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X-Files: il caso science fiction paranormale di Gillian Anderson – Da semi-racchia Scully sovrappeso a donna fra le più belle del mondo, incredibile


04 Nov

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Sono da qualche giorno sotto shock.

Non posso davvero credere ai miei occhi. No, non sono mai stato un gran patito della serie X-Files.

I coetanei della mia generazione ne andavano matti poiché, a differenza di me, non avevano mai letto un libro di Isaac Asimov.

Quest’appena succitata, super sopravvalutata serie televisiva, della quale poco tempo fa girarono una sorta di reboot con gli stessi attori, all’epoca faceva sfracelli.

Ora, sono passati molti anni da allora. Ma, mentre David Duchovny, eh già, esibiva espressioni da pirla e tutt’ora le conserva perfettamente intatte, ah ah, Gillian Anderson sembrava una media laureanda in Biologia o Chimica, cioè una donna secchiona che, a forza di studiare gli atomi e le cellule, trascurava la sua cellulite e anche forse gli uc… i del sesso opposto.

A quei tempi era assolutamente insulta. Non stimolava niente, nessun gamete, sì. Se un uomo la guardava, preferiva mettere le sue palle su un abete addobbato a festa della nascita del Cristo, ovvero sull’albero di Natale. Gillian era quasi ebete. Era pudica al massimo, indossava tailleur castigatissimi da maschio e aveva sempre un’espressione da professoressa in gamba, a livello cerebrale, ma poco arrapante di cosce a livello ormonale. Era troppo mielosa a forza di studiare la mitosi. Sì, pareva asessuata. Era talmente pulita che sicuramente non poteva essere malata nelle mucose. Infatti, cambiavo canale e preferivo sintonizzarmi su Milena Miconi.  Oh, ero veramente un minchione in piena adolescenziale afasia confusa e m’auto-inculavo. Da cui il termine anafase. Ah ah. Sì, mi sbagliavo di grosso. Grosso diventava per donne che oggi non valgono un cazzo. Ah ah. Ecco, credo di essere davvero schizofrenico, sapete?

Perché indubbiamente distorco la realtà. A me questa Gillian, oggi come oggi, sembra un figone di superba qualità. Ma molti miei amici sostengono che sia brutta. Siamo sicuri che questi miei amici conoscano la selezione naturale di Darwin? Secondo me, questi gorilla non meritano una donna così bella che potrebbe leccare mille banane in un sol boc… ne se solo li, no, lo volesse… È uguale a Sharon Stone di Basic Instinct in versione Jodie Foster non lesbica.

Ecco, esistono fenomeni indubbiamente al di là della comprensione umana, psichiatrica, geriatrica, pediatrica, scientifica e figa. Fenomeni come questo.72970244_10214872801356430_3285983180707856384_n

Uno che indossa tranquillamente il giubbotto di Drive con Ryan Gosling in un locale pieno di gente come se nulla fosse. Poi, torna a casa e riguarda Blade Runner 2049 ma soprattutto First Man.

Sì, il sottoscritto. Un uomo che, come Ryan, recita da autistico-autista e, come nel succitato film di Nicolas Winding Refn, dice una parola ogni tre minuti. Creando suspense irresistibile.

Non vive sulla luna ma non è neppure terragno come la maggior parte di questo Pianeta delle scimmie e delle sceme.

Un uomo carismatico, ipnotico anche se non si sa per quale motivo lo sia. Forse è Magneto di X-Men. Sì, poiché non ha bisogno del magnesio per smaltire quello che mangia.

Siamo attorniati da magnacci. Di mio, dinanzi a tali decerebrati, sussurro solo dio mio.

Fra l’altro, Gillian sembrava un’inglesina con le lentiggini. Invece, è statunitense naturalizzata britannica.

Insomma, chi crede a dio, alle dee ma soprattutto alla Regina Elisabetta, è un uomo che si merita un mondo monarchico, gerarchico, in una parola poco Gillian+Anderson+Olivier+Awards+Red+Carpet+9CFRI78qG13l Gillian+Anderson+Weinstein+Company+Netflix+7cArnBxsYCgl Gillian+Anderson+Weinstein+Company+Netflix+DAEMQRtiO75l Gillian+Anderson+Wizard+World+Comic+Con+Chicago+GwGOVQYLK8Tlfalotico.

