Sapete che io sono un istrione-battutista. Mie battone.
E dunque sparatevi questo Falotico romantico con capello moscio, il giubbotto vellutato, lo sguardo dolce e sofisticato, l’occhio deniriano o da semplice sfigato, la barbetta incolta da pensatore solitario, più che altro da sciagurato con le sue memorie e il suo patetico diario, la smorfia provocantemente deliziosa, che va a braccetto con la Germanotta, donna indubbiamente passerotta che, in questa foto, veste un po’ da mignotta ma ha una voce che spacca il culo ai brocchi e a chi all’inizio le tirava addosso moralistici pistolotti.
Sì, gigioneggio. E la dovrei finire con queste bischerate. Ma si sa, son un cazzone spesso di qualità. Ah ah.
Video-recensione seria. Silenzio! Ah ah! Dopo la minchiata, ora esigo serietà. Fratelli, qui riuniti nel nostro cineclub, beccatevi questo!
Rami Malek è un grande
Oramai è chiarissimo, salvo colpi di scena dell’ultima ora, l’Oscar lo vincerà Rami Malek. Assodato.
Nessuno avrebbe creduto sino a due mesi fa che Rami Malek potesse davvero farcela.
Ma Bohemian Rhapsody, nonostante le critiche controverse, nonostante in molti l’abbiano definito soltanto una cover ben realizzata con la riproposizione in scala cinematografica del mitico concerto di Wembley e poco più, ha fatto comunque centro.
Questo biopic sui Queen, fortemente voluto da Brian May, come sapete, ha avuto una gestazione infinita.
Era da più di dieci anni infatti che si voleva realizzare una “biografia” su Freddie Mercury. Credo che mancasse lui all’appello. Su tutte le altre grandi rockstar, infatti, a prescindere dagli esiti a mio avviso nefasti (vedi l’inguardabile The Doors su Jim Morrison del pomposo Oliver Stone) o più o meno riusciti, con tante variazioni interessanti sul tema (vedi invece a tal proposito Last Days su Cobain di Van Sant), erano stati realizzati film e via dicendo.
Sul grande Freddie praticamente nessuno, vero e proprio.
La genesi di questo film, come detto, è stata interminabile. Si sono avvicendati registi come Tom Hooper e Stephen Frears, poi scartati, sceneggiatori vari, e doveva essere l’istrionico, folle Sacha Baron Cohen a incarnare Mercury.
Alla fine, si è scelto Bryan Singer. Sostituito, a due settimane dall’inizio delle riprese, da Dexter Fletcher, non accreditato però come co-regista ma solamente citato nei ringraziamenti.
E ovviamente si è andati a parare su Rami Malek. Uno che non gli avresti dato un soldo bucato. Distante anni luce, fisicamente, da Freddie. Che, sì, era omosessuale ma uno di quegli omosessuali non effeminati e checca, bensì un gay da Village People alla Crusing.
Non vorrei che fraintendeste, come vostro solito, le mie parole. La mia non è stata un’offesa sugli omosessuali né tantomeno su Freddie.
È solo per chiarirci. Freddie Mercury, a vederlo così nerboruto, villoso, atleticamente possente, non avresti mai immaginato che fosse appunto omosessuale.
Rami Malek, sì. Ah ah.
Infatti, la sua non è stata una vera e propria immedesimazione carnale, per così dire, se non nelle posture e nei tic copiati alla perfezione. Piuttosto una sua reinterpretazione dell’icona Mercury.
A prescindere che il film sia piaciuto o meno, Malek, a dispetto appunto della sua prova distonica rispetto al reale Mercury, n’è comunque uscito vincitore alla grande.
È stato davvero bravissimo.
Willem Dafoe è stato messo nella cinquina tanto per… Bradley Cooper, che sembrava uno dei favoriti per la vittoria finale, ha subito un tracollo improvviso negli ultimi giorni.
Viggo Mortensen è stato strepitoso in Green Book ma non ha una sola chance realistica di fargliela.
A questo punto, la finalissima, diciamo, è fra Rami Malek e Christian Bale.
Con tutta la stima per Bale, la cui prova è stata egregia, mi sta più simpatico Rami.
E vincerà.
E forse se lo sarà meritato.
Intanto, adesso indosso il mio giubbotto e me la tiro… da duro.
Sono un uomo auto-ironico, cazzuto, un uomo che, senza battere ciglio, se ne fotte. Mah.
di Stefano Falotico