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Christian Iansante e Luca Ward? Opterei per un Falò con fascino da Ermal Meta – Presto, La leggenda dei lucenti temerari, libro cinematografico


15 Oct

Purtroppo, questa è la mia faccia.

Dico purtroppo. Mi sarebbe piaciuto essere molto brutto. Sì, non avrei sofferto. Prevedo infatti un bombardamento di cattiverie mai viste.
Oltre a quelle già ricevute.121615228_949600978862336_6049428251979352116_n

Ma guarda un po’…

Non avrei mai pensato di avere una voce da doppiatore.

Intanto, vengo giustamente corretto per aver scritto erroneamente Massimo al posto di Carlo Mazzacurati nella mia recensione di Caro diario. L’errore, anzi, il refuso ci sta. Basta avvedersene.

Peraltro, Robert De Niro in Red Lights vuol dar a vedere di essere cieco ma è cieco invece Cillian Murphy a non accorgersi di essere sensitivo quanto me. Ah ah.

Sì, va detto. Chris Walken de La zona morta mi fa un baffo.

Ora, se la bellissima Silvia Notargiacomo stette con Ermal Meta, io sono Nic Cage di Cuore selvaggio.

Credo che, in quanto a pazzie amorose, possa battere sia Adriano Celentano di Innamorato pazzo che lo stesso Cage di Stregata dalla luna.

La mia lei sostiene di essersi innamorata di me dopo avermi sentito parlare. Io m’innamorai di lei dopo averla vista…

So che vorreste non fosse vero. Invece, è roba da Verissimo…

Sì, va detto. Sono un “ignobile” bugiardo mai visto. Non per quanto concerni la mia love story, bensì perché sono più bello di Mickey Rourke ed Enrique Iglesias.

Va be’, diciamo di Mickey Rourke di oggi senza dubbio. Ah ah.

No, sono un bugiardo quando mi do dell’ignorante da solo.

Fra pochissimo, il signor Falotico si presenterà in libreria con un romanzo intitolato La leggenda dei lucenti temerari.

La postfazione è stata curata da un mio amico, D. Stanzione, critico di Best Movie.

Vi faccio qui leggere in anteprima assoluta sia la sua postfazione che la prefazione curatami dall’editor.

Le altre 260 pagine sono tutte mie.

Prefazione

Strutturata come un vertiginoso flusso di coscienza, La leggenda dei lucenti temerari somiglia a un lungo sogno lucido, in cui si fondono citazioni cinematografiche e letterarie, ritratti di sensuali figure femminili, suggerite con poche pennellate vibranti e soffuse di un erotismo a tratti crudo e angosciato.

Il linguaggio si inerpica tra vocaboli ricercati e forme arcaiche per poi scivolare in picchiata verso un registro più colloquiale e brutale.

Al filo logico del discorso si privilegia la musicalità della frase, il giocare con le parole spezzandole, creandone di nuove o esasperandone il senso.

È un periodare irregolare e inafferrabile, che bombarda il lettore di immagini e lo trascina su una sorta di ottovolante emotivo.

Chi è il “lucente temerario”?

Non è semplice decifrarlo, a meno che non si accetti di essere travolti dalla voce narrante, che nel corso dell’opera sceglie diversi alter ego per farsi rappresentare, che si tratti del personaggio di un film o di un romanzo.

Una voce, quindi, multiforme ma al contempo sempre coerente con se stessa.

Emerge in modo prepotente un’invettiva nei confronti di un certo tipo di umanità, intrisa di valori borghesi e percepita come ipocrita e repressiva.

Il “lucente temerario” sembra essere consapevole della sua condizione di outsider, di freak, ma non ha nessuna intenzione di scendere a compromessi o di occultare la sua natura.

A un certo punto il narratore si definisce: «Solo, solissimo, eterno e non so dove».

La solitudine talvolta è una condizione inevitabile ed è palpabile anche negli intermezzi erotici, nei lunghi monologhi simili a lettere aperte che il narratore rivolge alle donne che ammira, desidera ma con le quali non sempre riesce a stabilire il “discorso amoroso” ideale.

«Che cos’è la vita se non un girarci attorno, negli orli folli e anche oscuri di amori smidollati?»

Lo slancio vitalistico, adolescenziale, verso il sesso è una sorta di antidoto a un modo di vivere che mette al primo posto il denaro, il successo, l’apparire e che non consente all’individuo di essere libero nella sua diversità.

Alle maschere imposte da una società che identifica l’individuo con la sua posizione lavorativa, il ruolo che gli è stato cucito addosso e non con la sua interiorità, si contrappone la maschera del personaggio cinematografico.

A volte è il guascone da film d’azione, altre volte una scheggia impazzita di una pellicola di Lynch, oppure un ibrido tra Rocky Balboa, il “perdente” animato da un fortissimo desiderio di riscatto, Dracula e il Cappellaio Matto.

A conclusione di questo percorso allucinato e onirico, il “lucente temerario” non è più solo, ha trovato altri individui che vivono la sua stessa sorte e l’io narrante solitario diventa un “Noi” e il monologo si fa proclama e manifesto di una condizione umana.

«Il vivere per piacerci, non per il “piacere” d’un clero ammansito».

Questo è, se non il fulcro, uno dei perni principali del loro pensiero.

Un inno alla libertà individuale, insomma: dionisiaco, enigmatico e tortuoso, ma non privo di un velo di crepuscolare tristezza.

