che, non capendovi una minchia in mezzo a questo porcile di fake news, di devastati uomini fuori come dei cocomeri, di donne cinquantenni in menopausa cazzeggiante, venditrici da mercato ortofrutticolo delle loro pere rancide, non sapendo che fare dal coprifuoco sino all’alba di un’altra giornata moscissima, riguarda su Netflix i peggiori film della loro vita.

Pensando: be’, in fondo non erano così brutti. Almeno c’era il Cinema, una volta.

In radio, dobbiamo sorbirci l’ennesima lagna di Federico Zampaglione, a San Silvestro abbiamo mangiano lo zampone ma la vita non è più dolce come un afrodisiaco zabaione.

Io non mi intendo di Musica. L’unica musica che ascolto è quella della mia anima. Io non ho soul, ho solo jazz.

Per esempio, oggi tutti reputano David Bowie un genio.

Quando uno muore, diventa un genio. In vita, sì, fui, no, fu molto amato. Insomma, so che Mick Jagger lo amò e David Bowie giocò a essere ambiguo sessualmente come Tilda Swinton.

Sì, credo che Tilda Swinton sia identico, no, identica a David.

Di mio, più passa il tempo e più sembro David Lynch.

A parte gli scherzi, no, non sono cambiato. Non riesco ad appassionarmi a David Bowie, ai Radiohead e a tutti questi sofisticati dei miei coglioni che siete voi.

Le tragedie esistono e io amerò eternamente Bruce Springsteen.

Non mi piace il Cinema francese e quello di Paul Thomas Anderson. Non lo capisco, non lo voglio capire.

Mi piace guidare ai 200km/h da solo a tarda notte, sfidare ogni curva come Ryan Gosling di Drive, se qualche mio amico viene tradito, divento Frank Sheeran di The Iishman, mi piace rispuntare dal passato come William Munny /Eastwood de Gli spietati, il revenant.

Sì, non mi piace il mondo, non mi è mai piaciuto, non mi piace la socialità, non mi piacciono i compromessi e nei miei libri ho raccontato la mia (non) vita.

Compreso, Bologna insanguinata.

In cui ho detto tutto. Mi denunciassero tutti.

Ma perché?

Perché non mi piacete, non mi siete mai piaciuti ma solo a quarant’anni da suonato, no, suonati, ho il coraggio di farla finita… con voi, col Cinema, con la Musica, con me stesso, col sesso, questa stronzata per cui v’inculate a vicenda.

Mi sono rotto il cazzo.

Fottetevi. Se non vi sta bene, sbattetevi in manicomio. Tanto il mondo è un ospedale psichiatrico allargato. Meglio essere di nicchia.

 

di Stefano Falotico

Sean Penn e Robert De Niro sono nati nello stesso giorno, io sono simile a loro: (non) è bellissimo


30 Dec

birthday sean penn de niro

sean penn fisicoEcco, debbo esservi sincero. Questa triste e assai tetra, davvero poco lieta, situazione pandemica sta onestamente sfiancando tutti in modo inconsueto. Costretti come siamo a sigillarci nelle notti nostre più sepolcrali, fin troppo emotivamente mansuete.

Alcuni allentano lo stress, ovvero la tensione nervosa, dandosi a buone letture, altri riguardano le loro istantanee Polaroid, altri rivedono vecchi film anche bruttini. Come il remake di una pellicola con Humphrey Bogart, ovvero Non siamo angeli di Neil Jordan.

In cui è ravvisabile un De Niro oltremodo smorfioso e caricato. Mentre Sean Penn recita la parte ambigua del monaco falsamente castigato.

Ruolo che poco gli si addice poiché il suo fisico non è certamente quello del Dalai Lama tibetano.

Nella serie televisiva The First, Penn gigioneggiò esageratamente, esponendo spesso e volentieri il suo corpo scultoreo e il suo petto tornito, sì, il suo torso da dio greco. Da palestrato col fascino del man che è stato con Madonna. Non la vergine Maria… quando si dice, il sex appeal dell’uomo torvo e torbido.

Sean Penn è sempre piaciuto alle donne e, nel suo carnet da latin lover col naso lombrosiano da Lupo solitario, può annoverare rare bellezze femminili delle più fenomenali.

Pare che sia stato anche con Naomi Campbell. Alla pari di De Niro.

De Niro e Sean Penn, tanti anni fa, avrebbero dovuto girare assieme un altro film, vale a dire The Yards di James Gray. Però cambiò il casting. Loro, nel frattempo, si scambiarono non so cosa…

Sean Penn, inizialmente, doveva dirigere De Niro in The Comedian.

Sean Penn, cari compari, compare anche in Disastro a Hollywood.

Ecco, se mi guardo indietro, devo constatare che trascorsi dei momenti monotematici, anzi, mono-espressivi. Assomigliai non poco al Penn di I Am Sam.

La mia espressione, no, depressione abissale, soventemente insanabile ed irrimediabile, mi chiuse in un semi-mutismo a sua volta afflitto da aritmia cardiaca, affettiva e passionale, da melanconia e lucida follia, da pura ipocondria, oppure da innocente atimia costernante.

Litigai, così come Penn, con molte persone. Penn litigò con Woody Allen sul set di Accordi e disaccordi. Mentre con Oliver Stone, per U-Turn, entrò notevolmente in disaccordo, arrivando quasi alle mani.

Un tipo difficile, Sean, irascibile, rissaiolo, “fumantino”, facilmente suscettibile e permaloso, decisamente stronzino… Amante non solo, fra le altre, di Charlize Theron, bensì anche di Bruce Springsteen. Inoltre, è da sempre un tabagista irredimibile, sì, un fumatore incallito. Io riesco a essere sia Tim Robbins che Sean Penn di Mystic River. Poiché sono più trasformista di De Niro.

Insomma, in passato, non è che la mia vita fu propriamente bellissima. Ma quest’anno, in fin dei conti, non è stato così orribile. Ho pubblicato Speculare ipnosi, ho incontrato una donna magnifica (forse è la stessa della copertina?), son uscito con La leggenda dei lucenti temerari e, nell’anno a venire, sarà distribuito sulle maggiori catene librarie online il mio romanzo Bologna insanguinata.

Dunque, se volete essermi cattivi e dirmi che sono meno affascinante di Penn e De Niro, è meglio che vi rivolgiate a qualche strega. La strega è brutta e dunque le sue fatture, congetture e iettature contro di me non funzioneranno. Per forza, non la degnerei nemmeno di una mia firma, ah ah.

Se invece volte dire che Penn e De Niro sono miliardari e io no, mi sarete amici. Perché è la verità.

Dunque, buon anno a tutti. Ho detto buon anno, sì, con 133954728_2376186909194591_6581902384770873816_n 134479841_304477534334834_7040091283352059866_ndue n.

 

du Stefano Falotico

WE'RE NO ANGELS, from left: Robert De Niro, Sean Penn, 1989, © Paramount

WE’RE NO ANGELS, from left: Robert De Niro, Sean Penn, 1989, © Paramount

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Il ritorno di Gary Oldman, un mio mediometraggio su Villa Clara e Letter to You di Bruce Springsteen, sempre più misticamente simile a Bob Dylan


23 Oct

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Ne vogliamo finalmente parlare di Gary?

Presto, lo vedremo in Mank nei panni dello sceneggiatore di Quarto potere.

Finalmente, il grande David Fincher è riuscito a realizzare il sogno che covava da tempo immemorabile.

Lavorare con Gary in un film da lui diretto. Inizialmente, al posto del primo Hannibal Lecter del grande schermo, ovvero Brian Cox di Manhunter, in Zodiac doveva esservi Oldman. Il quale però, all’ultimo momento, per ragioni ancora ignote, diciamo non del tutto appurate, all’improvviso diede sorprendentemente forfait.

