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Potrei essere Mickey Rourke di The Wrestler o essere affetto da disturbo denirante?


13 Jun

Film Title: The WrestlerIl tempo è passato. Hanno cominciato a dire… non ha futuro. È un perdente, non ce la fa più.

Ma sapete che vi dico?

Gli unici che potranno dirmi quando non sarò più all’altezza siete tutti voi.

È per tutti voi che vale la pena di continuare a combattere.

Sabato sera presenterò a Ravenna il mio racconto Disturbo denirante. Ne ho i diritti d’autore e, dopo la presentazione ufficiale, lo renderò pubblico. È inserito in una raccolta antologica di Historica Edizioni.

Secondo me non è male, no?

Sì, ho scritto denirante. Non delirante.

Trattasi di soave, lievissima presa per il culo contro chi mi accusò di soffrire di deliri complottistici?

No? Potrebbe essere di sì? La seconda che hai detto…

Datemi una poesia e ve la reciterò. Datemi un ruolo da Mickey Rourke e sarò più bravo di lui.

Datemi un film di Clint Eastwood e sarà un’altra storia pazzesca come The Ballad of Richard Jewell.

Oh, gli anni passano, è vero, ma sono questo, adesso.

rourke johnny bello

Se voi invece siete brutti, il chirurgo plastico potrà fare poco.

Se siete dei cessi nelle vostre anime, nessuno psichiatra vi salverà.

Nemmeno l’idraulico che vostra moglie si fa quando ve la tirate sul lavoro.

Potrebbe essere così?

È così.

Dicasi f62503443_10213829787001723_415653543198851072_naccia da culo imbattibile. Ah ah.

 

 

 

di Stefano Falotico

rourke barfly

Che Casinò: il primo Maggio è la festa dei lavoratori, forse negli altri Stati, non solo lavorativi, evviva Iron Man!


01 May

casino pesci

Sì, il primo maggio. Festa dei lavoratori. Ma lavoratori di che?

I lavoratori sono pochissimi oramai, la classe operaia è stata asfaltata dalle officine d’una borghesia metalmeccanica. Gente robotica che, più che umana, è diventata un Android.

Come Rutger Hauer di Blade Runner? No come i loro cellulari della Huawei, protesi cronenberghiane di (s)collegati cervelli vuoti.

Almeno Hauer/Roy Batty scaricò preste le batterie vitali poiché sentiva troppo il fuoco dell’esistenza. E il suo cuore elettronico bruciò in fretta come quello di Jim Morrison.

Questi invece sono eterni. Sì, immortalano le loro facce da culo in tremila selfie al giorno in memoria dei loro poster edonistici.

Che modello hai comprato? Il nuovo della Samsung? No, me stesso con tanto di optional.

Sì, una società di manichini, di gente senz’anima, di gente che ha proprio una bella faccia da culo, appunto. Sì, le modelle di Instagram lavorano parecchio coi glutei in palestra per ottenere tre ville al mare.

Quando si dice: ah, per arrivare lì, te lo sei fatto!

Gli unici che lavorano sono quelli che non hanno mai lavorato. Cioè gli impiegati statali. Il cui stress maggiore, durante la giornata, è il traffico cittadino di prima mattina. Poi, una volta in ufficio, quando timbrano il cartellino alle nove, aspettano otto ore per smettere di lavorare.

Come diceva Rocco Barbaro, sì, è un ottimo lavoro. Mi pagano per mettere due timbri. Non capisco però perché fra un timbro e l’altro devo aspettare otto ore.

Ah, ci sono anche alcuni dipendenti eccezionali che fanno gli straordinari, cioè fanno passare un’altra ora, leggendo la gazzetta sportiva per cui s’è consumata carta e disboscato dunque alberi dell’Amazzonia per stampare le prodezze dei miliardari dell’Ajax, squadra che forse arriverà in finale di Champions League.

La Coppa dei Campioni! Dico, mica pizza e fichi. Ammazza! E i giocatori giocano pure con le palle assieme alle loro amazzoni.

Sulle pizze presto qui vi dirò, sui fichi vi go già parlato.