Postfazione

Al cospetto dello stile de La leggenda dei lucenti letterari è legittimo rimanere sbigottiti e tramortiti, come se si viaggiasse dentro un incubo nottambulo in cui i confini dell’immaginazione e della supposta realtà si logorano, sfibrano e frustrano vicendevolmente.

Tutta la letteratura barocca è stata sempre condizionata dal bisogno di fantasticare, di azzardare slittamenti progressivi del piacere per non affondare nelle paludi del già visto e del già noto, di inseguire la bizzarria fantasiosa ed esagerata per esaltare il potere generativo ed eccessivo della follia che cova sotto la superficie di ogni fragile, rassicurante e infingardo ordine sociale.

In un momento storico in cui quasi tutti ci crediamo eccezionali anche senza particolari meriti, e strepitiamo per fare sentire la nostra voce, la prosa di Stefano Falotico tenta un’altra via, più rischiosa e più ardita: si ritaglia un cantuccio sincero e insanguinato, non mira alla comunicazione diretta e immediata, alla leggibilità veloce e istantanea in barba alla complessità, ma si affida al potere vorticoso fascinoso di un turbinio di evocazioni da smembrare, poi ricostruire, con un coraggio autolesionista che è insieme balsamo di libertà e senso di dannazione autodistruttiva che si tocca con mano lungo tutto il testo.

Casualmente, la citazione di Emily Dickinson che apre il libro, «Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere», è in perfetta sintonia con la dichiarazione d’intenti – lucente, letteraria, temeraria – di un testo che si consegna senza paraurti, indifeso e incandescente, ai sensi delle parole e alle parole dei sensi, come una lama elettrificata e ancora rovente che affonda nella nuda pelle della percezione delle lettere, riga dopo riga, ma soprattutto spasmo dopo spasmo.

Un gesto eversivo nel senso più antico e piacevolmente desueto del termine, di anarchia fuori dal suo tempo e dalle mode, che tiene insieme gli inciampi più vergognosi e inconfessabili dell’erotismo maschile, i tradimenti degli ideali e delle norme, il candore luciferino di un confessionale privato dove ogni nevrosi e angoscia può trovare asilo, in una sorta di porto franco marchiato a fuoco dai demoni dell’insonnia.

Con, a fare da collante, in filigrana ma forse spudoratamente in primo piano, la forza sotterranea e salvifica del cinema e della letteratura che, in una sorta di mostruosa ma benefica simbiosi mitologica a chissà quante teste, si nutrono di isolamento e disagio e lo risputano sotto forma di carne viva, tremante e oscena.

Davide Stanzione*

*Fondatore e redattore del dizionario di cinema online LongTale, è critico cinematografico e firma del mensile di cinema Best Movie e collaboratore del sito di cinema The HotCorn Italia.

Dal 2018 è selezionatore del Sulmona Film Festival.

 

Ecco a voi il trasformista. Folle alla miglior Cage, deniriano. Completamente fuori.

cage cuore selvaggiogladiator russell crowe

JOKER & la Critica snob


12 Sep

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Ebbene, dopo tempo immemorabile, ho comprato di nuovo la nostra rivista FilmTv.

Su suggerimento di un mio amico, mi sono precipitato in edicola.

Gli ultimi numeri da me comprati son stati quelli riguardanti gli speciali dedicati all’immane John Carpenter.

Essendo io l’autore del libro John Carpenter – Prince of Darkness, non posso esimermi dall’essere inevitabilmente attratto da tutto ciò che riguarda il maestro. Compresa, ovviamente, la super-deluxe edizione di uno dei suoi massimi capolavori, rieditata in fastoso Blu-ray di prossima uscita. Vale a dire il 31 Ottobre. Che ve lo dico a fare? La notte di Halloween.

Sebbene, debbo esservi sincero, questa festa pagana, da noi importata abusivamente, essendo noi figli della cultura ellenica-saracena limitrofa a quella mitteleuropea, non appartiene al nostro background e m’ha sempre puzzato di esterofilia peggiore di quella di Alberto Sordi di Un americano a Roma.

Ora, vi domanderete voi, che c’entra Joker con questa colorita prefazione? È stato un preambolo che, a prima vista, parrebbe poco in linea col discorso che qui, in totale umiltà, m’appresto a stilarvi, distillarvi, oserei dire a impartirvi. Che vi sia di monito come il severo cartellino giallo di un arbitro. Ché, mettendo freno alle vostre alzate di testa, ai vostri giochi più che balistici, sì, da ballisti, possa avvisarvi e avvertirvi se ancora, a causa della vostra fallacità, ah ah, commetterete sbagli clamorosi. Amputando film più potenti del sinistro del grande Bonimba, ovvero Boninsegna.

Film imprendibili che cerca(s)te di parare. Dunque stroncare! Ma, con le vostre critiche lentissime, imbarazzanti, appari(s)te soltanto più rincoglioniti di quel buffone di Gigi Buffon. Uno che oramai ha la schiena a pezzi ma non se la sente di ritirarsi. Poiché, se lo fotografano assieme alla sua iper-scosciata Ilaria, deve ottemperare al ritratto del maschio di sana e robusta, fisica costituzione. Deve cioè apparire sempre figo poiché lei è figa. Capisc’?

Dunque, non vuole mollare la presa anche se non ne prende più una. Fu un portiere magnifico, grazie alle sue parate vincemmo il mondiale del 2006. Ma dovrebbe guardarsi adesso allo specchio e ammettere che i suoi riflessi non sono più quelli di una volta.