Nel frattempo, negli anni intercorsi fra Mank e l’Oscar assegnato ad Oldman per L’ora più buia, Oldman recitò sfigurato in Hannibal di Ridley Scott. E Fincher accrebbe la sua fama, ottenendo inoltre un figurone con Mindhunter. Del quale diresse e dirigerà alcuni episodi…

Credo, in tutta sincerità, che Gary Oldman sia stato per molto tempo identificato erroneamente soltanto come villain con indole da Joker. Sebbene, nella trilogia nolaniana di Batman, Oldman fu un buon tenente e non quello di Harvey Keitel nel Bad Lieutenant di Abel Ferrara. Per l’appunto, appuntatevelo, appuntati, carabinieri e poliziotti della Critica superficiale. Non impuntatevi con prese di posizione limitate e fasciste. Gary è la versatilità fatta persona, incarnata, pareva morto e datato, incartapecorito e imbalsamato, invece resuscitò e ringiovanì di colpo come in Dracula di Bram Stoker.

Gary, figlio di un saldatore, giammai laureatosi e presto istradatosi da autodidatta.

Un duro, un’anima ribelle, ancora bello nonostante le sue non più freschissime primavere. Ah, incontrò da adolescente molti bulli. Lo so…

Assomiglia a qualcuno di mia conoscenza. Sì, questo qualcuno (che) io vedo allo specchio dalla mia nascita. Non credete?

Sì, come noi uomini sappiamo, non si può mentire dinanzi alla propria immagine riflessa.

Specchiandoci, infatti, cogliamo intimamente il silenzio del nostro vero, vivo, scalpitante e viscerale cuore specularmente simbiotico alla nostra coscienza più inesplorata, riaffiorata dal profondo…

Nella realtà di tutti i giorni, siamo spesso costretti, giocoforza, a indossare delle maschere. Per accontentare il gusto della medietà conformista, adattandoci alla tristizia dei compromessi più puttaneschi pur di essere stimati dal prossimo. Al fine di ostentare, esteriormente, la nostra immagine migliore possibile.

Sto parlando ovviamente di molti di voi. Di mio, non ho mai pensato che un uomo debba svendere la sua dignità per piacere agli altri pur di ottenere la patetica simpatia e un contentino come si fa coi bambini e, semmai, elemosinare piacevolezza da una donna, mostrandosi a lei con un look fintamente perfetto che trasudi impeccabilità morale, invero truccata.

Ma che film sarebbe mai questo che vi siete “sparati?”. Whore di Nicolas Roeg?

Sì, a causa del mio istrionismo personalissimo in linea con la mia autentica unicità indissolubile, i miei coetanei, durante l’adolescenza, credettero che fossi matto e mi consigliarono di vedere Mille pezzi di un delirio.

Essendo taciturno, mi dissero perfino: – Guarda pure Niente per bocca.

 

Al che, ne successero delle belle. Insomma, delle brutte più racchie delle ragazzine da Harry Potter, frequentate da chi mi accusò di essere agorafobico e più incosciente, poco previdente delle conseguenze come Lee Harvey Oswald di JFK.

Se ne fece un caso e voi non fate, per l’appunto, caso se mi va qui di sdrammatizzare sulla situazione assurda che involontariamente innescai, inducendo le persone ad addebitarmi la diagnosi di persona afflitta da disistima, da allucinante atimia affettivamente fredda, forse solo emozionalmente sofferente di tachicardia mancante d’empatia. Ma per cortesia!

C’è da rimanere senza parole. Ah ah. Speechless.

No, al punk di Arthur Fleck, preferisco Sid e Nancy. Mentre, a Nancy Brilli, Gilda Sbrilli. Curatrice di un’edizione dei Promessi sposi.

Ah, Orson Welles ed Hayworth Rita, la leggendaria Gilda.

Mi urlarono… sei Il mai nato. Un film pessimo. Lo andai a vedere solo perché la locandina m’attizzò.

Sì, nel poster originale viene riflessa la strega di Cappuccetto rosso sangue?

No, semplicemente una che fa sesso. Il film invece fa senso e lei non soltanto non si spoglia, bensì non sa aprirsi, a differenza di Oldman, ad una recitazione sbottonata da vetusti codici di rigidità formale assai pallosa.

Adoro Gary. Quest’uomo nevrotico, imprevedibile, che recita col cuore e non a c… o.

Quando carica da matto, no, di brutto-bellissimo da matti come per il suo epocale, gigionesco Norman Stansfield di Léon, è uno spettacolo più eccitante di Monica Bellucci dei tempi d’oro.

Lo amo quando è uguale a me in A Christmas Carol.

E quando se la ride come un pazzo ne La talpa. In cui, degl’ingordi idioti pensarono di aver compreso un mistero alla Rosebud, invece rimasero con un palmo di naso.

Cantando La Mer poiché distrutti e costernati dinanzi alla loro umana miseria oceanica.

Amo anche da morire La finestra sul cortile ma non so se The Woman in the Window sarà un bel film.

Quello che so per certo è che Amy Adams è più f… a di Grace Kelly.

No, non voglio diventare il Presidente degli Stati Uniti. E non so se sia peggio Donald Trump o se sarà ancora più scemo di lui, eh sì, Biden. Per me, quasi tutti i politici sono sporchi e meriterebbero un bidet.

Non sono comunque un anarchico terrorista come Oldman in Air Force One.

So anche che Mozart fu un genio indiscutibile mentre Oldman, in Amata immortale, sembrò una caricatura di Amadeus, sì, il presentatore televisivo. Mica quello divinizzato da Alex di Arancia meccanica. O no?

Gary sbagliò tante volte nella sua vita da fuori di testa. Perse, sì, la testa per molte donne e pensò che un genio come lui potesse accontentarsi di Uma Thurman ed Isabella Rossellini.

Sì, devo dare ragione al mio amico Ottavio. Lui crede fermamente alla dottrina gnostica. Che suddivide l’umanità in tre categorie.

1) I nani, cioè gli ilici. Il 90% delle persone. Che vivono di gelosie, invidie, corna, tradimenti e oscene competizioni superflue.

2) gli psichici. Categoria nella quale Ottavio mi annette. Cioè persone a un passo da essere elette. Spero non a capo degli States. Ah ah.

La terza categoria, comunque, il mio amico pensa che io possa raggiungere fra circa un mese.

Quando pubblicherò il mio prossimo libro.

Un libro che, alla pari di Orson Welles di Citizen Kane, ribalta la concezione di tempo e lo supera a mo’ dell’Oldman del Dracula. Abbattendo ogni barriera.

Sì, Welles è un gigante del Cinema.

Comunque, penso che questo sia un bel mediometraggio mistico-spirituale, perfino ero(t)ico, e che Bruce Springsteen, col passare degli anni, sia uno splendido fantasma ancora capace di commuovere alla maniera di Bob Dylan.

Insomma, date il Nobel anche al Boss.

Date l’Oscar ad Oldman per Mank o ad Anthony Hopkins per The Father.

A me date un bacino. Mi accontento.

Tanto, qualcos’altro, è la mia lei a darmelo(a)…

Goodnight and good luck.

Presto sarà Natale.

E vi regalerò altri sogni.

Sì, sono Clint Eastwood/Babbo Natale di Fino a prova contraria.

Se non vi sta bene, non pot(r)ete amare Gary Oldman. Dividerete le persone fra sfigati e fortunati, tra fighi e cog… ni, chiamerete l’altro orfano di madre od aborto vivente, vi odierete e non amerete, in cuor vostro, l’immagine di voi stessi che si rifletterà davanti allo specchio.

Mi spiace, non vivrete bene, non amerete non solo il Cinema.