Sì, poi questi adocchiano la nuova foto scabrosa, si fa per dire, della Belena Rodriguez. Una che so io dove ha lavorato duro.

Già, questa è la tipologia di lavoro medio. Lavoro che davvero nobilita l’uomo e non lo rende Jack Torrance di Shining. Vero?

I pizzaioli, artigiani della pastella ben infornata e lievitata, condita con prelibatezze gustose, si pigliano pure le pizze in faccia da parte di una cliente capricciosa di nome Margherita.

Lei voleva un kebab e invece si è accorta di vivere nel calzone italiano che premia a Sanremo la canzone di un cazzone.

Altri uomini sono alla Marinara, non pagano alla Romana, aspettano che siano sempre gli altri a pagarli. Non la pagano mai!

Come quei farabutti che si dichiarano invalidi psichici e invero sono più dotati, in ogni senso, di un coglione qualunque.

Sì, tempo fa frequentai, per bislacche, sciagurate circostanze di questa mia vita imprevedibile e contorta, un topo, no, un tipo che si lamentava di essere perennemente senza soldi.

Lo Stato gli passava la pensione d’invalidità, altri danari li prendeva dai genitori divorziati, costretti a elargirgli 300 Euro cadauno, a testa cioè, in totale 600 mensili, più otteneva quegli spiccioli grossi che racimolava assai con le scommesse, appunto, calcistiche.

Un uomo balistico, non c’è che dire. Un ballista, più che altro.

Cioè, fra una cosa e l’altra, senza fare un cazzo da mattina a sera, questo guadagnava, credo guadagni ancora, forse anche di più, eh sì, gli avranno alzato la percentuale d’invalidità viste le sue assillanti richieste d’asilo, più di mia madre in un mese ai tempi nei quali insegnava. Che doveva fare la spola da una città all’altra quando non era di ruolo. Più di centochilometri al giorno, anzi duecento, considerando il pendolarismo andata e ritorno. Più i biglietti del treno.

Questo invece, fumando canne dai primi canti del gallo a notte fonda, stando spaparanzato sul divano a masturbarsi sulle galline della tv, incassa lautamente una cifra non indifferente. Tirandosele, no, tirandosela da povero malato di mente con tanto di macchina, autonomia completa, casa perfino compratagli dai genitori, seratine in campagna e compagnia allegra con birra, vinello e poi puliamo il tinello ché abbiamo fatto, in casina, un gran casino!

No, certamente non un riccone ma un bel furbacchione, questo sì.

Insomma, con 1000 Euro e passa al mese, anzi, passati dallo Stato, io sarei andato a donne ventiquattr’ore su 24, invece questo schiamazzava pure perché si riteneva un santo ed era sessuofobo.

Adesso come sarà? Ah, avrà chiesto, oltre alla pensione, pure i voti religiosi. Ah ah!

Ma cose da matti!

Infatti, per pazzo passa, anzi per tale si spaccia quando gli fa comodo e invece inneggia alla guerra civile quando gli torna utile far il profeta mistico e rivoluzionario poiché nessuno lo caga, giustamente.

Charles Bukowski detestava il lavoro ma almeno era un gran poeta. Sì, lo era.

Disse… ci vuole cervello per cavarsela senza lavorare.

Eh, mica travestirsi da dementi soltanto perché idioti del genere in vita loro hanno letto solamente Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta.

Ah, insegnanti buoni come Paolo Villaggio dell’omonimo film di Lina Wertmüller?

No, nemmeno fantozziani. Sono gli scemi del Villaggio de Il volpone.

Bukowski non è mai andato in giro a elemosinare compassione in atteggiamenti pietistici. Questi non sanno che cos’è manco La Pietà di Michelangelo!

Nino D’Angelo aveva dignità. Questi invece fanno la parte dei finti angeli e si fanno mantenere dai nonni.

Bukowski era una testa di cazzo, sì, ma sapeva di non essere tanto a posto, si vezzeggiava e imbrodava nel suo dolce far nulla. Di questo però ne era totalmente consapevole, anzi davvero sofferente.

