Posts Tagged ‘Billy Crystal’

Te la do io la terapia, meglio la mia ironia, che gol(iardi)a!


17 Jan

De Niro Crystal Analyze ThisDeNiro AnalyzeThis Robert De Niro Terapia e pallottole

Uomini e lupi, L’uomo lupo, Benicio Del Toro/Wolfman, Lon Chaney Jr. e il mito (?) della licantropia, anche clinica


30 Jan

cape fear de niro

La società cambia a vista d’occhio e torneremo alla normalità dopo il Covid e la sua relativa pandemia?

Ah, mi dolsi parecchio in queste quarantene protrattesi sin allo sfinimento. Ma fui in passato sfibrato sebbene nacqui raffinato, perfino crebbi incompreso e diffamato, perennemente affamato in mezzo a tanti morti di (s)f… ga, sì, morti nell’autolettiga, soccorsi dall’ambulanza in quanto già deperiti e defunti nell’anima, sì, dentro prematuramente imputriditi, sfiniti e in manicomio presto sbattuti, anzitempo (dis)umanamente finiti. Poi sedati, stigmatizzati, semmai tardivamente dimessi quando in verità vi dico che, fin dalla nascita, ebbero e conservarono sempre un atteggiamento dimesso. Recitando la confessione religiosa prima della santa messa (sana?), svolgendo lavori umili da messi e, sensualmente, malmessi. Sì, messi malissimo. Lionel Messi invece è benissimo messo, campione di razza pura. Non credo canina, sicuramente calcistica.

Secondo me, Messi non è solo argentino. Ogni cognome che finisce con la i è infatti d’origine siciliana, emiliana oppure toscana, dunque Lionel ha ascendenze italiche, è un ibrido, un oriundo, un uomo che non sa probabilmente coniugare il gerundio e non conosce il mundio. Ovvero, secondo il vecchio diritto germanico, il mundio è il potere domestico esercitato dalla famiglia oppure dai crucchi che lo sconfissero nella finale di Coppa del Mondo, vale a dire del campionato di Calcio per conquistare la Coppa… del nonno o di tu’ babbo morto?

Sì, Messi non è mai stato campeón del mundo.

Ma gioca nel Barcelona allo stadio Camp Nou. Mentre il Real Madrid gioca al Santiago Bernabéu.

Che c’entra questo coi licantropi?

C’entra poiché Messi è uomo dalla barbetta simile a quella di Wolfman.

Sì, in Messi sono ravvisabili i tratti lombrosiani, cioè enunciati dall’italiano criminologo Cesare Lombroso, fisionomici e anche fisiognomici, dell’uomo permaloso, ombroso quando gli avversari lo falciano, di falli, poco graziosi. Al che, Messi, assalito da rabbia cagnesca alla pari di un cane pastore tedesco, detto volgarmente cane lupo, diventa lupesco. Anche volpesco.

Da eterno golden boy apparentemente timido, vulnerabile e indifeso, bullizzato come Michael J. Fox di Voglia di vincere, ecco che Messi subisce una metamorfosi pazzesca e mette tutti i difensori a garrese in virtù dei suoi dribbling suadenti e micidiali da metaforica, animalesca zoofilia combattiva, no, paragonabili alle feline movenze leonine, no, alle imbattibili serpentine basculanti d’un distinto, egregio e quasi grigio alano dal signorile portamento assai elegante.

Ora, secondo il succitato Lombroso, chi possiede i tratti del volto assai marcati… è da Messi smarcato dopo averlo vanamente braccato? Messi è immarcabile e, a mio avviso, Lombroso fu un lebbroso ad affermare così superficialmente che ogni Michael Rooker di Henry – Pioggia di sangue si possa riconoscere dai lineamenti spigolosi del viso. Sì, Lombroso fu vergognoso, parimenti delittuoso, oserei dire criminoso a inventare tali fantomatiche teorie criminologhe del tutto aleatorie, quasi velleitarie, di certo scabrose e pericolose. Per esempio, dopo aver visto Henry, Nanni Moretti di Caro diario pensò orribilmente che il suo regista, John McNaughton, necessitasse di cure da psichiatra de La stanza del figlio. Se avesse invece visto e assaggiato il seno di Uma Thurman ne Lo sbirro, il boss e la bionda, avrebbe dimenticato in fretta Laura Morante. Non curandosi il fegato amaro, da notte in “Bianca”, tagliando in modo certosino un certosino, no, il Mont Blanc per addolcire le ferite del cuore e dell’anima, leccando amaramente un barattolo di Nutella in confezione gigante.

Sì, De Niro amò Uma Thurman non solo nella finzione.

E io rimasi disgustato quando, in Nonno, questa volta è guerra, Uma si appella a De Niro, definendolo papà. Tanto di cappella, no, di cappello? Di falsità a cui (sc)appellarsi.

Veramente, davvero tutto ciò ha dell’abominevole. È più schifoso di Nick Nolte di Cape Fear – Il promontorio della paura e dello stesso De Niro/Max Cady. Uomo, il Max, che si acculturò, partendo dalle avventure, per l’appunto, di Max il leprotto e poi diventando il lupus in fabula.

Nell’edizione integrale del film appena menzionatovi di Scorsese, Juliette Lewis si fa… leccare il dito da De Niro. Secondo me, esiste una versione meno allusiva. In cui Juliette si fa leccare… sappiamo cosa. Una cosa rosa?

Ma ebbe ragione Orson Welles ad affermare che le scene di sesso esplicite non funzionano nei film “normali”.