E non sarete mai Gary Oldman, Orson Welles, Bob Dylan e Bruce Springsteen.

Per quanto mi riguardi, mi riguardo sempre per migliorare. Io sono io. Va bene così.

No, sì, no, sì, abbasso gli asini e le teste di mulo.3_Tavola disegno 1 2_Tavola disegno 1 1_Tavola disegno 1

Letter To You, recensione del grande, nuovo album di Bruce Springsteenletter-you-recensione-album-bruce-springsteen-copertina

Ebbene, il Boss è tornato con Letter To You. Un’ode alla più dolce, fosca, tenera e al contempo tenebrosa, malinconica sua reminiscenza monumentale di natura mondialmente musicale, un’epica e soffice raccolta delicata, già d’antologia, incastonata e sigillata eternamente nella mirabilissima sua rocciosa eternità perpetua ed eterea. Una carezza lieve donata alle nostre anime. Alle volte spaurite, melanconiche, altre volte grintosamente auto-echeggianti l’evocativa virtù dell’infinità (u)morale delle nostre stesse accorate sensazioni traballanti, in continuo mutamento e rigenerativa freschezza persino euforica dopo tante eclissi dei nostri cuori spezzati, oscuratisi nel buio e poi, di colpo, risorti magnificamente in gloria.

Quest’uomo immarcescibile, oramai appurata ed incontestabile leggenda vivente incarnata nel suo viso oggi smagrito, nella sua ectoplasmatica sagoma avvolta da una nebbiosa atmosfera nevosa, camminando nell’asperità romantica dei suoi perenni, giammai vinti, crepuscolari e al contempo infuocati dubbi esistenziali, pare che riemerga dalle soffuse penombre di sé stesso, incorporandosi nel revenant cantore delle sue incantevoli memorie magiche. Pietrificate nello splendore dell’adamantino rammemorare il suo e nostro cammino poetico, addirittura ambiguamente ermetico. Sobrio e lucente.

Bruce Springsteen, ladies and gentlemen, che nella copertina del suo nuovo, stupendo album imprescindibile non solo per i suoi irriducibili aficionado, ormeggiando in metaforico the river sulfureo della plumbea, “accordata” mareggiata emotiva della sua carriera oceanica, ci regala un’altra perla piena di canzoni dolcemente lievi evocanti forse A Christmas Carol di Charles Dickens, soavi come un’onirica, atmosfera natalizia, per l’appunto, appaiabile a Paul Auster o, forse, alla squisita amabilità commovente del derivatone, cinematograficamente, racconto vividamente sentito di Harvey Keitel in Smoke.

Letter To You profuma di concettuale spiritualità quasi gospel, sì, di mistica ed avvolgente, allo stesso tempo sanguigna vivacità toccante. Pare, a tratti, addirittura un moderno canto gregoriano.

Dopo Western Stars, elegia dedicata alle anime spare parts dell’infinita, folle e visionaria America forse perduta eppur combattivamente resiliente, a settant’uno il Boss si restaura nel ricordarsi, nel contemplare la bellezza sfuggevole e cangevole del tempo rivisto, introiettato e cantato con la forza ancora gagliarda della sua tempestosa leggendarietà inscalfibile ed immutata.

Cosicché, recuperando dal cassetto dei suoi stessi sogni giammai arenatisi ed assopitisi, alcune canzoni incomplete ed inedite degli anni settanta, alternandole a brani del tutto nuovi, levigati nelle sue vocali corde già, puntualmente, indimenticabili, c’allieta e culla con vibrante, senziente beltà marmorea.

Rilluminando sé stesso, estasiandoci nel far sì che, ancora una volta, possiamo immergerci attraverso lui in un altrove luccicante di lucida, fortemente impalpabile voglia di vivere e rivivere. Di amare e ricordare per rinascere nuovamente intrepidi ed agguerriti. Ancorandoci al passato per rielaborarlo, assieme a lui, in forma catarticamente suadente e morbida.

Con Ghosts supera sé stesso, mormorandoci la levità della fantasia immaginativa e della mnemonica frenesia del suo rispolverare il suo e nostro excursus insuperabilmente, strenuamente agganciato alla purezza dei nostri ricordi riscaturiti vulcanicamente in esplosiva potenza vitale, inarrendevole e, nonostante tutto, ancora intatta. Ripetiamo, immutabile.

Anche se a noi è piaciuta da morire soprattutto Song for Orphans.

Sì, Letter To You non tocca certamente le vette di perfezione stilistica di Nebraska, Bruce Springsteen non è più quel ragazzo strepitosamente e meravigliosamente scalmanato di Born to Run, ma è sempre lui.

In Letter to You aleggia anche la presenza, chissà, di un altro rocker immenso, Bob Dylan.4_Tavola disegno 1

 

di Stefano Falotico

 

LETTER TO YOU: che io mi ricordi, sono sempre stato fan di Bruce Springsteen e di Asbury Park, di City by the Sea e del mio fantasma nella notte


16 Sep

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Ora, non so perché mai, dopo la tragica caduta delle Torri Gemelli, Bruce Springsteen compose l’album The Rising. Per far sì che, assieme appassionatamente, dalle ceneri d’una tragedia senza pari, gli Stati Uniti risorgessero collettivamente, cingendosi in preghiera, a raccoglimento d’un musicale giubileo ove qualsiasi cittadino della Nazione a cinquanta “contee” forse chiese perdono a dio per essere stato un peccatore o, probabilmente, per essersi sentito involontario responsabile di qualcosa di terribilmente nefasto che non poteva comunque essere evitato.

Dinanzi alla morte per mano altrui, rimaniamo infatti pietrificati, scioccati, oserei dire solamente costernati.

Non fu colpa di nessun americano poiché l’attentato terroristico scagliato contro le Twin Towers fu architettato, diciamo, nei minimi dettagli studiato e orchestrato dalla mente diabolica di Osama bin Laden, appoggiato nella sua imperdonabile, esecrabile malefatta aberrante dai suoi adepti radicalizzati.

Ma forse tutto ciò ebbe inizio a causa della coscienza sporca del guerrafondaio Bush. Che, in Medio Oriente, permise che i soldati statunitensi trucidassero innocenti a raffica, propugnando un osceno culto bellico figlio della più mostruosa, oceanica distruzione delle culture non appartenenti all’edonismo reaganiano. Oggi tornato di moda, a livello planetario, con lo spopolare di Instagram ove chiunque esibisce svergognatamente la sua carne in scatola, anzi in scatti selfie e stories che si autodistruggeranno come le vite di chi le crea a mo’ della fuggevole, stolta vanità estemporanea del suo capriccioso implorare 15 minuti, anche meno, di celebrità warholiana, svendendosi nel suo prodotto da macelleria, mercificando la sua anima in cerca d’un patetico, clemente Mi Piace in più. Elemosinando l’autostima più meschina e vile, pusillanime e priva d’una benché minima, personale dignità, nell’inscenare la nudità del suo essersi disumanizzato ed animalizzato in un prosciutto vivente offerto allo sguardo godereccio e porcellesco di chi, consumandolo, ne trarrà godimento cannibalistico dei più parimenti parassitari. Oramai sono radicale anche se non mi stette mai simpatico Marco Pannella e giammai ne voterò il partito omonimo. E, a tutt’oggi, reputo scandalosa e di cattivo gusto la premeditata mendicità di Marco, ritenendo raccapriccianti i suoi sciocchi scioperi della fame. Un modo forse più puttanesco della prostituzione per accattonare voti elettorali in forma ricattatoria delle più capziosamente orride. Postulando la falsità della povertà, sputando nel piatto di chi non poté davvero mangiare.