Inutile tirarsela… da maschione quando sei al massimo, oggigiorno, pur sempre un marcantonio ma anche un bel coglione.

Gigi, lascia perdere. Hai fatto il tuo tempo. Dedicati a una carriera da commentatore e da opinionista. Poiché, ora come ora, come portiere sei molto discutibile. E combini papere a tutt’andare.

Ecco, tale metafora lungamente calcistica voglio qui applicare a quei critici un po’ superati che, sul nuovo numero del cartaceo di FilmTv, con enorme, scandalosa supponenza liquidarono il capolavoro di Todd Phillips, appioppandogli voti alquanto bassini. Figli soltanto della loro mentalità assai retriva, per non dire leggermente cretina.

Non me ne vogliate. La mia stima nei vostri confronti non muta. Come cantava De Gregori, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore, come sostenuto da Checco Zalone nei riguardi di quel matto di Cassano, invece, non è da uno sputo all’arbitro che si giudica se sei un signore. Ah ah.

Sì, Giulio, Giona e Luca, siete qui sul banco degli imputati. Si scherza, eh. Non arrabbiatevi mica.

Poiché voi, impuntandovi sul Cinema d’una volta, con i vostri voti assegnati a Joker, senz’offesa, in questa settimana vi siete un tantino sputtanati.

Voi assai celermente rifilate sgambetti scriteriati al Cinema forse troppo veloce, troppo avanti rispetto ai vostri difensivismi da coloro che, barricatisi nell’esegetica cinematografica passatista, adottano puntualmente il catenaccio più oltranzista, intollerante e, per l’appunto, troppo moderato ed equilibrista.

Stando appunto sulla difensiva, non esaltandovi più di tanto, anzi per niente, dinanzi a film che, spiazzando le vostre certezze, v’hanno colto in contropiede, mandandovi in fuorigioco.

Qui, io v’ammonisco affinché possiate seriamente meditare sul vostro sensazionale errore e tornare sui vostri passi.

Giona, dico a te, sei un critico di risma bravissimo ma, stavolta, ti sei approcciato a Joker con troppa imperdonabile superficialità. La tua erudizione non t’ha salvato dalla mia simpatica punizione. Hai peccato, insomma, di tua esaltata vanità in tal caso da trombone.

No, il tuo misero 5 manco per il cazzo ci sta. Che film hai visto? Poi, concludi la tua breve disamina, il tuo sintetico trafiletto, dicendo che è meglio Endgame.

Eh no, qui hai trollato di brutto, Giona, hai toppato.

Luca e Giulio, invece, ora dico a voi. Acclama(s)te Ad Astra, stronzata galattica, in quanto siete fidi scudieri di James Gray e mi sottovaluta(s)te con tal vostro prosopopeico fare fanfarone quest’opera immensa di Phillips?

Eh già, mi sa che dovete cambiare prospettiva. E vi dirò anche altro. Dove vsionaste questo film?

Al Festival di Venezia? Mah, a me viene il dubbio che, piratato, lo trafugaste da uno dei produttori della Warner Bros e l’abbiate perciò guardato su un televisore a dodici pollici in b/n degli anni sessanta, prima appunto dell’avvento della New Hollywood.

Se andate alla Comet, vi tirano dietro un tv al plasma della Philips. Con una sola L. Con 50 Euro in più, prendete comunque quello della Sony, è meglio. Fidatevi.

Ah ah.

Ma io vi perdono e qua vi dono l’assoluzione. Per questa volta, vi do da recitare cinquanta Ave Maria e tre Pater Noster più una sberla da Don Camillo.

Alla prossima, non passa. Non transigerò.

Parola di Arthur Fleck.

Un uomo che conosce il Cinema, la vita, anche la figa migliore poiché ne passò così tante che ora se ne fotte altamente.

Sì, ne vidi di tutti i colori. Ebbi sfortune tragicomiche ma sono ancora sveglio, in palla per sapere che Joker è veramente un capolavoro e Zazie Beetz una gnocca mai vista di colore. Zazie colora le notti più cupe, malinconiche e tenebrose grazie al delizioso, eccitante tocco del suo caliente, profumato splendore.

Dio mio, tenetemi fermo. Ah ah. Le voglio saltare addosso, non si può vedere da quando è figa.

Se mi venite a dire che non è così, vi siete rimbambiti come Murray Franklin/De Niro.

Eh già. Usiamo il passato remoto!

Chi vide Joker in anteprima mondiale a Venezia seppe che Arthur Fleck/Phoenix, dopo una vita in cui lo prese platealmente in culo, trovò il coraggio di ribellarsi con furia ai tre manigoldi stronzissimi e bulli in metropolitana.

Quindi, assalito da una forza miracolosa, si precipitò ad abbracciare la sua bellissima Zazie/Sophie Dumond. Non oso pensare a cosa successe, in quella sua notte da ingordo lupo scatenato, fra lui e Zazie.

Un amplesso più devastante della bomba di Hiroshima. Chiamalo scemo… ah ah.

Da quell’orgasmo rinascente, Arthur divenne come Re Artù.

Artù fu il re, Joker è il Principe.

E ora per nessuno ce n’è.

Al momento, nella mia vita affettiva, sentimentale, forse pure sessuale… qualcuna c’è. Una o due o tre? Chissà.

Ma ancora lei, la prescelta, non ha estratto la mia spada dalla roccia.

Vediamo se ce la farà…

Quanto devo aspettare? Sto impazzendo.

Ah ah.