Di mio, comunque so che il ragazzino di Ken Park, dopo essere stato “imboccato” da Maeve Quinlan in una scena più spinta di quella fra Vincent Gallo e Chloë Stevens Sevigny in Brown Bunny, divenne presto uguale a Larry Clark.

Larry Clark di Kids docet e la Sevigny (ap)prese tutto subito in modo precoce? Allora, Larry soffrì, forse ancora soffre, di un disturbo non tanto dell’apprendimento, bensì dello “svenimento?”.

Vai immantinente, Larry, di ammosciamento?

Ah, la Sevigny. Donna per cui venire subito al sodo, cioè al liquido granuloso, donna svenevole, donna per cui svenire, attrice e femmina a cui non darei né do o darò una lira.

Sì, vedo molti uomini lupi mannari in cerca di cacciagione sui viali. Molti di essi vanno con tope, no, tipe alla Sevigny, donna che in alcuni momenti sembra pure una pura come Chloë Grace Moretz, in altri pare invece un maschione come Nick Nolte.

Siamo sicuri che la Sevigny non sia Felicity Huffman di Transamerica e poi siamo certi che Dustin Hoffman di Tootsie non fosse in verità Robin Williams di Mrs. Doubtfire?

Di una sola cosa sono cervo, no, sono certo. Lon Chaney Jr. è l’unico attore della storia del mondo ad aver interpretato l’uomo lupo, Dracula, Frankenstein e la Mummia.

Al resto non credo. Per esempio, non credo a Freud. Penso che avesse ragione de Niro. Sì, di Terapia e pallottole e di Un boss sotto stress.

Il complesso di Edipo è una stronzata inventata da gente come Billy Crystal.

È normale? Con quella faccia…

Di mio, sono trasformista come Chaney Jr., versatile come De Niro, polivalente come Robin Williams, dovrei riallenarmi alla polisportiva per non mettere su la panza di Russell Crowe di The Mummy e ai mammoni ho sempre preferito il Mammut e film da “Oscar” come Son & Mommy.

Inoltre, debbo esservi sincero. Al plenilunio, non divento come Anthony Hopkins e Benicio Del Toro di Wolfman e non vado in cerca di donne come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti.

A volte, ho sonno, altre volte riguardo Non ho sonno di Dario Argento, rileggo un giallo di Carlo Lucarelli e in passato mi allupavo per Selvaggia.

Lucarelli? No, Selvaggia e basta. Non so a tutt’oggi il suo cognome. Me ne fotto. Se non vi sta bene, mettetevi a pecorella smarrita. Presto inculata.

Basta con le porcate, evviva le scrofe, no, le belle strofe e anche le prose prosaiche.

Comunque, Ana de Armas è una zoccola. Una lupa che però allupa! E questo è quanto. Ora, sbranatemi.

 

di Stefano Faloticofrusciojoe don baker cape fear frusciantefrusciante 2

frusciante

ana de armas

Cape Fear (1991) - Max Cady (Robert De Niro)

Cape Fear (1991) – Max Cady (Robert De Niro)

JOKER: non ho mai pensato alla mia vita neppure come a una tragedia, mi disinteressavo del mio futuro, adesso sono un comico intellettuale come Billy Crystal


01 Oct

bye bye baby thecomedian deniro the comedian devito billy crystal sabato sera

Mancano due giorni all’uscita nelle sale di Joker.

Mancano invece quindici minuti dall’uscita delle celebrità dalle saune dei loro VIP senza calore.

Perché non ridete? Non fa ridere? In effetti, no. È una battuta troppo sofisticata per voi, pubblico di plebei, pubblico ammaestrato dalla tv spazzatura.

Signora, lei conosce Andy Warhol? Ah sì? Lo conosce? Peccato che sia morto, ah ah.

Sì, Arthur Fleck è la versione potenziata di Rupert Pupkin di Re per una notte. Un uomo adombratosi nella malinconia, nelle sue notti interminabilmente tristi e mortifere. Uno che, semmai, a differenza di Pupkin non soffre del complesso di Edipo e neppure, a proposito di Billy Crystal, ha un amico come Danny DeVito di Getta la mamma dal treno. Con una madre orribile, fisicamente e non, che psicologicamente castra e nanizza il figlio Danny.

Ah, a quel punto Danny, detto il nano per via della sua indubbia statura, diciamo, anomala… cazzo, deve inventarsi qualcosa, elevare la coscienza per non finire inchiappettato da una società ove, se non sei muscoloso come Dolph Lundgren di Rocky IV, non avrai nessuna seconda chance come Sly Stallone/Balboa.

Ah ah. Una società che ti spiezza in due.

Poi, arrabbiati, diverrete come Night Slasher di Cobra. Cioè degli anarchici sovversivi, semi-maniaci sessuali e vorrete scoparvi la moglie di Lundgren nella finzione e l’ex moglie di Stallone nella realtà, ovvero Brigitte Nielsen.

Sapete perché la Nielsen lasciò Stallone? Lei era iscritta al Movimento 5 Stelle mentre Stallone è sempre stato simpatizzante per Matteo Salvini.

Nel finale di Cobra, il reazionario Stallone disse:

qui la legge si ferma e comincio io…

Al che la Nielsen, disgustata dal machismo da porco di Stallone, si trasferì in Italia e comprò tutti gli album di Rettore Donatella. Cantando fra un’ospitata televisiva e l’altra Il Kobra non è un serpente. Luca Barbareschi, sul set di Bye Bye Baby, mentre adocchiava Carol Alt con far da volpone, fra un ciak e l’altro, rivolgendosi a Brigitte, le chiedeva retoricamente:

– Brigitte, cosa sarebbe la biscia che striscia? Mettiamo su Renato Zero col Triangolo?

