Ah ah, qui c’è poco da ridere. So che il titolo di questo mio scritto v’induce a sonore e profonde risate di simpatia.
È tutto atrocemente vero.
Dopo un paio di delusioni cocenti, oserei dire devastanti, la mia (non) adolescenza deambulò ectoplasmatica nelle notti insonni più cupe. Ove mi cibai di film, per l’appunto, notturni, cavalcando la mia depressione con nobiltà d’animo da principe delle tenebre assolutamente invincibile.
In confronto a me, Klaus Kinski del Nosferatu di Herzog era un novellino, un pivello. Un povero coglioncello.
Dirimpetto alla vastità immensa della mia solitudine agghiacciante, anche le protagoniste dei più angoscianti, malati film di Bergman sarebbero rimaste terrificate e al contempo incantate, trovandosi al cospetto del sottoscritto.
Un uomo che forse si auto-evirò psicologicamente e ogni minimo contatto fisico evitò. Con scrupolo e meticolosità, con soave leggerezza e inevitabile ipocondria protesasi allo sfinimento, provai invano di preservare questo mio stato psicofisico creaturale, custodendo gelosamente nella mia anima ancestrale la beltà celestiale della mia anagrafe senz’età, galleggiante nei pleniluni della mia immacolatezza lontana da ogni sguardo animale.
Al che confidai a una ragazza questa mia penosa condizione mentale.
Fui coraggioso nel riferirle per filo e per segno che, da tempo immemorabile, mi sigillai nel semi-mutismo quasi autistico.
Credetti che lei m’avrebbe apertamente umiliato. Ma, con mio sommo stupore, costei mi guardò intensamente negli occhi, osservò impavidamente con lucidissima chiarezza i bagliori apparentemente raggelati delle mie iridi nere e sepolcrali, poi accarezzò intensamente le mie labbra e mi sussurrò un delicato:
– Ecco, se è vero quello che mi dici, ovvero che tu non ami molto toccare le altre persone, se è vera la fulgida venustà del tuo viso onirico e, per fortuna mia, è vera poiché l’ho appena sfiorato tangibilmente con le mie mani tremolanti e già sudate, le possibilità sono due: o sei pazzo o non capisci un cazzo.
Vale a dire… tu sai che costa stai scatenando in me in questo momento? Tu sei sicuro di ciò che, tristemente, affermi? Cioè che sei una persona gravemente afflitta da insanabili dolori dell’anima?
Facciamo un esperimento.
Da allora, successe l’incredibile. Qualcosa di mastodontico, oserei dire immisurabile.
Sì, lei comprese che da parecchio non m’ero misurato nella realtà e me ne ero creato un’idea del tutto distorta.
Appena entrammo, diciamo, in contatto completamente intimo, misurò qualcosa che invece, tragicamente e al contempo stupendamente, non era affatto storto. Era straordinariamente ritto, (im)moralmente sanissimo.
Insomma, tutte le balle raccontate sul mio conto furono castrate in trenta centimetri netti.
Purtroppo è tutto enormemente reale.
di Stefano Falotico