 

Morale della fav(ol)a: Arthur, dopo quella notte, superò ogni sua lentezza, venendo… no, divenendo impetuoso e uno straordinario buffone irresistibile mentre Gigi Buffon, nonostante da anni scopi Ilaria D’Amico, diventa sempre più tristo e polentone.

 

di Stefano Falotico

JOKER e Festival di Venezia: amici e clown, ci vediamo tutti al lido col papillon, che annata storica da Neo(n) delle nostre avventure, che figata da Sharon Stone, sono il PRINCE, super video mai visto!


19 Aug

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Nella mia vita, ne ho viste tante: fui scambiato per Eminem e invece ero Michael Douglas di Wonder Boys

Innanzitutto, avete cliccato sul CAZZO di audio?

Ora, provate a recitare velocemente questo pazzo pezzo come se fosse del tosto rap. Senti che musica, maestro! Qui arriviamo a livelli di sublime estrosità per assoluti estrogeni. Sì, sono un uomo che sogna gli astri ma non crede negli oroscopi di Astra, talvolta dalla realtà mi astraggo ma che male c’è a essere uno che vuole masturbarsi dietro uno schermo, ammirando una virtuale cubista irreale senza la pretesa di essere a questa un pittore come Kandinskij oppure un surrealista metafisico come Giorgio de Chirico?

Allora, sarò uno che amerà a dismisura Franco Battiato e Cucurrucucú paloma?

Macché, sono un po’ come Il sarto di Panama di Geoffrey Rush, sì, alla fine molte donne che appaiono fighe a prima vista, cazzo, sono solo trash. Meglio la veterana Jamie Lee Curtis, adatta al mio uomo che si auto-inganna di True Lies.

No, in effetti i miei calunniatori sanno pochissimo della mia vita privata. Meglio così. Altrimenti capirebbero che sono forte come Schwarzenegger.

Avanti, donne, cantiamo di Zucchero:

Funky il gallo, come sono bello stamattina

non c’è più la mia morosa

e sono più leggero di una piuma

oh e intanto Zio Rufus sta

coi suoi pensieri in testa

portando in giro la vita a fare la pipì

per colpa di chi chi chi chi chicchirichì

Aveva ragione Robin Williams di Will Hunting.

Quel troione arricchito di Stellan Skarsgård voleva manipolare un genio come Will per poter lucrare sulla sua pelle, togliendogli le palle con la scusante che l’umanità non poteva perdersi un futuro Shakespeare.

Invece William detto il Bardo, no, Williams detto il saggio, disse a Stellan che a Will non interessava di diventare una stella.

Sì, inizialmente fra lo psicologo e il paziente, ovvero Will, non corse buon sangue. E Will forse v’andò troppo giù pesante. Ma Williams capì che le offese di Will, indubbiamente stronze e bastarde, furono soltanto il segno di reazione affinché avvenisse tra loro l’empatico transfert.

Sì, non v’era criminosità in quei suoi gesti da bulletto, bensì disperazione, solitudine e alienazione.

Cosicché Williams capì che per Will, nonostante le sue immani potenzialità spropositate, non fregava sostanzialmente di fare il professore dell’università di Harvard.

Infatti, che può farsene un ragazzo di una prestigiosissima cattedra accademica con tanto di cornice della lodevolissima laurea se poi, come sempre, gli manca la materia prima?

Cioè la poesia dell’anima del mitico cantante Michele della super-(s)cult Dite a Laura che l’amo?

Che canzone meravigliosa e purissima, profuma di romantica, autentica sincerità molto più stimabile di tanti laureati senz’anima.

Sì, questi miei ricordi affievolitisi nelle membra(ne) del mio appartamento, no, dissipamento, oh sì, dopo tanto scoramento, stanno ribalzando in gloria di tutta gola.

Tremano le pareti e io sono sempre più indiavolato, divorato dentro da un enorme abbattimento scatenato.

Molta gente, arrivata a livelli così atroci di sconforto e silente, inascoltato, tormentoso lamento, trova conforto nella solidarietà socialmente più penosa. In verità vi dico, eh sì, assai pericolosa e senile.

Molte persone, difatti, distrutte dalle loro rabbie e soffocate dalla loro allarmante solitudine disarmante, s’iscrivono a qualche partito comunista per alleviare in compagnia demagogica la mancanza di democrazia delle voci contradditorie dei loro interiori demoni voraci.

Al che, nelle loro ferite anime afflitte da incapaci e poco cresciuti, si alleano, dandosi manforte in leccate di culo impressionantemente incresciose e pietose.

Sì, mangiando assieme le crescentine, si fanno i pompini a vicenda per ottenere soltanto un po’ di “mi piace”.

Ma per piacere!

Piace invece la mia voce genuina, roca e rocciosa, oserei dire cavernosa, una voce sinuosa e armonica che, serpentesca, bacia carezzevolmente le corde dei cuori ancora speranzosi, spronandoli all’azione e al gusto dell’onestà morale che, malgrado le batoste ricevute e mai restituite, sa commuoversi dinanzi al vostro tramonto e a nessuno dei suoi cazzi trascorsi, forse da agnellino o da orso, deve più dar conto.

Non ho rimpianti se non due soltanto: quello di non aver mai spinto, quando potevo, dentro una che, durante una sera per lei fredda, rimase a pecora, cioè terra con le ruote, chiedendomi caritatevolmente… scusi, mi darebbe una spinta?