 

Ragazzi, qualche bullo ce l’ha con voi? Chiamate me. M’hanno sempre dato della femminuccia. Infatti, il mio nome è Marion.

– Invece, signora, lei come si chiama? Maria? Come mai Maria? Perché i suoi genitori volevano che avesse una carriera come la cantante Madonna o perché, appena lei nacque, capirono che sarebbe rimasta like a virgin a vita?

Ah, mi tolga una curiosità? Lei è vergine? Ama gli amanti toro?

– Sì, sono ascendente in Capricorno ma amo i pesci.

– Ascendente nella tonta, no?

di Stefano falotico

 

Lettera d’amore a Cristina Quaranta: Deconstructing Steve, pezzo per pazzo da novanta


07 Aug

harry pezzi allen

Prima parte simile al film Harry a pezzi di Woody Allen

Le donne mi piacciono sconfinatamente. Non le resisto, sebbene spesso tentenni e desista dal concupirle.

Sì, sono bombardato di richieste d’appuntamenti. Sono pieno di pretendenti senza precedenti ma, stringi stringi, in poche il mio lo stringono, oserei dire lo stingono. Resto un ripetente.

In quanto, no, non sono estinto, ho ben vivo in me quel sano istinto ma a dir il vero, eh sì, poche mi pigliano. Cosicché non le tingo.

Sì, sia nel senso che, giunto al dunque, molte mi rifiutano dopo avermi mal fiutato, ah, malfidate, altre invece non mi prendono.

Che è la stessa cosa, ah ah. Lasciamo stare i significati metaforici. Con molte passo col rosso semaforo, sì, azzardo troppo e ricevo da codeste delle salate multe.

Sì, dopo mesi di corteggiamenti degni del Leopardi elevato alla massima potenza, ah Giacomo, uno che poco concretamente lo elevò dentro la sua Silvia, spingo eccessivamente. Loro si turbano, rimangono scioccate dalla mia avance inopportuna, giunta dopo un lungo periodo di mio dolcissimo Sturm und Drang romanticissimo, perciò… spiazzate da questo mio esser stato loro troppo diretto e infuocato, non rendono ritto il mio salato ma io non m’arrendo, non arretro poiché alcune donne hanno dei didietro su cui, detta in maniera naturale e spontanea, va spinto… Dinanzi alle loro inculate, anzi, ancor più m’infervoro e insisto.

Sinceramente, dopo tre no netti dettimi da loro, portimi anche sotto i portici, luogo buio ove voi porci attentate alle castità di quelle che più pudiche se le auto-oscurano, perdo ogni mia sicumera ma state scure, no, sicure che tornerò in sella. In quanto sono cavallo pazzo che, appena vede, Cristina Quaranta… parte a razzo, soprattutto a cazzo, la vorrebbe mettere a novanta. E montarla come iddio barbaro comanda.

Sì, conosco le attrici più belle del mondo, non me ne sfugge una. Ma poi mi passa la fissa.

Svolto altrove dopo aver preso botte… solo in testa.

Cristina Quaranta, invece, è il mio chiodo fisso da quando avevo tredici anni.

Cristina, invecchiando, diventa sempre più bona. È una figona esagerata. Tenetemi fermo, mi ci vuole il tranquillante, datemi la borsa del ghiaccio, la febbre sta salendo a quarantadue.

Sì, non oso immaginare se, anziché avere una sola Quaranta, ne avessi due. Due Cristine clonate.

Ecco, già pazzo di lei sono. Se facessi all’amore con due Quaranta, potete scommetterci… già odio quella piccolo-borghese di Emma Marrone, figurarsi dopo quest’amplesso doppio.

Il paradiso (non) esiste, eccome.

Sì, però poi, durante il giudizio universale, immagino la situazione.

Dio chiama a raccolta tutti i peccatori. Dopo aver aspettato 24h, così come avviene davanti alle casse della Coop il sabato pomeriggio, mi presenta il coito, no, il conto:

– Signor Falotico. Paga col Bancomat o all’inferno? Ce l’ha i soldi per la cauzione? Sa, io sono intransigente su certe cosce, no, cose.

Un uomo cristiano non può fare l’amore con due donne allo stesso tempo. Figurarsi se può farlo con due uguali. Dico, come osò di tanto osé? Ah, cazzo, dire che mi ero raccomandato con Mosè.

.- Mi perdoni, padreterno, perché ho peccato.

– Io non perdono proprio un cazzo di niente. Angeli secondini, cherubini, prendete questo Jovanotti, no, tale giovanotto e ficcatelo tra le fiamme perpetue.

Ora, per piacere, chiamate mio figlio, ovvero Gesù mio.

Eccoti qua, Cristo santissimo. Carissimo, ti ricordi quando moltiplicasti il pane e il pesce?

Bravo, ti ordino di crearmi dieci Cristina Quaranta. Finito che avrò questo Giudizio Universale, devo poi un po’ rilassarmi.

Ce la fai?

– Certo, padre. Posso farne anche Quaranta.

– Quaranta Cristine? No, Cristo, solo dieci. Dieci Cristine e prendi pure quell’altro essere uguale al Falotico. Sì, Keith Gordon di Christine – La macchina infernale.

Sì, è identico a quel cazzone del Falotico, questo qui.