Il suo era un modo fintamente strafottente per ridere e sdrammatizzare delle sue quotidiane sfighe con acume e autoironia immensa. E tra una sfiga e l’altra, eh sì, s’ingroppava pure qualche figotta. Ho detto figotta, non figona. La figotta è una che sta a mezza via, mentre vedo molte super gnocche che stanno in quella strada lì.

Un beone gran bevitore, mica un beota farfallone e porcone. Che rigira le frittate a piacimento quando s’accorge che non piace agli altri e allora, da cretino di guerra, da coniglio fugge dinanzi ai suoi limiti e sta in trincea. Distillando consigli da papa? Da pappone, no?

Almeno, ci scherzasse sopra, sarebbe quantomeno accettabile e credibile. No, ripeto, gente/persone così vuole anche che si dedichi loro un monumento in piazza con la scritta oserei dire lungamente epigrafica e graffiante:

qui giace il nobile condottiero della sua battaglia da Don Chisciotte, uomo stoico, soprattutto a prendersi per il culo da solo, storico perché fuori dal tempo, in particolar mondo, no, modo da sé stesso, rinnegato alla nascita nonostante l’anagrafe attesti che sia esistito. Un uomo che ha combattuto la Resistenza, da lui chiamata cialtronescamente psicologica resilienza, in quanto capace di far niente, rimanendo deficiente malgrado lo Stato gli regalò da vivere gratis in modo più che sufficiente.

Ecco, per il primo Maggio, Netflix ha fatto un regalo a tutti i suoi abbonati. Ha messo su dei gran film tutti in una volta. Fra cui The Judge col grande Robert Downey Jr. Filmone.

Robert Downey Jr. è un genio. Sino a vent’anni fa lo davano per morto. Non soltanto a livello cinematografico.

Era cascato in brutti giri, lo arrestarono varie volte e finì in clinica.

È ringiovanito, oggi è Iron Man e rimane uno degli attori più bravi di sempre.

D’altronde, se a soli ventisette anni vieni candidato all’Oscar per Charlot e sei battuto per un soffio soltanto da Al Pacino di Scent of a Woman, devi essere un monello che sa il fallo, no, fatto suo.

Come il mitico Monsieur Verdoux.

Uno che era rimasto al verde e poi invece… ho detto tutto.

Insomma, andate a pigliarvelo tutti in culo. Sì, questa vita è fottuta, è tutto un gran fottio. Dunque, fottetevene.

E qua sono anche come Carlo Verdone.

 

di Stefano Falotico

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Come Pinocchio, Bukowski e Carmelo Bene, sì, io scelgo la poesia, la virulenza della fiamma dell’animo giammai estinto


29 Apr

58961700_10213539899714722_5114225405699555328_o«L’essermi come Pinocchio rifiutato alla crescita è se si vuole la chiave del mio smarrimento gettata in mare una volta per tutte. L’essermi alla fine liberato anche di me.

Il rifiuto alla crescita è conditio sine qua non alla educazione del proprio “femminile”. È rifiuto alla Storia e alla conflittualità delle historiette del quotidiano»

Così tuonò Carmelo Bene dinanzi all’ignoranza di questa puttana chiamata mondo. Con sibillina e perentoria, oserei dire imperitura forza sovrumana.

Provocando ancora e ancora inarrestabilmente. Per colpire, scalfire e abbattere gli idioti, la gente che parla e apre bocca senza saper nulla, che si nasconde nella retorica, che cerca nelle scemenze della psicologia la ragione dei propri immani disagi ma non ha il coraggio, mai e poi mai, a differenza dei grandi uomini, di guardarsi in faccia, di riconoscere i propri errori, dunque di cambiare, di evolversi, di scegliere vie meno indirizzate all’autostrada a quattro carreggiate della massa stupida e becera. Che al posto del cuore ha un clacson stonato e schiamazza di urla deliranti, accapigliandosi contro nuovi capri espiatori, accusando il prossimo dei propri limiti di velocità, multando chi ha la potenza di fuoco di sfrecciare nei suoi luccicanti ardori, frenando con castighi moralistici, con punizioni scellerate, con castrazioni psichiche i diavoli stupendi della notte.