 

di Stefano Falotico

 

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Eh già, Ryan Gosling, super video, oserei dire storico, totoiano


13 Apr

Ehilà!

goslingfaloticoEh sì. Dovevo dare retta a mio cugino. Me lo disse subito, qualche anno fa.

– Stefano, no, di De Niro non hai molto. Nemmeno di Johnny Depp. Senza dubbio non sei Paolo Villaggio né Alain Delon. Lascerei stare Paul Newman e non scomoderei neppure Matthew McConaughey.

Ora, vieni qua. Guardati allo specchio. Comincia a fissarti su un punto dello specchio. Avanti.

Secondo te, a chi assomigli?

– Non lo so. A un deficiente? Potrebbe essere la risposta giusta?

– A Ryan Gosling, ecco a chi assomigli. Visto che vogliamo giocare, come fanno gli adolescenti, con le celebrity e le icone divistiche.

 

Ecco sì. C’è proprio una somiglianza impressionante. A parte il colore dei capelli. Ryan è un bel biondino, un pulcino.

Io invece sono corvino e ho gli occhi neri come il grande Matt Dillon.

Non ho alcun pudore nel dirvi che il mio passato fu praticamente identico a Stay – Nel labirinto della mente.

Sì, una psiche enigmatica, amletica, con accenni di psicosi e curve pericolose d’uno stato mentale talmente anomalo da poter essere scambiato superficialmente per demenza ed equivocato per invalidante disturbo psichico.

Ma anche uno psichico come ne Il caso Thomas Crawford. Una testa di c… o che non gli daresti una lira.

Ed Anthony Hopkins, nuovamente “psichiatra della mutua” come il suo epocale Hannibal Lecter, pensa che sia facilissimo coglionare il ragazzino.

Che invece lo fotte di brutto.

Può succedere, Sir Anthony, di trovare uno più deduttivo e intelligente di te. Capita, non ne facciamo una tragedia. Suvvia.

In questo mondo, Solo Dio perdona e io non sono Gesù Cristo.

Sono un umanoide, un mezzo androide metafisico, a volte figo a volte sfigato, come in Blade Runner 2049.

La realtà virtuale è amabile come Ana de Armas.

Sì, le donne reali sono spesso insopportabili. Sono isteriche. Stanno a lagnarsi tutto il giorno solo perché s’è rotta la lavatrice. So io invece che il loro cervello andrebbe smacchiato a massima temperatura.

Di testa calda e friggitrice come il mitico Ryan di Drive. Un romantico futurista, un autista mezzo autistico.

Che però, quando si accorge del marcio, quando al suo amico combinano uno scherzo omicida, diventa una furia devastante.

Sì, direi che il Falotico c’è tutto.

Per non parlare poi di First Man.

Uno a cui capita qualcosa di veramente nefasto e agghiacciante. E con tutti finge che le cose vadano benissimo. Fa buon viso, come si suol dire, a cattiva sorte.

Sì, ho perso mia figlia piccola, beviamoci uno Scotch.

Sì, per colpa di bambagioni che pensavano di arrivare sulla Luna, stavo allunandomi ai crateri della più sola aridità notturna.

Ma me ne fotto delle bevute in compagnia, delle cosiddette piccole cose. Rose rosse per te non ho comprato stasera. Donna, pigliati una rossa, sì, sei lesbica e mi stai soltanto addolorando d’amor spinoso. Sì, ho sbagliato ad arrossire per te.

Sogno un viaggio spaziale, indimenticabile.

Voi non avete tempo per questo. È sabato, andate a caccia stasera. Poi domani è domenica, sveglia tardi, una mangiatona e stravaccata sul divano. Quindi il lunedì e ricomincia la tiritera, la routine giornaliera.

Ah, non si è rotta la lavatrice. Ti sei rotta le unghie? Io invece di tutto questo mi son rotto il c… ecco, ci siamo capiti.

Quando morirò, immagino la mia pagina di Wikipedia.

 

Stefano F.

«Considerato uno dei più svogliati, grandi sex symbol della storia dell’umanità, attore specializzato nel trasformismo, mimo in quanto spesso atipico e sofferente di atimia, fu preso per gentile uomo timido.