Detto ciò, per miracolo mi avvicinai a Springsteen. Dopo che, essendo scomparso durante l’adolescenza nella morte della mia anima forse già ultraterrena, forse solo assai tenera, ne ascoltai al massimo due canzoni, ovvero Streets of Philadelphia e The Ghost of Tom Joad

In data 8 Giugno 2003, come già scrissi, mi recai allo stadio Artemio Franchi di Firenze ad assistere a un suo concerto storico. Io, poco amante dei ritrovi canterini, io, cantore solo delle mie malinconie, ecco che fui in tribuna ad ammirare la folla in delirio, una folla più folle di me.

E, già come Joker, incitai la foll(i)a al ritmo del mio essere Nothing Man.

Peraltro, nel 2002 uscì un film che piace solo a me, ovvero City by the Sea.

E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia…

Perché forse, in quel momento, potevo davvero essere salvato come James Franco. Ma, da allora, invece non mi sentii più giovane, gagliardo e veramente romantico come il Boss di The River. Malgrado, di enorme, monumentale resilienza, stia curando l’editing di un libro di 249 pagine esatte per la Kimerik Edizioni, intitolato La leggenda dei lucenti temerari.

In quanto, prima di morire, voglio citarvi un pezzo celebre di Shutter Island: ricordatevi di noi, perché anche noi abbiamo vissuto, amato e riso.

Aggiungo io, ricordatevi di me. Perché io non ho saputo vivere da idiota come quasi tutti, non ho amato tre donne, sì, solo tre, come un maiale qualsiasi, non ho riso come un pagliaccio.

Perché io sono io. Bruce Springsteen è dio ma anche Jim Morrison non scherza poiché è Satana.

E, quando si arrabbia uno così, il re Lucertola, fatevi il segno della croce.

È arrivato l’Anticristo.

Così come non dimenticherò mai il finale di True Detective.

Errol Childress sostiene di essere molto cattivo.

Dinanzi a lui però ha Rust Cohle.

di Stefano Falotico

Alla fine… se dovessi schizofrenicamente identificarmi in una rockstar, tra Freddie Mercury, John Lennon, Mick Jagger, Kurt Cobain, Jim Morrison, Bruce Springsteen e David Bowie, sceglierei sempre Elvis


19 May

98179668_10216570213510673_5897324460611993600_o 98056527_10216570212830656_1283277210899185664_o 97754785_10216570213910683_5046622972647833600_o

Elvis è il più grande, il più grande di tutti.

Ma voglio qui ironizzare. C’è poco da ridere e la situazione mia attuale non è, come si suol dire, certamente delle più eccitanti

In maniera oserei dire lapidaria e radicale, tanto simpaticamente mitica quanto eremitica, voglio qui stigmatizzare, di aforisma alla maudit testé coniato da irrimediabile testone spesso immalinconito o forse solo da irrecuperabile coglione inaudito, un triste pensiero che, in tali ore angosciose, a loro modo anche straordinariamente, pazzescamente armoniose, dilaniò la mia mente, aprendola a un colpo di genio magnifico e suadente. Diciamo vigoroso:

la frivola socialità è un compromesso meschino con la mediocre avidità, le preferisco la mia folle lucidità.

Asserito ciò, in totale orgoglio di me rinnovatosi dopo un imperituro, oserei dire infinito e sterminato tempo immemorabile di e da me stesso addirittura dimenticato, in quanto oggi sono rinato, direi di passare a qualcosa d’introduttivo e ficcante-piccante per prenderla un po’ a ridere in maniera strafottente.

Un tempo, esistette Telemontecarlo. Poi, dopo vari passaggi di proprietà, non so se legali (sarebbe da chiedere a Enrico Mentana), essa divenne l’attuale LA7.

Una tv locale divenuta nazional-popolare.

Ora, io vado matto per le gambe di Tiziana Panella, da anni. Sin da quando presentò, su sgabello da Alba Parietti di Galagoal, il mattutino “approfondimento” chiamato Coffee break.

Sì, fra un suo accavallamento e l’altro, dovetti fumare molte sigarette per rilassarmi e per acquietare la mia tendenza a dare in escandescenza di “tiramento” turgidamente incandescente poiché, in quegli attimi poco acquiescenti, bensì al cardiopalma ed effervescenti, contemplanti la sua Sharon Stone di Basic Instinct assai arrapante, Tiziana m’indusse a uno sguardo terribilmente voyeuristico e stetti io dunque per bruciarmi senza mutande, zuccherando ogni amarezza con mia schiuma da cappuccino rovente.

Ah, come ammirai, mirai le sue cosce vellutatamente inguainate in collant attizzanti su tacchi a spillo esaltanti! Sinceramente, tantissime me ne tirai, stravaccato sul mio divano da uomo che non se la tirò per niente.

Le sue cosce però, rispetto a qualche mese fa, sono meno parsimoniosamente esibite in maniera platealmente provocante. Anzi, da quando iniziò la quarantena del Covid-19, Tiziana fu persino più castigata per colpa del fallo, no, del fatto che utilizzò la “mascherina” per soffocare le sue vertiginose minigonne su pose sue scoscianti, indossando tailleur castigati poco degni di nota ma soprattutto di notti amanti… del mio L’ululato di Joe Dante o della mia mitica trasformazione da miglior amico del timido Griffin Dunne di Fuori orario, tramutatosi spaventosamente in Un lupo mannaro…?

Ah, che belle filastrocche, che gran gnocca e il mio… andò tutto fumante e filante.

Che prosa, che poesia rosata nel rimembrare quel tempo a me così arrossante e riscaldante. Onestamente, imbarazzante. Sì, fui uno che dinanzi a una donna, eh già, spesso arrossì e poco lo arrossò.

Di Tiziana, malgrado lei mi conduca (eh sì, è una conduttrice, ah ah) a stati di coscia, no, a stacchi di sue cosce, no, a stadi di coscienza anelanti la sua rosa cosa su mio far “brillante” stimolante il prepuzio roseo presto ardente, non so se di fellatio pure al dente, odio la sua voce disgustosamente roca e un po’ cavernosa. Quasi da donna deficiente. Odiosa!

Ah, comunque è venerabile ugualmente e io venero anche i miei corpi cavernosi stupefacenti.

Credo pure che sia una donna che usò più precauzioni della quarantena profilattica. No, non fu portatrice di malattie veneree piuttosto pericolose.

Uso il passato remoto poiché, oggi come oggi, Tiziana è sposata. Perciò, se non tradisce suo marito, penso proprio che solo suo marito glielo usi in modo penetrante e sanamente focoso.

Disprezzo però la sua falsità di donna fintamente posata, troppo compassata. Schierata palesemente nella Sinistra moderata quando invero dovrebbe darsi, per l’appunto, al Centro più accondiscendente e più pene-volente, no, benevolente di maggiore darvi dentro da ex proletaria incazzata, poi emancipatasi ambiziosamente per fare la bella figa di legno, sì, altolocata.

Ora che c’entra questa mia introduzione, non del mio coso fra le sue cosce anche nei giorni in cui ha le sue cose, con le rockstar?

Ecco, io sono pressoché platonicamente (mica tanto, ah ah) infatuato di tutte le donne che portano il nome Tiziana. Il nome Tiziana m’infuoca a prescindere… Anzi, tutto a salire.

Di falli, no, difatti, il mio primo, indimenticato amore d’età puberale si chiamò Tiziana. Mia ex compagna delle scuole medie. Si chiama ancora Tiziana. Mica è morta, cazzo.

Sì, col mio migliore compagno di b(r)anco delle scuole elementari è ora maritata.

Oddio, quanto sono sfigato! Ah ah. Un toccato!

Come si suol dire, il primo amore non si scorda mai.

Per lei avrei fatto follie. Ne fui così innamorato in modo romanticamente struggente, cazzo, che assurdamente nutrii nei suoi riguardi solo altissimi e delicati, oserei dire angelici pensieri poetici dei più elevati.