Mi fermai, le gonfiai la ruota sgonfia ma lei mi guardò con aria stronza. Poiché comprese che io non compresi la sua metafora. Sì, non abbisognava del mio meccanico fai da te, semplicemente a quell’ora tarda della notte, eh sì, desiderava solamente gonfiarmelo. Per consolare reciprocamente i nostri vuoti pneumatici. Quello mio emotivo e il suo oggettivamente ubicato sia davanti in mezzo alle gambe che, in maniera perpendicolarmente simmetrica, dall’altra parte, da cui la famosa espressione lato b.

Sì, lezione di matematica sessuale: lato per lato si ottiene l’area del quadrato, se a una donna lo dai prima in quel lato e poi nell’altro, lei ti avvolgerà di calore a sfera.

Un cerchio concentrico! Ah ah.

Ma io la spompai subito, fraintendendo che cazzo volesse.

Poi, il mio più forte secondo rimpianto fu quello d’essere stato zitto e troppo signorile per troppo tempo. Cosicché, i miei coetanei non poterono mai appurare la scrittura creativa della mia anima che apparve poco reattiva. Facilmente addussero che io fossi un disagiato e mi cacciarono vari mancini tiri.

In parole povere, scambiarono Michael Douglas di Wonder Boys per Eminem.

Mi diedero del mammone, così com’è infatti Eminem in 8 Mile, ma in verità vi dico che ho tutta la collezione privatissima dei migliori nudi di Kim Basinger.

Kim anticipò molti ani, no, anni addietro le milf più fighe dei porno americani che ora lo prendono nel didietro.

Sì, Brandi Love, Brianna Love, Brianna Beach, entrambe peraltro ritiratesi ma che ancor me lo tirano, non potranno mai competere con la Kim di Getaway.

Lo so, voi mi farete la fine di quel porcellino di Michael Madsen del film suddetto ove l’ex di Kim, il grande Alec Baldwin, dovette sudarsela… per fotterlo.

Voi, uomini oramai corrotti e persivi (persivi è da Nobel, ah ah) nell’olezzo di un’umanità porcellesca che spesso mi fa ribrezzo, smarriste nel vostro percepire la vita oramai senza più stile e ogni pudore vostro senziente è adesso stato abbattuto dal sopraggiungere mendace della vita adulta più volgarmente pugnace o solo puttanesca, quella purezza che un tempo scalpitò giustamente tormentata nelle vostre anime linde, oh sì, non c’è più. Né rinascerà giammai!

In quanto, angariati da genitori pressanti e da vostri coetanei ripugnanti, soltanto nei sogni inviolabili del Cinema più elevato, nella musica sanamente arrabbiata, eh già, trovaste la quiete e il porto felice, lontani da ogni male e, appunto, da ogni squallida bidonata.

Poi, col passare degli anni, col subentrare delle prime passerine e il vostro furbetto entrare in qualche ano con l’uccellino, le vostre depressioni scomparirono, la carnalità prese il sopravvento, l’animalesco barbarismo consumò ogni vostro pulito sentire.

V’adagiaste al compromesso più meschino. Sì, anche voi che una volta andaste puntualmente a messa, oh sì, so io ove ora andate, inchinandovi alla dea del piacere più genuflessa al vostro dio danaro, oh sì, sbandati, sbavate in giro con un solo pensiero in testa e soprattutto nei testicoli. Non passa infatti, oserei dire in fallo, un solo minuto in culo, no, in cui… in mezzo a queste strade bagnate dall’ipocrisia battente dei vostri peccati sempre più fetenti, la vostra mente non pensi ad altro, sì, in verità vi dico, se non a trovare qualcuna da raccattare per le vie del vostro viale non più vitale, in realtà così aridamente bestiale, da ricattare e pagare affinché possiate sfogare con lei ogni vostra giornaliera inchiappettata.

Andate dai ragazzi non ancora toccati dalle vostre perdizioni insanabili e urlate loro, con protervia e presunzione altera, che le loro emozionalità diverse, dette altresì vive, vivaddio, sentimentali alterità immacolate, debbano essere quanto prima sanate.

Fate i santi e i sani ma invero siete appunto, da tempo, andati. Andate solo ora sputtanati!

Oddio, mi stanno bombardando di messaggi tutti i miei contatti su WhatsApp.

Mi sto “orgasmizzando” per il Festival di Venezia.

Le donne mi mandano richieste (im)proponibili, hanno avvistato da qualche parte la mia bellezza magnifica, le ragazze mi corteggiano, è un’esplosione sensoriale che non sentivo da immemorabile tempo.

Mi stanno scoppiando le tempie, sono divenuto il re d’ogni tempio. Sta deflagrando la mia mente e anche qualcos’altro…

Non posso soddisfarvi tutte. Non posso rispondere a ogni amico. Ritirate il biglietto e fate la fila. C’è una figa che m’aspetta. Finito che avrò, sarò da voi.

Le persone malvagie vollero sputtanarmi, gettandomi addosso del fango e sputandomi, ma invece spuntano come funghi amici dimenticati e recuperati. È tutto un pullulare!

Ora, ho pure messo zizzania nel rapporto lesbico fra due tipe assai tope di vent’anni. Anzi, la mia prescelta ne ha 18. Va benissimo. Sono come Miles Teller di Too Old to Die Young. Sì, io non ho età, abbatto ogni regola! Quel Marcel Proust lì non serve a nulla!

Sì, c’è una tizia che m’arrapa non poco. A lei piaccio molto. C’è però un piccolo problema.

Le inviai, qualche giorno fa, un messaggio inequivocabile. Mi rispose, infuocatamente, la sua ragazza:

– E tu chi sei, scusa? – chiesi io.