Oh sì, non imputridirò mai nel porcile di massa, non verrò oliato dagli ingranaggi sociali d’una società compostamente falsa, assai bugiarda. Che, ladra e laida, sin dalla nascita, educa giustamente ai valori e poi, quando arrivi all’età adulta, almeno anagraficamente parlando, ti ripudia orribilmente se non t’allinei ai precetti più miseri della svendita di te stesso.

In questo ludibrio senza manubrio ove la gente, sistematasi che ha, dimenticato ha pure la virtù prodigiosa delle proprie innocenze oramai schiacciate, asfaltate, macerate dal poltrire sovrano, in cui l’imbecillità impazza e i pazzi hanno capovolto le ragioni a favore del tremendo pensiero unico e pericoloso. Fascista, impertinente, abrasivo, violento!

Oh sì, sani di spirito e di mente, sfuggite dalla macchina che uccide l’essenza della nostra umanità più vera. Per far sì che s’attracchi, noi stelle fiammeggianti, lontani anni luce dal porto fintamente felice d’una equilibratura a modo, d’un perbenismo stantio ove tutti, a mollo, dimostrano che i propri sogni hanno mollato, prostituendosi all’etica delle etichette, dei titoli e delle formalità miserrime.

Concimandosi giorno dopo giorno nel qualunquismo, nella visione approfittatrice e opportunistica, nella rincorsa smodata al successo e ai soldi a tutti i costi.

Oh, temerari, infrangete queste barriere, questo Paese dei Balocchi ove trionfano i più furbi allocchi.

Aprite gli occhi e allungate vistosamente il naso dinanzi a coloro che incarnano Mangiafuoco.

Non c’arderanno nel loro teatrino dei piccoli da maschere pirandelliane, non ci manovreranno come marionette incoscienti, schiavizzandoci al palcoscenico dei facili applausi da parte d’una platea altrettanto stolta e plagiata a lor piacimento. A lor folle gradimento.

No giammai, in noi vibra il più titanico ardimento. La verità bruciante.

Nel ballo delle ipocrisie, queste sì, scostumate, nel tripudio osceno d’aver rinnegato per sempre i tormenti sanissimi della giovinezza a favore d’un adattamento orrendo, ecco che sul carro dei vincitori salgono gli uomini-toro, i più bavosi, materialistici e volgari. Attorniati da donne parimenti mercificatesi al piacere più meschino e comprato. All’edonismo dei truffaldini.

In radio, istericamente, schiamazzano le voci odiose delle oche che banchettano con colleghi ruffiani a perpetuazione d’un buonismo comunicativo soltanto della mediocrità più mentecatta.

Tutti vogliono ballare, mangiare, ridere di grana grossa. Sempre più morti, imbalsamati e tristi, corrotti e irrecuperabili.

Cosicché i matti presuntuosi deridono e sbeffeggiano i poeti nell’innalzare calici alla tavola rotonda dell’esser sempre più tonti, soprattutto stronzi.

Sì, come Charles Bukowski, io credo che molta gente non impazzisca mai perché ha semplicemente paura inconsciamente di venir rinchiusa. Ma s’interna da sé nell’esistenza più protettrice e magnaccia delle proprie limitatezze, per suonarsela e cantarsela.

Allora meglio l’onestà de La canzone dei folli. Libro che scommetto, oggigiorno, han letto in pochi. E quei pochi li state abbattendo. Reprimendoli nei loro slanci più vivi e urlando loro che devono curarsi!

In questi anni ho visto matti veri e matti finti. I matti veri hanno tutto il mio appoggio, la mia stima. Basta guardarli negli occhi e capisci dopo tre secondi che soffrono. I matti finti sono quei poveri figli di puttana che son conigli. E se n’inventano sempre una per giocar sporco. Sono quelli che aspettano dallo Stato i soldi assistenzialistici ma poi vieni a scoprire che hanno più soldi di te. E come se li siano procurati non l’hanno detto allo Stato. Chiedono ed elemosinano solidarietà ma sono egoisti perfino con la loro immagine allo specchio. Poiché non rispettano nemmeno i mostri che sono diventati. Fingendo di essere buoni quando sono i primi a viver come porci.