Invece la sua canzone preferita era Smile di Jimmy Durante.

Tenero, adorabile, dimostrò una durezza impressionante. Amante, come detto di Durante, scrisse molti libri aulici come Alighieri Dante.

Lui dava ma gli altri non davano nulla.

Uomo molto da Aspettando Godot, non è che molto godette. Eppur fu sentimentalmente legato alle più belle donne dell’epoca. Nessuna di Hollywood gli sfuggiva. Neppure quelle conservate, prestigiosamente, in cofanetti da famosi sogni nel cassetto…

Uomo uguale a Totò le Mokò, era talmente sensuale che simulava di essere un eunuco per non far scoppiare un casino pazzesco. Da cui Un turco napoletano:

la donna è mobile e io mi sento mobiliere.

La gente gli urlava… datti una mossa… e lui invece rimaneva impassibile.

Immobile, spolverando tutto il mobilio…

Gli altri, odiandolo a morte come il fascista Duce, morirono prima di lui di bile.

Mentre oggi il Falotico vive nell’olimpo e da lassù vige.

Così è, non si transige».

 

di Stefano Falotico, dico, mi pare ovvio56976895_10213438286814463_8244242247827062784_n 57039802_10213438347815988_5042845505961328640_n gosling

Sono un uomo irriguardoso nei confronti di Facebook, del Cinema di oggi e della vita vostra futura


07 Oct

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Una peculiarità mia che non piace a nessuno, se non a pochi eletti che ne sanno riconoscere la finezza da umorista pessimista, è la mia lontananza dal mondo “moderno”, nonostante anch’io sia iscritto a Facebook e lo usi smodatamente. A differenza però della gente “normale”, che lo strumentalizza per “piaceri” esclusivamente da mal di pancia, utilizzandolo a mo’ di sfogo o, se sono dei bulli, come sfottò, io mi disincaglio da questa misera umanità che par faccia di tutto per esibirsi, anche quando ha poco da proporre, a parte i suoi lamenti esasperanti, le piccinerie di vite modeste e dallo squallore terrificante, i suoi rimproveri a qualcuno, le sue esternazioni che si credono intelligenti e invece usano a pretesto citazioni di letterati e filosofi, accomodandole alle loro esigenze di quel “particolare” periodo di scompensi psicologici “acutissimi” e di una gravità che neppure Hannibal Lecter potrebbe sondare.

Ci sono allora quelli che par ripudino, quando fa loro comodo, la vita occidentale e si affidano al pensiero contemplativo orientale. Insomma, la sera prima non hanno trombato o si sono versati l’olio bollente sulla camicia, allorché, come compensazione a queste “sfighe” madornali, di “rilevanza” esimia, probabilmente arteriosclerotica, “affiggono” scritti di Mishima, nella lode alla bellezza della vita. Sì, poi esce un film di Kitano e affermano che non vanno a vederlo perché non lo capiscono, “ripiegando” su una pellicola con Bruce Willis, la storia di un poliziotto nevrotico che deve salvare un bambino cinese dalla mafia russa, collaborando con la CIA e scoprendo che i suoi amici sono dei corrotti del KBG, legati per vie traverse alla Sacra Corona Unita affiliata ai produttori di Gomorra. Il film finirà a tarallucci e vino con cameo nel finale di Lino Banfi che balla con Checco Zalone. Intanto, questi qua aspettano le votazioni, implorando giustizia per tutti!

Insomma, il mondo è stato sempre una lotta fra frustrati e uomini di successo che fan tanto sesso, fra persone che, subendo, si ribellano e non riescono a “fregarsene”, e persone che delle loro zoccole si fregiano. In quest’alternanza fra ricchi e poveri, fra chi è inculato e chi se n’incula, c’è chi cambia casa e chi invece cambia cane. Quelli di Venezia cambiano canale…, ah ah, sintonizzandosi su Sky Atlantic per distrarsi dalla marea.

Sì, un’umanità alquanto aberrante, a cui conviene estraniarsi e farsi i cazzi propri. Lo sa bene Harvey Weinstein, uno che ha vinto l’Oscar col “romantico” Shakespeare in Love e adesso su Variety legge che una giornalista lo accusa di essersi masturbato “impudicamente” davanti a lei. Insomma, l’ex Miramax sta colando a picco e probabilmente non riuscirà a produrre il prossimo film di Tarantino. Un pasticcio degno di Pulp Fiction.