Keith montò Alexandra Paul e pure la sua testa. Questo Falotico, da quando scopò una figona, perse ogni rotella.

Forza, dio Giuda di un Cristo! Prendi Keith e sbattilo assieme a Falotico.

– Così sia scritto.

– No, sia fatto.

Parte seconda: con Cristina partirei in quinta ma preferisco andarci piano come un poeta ermetico che sublima il vuoto pneumatico…

In una silloge di seconda mano. Perciò non in lei sigillato.

Cristina,

vengo io, anzi vergo qui il dolore piacevolissimo che da tempo tu mi provocasti e ancora mi provochi. Sei eternamente provocante.

Si da quando, anni fa,

ti vidi a Non è la rai, non passò una sola sera in cui, pensando a te, non mi cacciai, tirai una sega.

Sì, molta gente, per prendere sonno, conta le pecorelle, io facevo e faccio countdown, aspettando l’orgasmo, sognando con te una pecorina.

A volte, non basta. Devo alzarmi dal letto e mangiare, a causa della fame chimica, un po’ di pecorino.

A parte gli scherzi, ora viene il pezzo da Quaranta, no, da novanta. Appunto, ah ah.

Poesia da rimembrare… negli anali, no, negli annali d’ogni romanticismo e lirismo figli del mio ermetismo e del mio uomo eremitico.

Voglio che ti sia charissimo, Cristina.

Cristina,

il tuo viso, rotondo come quella della Gioconda, al solo posarsi di fronte ai miei neri occhi, arrossisce tutto.

Sei meravigliosa e, appena ti scopo, no, scorgo, sento fibrillare nel mio core e nel mio corpo la mia voce selvaggia che, fregandosene d’ogni moralismo e di queste voci allineate all’ipocrisia dell’omologato coro, no, non chiede perdono nel chiederti questo…

Dammi la tua figa, fammene dono. Infiammamelo di colato oro.

Sì, una poesia breve che va dritto al sodo.

Insomma, un capolavoro.

 

La tragica faccenda di tutta questa mia storia d’amore è questa, però…

Ho scritto a Cristina su Instagram:

– Ciao, Cri. Sono un tuo fan da anni. So che però non t’incontrerò mai dal vivo, nemmeno per un drink.

 

Al che, lei:

– Scusa, chi sei?

– Puoi vedere il mio profilo. Ti basta cliccare sul mio nome, ti rimanda alle mie foto.

 

Passano trenta secondi, alquanto imbarazzanti. Suspense incredibile, altro che i film di Dario Argento.

– Scusa, perché hai detto che non c’incontreremo mai dal vivo? Sei per caso sulla sedia a rotelle?

– No, perché?

– Guarda. Tu sei di Bologna, no?

– Sì, esatto.

– Col treno, in tre ore sei a Roma. Vienimi a trovare. Stasera, no, sono occupata. Ho da fare. Il 13 Settembre però ci sono. Ce la fai ad aspettare?

 

Ecco, dopo una cosa così, posso davvero considerare la mia vita una tragedia vivente senza precedenti.

Ora, nel ‘93, anno più anno meno, fu la prima volta che vidi in tv Cristina.

Io sono dell’anno 1979, lei del ‘72.

Quindi, io nel 1973 avevo quattordici anni non ancora compiuti. Cristina ne aveva ventuno.

Eh no. Non poteva venire con me.

Diciamo che ora le cose sono un po’ cambiate. Io ne ho 39, quaranta fra un mese.

Sì, il 13 Settembre è il giorno del mio compleanno.

Cristina ha adesso, vale a dire fra pochissimi giorni, visto che è nata il 19 Agosto, 47 anni.

Una di 47 anni farebbe carte false per fare sesso con uno di quaranta. Cioè il sottoscritto. Che ne dimostra venticinque.

Che culo.

 

di Stefano Falotico

cristina quaranta

Throw Momma from the Train: le tre Milf che mi vorrei…


29 Mar

gettamammatrenodevitocrystal

Ecco, ci siamo capiti.

A una delle lezioni del signor Billy Crystal di Getta la mamma dal treno, l’insegnante di scrittura creativa Billy/Larry chiede ai suoi allievi di leggere i loro elaborati.

Al che, un maschilista mai visto, un frustrato cronico, comincia a leggere il suo capolavoro “shakespeariano”, intitolato Cento donne che mi vorrei scopare…

Scena cult.

Sì, sono oramai uno scrittore. I miei lettori sostengono che sia bravissimo. Sono una sorta di Harvey Keitel di Smoke.

Uomini forse più colti e raffinati di me, come William Hurt, mi definiscono un talento di razza, innato, che non abbisogna di studi. Capace di psicanalizzare la realtà e saperla filtrare con occhi straordinariamente poetici.

Anche se, sì, debbo ammetterlo. Non sono laureato. Anni fa, prima di molteplici trambusti che mi dissuasero dall’ottenere referenze cattedratiche di rilievo, con le quali sinceramente mi sarei meno complicato la vita, m’ero iscritto al DAMS.

Personalmente, non nutro grossa stima a tutt’oggi della gente che lo bazzica, diciamo.

Sono spesso ragazzi pasoliniani con velleitarie ambizioni artistiche che, non sapendo che pesci pigliare, tranne le cozze con cui si mettono assieme, dei molluschi che vogliono appunto prendersi la Laurea, anzi, come direbbe Totò, La Laura, per attestare che sono attori e registi con tanto di cornice. E alloro sulla testa spesso di capra, di rapa. Le famose cime di rapa, piatto tipico dell’Italia culinaria e anche un po’ a culo.