Come Alice Krige/Tully in Barfly, bisogna purtroppo ammettere che a volte, nella vita, s’incontra uno che vuole vivere proprio così.

Sì, per la maggioranza ciò appare assurdo, inconcepibile, perfino tristissimo. Ma quel qualcuno sa che solo quando vive così è sé stesso, allora sì che ama, è romantico e la mente vola alta proprio nell’apparente bassezza lontana da ogni fradicia, ipocrita, finta benevolenza. Finalmente, dopo una vita, i dementi hanno capito chi hanno di fronte. Sì, scusate, ho mentito. Proprio in maniera spudorata. Io non soffro di disturbo di personalità Soffro di tre miliardi di personalità, sono tutte le voci, le emozioni, le parole, le anime dei grandi pensatori, sono i migliori fotogrammi cinematografici registrati, analizzati dal mio cervello. No, se da me vi foste aspettati che avrei vissuto da ritardato come voi, no, meglio la follia!

Sai che palle svegliarsi la mattina accanto a una a cui puzzano i piedi, regalare i buondì per stupida cortesia e aspettar che la borghesia ti dica un giorno… condoglianze, è finita.

No. Non lo dico per vantarmi, lo dico perché è la verità. Parliamo di una persona di un’altra categoria. Ah, volete un’altra fottuta verità? L’altro giorno, ho sentito quanto segue per radio. La conduttrice, una svampita, ha recitato a pappardella le frasi belle e carine, pasquali di circostanza…

un anziano signore, la mattina di Pasqua, ha portato delle uova di cioccolato davanti alla caserma dei carabinieri, lasciando loro nel plico un messaggio ove li ringraziava per il lavoro che svolgono.

E la scema, alla radio, semmai pregustando già il suo dopolavoro col burino sozzo che ha come moroso, ha aggiunto…

eh, sono questi i gesti che rendono la vita più gustosa.

Invero, quel signore forse è vedovo, sta morendo, non sa neanche giocare a carte al Circolo Arci, non gli tira più e a Pasqua sperava di far colazione con dei ragazzi per sentirsi di nuovo giovane e cazzuto.

Sì, personalmente quella troia della radio, con le sue falsità, può prenderselo tranquillamente nel culo.

 

 

di Stefano Falotico

barfly rourke

Faye Dunaway, un’ex grande attrice con delle belle gambe?


29 Apr

58543785_10213538399437216_2566063507036438528_nSì, dopo tanto tempo, ho rivisto Barfly.

Film che mi fu consigliato molti anni fa da un uomo alquanto balzano, abbastanza lercio con cui svolsi lavoro di archivio di manifesti e locandine presso la Cineteca Comunale di Bologna.

Per meglio dire, lui era l’addetto di quest’ufficio, potremmo dire, di manutenzione d’antichi manufatti, opuscoli, poster e dépliant, io ero un semplice obiettore di coscienza che stava prestando servizio civile in tale ameno luogo di amanuensi cinematografici, di burocrati e data entry di vecchie perle della Settima Arte da conservare e custodire gelosamente, liberandole dalla polvere, posizionandole in appositi compartimenti.

In verità, io lavoravo al posto suo. Lui pigliava lo stipendio, a me arrivava dallo Stato solamente un misero compenso retributivo davvero irrilevante se paragonato alla mole di fatica da me spesa. In poche parole, pochissima roba rispetto al culo pazzesco che mi facevo.

Comunque, con quei risparmi ottenuti, mi comprai un lettore dvd di ottima fattura. Adesso peraltro superato e da buttar via. Ah ah.

