E, onestamente, se non possedete il mio carisma, è meglio che rimaniate a vita spettatori della vita e del Cinema, in quanto siete critici solo degli altri ma non avrete mai quel falò delle vanità che mi rende il Roman Polanski italiano.
Sì, sono un realista pessimista, giammai disfattista eppur obiettivo e crudelmente sincero.
Il 90% delle persone crede davvero alla validità delle quarantene del Covid-19.
Di mio, credo che Margot Robbie sia una donna che, anziché fare l’attrice, dovrebbe vendere il pesce al mercato.
Sì, assomiglia a una di Non è la Rai. Ve lo ricordate?
Io ricordo tutto. Nel mio ambiente, mi chiamano Jena…
Sì, non frequento più ruffiani ambienti altolocati e alto-borghesi dei miei stivali. Non sono salottiero e, alla Mostra della Laguna, programma cinematografico trasmesso direttamente dal Festival di Venezia di tantissimi anni fa e condotto da Serena Dandini, programma peraltro mal ricordato da Paolo che lo definisce Il mostro della laguna, preferirò sempre La forma dell’acqua.
Di mio, posso dirvi che la mia lei non è Sally Hawkins del film appena citatovi di Guillermo del Toro, cioè non è la Pallavidino.
Molte ferite del mio animo ella rimarginò, conduco ancora una vita affogata nella marginalità ma non mi lamento se Benicio Del Toro si arrabbia perché lui ha le occhiaie e io no.
Nella mia vita non sono mai stato felice, giammai lo sarò.
So però che non canterò con Laura Pausini, consolandomi nel falso buonismo clericale d’un mondo oscurato dal Covid? No, dalla retorica e dalle bugie messe in giro dalle persone più fake di Nick Nolte di Cape Fear.
Ora, scusate, s’è fatto tardi. Andrò a prepararmi una buona cioccolata calda e, con le gambe accavallate, guarderò su Netflix il “capolavoro” Qualcuno salvi il Natale 2.
Interpretato dall’attore de La cosa oggi ridottosi peggio degli zampognari vestiti da Santa Claus che, in via Indipendenza a Bologna, sperando di pagarsi le bollette, regalano alle brave personcine delle dolciastre schifezze a base di ruffianerie e pose meschine. Che manichini.
Preferirò sempre la mia vita amara alle persone che si spacciano per buone ma non conoscono nemmeno un fotogramma dei film di Carpenter.
Ricordate, a Bologna in questo periodo, come puntualmente accade in autunno, c’è la nebbia.
Sto infatti girando The Fog 2. La storia di un uomo, cioè il sottoscritto, scomparso nel buio.
Io stesso non vedo chi sono e dove mi trovo/i.
Meglio così. Tanto, come detto, molta gente non sa neanche dove stia di casa… il loro cervello.
Su questa mia battuta cinica, vi auguro Buon Natale. Spero di avere allietato le vostre tristi giornate con un candito, no, con una ben condita e non tanto candida faloticata. Salutatemi a sorrata e a mammata. A parte gli scherzi. Dai, suvvia. C’era una volta a… Hollywood è una mezza boiata. Ha ragione Mereghetti ad assegnare a The Irishman la bellezza di 4 stellette. Non abbiamo bisogno della Pallavidino e di “critici” come Francesco Alò che The Irishman stroncò.
Se volete conoscere la verità, non me la passo benissimo. Ma almeno non lecco il culo a nessuno. Tranne alla mia lei.
Evviva il Falotico.
Il Mereghetti 2021 è da acquistare? Paolo stronca Tarantino e impietosamente assegna il vuoto pallino a THE LIGHTHOUSE ma esalta giustamente THE IRISHMAN
Paolino, mica un qualsiasi pinco pallino.
Ebbene sì, è uscita la nuova edizione del Mereghetti Dizionario dei Film.
Il celeberrimo, temibile MEREGHETTI. Spauracchio di ogni regista in erba che, dalla prosopopea spesso trombonesca di Paolo, viene stroncato severamente e soventemente reciso sul nascere. Sfiorito ancor prima che possa floridamente sviluppare la sua rosea poetica cinematografica. Poiché Paolo non vuole sentire ragioni e, in modo arbitrario, sentenzia con fare autoritario. Puntando il dito contro i giovani esaltati che a lui stanno, a pelle, antipatici.
Un uomo coraggioso, il Paolo. Un uomo con le palle! Che, nella scorsa edizione, rivalutò molti film del genio di Brian De Palma ma in questo suo ultimo aggiornamento irriverentemente abbassa il voto, da lui precedentemente e generosamente assegnato, a Omicidio a luci rosse.
Definendo inoltre Sidney Lumet, autore di Serpico e di Quel pomeriggio di un giorno da cani (mica pizza e fichi), come un normale, bravo artigiano. Poi, nobilitandolo tanto per fare il bastian contrario di sé stesso. Si decida, Paolo, altrimenti sarà citato in tribunale dal mitico Vin Diesel di Prova a incastrarmi.
Sì, un Vin nell’unico film decente della sua carriera. Un Vin simil Di Pietro! Il risolutore della tangentopoli di Mereghetti? No, delle contraddizioni di Paolo che frequentemente parte, come si suol dire, per la tangente.
Mereghetti, senza fare altresì una piega, continua a inveire contro Tarantino e, con estrema cattiveria inusitata, decide a suo modo insindacabile che The Lighthouse non è/sia un grande film, bensì una ciofeca spacciata per sofisticata, ermetica arte.
Insiste peraltro, in modo indefesso, a dichiarare orgogliosamente che Lars von Trier sia un venditore di aria fritta.
Che la Forza sia con te, Paolo.
Cosicché se, nella sua ultima edizione, campeggia Darth Vader, nel frattempo muore il suo interprete epocale, ovvero David Prowse.
Secondo Paolo, il film più bello del mondo non è affatto Quarto potere, bensì La morte corre sul fiume.
Come dargli torto, bravo!
The Irishman è un capolavoro?
Ovviamente, sì.
Mereghetti la pensa come me. Dunque, non vogliamo più vedere Francesco Alò e non vogliamo più nessuno che critichi il più grande attore di tutti i tempi.
Chi sarebbe? Robert De Niro. Certo. Ma anche questo non scherza.
Cioè il sottoscritto.
di Stefano Falotico