Spesso sono degli incapaci. I quali, dopo un’adolescenza trascorsa nella più scostumata, nullafacente oziosità, dopo aver poltrito spesso in poltrona con qualche spinello e tanti sogni belli mai concretizzatisi, si guardano allo specchio e pensano:

no, non possiedo la meticolosa attitudine paziente di un medico che cura i pazienti. No, non sarò mai un chirurgo, mi tremano le mani, caratterialmente sono troppo instabile, sono umorale e, in un attimo di crisi di nervi sconsiderata, solo perché l’infermiera m’ha porto una siringa mal disinfettata, potrei essere assalito da una cattiva condiscendenza e allora addio scienza. Perturbato da questo suo sporco atto impuro, potrei mal infilare il bisturi e, nervosamente appunto, tranciare di netto il cuore di un ragazzo purissimo.

Non posso neanche fare lo psichiatra. Ho già i miei casini mentali da risolvere. Figurarsi se posso sobbarcarmi le nevrastenie, i deliri, le manie ossessive di pazienti coi quali ci vuole una calma olimpica per rabbonirli. Ah, che pazienza! Evviva Andrea il fumettista. No, l’innervosirei, io amo dire la verità. Andrea, no, andrei da un pazzo e gli spiattellerei in faccia ogni suo limite. Inducendolo a rabbie inaudite. Poi, una volta che lui sarà psicologicamente scompensato, io lo stesso prenderei il mio compenso, la mia parcella. Ma sarei stato un osceno porcello.

Sono troppo coscienzioso e moralmente integerrimo. Sarei stato responsabile dei ricoveri manicomiali di tanta brava gente che andava solo ascoltata e rasserenata. Invece, non ho retto e ho distrutto le loro menti, infrangendo il segreto professionale, soprattutto, delle loro anime. Avrei indelicatamente spaccato l’indiscreta privacy dei loro cervelli già comunque fritti. Farei solo una frittata. Strapazzerei i pazzi.

No, mi radierebbero dall’albo, io stesso impazzirei, tumefatto da complessi di colpa peggiori di un personaggio di Paul Schrader. E non è Paul Auster.

Il dentista? No, già mi faccio schifo io. Ho delle carie praticamente incurabili da quando fumo. Figurarsi se potrei/potessi sopportare gente addirittura senza denti.

Ecco, ci siamo capiti.

Poi, spesso anche dare un bacio a una ragazza mi provoca il più delle volte ribrezzo. Le chiedo sempre, prima di baciarla, se ha fatto la pulizia. Se questa volgare popolana s’è sciacquata la bocca. E non solo col collutorio.

Sì, la mia lingua non può addentarsi, no, addentrarsi in regioni batteriche potenzialmente contagiose, spargitrici della sua ignoranza da sboccata. No, costei è bona, indubbiamente, ma mi avvelenerebbe in una sola limonata.
Prima di dare un bacio a questa, va sterilizzata col Vim Clorex.

È pure alcolista. Ci vuole soltanto dell’alcool ma non etilico.

Potrei fare, appunto, l’uomo delle pulizie. Ma ne ho a sufficienza delle merde che stanno in giro. Tutti questi pelandroni, queste sciocche ragazze palindrome, questi dromedari lentissimi.

No, basta aprire la porta di casa e senti già puzza di stronzi. Ci manca solo che debba nettare, detergere i bagni pubblici.

Stiamo scherzando?

Invece, un lavoro da negro? Macché. Dopo Obama alla Casa Bianca e i film di Spike Lee, nessun negro vuol far il negro. E direi a ragion veduta.

Basta col razzismo. Evviva una società egualitaria. Bianchi e neri sono tutti uguali. Evviva i musi gialli e gli indiani, cazzo.

L’impiegato comunale? Ma per l’amor di Dio.

Questi passano il tempo a sfogliare il giornale, a leccare il direttore per avere l’aumento e a strabuzzare gli occhi per la segretaria. Che è pure brutta.

Per cosa camperei a fare? Per aspettare il classico aperitivo col Campare e la domenica e tifare per calciatori analfabeti che guadagnano miliardi e scopano le veline, rosicando per Quagliarella che tutte le quaglia sulla sua barca a vela?

No, sarebbe una vita imbarcata.

Mi consolerei con un film di Lav Diaz quando invero il mio sogno intimo, anzi, da Intimissimi, senza nessuna maschera, era solo trombarmi Cameron Diaz di The Mask.

Sì, non sono un tipo fantozziano, sono un uomo che vuole avere dignità. E dirla tutta. Senza sussiegose ruffianerie al padrone. E tanti giochini.

Allora, potrei fare il ribelle anarcoide. Ma finirei da uno psichiatra, appunto.

Ah, qua la situazione è veramente tosta.

Ecco, ho una buona testa, sono fantasioso, sì, faccio l’artista. Invero, non farò l’artista ma chiederò il reddito di cittadinanza.

Sarò un disoccupato di classe. Così, se uno come Briatore vuol farmi la morale, gli dico che sono laureato in Disciplina di Arte, Musica e Spettacolo. E non può ricattarmi.

Sì, quelli del DAMS sono così. Tanta teoria, tante chiacchiere ma sostanzialmente dei falliti. E si riducono a scrivere recensioni dell’ultimo film con Salemme quando invero speravano di essere David Lynch.

No, nemmeno la vita del pornoattore mi soddisferebbe. Ne soddisferei molte, cazzo, sì, ma entrerei in un giro di zoccole sciroccate, di drogati, di pervertiti spappolati.