– Sono la fidanzata di Alice.

– Ah, quindi Alice è…

– Già, sta con me e me la scopo io.

– Be’, suvvia, il verbo scopare fra donne un po’ stona. Non c’è la penetrazione. Diciamo che è tutto un leccalecca. Sì, prendete quel Mahmood e company con Calypso… basta, mette angoscia.

Donne, ecco a voi invece il mio gelato Calippo, sono simpatico come lo fu Claudio Lippi. Uno che sapeva cosa volle da Ravegnini Luana, sì, lei era mora ma lui le offrì la sua “birra” bionda di luppolo…

– Sì, comunque lei sta con me.

 

Intervenne Alice dopo che la sua ragazza, ingelosita a morte, prese su il telefono, appunto, per suonarmele:

– Stefano, ho provato a spiegarle che io e te siamo solo amici ma ora è incazzata e mi sta facendo il culo.

 

Al che, ritornò a parlare la sua ragazza:

– Allora, bello. Guarda, io ho appena ascoltato per sbaglio il messaggio che hai da poco mandato ad Alice.

– Sì, era per lei.

– Lo so, appunto!

– E allora come mai l’hai sentito tu?

– Vedi, è arrivato questo messaggio. Alice ha dovuto assentarsi per un po’. Le ho detto… c’è un vocale per te, Alice. Lei mi ha risposto…  di chi è?

E io… di un certo Falotico. E lei… sì, ascoltalo pure, è un mio amico.

Amico un par de palle! Ora, Stefano, mi devi rendere coito, no, scusa. Secondo te, a un’amica si manda un messaggio di questo tipo?

Peraltro, Alice, devi stare zitta. Zitta, ho detto! Con me te la vedi dopo! Tu lo chiami amico, questo qui? Un amico, diciamo, un po’ troppo intimo. O no?!

Allora, adesso esigo delle spiegazioni da entrambi!

– Senti, io sono solamente amico di Alice.

– Cazzo! Ad Alice non piacciono gli uomini. Lo capisci o no?

– Mah, ne sei sicura? Comunque, a me piacciono le donne. Anzi, stavo pensando a questo. Avete mai visto Vicky Cristina Barcelona? No, per chiedere, a voi garba Javier Bardem?

– Alice! Hai sentito che ha detto? Allora è proprio uno stronzo.

 

Riprese a parlare Alice:

– Lo so, è fatto così.

. Alice, come fai a sapere che è uno stronzo?

– Ho appurato.

– Hai appurato? Che significa che hai appurato?

– Ho constatato con mano, diciamo.

– Con mano?

 

A quel punto, successe il finimondo.

A parte gli scherzi, no, fra me e Alice non c’è niente.

Sì, questa è la versione con la quale la ragazza di Alice si mise l’anima a posto.

Ah ah. Sì, che volete che possa esserci? Al massimo, qualche confezione di detergente.

Fallo sta, fatto sta che fervono i preparativi per Venezia. Sono fervido, effervescente! Cazzo, la mia vita è stata davvero strana. Son passato dal mutismo a corteggiare una molto più figa di Ornella Muti.

In passato fui taciturno, come si suol dire, non spiccicai parola. Adesso sono appiccicoso. E se mi scassi la minchia, ti avverto, al muro ti spiaccico.

Una volta che mi attacco a una, non mi stacco più. Le offro tutto il mio gelato al pistacchio.

Ma non nel senso che non mi levo più dalle palle poiché sono un moroso morboso, nel “seno” che diventa più denso e cremoso.

Che gigione! E sono anche amico di Stanzione!

Ancora devo districarmi fra mille hater. Ma chi se ne frega dei calunniatori se posso essere un dongiovanni? Un pazzo mi dà del vecchio ma Giovanna sa che io sono più giovane di lui e con me lei ha imparato anche a usare meglio la lingua italiana…

Sì, sono un linguista. Oggi con una dea greca gioco di latinismi, donandole ogni declinazione di rosa rosae, da cui il famoso dato, no, detto, rosso di sera bel tempo si spera, domani con una rossa la rendo viola, ai cattivi faccio le linguacce in quanto son più bravo a scrivere del Boccaccio.

Sono proprio un insanabile diavolaccio. Voi, uomini freddi e tristi, ah, poveri cristi, dormite alla diaccio e da me non meritate nessun abbraccio.

Tu, donna, come ti chiami? Cristina? Dammi un altro bacio e annodami il fiocchettino. Dai, forza, struccami, rendimi il tuo pagliaccio.

Sì, odio i tipi in giacca e cravatta, spesso in casa io sto in ciabatte ma eccome se mi arrabatto, poiché nessuno mi batte.

Le tentarono tutte per incularmi. Ma io sempre sgattaiolai, le donne con me miagolano, gli stronzi mi pungolano ma rimango perennemente intatto e, con enorme charme, cammino tutto ritto e compunto.

Che cazzo volete da me?

Sono un uomo che mette pepe a questo mondo di pendolari che fanno pena. Hanno delle vite orribili. Persero il treno della vita ma ogni mattina prendono quello per lavorare come schiavi negri.

Della serie: dopo la vita non c’è il paradiso, bensì la speranza per la tredicesima. Una volta v’era il Tredici, adesso manco quello.

E quello che autobus prende? Il 18? Ma il 18 non porta alla stazione. Ah ah.