Stamattina, ero al bar, e ho ascoltato una conversazione davvero “importante” di una madre, o forse una zia, preoccupata della figlia o della nipote, che va male alle superiori.

– Ah, sa, non ce ne capacitiamo. Insomma, non che abbia mai brillato. Dalle medie è uscita con 6 (perché adesso danno i voti numerici e non le valutazioni?) e alzando il dito medio agli insegnanti. Ma nessuno immaginava che potesse essere il disastro di oggi. Inconcludente, studia 3 ore al giorno ma pensa sempre alle orge, ha un ragazzo svedese che si fa le canne con un nero guatemalese e, prima di andare a letto, prega la Madonna dell’Incoronata perché spera di farsi entrambi dopo un ballo latino-americano.

– Ah, non la colpevolizzi. Crescerà. Guardi me. Mi laureai in ingegneria edile, e guardi quanti chili ho messo su. Sono riuscita a costruire la mia panza, e la gente comunque viene da me a bere il caffè. Sono felice, tutto sommato, della mia vita. Peccato che Montalbano sia finito. A proposito, posso offrirle un Limoncello?

– No, adesso vado a fare un salto al Meloncello.
Meloncello: basamento monumentale dell’inizio dei portici di Bologna che conducono alla basilica di San Luca, ove spesso le donne con problemi di menopausa vanno a confessare le loro voglie capricciose…

 

– Mi tolga una curiosità, prima di andare via senza pagare. Che scuola fa sua nipote?

– Mia figlia.

– Sì, mi scusi.

– Allora, mia nipote fa il Tecnico Commerciale “sperimentale” con indirizzo internazionale, probabilmente extraterrestre.

– Be’, allora di che si lamenta?. È giusto che vada male. Farà la barista come me, e non avrà ambizioni da parlamentare. Non sarà una corrotta.

– Lei dice?

– Dico, dico. Piuttosto, s’informi se può già prendere la pensione di “mantenimento”.

– Come si permette? Mia figlia intende e vuole. Non è mica un’incapace. Ama soltanto Cinquanta sfumature di grigio. Ma la sua vita, vedrà, di soddisfazioni s’imbiancherà.

– Non volevo offenderla. Non guardo la vita divisa fra bianco e nero, ma a sua nipote, o figlia che sia, piacciono i negri. Signora, vorrebbe un Negroni?

 

Scattò la rissa. Nel frattempo, arrivarono i mariti che, prima di separarle, si papparono dei maritozzi.

 

– Eh, tutto questo casino per una sciacquetta?

 

Tornate a casa, le due donne, rispettivamente scrissero sul loro diario Facebook:

 

Giornata di merda. Anche il caffè era amaro. Non c’è più rispetto, evviva la protezione civile! Quasi quasi, do ragione ai piromani. Sarebbe tutto da bruciare!

Giornata del cazzo. L’ho preso anche oggi nel culo, e non era quello di Richard Gere.

 

Tornando invece al Cinema, non se la passa bene. Alcuni sostengono che sia un grande attore Jared Leto. Io invece sostengo che basti dimagrire trenta chili e chiunque potrebbe vincere un Oscar per Dallas Buyers Club.

Blade Runner 2049 è un capolavoro? Non credo, e posto recensioni negative per il gusto di far il bastian contrario. Che delizia, essere poi coperti d’insulti da gente che ama Il Grande Fratello VIP.