Di gente che s’incula e, dopo che t’ha succhiato, ti lascia spellato, senza palle, prosciugato, bollito.

Però posso continuare a fare lo scrittore.

E il donnaiolo di tutte quelle donne che, oggettivamente, per mancanza di soldi, non me la daranno mai.

Ora, voi dei movimenti femministi non fraintendetemi.

Dovete ammettere, onestamente, bando alle ciance, che da adolescenti andavate col primo che vi capitava a tiro. Per fare esperienza.

Poi, una volta laureate, appunto, avete trovato quello più fesso che ancora vi mantiene. Tanto farete altre esperienze con altri duri… fra una bolletta, la palestra e una riunione condominiale. Ed è qui che son urla isteriche, altro che Meg Ryan di Harry ti presento Sally.

Gli uomini? Ancora peggio. Quando sono adolescenti vanno con quella che tira di più. Una volta che hanno la panza piena, si sposano e tradiscono la moglie. Andando poi a messalina, no, a messa.

In questa società, c’è solo un uomo che può dirvi quali sono le donne per cui sarei diventato davvero un uomo come si deve…

Jennifer+Lopez+2018+Billboard+Music+Awards+tiseXtcX_AYl Valeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Closing+iufuu9e8UMKl Elisabeth+Shue+2nd+Annual+Bridge+Awards+TBB-loTAj24l

1) Valeria Cavalli, sino a dieci anni fa, una figa enorme. Nata a Torino il 1º novembre 1959, ha lavorato pure con Dario Argento.

Cosce fantastiche, amici.

2) Elisabeth Shue. Se conoscete un uomo normodotato che, vedendola in Via da Las Vegas, non vorrebbe essere al posto di Nic Cage, vi è solo una possibilità.

Quell’uomo è quell’uomo che, se avessi fatto lo psichiatra, oggi sarebbe in un centro di salute mentale.

3) Jennifer Lopez. Le si può dire tutto. Che, appunto, dovrebbe aprire bocca solo da un dentista per smacchiarsi dalle sue volgarità ma a cinquant’anni rimane una delle donne dal culo più bello del mondo.

Attrice pessima, cantante impresentabile, ballerina mediocre.

Figa però più stellare di Guerre stellari.

Con una cosa così ti viene una forza alla Luke Skywalker che nemmeno la spada de foco di Mario Brega.

Se volete dire che non è così, laureatevi al DAMS.

Non fatemi però la fine di Carlo Verdone di Un sacco bello.

 

 

di Stefano FaloticoValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+5yDTcLNZHg8lValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+ATQJLrgIOAZlValeria+Cavalli+Rome+Film+Festival+2008+Lultimo+TedfKPKvyuUl

Il fatto che un uomo e una donna non possano rimanere solo ottimi amici è una balla messa in giro dai maniaci sessuali


16 Nov
FATAL ATTRACTION, Glenn Close, Michael Douglas, 1987, (c) Paramount

FATAL ATTRACTION, Glenn Close, Michael Douglas, 1987, (c) Paramount

ABOUT SCHMIDT (2002) Kathy Bates, Jack Nicholson Ref: FB Supplied by Capital Pictures *Film Stills - Editorial Use Only* Tel: +44 (0)20 7253 1122 www.capitalpictures.com sales@capitalpictures.com (f/sd013)

ABOUT SCHMIDT (2002)
Kathy Bates, Jack Nicholson
Ref: FB
Supplied by Capital Pictures
*Film Stills – Editorial Use Only*
Tel: +44 (0)20 7253 1122
www.capitalpictures.com
sales@capitalpictures.com
(f/sd013)

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Sì, esistono molte dicerie e luoghi comuni duri da sfatare. E molte fate che te lo fanno diventare duro, difficili da stantuffare.

Sì, è così.

A parte gli scherzi. Credo ad esempio che Pasolini fosse davvero un intellettuale molto avanti. Ma che sparasse molte stronzate. E la sua anima non è che fosse lindissima. Sì, in quelle brughiere, fra quei cespugli Pier Paolo rinnegava il suo porcile e diventava un porcospino.

Questo va detto per dovere (im)morale. Eppure, Pier Paolo, con viso smunto e cristologico, criticava aspramente la società borghese, scopandosi i ragazzini proletari.

Ecco, una delle più grosse stronzate, ahinoi attecchita nella testa della gente e nel testosterone, è che gli uomini non possano essere amici delle donne. E viceversa.

Sì, secondo la maggioranza della gente, un uomo e una donna non saranno mai davvero amici. E aggiungo io: perché non possono esserlo per la pelle? Ah ah.

Sì, mi trovavo l’altra sera, dopo aver succhiato un brodino coi passatelli, a discettare di tal tematica con una che voleva la imbrodassi e la farcissi come il ripieno dei tortellini.

Ma non la intortai e preferii mangiarmi tre torte. Leccandomi i baffi.

Sì, lei sosteneva che un uomo, per quanto inizialmente o molto “a lungo…” possa sembrare amico di una donna, per quanto possa apparire sessualmente poco interessato a colei a cui confida i suoi intimi segreti, prima o poi, anche se tal lei è un cesso osceno, se l’inchiappetterà bellamente, tradendo ogni patto d’amicizia e trovandosi, da solo che era a tavola, con due piatti e forse anche di più, per via dei figli che potrebbero scaturire e venir partoriti dall’attrazione tardiva eppur fatale. Dunque, spermatozoica nell’ovularla fetale.