Sì, pur desiderandola da morire, anzi, a sangue, che io mi ricordi, su di lei non me ne sparai nessuna. Dunque, nonostante non me la feci, lei fece sì invece che io m’innalzassi spiritualmente, magnificandola e assolutamente non ficcandola.

Ma ne fissai, anzi, ne venni crocifisso.

Eh già, mi auto-castrai, beatificandola oltre ogni dire, fu tutto un mio ardere per lei senza mai elevarlo e, onestamente, ardentemente metterglielo lì in modo sano.

Oddio mio, che santo!

Sì, mi masturbai solamente di penose seghe mentali dolorose. Lei non mi diede mai modo di credere che non desiderasse da me qualcosa di più gioioso, forse grosso e caloroso ma, per timidezza, non ebbi mai il coraggio di farmi avanti. Cosicché, non me la fottei neanche da dietro. Anzi, lo presi in culo per intero.

Ma chi se ne fotte!

Ora, quando si è innamorati, si può diventare dei frustrati incommensurabili se, non contraccambiati in tale sentimento lirico, si sublima il tutto in maniera pateticamente onirica. Se invece si è ripagati, pur non nessuna pagando, sentimentalmente e sessualmente, si potrebbe finire, eh già, frustati. Se la vostra lei, infatti, è o si rivelasse un’amante del sadomaso più violento.

Di mio, con Tiziana fui sadomasochistico, poco machista e nient’affatto fancazzista in senso masturbatorio. Per lei giammai venni, bensì l’incarnazione di Johann Wolfgang von Goethe, per l’appunto, lacrimosamente e straziato divenni.

Col passare degli anni e del mio puntuale riceverlo dal gentil sesso solo nell’ano, dal Goethe de I dolori del giovane Werther, passai al suo protagonista di Faust. Non vendetti l’anima al diavolo ma trasfigurai Tiziana in Cybill Shepherd di Taxi Driver.

Per dirla alla Travis Bickle, mi orgasmizzai. Patendo pene. Sì, solo dell’inferno. Al che, approfondii tutta la Divina Commedia di Dante Alighieri.

A un certo punto, per contenere il dolore provocatomi dalle carenze affettive, anzi, per assenza di dolci carezze, scordai ogni voglia matta per quel seno, no, in quel senso, giacché per molto tempo neppure mi divenne rizzo. A Jessica Rizzo, comunque, preferii rizzarlo per quelle meno ricce.

Mi ammalai, paradossalmente, di manie ritualistiche da sofista senza una donna nel sofà a mo’ compensativo del vuoto dovuto al non riempirla come dio comanda e sa.

Al che, sia Matt Dillon di di Rusty il selvaggio che de La casa di Jack, autodefinitosi Mr. Sophistication, mi fecero un baffo. Christian Bale di American Psycho, invece, amante di Phil Collins, l’avrei sbattuto al muro in men che non si dica. Altro che Bateman redentosi in Batman. Avrei tagliato subito il suo pipistrello e il suo psicopatico irredento.

Non fui misogino ma abbastanza misantropo… sì. Anche molto topo senza topa. Rimediai, mettendoci delle toppe. Sì, qualche volta spaccai i pantaloni senza volerlo pur assai volendola in modo tremendo.

I miei amici credettero che fossi invece Matt Dillon di In & Out.

Segui appassionatamente tutte le notti degli Oscar e spesso ballai da solo davanti allo specchio, indossando alla pari di Kevin Kline, eh già, un giubbotto di pelle nera da Village People.

E dire che scoprii di essere Mark Wahlberg di Boogie Nights, ex modello per Calvin Klein.

Al che, dopo non averne viste manco per il cazzo, rividi Cruising con Al Pacino e compresi di non essere né omosessuale né omofobo.

Neanche un serial killer come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti. Uno che mi stette sempre sul cazzo. Per quanto ne sappia, comunque, Jodie Foster stette sul cazzo solo di Russell Crowe. Jodie è lesbica ma pare che, con Russell, Jodie non abbia finto alla maniera di Meg Ryan di Harry ti presento Sally. Peraltro, dopo la separazione da Dennis Quaid, Meg Ryan non finse per nulla. Sempre con Russell, famoso sciupafemmine toro, no, Il gladiatore.

Jodie Foster invece, a tutt’oggi, non si sa che cazzo voglia. Ah, lei, la bambina dello spot Coppertone.

Come disse Michael Madsen de Le iene (Reservoir Dogs) a Mr. White:

Continuerai ad abbaiare a lungo, cagnolino, o comincerai a mordere?

Sì, Harvey Keitel, in Taxi Driver, la traumatizzò.

Ne Il silenzio degli innocenti, Jodie ebbe la sua vendetta. Ma non fu un film di Tarantino con Uma Thurman nei panni della sposa. Né il finale dii Kill Bill vol. 1. Ah ah. Ecco…

In Sotto accusa, Jodie fu stuprata.

Sia per Sotto accusa che per ll silenzio degli innocenti, vinse l’Oscar. Non lo vinse per due ani, no, per due consecutivi anni ma poco vi mancò.

A seguire, vi ecciterò… no, vi citerò invece un attore che vinse l’Academy Award per due volte di seguito.

Sì, prima di arrivare… bisogna farsi il culo. Ah ah.

Al che, distrutta psicologicamente, divenne muta come in Nell. Poi, da femminista cazzuta, si sfogò ne Il buio dell’anima, pigliandosela contro ogni cazzone non rispettoso delle purezze virginali da The Dangerous Lives of Altar Boys.

Cadendo però in una forte depressione peggiore di Mr. Beaver. Cazzo, dire che un tempo persino un figlio di puttana come Mel Gibson, un ipocrita più baro di Maverick, riuscì a farle credere di essere Monica Bellucci de La passione di Cristo.

Ora, Monica Bellucci è sempre molto bella. Anche ancora molto scema. Come attrice “pura”, non è buona ma fa veramente schifo, sì, non vale una beneamata minchia. Diciamo che induce ad atti impuri, essendo solamente bona.

Jodie invece è bella e molto intelligente. Così intelligente da risultare antipatica. Ma non importa.

È fermamente convinta delle sue posizioni dure…

Tanto, anche se a un uomo duro risultasse simpatica, tralasciando Russell Crowe, lei non gli sarebbe empatica.

Eccoci dunque arrivati a Kurt Cobain, maestro dell’empatia e al contempo dell’agonia, dell’apatia, della malinconia e di tutte le vite talmente senzienti da essere precocemente volate via.

Celeberrima è la sua lettera. Cioè, da Kurt scritta pochi attimi prima di farla finita.

Riproponiamola:

«A Boddah.

Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po’ vissuto che preferirebbe essere un bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire. Tutti gli avvertimenti della scuola base del punkrock che mi sono stati dati nel corso degli anni, dai miei esordi, come l’etica dell’indipendenza e della comunità, si sono rivelati esatti. Non provo più emozioni nell’ascoltare musica e nemmeno nel crearla e nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole. Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento alzarsi forte l’urlo del pubblico, non provo quello che provava Freddie Mercury, che si sentiva inebriato dalla folla, ne traeva energia e io l’ho sempre ammirato e invidiato per questo. Il fatto è che non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo (e l’apprezzo, Dio mi sia testimone che l’apprezzo, ma non è abbastanza).

Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo coinvolto e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Sono troppo sensibile.

Ho bisogno di stordirmi per ritrovare quell’entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fan della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l’empatia che ho per tutti. C’è del buono in ognuno di noi e credo di amare troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile, ingrato, pezzo dell’uomo Gesù! Perché non ti diverti e basta? Non lo so. Ho una moglie divina che trasuda ambizione ed empatia e una figlia che mi ricorda di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.