Gli sbirri arrestano gli innocenti, Vincenzo s’è comprato un’auto d’epoca dell’Innocenti, Innocenzo fa l’amore con Vincenza, un altro sta con una di Vicenza, la vicina di casa se la fa con i topi delle cantine, tua sorella invece sta come una gatta morta ma so che a lei piace da morire Joaquin Phoenix.

Si dichiara pudica, virtuosa e virginale ma in verità le dico che, avendo costei trentacinque anni, se avesse voluto farsi monaca, l’avrebbe già fatto.

Dunque, bugiardi, non ci provate mai più.

Mille ne penso, duemila ne peno, tre mi faccio ma così va per tutti.

Se pensate di fare i furbi, credendo che la vita sia solo rose, appunto, e fiori, ricordate che io son un oratore da foro. Sì, tutti i mondiali più prestigiosi fori sono miei. Ah ah.

Dall’Arena di Verona a una di Cremona, dal tramonto sin all’aurora, prendo per il culo te, tonto con una faccia da mona, come dicono a Padova, mentre bagno il mio Pavesino anche a una d’un piccolo paesino.

Se sei invidioso, il primo centro di salute mentale t’aspetta.

Sì, uomini grigi, pensate alla salute.

Intanto, vi saluto.

Voi siete ingrigiti, non vi posso aiutare. Siete oramai andati. Già troppo tempo mi faceste perdere con le vostre stronzate. Stasera devo irrigidirlo a una assai meno rigida della vostra mentalità da idioti.

Mi spiace.

Ho vinto io. Ora vi prendete tutte le vostre bugie e ve le ficcate in culo con tanto d’iniezione intramuscolare.

Sì, capisco, ho il cervello piccolo.

Sì, col vostro modo di ragionare stava diventando davvero piccolo.

Invece è molto grosso.

Ammazza, come v’ho preso un’altra volta pel culo. Ah ah.

Già, qual è la frase finale di Robin Williams in Will Hunting?

Ah ah. Ora, sì, devo andare a confessarmi in chiesa come un bravo bambino, poi vi farò di nuovo la catechesi. Poveri malati di mente.

 

 

di Stefano Falotico

 

alice

Nonno scatenato, recensione di Best Movie


15 Apr

Qua.

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Al Pacino for Best Movie e for me, the be(a)st


07 Aug

Best Movie ha indetto un concorso. Chi meglio scriverà, in poche righe, su Al Pacino, vincerà una giornata con lui al Festival di Venezia, in occasione della presentazione di The Humbling.

Che tentazione!
Naturalmente, non potevo non tentare, e gli ho dedicato questo mio pezzo sintetico. Avrei scritto su di lui per interminabili ore, riempiendo pagine e ancor pagine, ma mi devo attenere appunto alla sintesi:

di Stefano Falotico

Al Pacino, adoro quest’uomo. Lo considerò uno dei più grandi artisti in assoluto della Storia del Cinema e, quest’anno, al Lido, porterà appunto The Humbling di Barry Levinson, già sceneggiatore di …E giustizia per tutti, col nostro Al, mattatore strepitoso che, anche per la sua memorabile arringa finale, si meritò una sacrosanta nomination all’Oscar, ma che fu diretto proprio da Levinson solo qualche anno fa nel Tv movie per la HBO, You Don’t Know Jack – Il Dottor Morte, nel quale sfoderò un’altra interpretazione impressionante nei panni del controverso medico, a favore dell’eutanasia, Jack Kevorkian.
Trovo pleonastico starvi a citare tutte le immense performance di Al. Quando un attore è così grande, infatti, mi par quasi insopportabile celebrarlo con un “elenco della spesa”. Non è dunque, anche per questioni di brevità e regolamento, indetto da “Best Movie”, il caso di dilungarci troppo. Qualsiasi appassionato di Cinema conoscerà a memoria, ad esempio, i suoi indimenticabili Tony Montana di Scarface o il suo Vincent Hanna di Heat, in cui magnificamente duettò col suo “rivale”-amico Robert De Niro.
Un attore per il quale il termine “attore”, e basta, mi par riduttivo, limitante, perché Pacino va sconfinatamente oltre la mera e semplicista definizione di attore, appunto. È “qualcosa” di talmente immane, proprio attorialmente parlando, che “confinarlo” mi sembra quasi offenderlo. Un genio, un interprete scattante, “iracondo”, burrascoso, stupendamente poi repentinamente sobrio, misurato, calibratissimo, dotato di un talento inarrivabile, magnetico, istintivo anche quando porta il suo amato Shakespeare al Cinema, come in Looking for Richard, eclettico, imprevedibile, che buca lo schermo e, all’istant(an)e(a), ti fa perder la testa, rapendoti, a lui ammirandolo di grazia e divinità, nel suo ipnotico gioco di sguardo penetrante, memorabile, la monumentalità della Settima Arte incarnata a suo titanico fascino immarcescibile, indelebile, eterno. Immortale!

“Red Lights”, recensione di Best Movie


02 Nov

Mostrato in anteprima il nuovo thriller che ruota attorno a un uomo cieco dotato di poteri extrasensoriali

Era dai tempi di Ronin che non vedevamo un Robert De Niro così intenso. Abito a giacca, occhiali da sole, inquietanti occhi grigi… e voilà, la metamorfosi è completata. De Niro interpret aSimon Silver in Red Lights, proiettato ieri in anteprima al Lucca Comics & Games 2012, un uomo cieco dotato di capacità extrasensoriali che torna sul palcoscenico dopo essere stato lontano dai riflettori per 30 anni, in seguito alla morte improvvisa di un suo rivale durante uno dei suoi spettacoli. Ma mentre il mondo pende dalle sue labbra, Margaret Matheson (Sigourney Weaver) e Tom Buckley (Cillian Murphy) pensano che anche lui, come molti altri, sia un truffatore. Questa volta, però, i due fisici si trovano di fronte a fatti inspiegabili, inquietanti, che rischiano di risucchiarli in un vortice da cui è impossibile uscire.