Ecco, chi partorisce queste troiate?

Io sono amico, ad esempio, di moltissime donne. M’intrattengo in interminabili conversazioni telefoniche con loro, quando la notte si fa dolcemente buia e, sdraiato a letto, apro a esse il mio cuore. E la patta dei pantaloni. O forse rovino il pigiama, ben stirato, sì, le lor amabili chiacchiere indubbiamente me lo rendono tirato, dunque me lo tendono di cavallo con mio adirato nitrito. Perché so che, mentre parlano con me, il marito ha la sua testa fra le loro gambe.

Sì, può esistere l’amicizia fra un uomo e una donna. Certamente. Posso giurarvelo. Posso mettere la mano sul fuoco che sia così. E anche le mie dita bollenti nei vostri buchi sacri, lo so, già ardenti.

Può essere! Soprattutto se il marito non sa che la sua donna ha un amico che la rende più felice di come sta a pecora con lui.

Comunque, sostanzialmente, io ho in verità una grande amica donna. È Kathy Bates, ma non l’ho mai incontrata dal vivo.

E le altre che non sono solo tue amiche? Nemmeno quelle. Ah ah.

E qui potrei anche mentire. Ma si sa, il mio naso si allunga mentre qualcosa forse s’ingrossa. Quando mi tradiscono. E m’incazzo.

 

di Stefano Falotico

Revival o rivalità? Di mezzo c’è sempre quel giant comedy ch’è Billy Crystal


05 Apr

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Sulfurea è giunta la notizia che Billy Crystal, artista che io stimo oltre ogni (ar)dire e che di risate mi fa ardere, presto congiungerà le forze con Barry Levinson per una commedia, appunto, di questa trama bislacca, che io mentalmente ho già tradotto e spero egualmente facciate anche voi. Qui la posterò in versione originale:

 

After a bitter public divorce, a once-legendary Broadway composer, who gets stuck composing jingles to make ends meet, finds out that a Staten Island high school is staging his most famous musical, and he becomes obsessed with shutting it down. In the meantime, all the money he earns writing stupid jingles goes to keep his only friend — his old, incontinent dog Julius — alive. And the composer, who is trying to kick his smoking habit by using electronic cigarettes, finds himself becoming addicted to the smokeless replacements.

 

Mi attizza questo progetto e i “rumori” dicono che il soggetto sia grande.

Ciò per riflettere su quanto noi, artisti, siamo spesso depressi ed entriamo in rivalità con l’io nostro più “perturbato” dal mondo che, alienandoci di preoccupazioni, inesorabilmente ci stressa e rende sempre più nevrotici.

Conflitti psicologici che, grazie alla mia filosofia zen da Buddha del pen(s)ar in “glande”, io ho sconfitto con fiera “abnegazione” della mia indole mansueta che s’apprezzare ancora la bellezza maestosa e il fruscio profumato e sonante delle foglie di primavera ancor cadenti dall’autunno inoltratosi nella bella stagione solare. Che bella poesia, che mia p(r)osa. Oh, amami dolce sposa di questo mio destino or “infatuato” solo del suo esser nefasto con la delicatezza di colei che poi da me divorzierà adducendo come scusa il “fallo” che son troppo oltre la sua mediocrità e necessita invece, “in fece”, di un uomo che sappia “piluccarla” con più mascolina selvaticheria.

A casa mia, dalle prime ore afose e uggiose di questo pomeriggio bolognese, manca l’acqua e non posso lavarmi dalle goccioline di sudore che hanno cosparso la mia testa dopo la pennichella consueta. In via Zanardi si è rotto un tubo, mi hanno detto, mentre uno su Facebook si lamenta che, avendo caricato un video col copyright, ha perso il suo canale YouTube.

Ma, uomini di ventura e soprattutto di sventure, sappiate che la vita è una ricerca continua della felicità e il volto di Billy Crystal può in tal senso giovarvi, essendo fisionomia umanistica che trasmette contentezza, lietezza d’animo, spensierata angoscia esistenziale nella miscela perfetta delle sue caratteristiche somatiche che inducono al riso.

E ricordate: il riso non abbonda sulla bocca degli stolti. Il riso, se cucinato con le “patate”, fa bene all’uccello e anche alla cattiva digestione.

 

Ah ah. Che stronzata, ma una stronzata che sa.

 

di Stefano Faloticosleepers_ft_23 00919911

Lo psichiatra alla Falotico/Billy Crystal, che fantastica storia è vendersi, no, Venditti


08 Aug

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Molte persone giungono nella mia “umile” dimora a chiedermi spiegazioni della vita, essendo io “dottore” di patologie e vari problemi (in)curabili. Specialista di ogni stato mentale, anche extracomunitario, do alla gente consolazioni per una “buonistica” visione del mondo. Mondo che li corrose, li erose, sì, lo so vi rode, storie di traumi infantili mai superati, di divorzi “cornuti”, di clausole “rescissorie” col proprio uccello ora ammosciatosi nella “poesia dolce” che perse proprio la “durezza” strenua dei bei tempi andati, anche dei “buoi”. Storie di vecchie che non scopano, di calciatori che non mettono a segno il loro “menisco” nelle cosce di qualche velina, storie di disoccupati con problemi non solo neuronali ma “renali”, storie “piscianti”, di cazzate che loro prendono sul serio, d’impiegati piegatissimi che scommettono all’enalotto e poi coltivano, perdenti, f(i)ori di loto, storie non al quadrifoglio, di sfigati trombati, di donne troppo trombanti e “prosciugatesi”, di una che pensa di essere stata plagiata da De Niro e blocca l’audio del suo Ellis, storie memento di dementi con poca memoria di quel che fecero, che feci, storie di promesse mai mantenute come Nicholson, storie di gente pazza come Jack, storie di troie, a volte.