Bacia (Frances, ndr) tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può farle del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l’idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall’età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.

Pace, amore, empatia. Kurt Cobain.

Frances e Courtney, io sarò al vostro altare.Ti prego Courtney tieni duro, per Frances.

Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me.

VI AMO. VI AMO».

Amore!

La compagna di Kurt, si sa, fu Courtney Love. Una donna forse più troia della pornoattrice Brandi Love.

Infatti, dopo aver intascato l’eredità da Kurt, Courtney scopò Edward Norton. Conosciuto sul set di Larry Flint.

E ho detto tutto…

Vedete? Potrete inseguire il vostro Buddha, cercare il Nirvana ma troverete una troia che vi metterà in croce.

Sì, Kurt non fu Gesù. Non fu il messia di nulla. E io non vado più a messa. Invece, voi andate a messaline.

Jim Morrison, d’altro canto, morì di overdose. Oppure, probabilmente morì in quanto Meg Ryan di The Doors (glie)lo rese troppo sensibile.

Bob Marley, cantore dell’amore libero, non avrebbe avuto rispetto del dolore di Jim, dovuto al troppo amore. L’avrebbe trattato da femminuccia, cantandogli No WomanNo Cry.

Comunque, Marley non sarebbe mai andato con Brandi Love. Invece, Freddie Mercury fu Tom Hanks di Philadelphia e, poco prima di morire, alla maniera del personaggio interpretato da Tom, forse cantò Maria Callas.

Che tragedia. Pochi istanti prima di esalare l’ultimo respiro, si assume un’espressione da Forrest Gump.

Bisogna, malgrado tutto, credere all’amore. Insomma, The River e Tougher Than the Rest sono due delle canzoni più belle di tutti i tempi.

Frank Sinatra fu ribattezzato The Voice. Sì, fu anche un mafioso, però. The Rat Pack!

Dunque, il più grande rimane Elvis. Anche se China Girl è una canzone di un altro pianeta.

Tornando a Telemontecarlo, all’epoca passò la pubblicità di una cinematografica retrospettiva dedicata, settimanalmente, a Robert De Niro.

Questa pubblicità finiva con l’annunciatore, di voce caldissima, che recitava:

il più grande, il più grande di tutti.

Cioè Robert De Niro?

No, io.

Ah ah.

Sì, riguardandola sotto un’altra prospettiva, senza retrospettive e lagnose retrospezioni, dopo una torturante altrui ispezione sui miei coiti, no, sul mio conto, debbo ammettere che Massimo Troisi di Non ci resta che piangere è un grande. Yesterday…

Comunque, a John Lennon, preferirò sempre Al Pacino de La canzone della vita – Danny Collins. Rod Stewart, invece, è un cretino.

Ah ah ah!

Sono sia cinico che romantico. No, non ho perso le parole come Luciano Ligabue. D’altronde, ho una bella voce. Anche qualcos’altro.

Su questa potentissima freddura, vi lascio, sperando che non cazzeggiate oltre il lecito consentito.

La dovreste finire anche con quei commenti più scontati delle colonne sonore da du’ soldi… sei bellissima, sei illegale!

Altrimenti, chiamo Hannibal Lecter.

Ah ah.

Sì, adoro Simpathy for the Devil.

Ah ah.

Ah, per tutta la vita la gente non comprese il mio mood. E me le suonò, urlandomi: ma perché ridi?! Che tristezza!

Di mio, me la suono e me la canto quando cazzo mi pare e piace.

Se non ti piaccio, alla mia lei piace, eccome.

Dunque, fatemi il piacere…

elvis

di Stefano Falotico

Federico Frusciante non ha capito nulla di JOKER: ha poco a che vedere con FALLING DOWN di Joel Schumacher ma ha molto da spartire con DOG DAY AFTERNOON e THE SILENCE OF THE LAMBS


29 Jan

Da circa un anno, sono in contatto con una ragazza per girare un cortometraggio. Al che, intervenni su un suo post in cui dissi, scherzando, che DiCaprio è meno bello di me.

Senza motivo alcuno, lei mi scrisse in chat che dovrei guardarmi allo specchio. Sì, dopo che lesse la mia sceneggiatura. Capace pure che me l’abbia fregata.

Ma chi cazzo credete di essere? DiCaprio lo vedrete col binocolo e mi sa che, se continuerete a tirarvela, vedrete anche qualcos’altro da lontano, di riflesso, diciamo.

Sì, quando m’incazzo, Vittorio Sgarbi mi fa un baffo.

Sono diventato uno psichiatra “cannibale” delle idiozie e delle battutine di cattivo gusto. Alla pari di Hopkins nella scena de Il silenzio degli innocenti in cui viene provocato dalla senatrice e lui psicologicamente la annienta, dicendole che i suoi capezzoli sono ora tropo duri dopo che allattò la piccola Catherine.

Al che, la senatrice gli urla che è un mostro orribile. Lui ridacchia e poi la sconvolge ancora. Rivelandole il nome dell’assassino, anche se non è lui.

Sì, per colpa di gente bigotta che me la combinò (s)porca, in questi anni mi sono indurito veramente troppo. Diventando una sorta di Matthew McConaughey di True Detective.

Un po’, anche, come Max Cady di Cape Fear.

Insomma, incontri Errol che vuole svezzare con crudeltà la verginità altrui. Col piccolo dettaglio che Errol ora ha di fronte uno più cattivo di lui. Questo non l’aveva previsto, però.

Sì, io sono amichevole, anzi amicale, spesso ammiccante con tutti. Tanto amico di tutti che, nel cammino della mia vita, fui accusato di essere solo come un cane.

Sì, poiché non attenendomi ai parametri istituzionali della borghesia felsinea, già ai primi vagiti della mia adolescenza tormentata, dunque già al fiorire di miei desideri, sin troppo pronunciati e marcati, presto stigmatizzati e marchiati, verso le vagine più rimarchevoli, eh sì, non comprendendo io la filosofia nerd dei miei coetanei, indaffarati più che altro a giocare col pc in videogame come Doom, le mie cosce, no, la mia (in)coscienza s’ottenebrò e sin da subito mi spompai e tutto s’annacquò. Questo mio (d)eludermi dal mondo, questo mio prematuro essere invero già troppo maturo, indusse gli adulti, anzi la gente che si considerò più grande psicologicamente e intellettivamente di me, gente che presuppose di essere, rispetto a me, molto più matura, ecco… dove minchia ero rimasto, andiamo avanti anche se, come appena accennato, molti pensarono che fossi rimasto indietro, insomma degli arretrati, portò gli adulti a vedermi come ragazzo vulnerabile, innocuamente indifeso.

Cioè, scambiarono uno che, anziché innamorarsi di Liv Tyler di Io ballo da sola, smanettava di brutto sulla figona del video di Vasco Rossi, Rewind.

Sì, me ne sarò sparate circa diecimila su quella lì. Anche se, in quel periodo pieno di seghe non solo mentali, andai matto pure per la super figa ciclopica di Smack My Bitch Up dei Prodigy.

Registrai, dopo la prima visione, immediatamente da MTV la suddetta, molto da me sudata, ah ah, clip con tale gnocca esagerata.

Però, dovevo premere pause, anzi stop prima del finale esplosivo, no, scandaloso. Sennò mi s’ammosciava proprio prima dell’attimo deflagrante e più schizzante del piacere focoso. Eiaculante! Eh già.

Che uomo brillante! Ah ah.

Non era una donna, bensì un uomo poco arrapante e, a darcela tutta, no, dircela, anche un po’ peloso.

Avrei da raccontarvene di quel periodo veramente sfigato del mio essere Quentin Tarantino di Dal tramonto all’alba.