Nonostante il film mantenga un alone di mistero attorno alla figura di De Niro, la maggior parte della tensione è dettata da spaventi improvvisi, come uccelli che si schiantano contro finestre, luci che si spengono inspiegabilmente, rumori improvvisi o personaggi inquietanti che compaiono senza preavviso al fianco dei nostri due protagonisti. Incredibile l’interpretazione di Sigourney Weaver, che sembra reggere tutto il film da sola, mantenendo il confronto con il carismatico De Niro. E nonostante Cillian Murphy si trovi in mezzo a questi due grandi attori, riesce comunque a non sfigurare e a uscirne a testa alta. Red Lights si presenta come un thriller ad alta tensione, puntando forse troppo sull’escamotage dello spavento improvviso, che alla lunga finisce per essere ripetitivo. Un appuntamento imprescindibile per tutti gli appassionati del brivido e per chi vuole rivedere un Robert De Niro in forma come non lo vedevamo ormai da diversi anni. Red Lights esordirà nelle nostre sale l’8 novembre 2012.

 

 – 02/11/2012

 

Sono sempre un person-Ciak di “Film” anche alla Tv


03 Oct

 

Videodrome è mio fratello, entrambi gustiamo il fascino nostro olimpionico nell’onirico, aspettando il prossimo film di De Niro, immalinconendoci per un’opera “cupa” ed entusiasti se vediamo Kristen Stewart nuda on the road

Lei non mi sembra un tipo da Kerouac, mi par più che altro uno a cui non resta niente. L’arresteranno presto se continuerà su quella “scia” di cocainissima.

Eppure, il deficiente fu avvertito nelle sue “vertebre” che, senza una base solida di Cultura, Arte, Poesia e immaginazione, con quel cervellino poco funambolico ma “fantasioso” solo di “sesso” carnalmente repellentissimo, avrebbe smesso di ridere assai presto.
Anzi, se tanto subitaneo fu presuntuoso di suoi “atenei” piccanti e cutanei, altrettantissimo-“immantinente al demente” l’avrebbero subissato nel “bischero” dei “sugh(er)i” da somaro qual sempre non rinnegò di (non) essere.
Solo di “biscotti” costui “tocciava” e toccò gli altri per frenarli e poi desiderando che franassero.
Sì, urlava loro “Siete delle frane, che schiappone. Tutti inchiappetto, cari i miei tappetti, e vi sbatterò sul tappeto perché io vedo oltre e scavalco ogni tappa”.

Ecco, questa “brillante” mente ha fatto la fine dello “scemo” del “Paolo Villaggio” più tragicomicamente patetico.

E dire che mi precautelai di educarlo, d’ indurlo a rispettare le volontà (lui che s'”induriva”…) e le scelte di vita del prossimo, e gli “porsi” anche la guancia perché mi “schiaffeggiasse” con quel “Ti do un pugno per svegliarti”, tanto di “te(tte)” suonato.

Davvero un “bel pis(ch)ello”, che prendeva in giro pure sua madre (quanto ha “penato” quella donna, ma ne ha ricavato un vuoto maialetto proprio “e-retto”, l’orgoglio d’ogni “maschio” cresciuto a “salsicciotto”…).

E quanto, da “eroe” della “patta”, volle “errare” gli altri, tacciandoli d’esser delle mezze tacche perché senza quei “tacchi” delle sue sgualdrine da “mo(i)na”.

“Campione imbattibile” che ne aveva “uno” per chiunque, e trascorreva le giornate nell'”orgasmizzarsi” su come portarsi a letto la cretina più “fottibile”.

Ma col Signor Falotico cascò davvero male.
E il suo “casco”, da “grilletto” in macchinina e “accendino” in “motorino”, fu “picchiato” in modo “intoccabile”, con sempre maggiore forza e intraprendenza a spaccare in due (la sua testa, in particolar “modo”) questo impostore, affinché confessi il suo (rag)giro e la “normalità” della sua “frittata”.

Consigliamo a tale “egregio” di recarsi in libreria, di presenziare alla mia conferenza stampa, e di risparmiarsi altre “interviste” impertinenti nel tentativo, invero, assai disdicevole di non esser preso un’altra volta per il “cravattino” del suo pipino e “farsela sotto”. Sporcando un altro po’ il “cammino” di chi voleva “pestare a sangue”.

Tutto lo stronzo “suo” è ora a galla, e “tal” nostro galletto, ben che gli vada, potrà ottenere un cucinotto ove, di spezie, “spezzerà” solo le ali bruciate della sua quaglia che non quagliò nulla.

Oggi, pensavo infatti, libero da impegni e soprattutto da questo stupido, di leggere tali riviste mie amate e poi di dedicarmi alla mia prossima opera letteraria.

D'”amabile” sincerità, uno Sean Connery che volevi “spiare” e, invece, ora ti vergogni a guardarti allo specchio, “amico”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Lo chiamavano Trinità… (1970)
  2. 007 Skyfall (2012)
  3. Mai dire mai (1983)
  4. On the Road (2011)


Genius-Pop

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