Al che, pigliando tutti per il (para)culo, propongo loro questa e dico:

quando pensi che sia finita, è proprio allora, cari miei, che è finita.

Ah ah.

 

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Salutatemi sorrata!

 

di Stefano Falotico

Un boss sotto stress, recensione


02 Aug

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Ecco che ricomincia la terapia. Seguito dello spassoso Terapia e pallottole, nel 2002 approda nei cinema il seguito, Analyze That, ancora una volta diretto dal compianto maestro delle commedie leggere Harold Ramis, e interpretato nuovamente dall’affiatatissimo duo formato dal grande Bob De Niro e dal raffinato Billy Crystal, attore con la sordina di prodigiosa levità.

Non fa scintille come il primo, ché era fresco e originale, e sapidamente mesceva Woody Allen tritato in salsa “volgarotta” con Martin Scorsese diluito in più “cervellotica” baldanza.

Ma diverte, nonostante tutto. E le critiche che (ci) furono alla sua uscita sono, “riviste” oggi, immeritate e forse troppo smisurate.

Paul Vitti è in carcere ove, non resistendo alla dura vita carceraria, entra in un forte esaurimento nervoso che lo fa precipitare in un allucinante stato catatonico misto a momenti eclatanti d’euforia in cui, “infantilizzato(si)”, canta a squarciagola e senza freni inibitori le canzoni più celebri di West Side Story.

Con tutta probabilità è un artifizio, una messa in scena atta a volersi liberare della condanna. Nonostante tutto, viene affidato alle cure del dottore psichiatra di Manhattan Ben Sobel, che ora abita alla periferia ricca di New York, in una villetta home sweet home. In custodia cautelare, però Vitti contravviene alle disposizioni, tenta “disperatamente” di coprirsi dietro lavori onesti per dimostrare, con esiti nefasti e fallimentari, il suo reintegro sociale, ma la sua indole è sempre costituita da un temperamento criminale, eh eh, assai poco curabile. E, infatti, nella sua libertà vigilata, anziché attenersi alle prescrizioni e al programma di “cura”, orchestra di nascosto maneggi per ritornare sulla scena.

Ne nasceranno delle belle, fra equivoci “svolazzanti” e solite battute a raffica di mesta compostezza, non troppo spinte né infastidenti lo spettatore esigente.

Spettatore che deve accettare la “farsaccia” senza troppe pretese, accontentandosi di uno svagato spettacolo di circa due ore, ammaestrato da Ramis con elegante “discrezione” che non dà nell’occhio ma, spesso, ammettiamolo, induce al sorriso con gioviale nostra disarmata partecipazione.

 

di Stefano Falotico

Cineteca Stefano Falotico, il custode della memoria di celluloide e anche “preservativo” vivente lontano dalla cellulite muliebre


18 May

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In codesto dì, triste, morigerato, sdilinquente nell’apatia mentre, là fuori, un’umanità vive disumana di delinquenze, accapigliandosi per una po(r)ca di buono, io, sottoscritto e “me medesimo di persona”, per dirla totoianamente, annoto nel mio diario di “brodo” questo patetico essermi ridotto a esser troppo erudito e dunque dottissimo. Non sono un dottore perché mai laureato mi (cr)ebbi, eppur in me è alta la cultura mentre il mondo va solo a culo. Apro il giornale e leggo di tragedie in ogni dove, di omicidi-suicidi e di gente che perde la brocca essendo già di brutta bocca, poiché se commettono reati è colpa della loro scarsa conoscenza in fatto di Cinema. E dunque fa(rfa)llano. Non il meglio gustando.

Io, nel mio er(em)o solitario, ai confini di una realtà mia mistica, appunto eremitica e soave nel suo decadente eppur “crescente” splendore ringalluzzente, così come l’uomo è arzillo e “rizzo” quando “se la fa”… sotto e poi smuore nel (di)letto di quel che fu, ho d’aprire questa mia “letterina” con tal racconto ero(t)ico.

Ella, sì, lei mi chiamò a tarda ora e io (s)venni preciptevolissimevolmente, “annacquando” dopo la “spruzzata” in un’euforia da “schizzato”. Sì, lei presto, di sveltina soprattutto, mi consesse le grazie e io non dovetti neppur ingraziamenrla ma soltanto “aggraziarlo” da raggrinzito striminzito a bollente “compiacente”. Sì, “lo” accomodai con piacere strizzante, quasi lei mi strozzò, attizzante, stuzzicandola da “stronzo”. E ne gioii nel calor dei suoi baci, del suo morbido amplesso abbracciante e abbrancante, sciogliendomi in un (di)venir di vera “sostanza”. Che brace.

Detto questo, passiamo oltre.

Sì, mariti che avete mogli autoritarie e castranti, oggi io, consigliere “fraudolento” del Cinema “turbolento”, vi do da vedere Getta la mamma dal treno.

Guardatelo e sappiatemi far quel che si deve (non) fare.

Ecco la mia fanfara in questo sfacelo di casini e bordelli, di budella e ribelli non belli.

Uomini, siate di vita, siate DeVito.
Applauso. E, come dico io, che sia sc(r)osciante.

 

di Stefano Falotico

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