di Stefano Falotico

Blade Runner 2049, stiamo attenti a gridare al capolavoro


06 Oct

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Insomma, già alcuni critici nostrani si sono espressi a sfavore del film, reputandolo bello ma non paragonabile all’originale. E credo che mi accorderò a questi giudizi, sperando di non accodarmi quando andrò a vederlo. Perché, nel mio essere indubbiamente un replicante di ardita “sadness”, non amo la massa e le file. Se nessuno mi fila, io altre patatine infilzo. Buone da digerire, da piluccare, ah ah, vanno gustate croccanti, ardenti, per il piacere erotico non solo dei tuoi denti. Ma non mangiatele in sala, fate schifo, datevi all’ottima forchetta in casa. Non al cinema. Lì, potete “fornicare”. Ah ah. Ecco, sono preoccupato dal comportamento della Critica statunitense. Adesso, 2 film su 3 vengono incensati incessantemente di lodi e si urla al masterpiece con troppa facilità. Le cose sono due. O il Cinema è migliorato o, paradossalmente, il mondo è talmente peggiorato che appena esce qualcosa di decente pare insuperabile e mirabile. Opto per questa possibilità, e rivango nel passato alla ricerca delle cose che voi non potreste nemmeno immaginarvi. Quando il Cinema, più libero dall’industria di oggi, che pretende il marketing furbo e non vuole svelare gli spoiler come mossa pubblicitaria appunto per le masse, mi pareva più stimolante.

Le grida non mi son mai piaciute. E questo giubilo mi terrorizza. Sono impaurito dalle unanimità. Anche se, è parere “unanime” e non umano, che io sia un elemento destinato all’estinzione e le mie son lacrime che non si perderanno né fra la pioggia né nella neve. Essendo intangibile come un ologramma che va e viene, si vede e non si vede, appare e probabilmente svanisce, come una visione che non è memorabile come quella dello Scott. Vi siete scottati, ditelo!

di Stefano Falotico

Paolo Mereghetti esalta Blade Runner 2049


05 Oct

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«Blade Runner 2049», il mondo dei replicanti diventa vertigine filosofica

Il fascino di dilemmi esistenziali nel meta-sequel con Ford e Gosling

Bisognerebbe introdurre il termine «meta-sequel» per sintetizzare al meglio questo nuovo capitolo cinematografico di Blade Runner ambientato nel 2049, che continua la storia iniziata nel 1982 (ma ambientata nel 2019) dal film di Ridley Scott, con tanto di ritorno in scena del suo protagonista Rick Deckard (sempre interpretato da Harrison Ford), ma lo fa con un altro atteggiamento, più filosofico che fantascientifico, quello che appunto spiega l’aggiunta dell’apposizione «meta». Soprattutto lo fa recuperando in pieno la lezione del romanziere all’origine di tutto, quel Philip K. Dick che con i suoi libri aveva allargato i confini del cinema di fantascienza aprendolo a vertigini metafisiche fino ad allora inedite.

E di vertigini sarebbe giusto parlare per il protagonista di questa nuova «puntata» diretta da Denis Villeneuve (sempre sceneggiata da Hampton Fancher, stavolta insieme a Michael Green), un replicante della polizia di Los Angeles, l’agente K (Ryan Gosling), incaricato di terminare i replicanti delle generazioni precedenti, quelli che non accettano di essere condannati a una fine certa e sognano invece una vita simile a quella umana. Un «essere» che deve eliminare altri «esseri», secondo la più perfetta logica del profitto perché i replicanti sono robot umanizzati creati per alleviare i compiti degli uomini veri. Da terminare quando non accettano più le mansioni per cui erano stati costruiti. Ma proprio durante la missione che apre il film, il replicante «buono» scopre che il replicante «cattivo» nasconde un segreto che finirà per mettere in discussione la vita dello stesso poliziotto e più in generale i rapporti di forze tra umani e replicanti.

In qualche modo era la stessa storia alla base del film di trentacinque anni fa — la scoperta della propria identità — ma là declinata con una più attenta scansione del ritmo e dei colpi di scena. Qui invece Villeneuve sembra preoccupato soprattutto di scavare dentro le pieghe filosofiche (altro aggettivo non si adatta meglio) di un mondo che interroga l’uomo sui limiti e le specificità della propria umanità. Nel primo film Deckard finiva per chiedersi quale fosse la sua vera «anima» — umana o replicante — in questo sappiano da subito che K è un replicante e che, come le dice la sua sadica superiore (Robin Wright), lui un’anima non ce l’ha. Ma i misteri della natura umana non si possono ridurre a differenze così schematiche e i 163’ del film si incaricheranno di spiegarcelo.