Eh, come ancora me la tiro. Un paio, in effetti, me ne tirai anche su Juliette Lewis… di Cape Fear. Ah, quelle cosce morbidamente vellutate, lisce come pesca da accarezzare di primo mattino e deglutire come una sveltina ah, che spensierata sobrietà fu quella mia dolce volgarità nel mio allisciarmelo da lupo cattivo come Max Cady/De Niro.

Datemi pure del cretino, io so che Juliette ama molto il cremino…

Molti credettero che fossi un vizioso viziato assai capriccioso e più complessato dell’appena eccitante, no, citata Juliette. E pensarono che mio padre fosse Nick Nolte, cioè un ipocrita che di giorno svolgesse un lavoro utile alla burocrazia e di notte, segretamente, “racchetasse” sulle milf che, giocando a squash, via cavo sviluppavano le sue malsane voglie sulle donne più perversamente sexy.

Sì, Illeana Douglas di Cape Fear è un po’ come la signorina Silvani/Anna Mazzamauro di Fantozzi.

Oggettivamente, fa schifo al cazzo ma forse, proprio per via della sua evidente bruttezza inconfutabile, emanava un non so che di morbosamente attraente.

No, mio padre non fu avvocato, si laureò in Scienze politiche. Che è un ramo di Giurisprudenza.

Svolse il lavoro di capufficio. Non gli piaceva affatto ma doveva pagare il mutuo della casa.

Di mio, rimasi muto, spesso nella cameretta. Ah ah.

Ho sempre saputo che, quando io e mia madre eravamo in vacanza d’estate nel paese dei miei genitori, mio padre deve averci dentro a più non posso pure sulle tenniste che, verso quel periodo, mostravano le gambe, più di una valletta, sulla terra verde di Wimbledon.

Non so quali fossero le sue preferite. Di mio, posso dire che, appena vedevo Gabriela Sabatini, qualcosa non rimaneva più piccino e s’ingrandiva più delle mie pupille dilatate su vasi dilatatori tesi alla massima potenza. Mio padre non è originario di Potenza, bensì di un paesino vicino Matera, eh sì, uomini maturi.

Siete duri nella testa come dei Sassi ma molto mosci altrove. Ficcatevelo/a dove dico io.

Anzi, pazzo come John McEnroe, arrivavo subito all’ace a mo’ di Pete Sampras.

Sì, vi ho detto che ero già precoce, anche di eiaculazione. Nella vita e nella figa volevo arrivare istantaneamente al sodo, senza girarci attorno e senza far godere lei.

Sì, non è che vivessi una vita godibile. Onestamente, vissi molte fighe virtuali ma assai poche a livello tangibile.

Ah ah, questa è bellissima. Sì, mi toccavo come un ossesso ma, in quanto a reale sesso, la mia quaglia poco quagliava. Anzi, appena incontravo una, lei violentemente mi offendeva in tre secondi ritti, no netti, e me la squagliavo mentre lei, sicuramente, con un altro se la squagliava…

Sì, le ragazze non vogliono un tipo sveglio, sincero o troppo svelto, bensì uno che se la tiri/a da dritto e nelle gambe, no, in gamba.

Sì, dei cazzoni farisei. Come detto, felsinei. Sì, il bolognese medio parla di donne a destra e a manca ma, sostanzialmente, mangia solo la carne dei tortellini.

Ah ah.

Anni fa, un’altra che mi fece perdere la testa, soprattutto i testicoli, di dritto e rovescio… fu Flavia Pennetta. Come direbbero a Bologna, in fallo, no infatti… un’ottima penna. Traducibile in passera di livello superiore alla media. Già oltre, come me, gli onanismi scolastici assai ombelicali della scuola media e più dotata in maniera da 110 e lode. Diciamo che non ho bisogno di allori e lauree, ce l’ho profumato di quasi trenta centimetri. Parlatene con colei che mi sverginò e capirete perché mi disse che, non solo gli altri, bensì io stesso di me capii un cazzo.

– Siamo sicuri che, prima di questa selva, no, di questa sera… tu fossi vergine? E sei sicuro di essere uno da Cinema di Bergman, depresso che odia il contatto fisico? Non hai mai pensato che Mark Wahlberg di Boogie Nights è come il tuo “Grande Lebowski” che cura ogni frigida e la rende rossa, non solo nei capelli, come Julianne Moore?

– No, non ci avevo mai pensato. Fammici penare meglio, no, volevo dire pensare.

– Per forza. A furia di sentirti dire che eri meno dotato, te n’eri convinto. Parte tutto dall’ipofisi, sai? Ti hanno suggestionato. Direi invece che, stanotte, tu hai sanato ogni mio pensarmi poco donna.

– E come avrei fatto?

– Mi sa che la vergine ero io…

 

Ah, gambe toniche quelle di Flavia Pennetta, miei uomini con la panza piena che aspettano solo la domenica per magnare le pennette all’arrabbiata perché vostra moglie non vuole che amiate il gioco, non delle palline, bensì del pallone.

Siete dei palloni gonfiati.

E da tempo immemorabile, davvero poco memorabile, oramai i coglioni che non siete altro, eh già, hanno rotto quella, no, la scapola dell’ultimo scapolo, oh, miei ammogliati.

Ora, questo lungo e grosso pene, dopo tale disamina vera da uomo penoso, spesso fallace, fallico o solo pen(s)ante, no, questo palloso panegirico, per venire… a una questione che mi (s)preme di più.

Cioè, credo che la gente di me non avesse capito nulla.

No, non sono mai stato il tipo da canzoni di Leonard Cohen e da La Mer da Charles Trenet. Anche se, crescendo, odio sempre più andare al mare. Appunto… ah ah.

Credo di essere un montanaro come Max Cady.

Vi ricordate la scena del pestaggio di Cape Fear?

Avvocato. Avvocato, sei tu, vero? Avvocato. Vieni fuori, dai forza, fatti vedere. Io non sono un povero pezzo di merda. Io sono meglio di tutti voi. Io imparo meglio di voi, leggo meglio di voi, ragiono meglio di voi e filosofeggio pure meglio di voi. E durerò più di voi. Ti credi che un po’ di botte mettano fuori combattimento questo vecchio montanaro?

 

Bob De Niro, per questo ruolo, fu candidato all’Oscar ma fu battuto da Anthony Hopkins de Il Il silenzio degli innocenti. Sapete, no, che Jonathan Demme, prima di affidare la parte ad Hopkins, pensò proprio a De Niro?

Infatti, qualche anno fa, De Niro e Bradley Cooper avrebbero dovuto lavorare nell’ancora irrealizzato Honeymoon with Harry. Che doveva essere diretto da Demme.

Cazzi loro…

Per farla breve, io fui accusato di fobia sociale, di semi-schizofrenia diabolica come Linda Blair de L’esorcista, di essere l’incarnazione, ah ah, dell’innocenza del diavolo. Mi diedero la patente di attore monstre delle sue menzogne, di Pinocchio, di finocchio, soprattutto di figlio di ‘ntrocchia, questi figli di troia.

Di mio, posso dire, che d’inculate ne ricevetti tante.

Posso dire che colei che mi sverginò era di Trieste ma non apparteneva alla minoranza slovena.

M’insegnò tutto, dove toccarla e come incularla ma alla fine mi coglionò e mi mandò a fare in culo senza più bisogno di fotterla. Ah ah.

Se fossi voluto andare con una dell’est, bastava che chiedessi alla ragazza delle pulizie del mio pazzo, no, del mio palazzo, di smettere di farselo da sola.

La mia seconda tizia era più grande di me. All’anagrafe. Io avevo 28 anni, lei 33. Che colpo d’ano.