Per farlo, il regista sceglie uno stile rarefatto e ipnotico, che chiede di abbandonarsi a un percorso che recupera il ricordo dell’opera precedente ma lo adatta alle nuove esigenze. Così per esempio, lo spettatore più avvertito riconoscerà alcune delle note alla base della celebre colonna di Vangelis, che quasi immediatamente vengono snaturate da sonorità meno romantiche e orecchiabili (di Benjamin Wallfisch e Hans Zimmer). Anche le citazioni visive si sprecano (Gosling alla fine avrà le stesse tumefazioni e la stessa fasciatura alla mano con cui Harrison Ford chiudeva il film del 1982), ma con una carica metaforica ben più forte di quella puramente cinefila. Come se sulla spinta della riflessione di Philip K. Dick, Villeneuve volesse mettere in discussione non solo il personaggio al centro della storia ma tutto l’universo digitale in cui si muove il film. Il 2049 cui fa riferimento il titolo è il mondo in cui la realtà virtuale ha ormai preso il posto di quella reale, dove si possono sostituire i volti delle donne con quelli delle amanti preferite, dove gli idoli del passato possono tornare ad allietare la solitudine dei vecchi fan (sono tra le scene più belle quelle in cui si vedono «tornare in vita» Elvis, Marilyn e Sinatra), ma dove alla fine il piacere più grande e intenso è quello di sentire la pioggia che bagna le mani o la neve che accarezza il viso.

All’inizio del film una didascalia del regista invita gli spettatori a non svelare i colpi di scena della storia, ma bastano le sigle delle case di produzione (Sony/Columbia, Alcon) disturbate dalle interferenze magnetiche a farci capire che il futuro digitale che dovrebbe sostituire il mondo reale inizia a sgretolarsi. E non solo perché i replicanti non vogliono più accettare le regole che i loro creatori hanno imposto.

 

Blade Runner 2018 è già il capolavoro che “tutti” dicono? Io, che son (D)io, obietto e “investigo” sui raggi b della mia “nave da combattimento”


29 Sep

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Suvvia, devo essere obiettivo e non poter giudicare prima di averlo visto. Ma, nel frattempo, mentre rifletto, pondero se sia lecito criticare ancor prima di aver(lo) visto, lasciatemi danzare sui miei ormoni, come una macchina volante del replicante che sono, essendo androide rispetto alle emozionalità comuni e, senza dubbio, uno spiccato detective delle mie angosce profonde, saggia e sagace, futuristica, avveniristica commistione fra il thriller nero di un’anima baluginante vicino alle porte di Tannhäuser e “cose” che voi umani potete solo immaginare…

Leggo, tramite Twitter, che ancor prima delle recensioni ufficiali quest’opera di Villeneuve sta riscuotendo giganteschi consensi e addirittura qualcuno “vocifera” che sia meglio dell’originale e già un caposaldo enorme della fantascienza del nuovo millennio.

Ora, si sa che molti sono “critici del vino”, come per la categoria vinicola, sono pagati dalle major per sponsorizzare un prodotto. E, visto che il film deve incassare molto più del previsto, e su questa “previsione” lasciatemi (perp)lesso, l’incentivo pubblicitario aiuta il botteghino.

Ora, con tutta la stima per Villeneuve, di cui riconosco il rigore formale, pur dicendo che Sicario è un bel film ma niente di più, in molti punti persino coatto e superficiale, nessun film, neppure il suo seguito, può essere superiore all’originale. Perché è ed era il film di un’epoca, un film d’imparagonabile fascino che, al di là dei dialoghi spesso banalotti, aveva delle atmosfere irripetibili, che poggiavano sulla magnetica colonna sonora di Vangelis. E su un Rutger Hauer di carisma perfetto più di un robot di Dick. Un film precog.

Dunque, lasciatemi dubitare. A me i capolavori annunciati non son mai piaciuti, e cerco di essere sempre “integerrimo” e non farmi condizionare né corrompere dai facili, modaioli entusiasmi.

Ma io sono un Falotico e, oggi, non so perché mi fa male l’uccellino. Quel mio uccello “can(dido)” che soffre in codesto dì d’indisposizione e abbisogna di qualche pillolina per “scaldarlo” come questi primi termosifoni dell’appropinquante inverno. Questa non è science fiction, è la “pura”, “dura” realtà.

di Stefano Falotico

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Blade Runner 2049, Trailer of Screenshots


09 May

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Genius-Pop

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