Oh, non è colpa mia se non ci arrivate…

Così come non è colpa mia se odiate Philadelphia di Jonathan Demme perché siete omofobi e considerate Bruce Springsteen un troione. Pigliatevi pure Eddie Vedder, quel pelato di Billy Corgan, Kurt Cobain e tutti quei froci. Ah ah.

E non è neppure colpa mia se odiate la classe della prima della classe, Jodie Foster.

Ora, che c’entra il Frusciante?

C’entra il Frusciante, eccome. Mi specchiai, mezzo nudo, davanti allo specchio.

Mi sa che sto facendo la fine di Anthony Kiedis.

Dunque, non voglio più sentirmi accusato di stronzate.

Pigliatevi Muccino, suo fratello e tutta la retorica catto-borghese di quest’Italia di (po)lentoni, di tardone e ritardati, e soprattutto vedete di non rompere più i maroni.

Purtroppo o per fortuna, sono diventato identico a Rust Cohle.

Metto le corna al diavolo e pure al mio miglior amico. Partono risse mai viste.

 

di Stefano Falotico

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In attesa dell’Oscar a Phoenix, parliamo oggi di Cop Land e delle moralistiche prediche, no, delle prefiche – La scimmia del cortometraggio di David Lynch è romantica!


25 Jan

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La prefica è colei che viene pagata per piangere ai funerali.

Spesso, viene assunta dalle donne del meridione per dare un tono più melodrammatico all’atmosfera già, appunto, funerea e piuttosto lugubre creatasi in seguito al lutto incolmabile dovuto alla perdita di un caro.

Molte ragazze, però, piangono a dirotto più di una comare secca vestita di nero a mo’ di cornacchia se, anziché perdere un caro, devono pagare il cariatide dentista affinché le curi dalle carie.

Alcune sono pure incurabili racchie. Insomma, neanche se facessero le suore della curia riuscirebbero ad amare l’essere solo, sinceramente, delle donne da tutti trascurate… anche da dio.

Sì, sto assistendo davvero a un porcile di donne amanti(di), a quel porcile profetizzato da Pasolini, già avvenuto e insinuatosi nelle anime di molti giovani donne, da tempo immemorabile e da non restaurabili tempi, putrefattesi. Fuori e dentro.

Eh sì, ragazze universitarie, peraltro ricche di famiglia, che non abbisognerebbero di prostituirsi in quanto, come detto, vivono in agiate condizioni economiche piuttosto soddisfacenti, le quali, appunto non paghe della vita non magra, bensì ben pasciuta, si sottopongono a pesanti cure dimagranti e poi praticano robusti pilates rassodanti per poterla offrire tutta depilata e “brillante” al miglior offerente che possa, nel salvadanaio, soddisfarle appieno col suo spumante!

Mah, più che miglior offerente, tale elemosinatore di figa a buon mercato è, diciamocela, un accattone sofferente.

Sì, un uomo perennemente frustrato che sputtana con tali puttane tutto il suo magrissimo stipendio, spesso pure dell’assistenza sociale e dunque di pensione precoce a lui elargito, pur di passare una notte a base di fruste sadomaso con una di queste mentecatte che la danno per potersi pagare la borsetta di mammà.

Sì, insospettabili ragazze apparentemente pudiche, insomma, a prima vista Elsa Morante, non vivono affatto d’idealismi virtuosi come Bianca, ovvero Laura Morante, bensì vivono doppie esistenze ove, se di giorno si celano dietro la parvenza delle brave figlie di papà, di notte la donano a un brutto figo, no, figlio di zoccola.

Sì, ne vedo tante…

Ragazze laureande che ti contattano in privato, spacciandosi per donne che vorrebbero con te instaurare una sana relazione d’amore purissimo quasi da sante.

Ma, dio santo, al terzo scambio di battone, no, di battute in chat, ti chiedono d’iscriverti ai loro siti a luci rosse ove, una volta che ti avranno fornito La chiave d’accesso, dietro tuo lauto pagamento ed esosa quota dispensata a codeste donne assai pruriginose, sostanzialmente poco virginali e lindamente, intimamente nient’affatto rosee, sottoscritto che avrete loro l’abbonamento dispendioso e lussurioso, al fine che costoro possano comprarsi ville lussuose, vi fotteranno in maniera clamorosa. In ogni senso. Alcune infileranno… anche la clausola ove non potrai baciare loro nemmeno il seno con fare ardimentoso.

Che sole!

Ecco, se siete uomini che pendete dalle labbra di questa qua, abboccatene pure e fatevi da loro imboccare.

Siete uomini che, tempo nel didietro, no addietro, perdeste il senno e, per sanarvi dall’insonnia, vi deste alle belle di giorno…

Di mio, me ne fotto bellamente.

Ora, parliamo di Cinema e lasciamo stare le minchiate di queste malafemmine.

Matt Damon tornerà a lavorare con James Mangold per The Force.

Mentre Harvey Weinstein, accusato da Annabella Sciorra di averla stuprata con la forza, si difende, dicendo al giudice che, se la Sciorra avesse eccitato, no, avesse necessitato di lavoro, doveva darla a Sylvester Stallone e a Robert De Niro.

Sì, in tribunale, Harvey diede spettacolo, un one man show da indifendibile mentitore da applauso a cerniera aperta, no, a scena apertissima.

Anziché, prendersi giustamente le colpe delle sue porcate, demandò a Stallone ogni responsabilità:

– Sì, che cazzo vuole da me quest’Annabella? Se costei afferma di essere stata da me sessualmente violentata nel ‘94, come mai allora girò Cop Land, da me pagata, no, finanziato con la mia Miramax nel 1997?

Dico, giudice, in questo film lei consola pure lo Stallone italiano, accarezzandolo pietisticamente e ascoltando insieme a lui Stolen Car di Bruce Springsteen!

 

Insomma, figliuoli, sono un grande romantico. Per questo, vivo nella mia stazione ferroviaria e la gente pensa che deliri, anzi delinqui. Qui, a forza di usare le vostre biforcute lingue, io sono diventato un linguista mentre voi ora non aprite più bocca. Tanto ne pagherete un’altra e lei aprirà non solo quella.

Ho detto tutto.

Per molto tempo, vollero farmi credere, catechizzandomi, che dovessi redimermi. Redimermi da che?

Non ho intenzione di credere ai buonismi falsi di The Family Man e non sono neanche Sonny. Se proprio volete usarmi come meme alla Nicolas Cage, almeno affibbiatemi la patente di Sailor di Wild at Heart. Sì, solo quando sono fuori dagli schemi, risulto magnetico e romantico.

Quando mi volete come un comune idiota piccolo borghese, mi rendete scimmiesco. Sì, i miei sono deliri squisiti, di alta scuola registica alla David Lynch. Deliri ove celebro amori incommensurabili alla Lars von Trier de Le onde del destino. Finiamola! Non dovete riportarmi indietro. Ma quale Ritorno al futuro!

Tu, donna, sei il mio delfino? Di mio, mi tengo Bruce Springsteen e lascio perdere le puttanate piene di melassa.

Comunque, quella non è male. Si chiama Melissa. Stasera, vorrei offrirle un tiramisù. Ah ah.

Ecco, vi ripropongo questo audiolibro. Una donna che lo ascoltò e lesse il libro mi chiese:

– Per caso, chi è la ragazza di cui stai parlando nel tuo libro?

– Si tratta di una donna immaginaria e vagheggiata.

– Non ci crede nessuno. Ci sono dei pezzi troppo sentiti, lei non è irreale e non me lo/a dai a bere. Ecco, molti segmenti sono volutamente volgari e forti. Ma è una critica alla società ingorda e bavosa. Ci sta! Te lo posso dire? È la più bella, struggente, vera dichiarazione d’amore che una donna possa ricevere in vita sua. Non ti ha ancora sposato?

 

di Stefano Falotico

 

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