Una volta, venne a farci visita perfino il mitico Tatti Sanguinetti. Sì, la Cineteca era ed è ancora spesso bazzicata da gente del settore. Il Sanguinetti, critico sanguigno e anima al sanguinaccio, dopo aver mangiato avidamente una pizza capricciosa, incapricciatosi del manifesto d’un film del quale or mi sfugge memoria che, a suo dire, era molto bello, senza pulirsi le mani, coi polpastrelli unti e bisunti, totalmente macchiati perfino d’olio di peperoncino, estrasse il suddetto manifesto e ne palpò la lieve, zigrinata superficie, accarezzandola morbidamente come si farebbe con le gambe delicatamente eccitanti di una donna bellissima che si ama.

Come le gambe di Faye Dunaway in Barfly.

Sì, la Dunaway è andata sempre orgogliosamente entusiasta e fiera dei suoi quadricipiti, al pari di Alba Parietti.

IMDb infatti, proprio nella pagina di Barfly, inserisce a mo’ di specchietto per le allodole, come frame del trailer inserito, esattamente il belvedere di Faye.

Nel film interpreta la parte della matta fatalona Wanda, donna che invero avrebbe avuto bisogno di una lavanda. Però non gastrica, bensì mentale.

Una donna sbandata, andata, dal rossetto sbavato. Donna che riesce nonostante tutto a far sbavare i maschi. Una donna che non è una puttana ma vive in un appartamento piuttosto confortevole, non facendo niente da mattina a sera. Poiché ha trovato un vecchio nababbo innamorato platonicamente di lei che la mantiene.

Bel coglione, questo qui, ah ah. Wanda infatti non gliel’ha mai data ma passa le sue giornate a darla agli altri. Eppure costui le fa da benefattore. Insomma, un pappone sui generis. Ah ah.

A dirla tutta, con una come Wanda, dunque come Faye, non andrei neanche se mi pagassero tutto l’oro che la stessa Dunaway deve aver guadagnato coi suoi film.

Trattasi di una donna indubbiamente toccata, anche quando non scosciata, marcia, mangiata dalla vita, dall’alcol e dal sesso.

Una donna comunque assai romantica. Quasi incantevole. Per cui potresti perdere la testa, a meno che tu non sia già matto come Henry Chinaski.

Faye Dunaway, checché se ne dica, è stata un’attrice magnifica. Non sto adesso parlando del suo piacente aspetto fisico, parlo della sua recitazione. Perversamente attraente. Ammaliante, conturbante.

È stata protagonista di alcuni dei più grandi film degli anni settanta e ottanta.

E la sua filmografia è impressionante. Sì, perché soltanto un anno dopo Barfly, recitò perfino per Carlo Vanzina!

Oggi ha la sua età. E non poco mi dispiace che assieme al rimbambito suo ex e anche compagno di set, Warren Beatty, alla Notte degli Oscar abbia rimediato una delle più grosse figure di merda della storia.

Sì, oggi Faye è alquanto rincoglionita, ha recitato perfino in un film inconcepibile di nome e di fatto, l’abominevole Inconceivable con un Nicolas Cage totalmente sputtanatosi.

Be’, che si può dire di me, invece?

Sono esattamente spiccicato a Bukowski, il quale partorì questo: accavallò le gambe e si tirò su la gonna. Si può andare in paradiso anche prima di morire.

Bukowski disse anche che non stimava il gentil sesso e che delle donne, sinceramente, gli piacevano solamente le gambe.

Sì, ad esempio, io non sopporto intellettualmente la giornalista televisiva Tiziana Panella. È faziosa, ha una voce sgraziata, è insomma odiosa.

Ma che gambe, ragazzi!

Bukowski vergò tante cosce, no cose come quest’altro suo epocale aforisma:

alcune persone non impazziscono mai. Che vite davvero orribili devono condurre.

Frase recitata da Mickey Rourke proprio in Barfly.

Sì, io sono una persona onesta con sé stessa e con gli altri.

E ammetto, appunto in tutta onestà, che impazzii varie volte in vita mia.

Credo che s’impazzisca perché si provano emozioni troppo forti e incontenibili.

Perché non si crede che la vita sia andare solo a lavorare, aspettare il sabato sera per fare gli scemi e sposarsi una racchia che ti tradisce pure.

Forse, a volte la vita può essere ammirare le gambe di Tiziana Panella alla tv.

Gambe che mettono di buonumore come un cremoso tiramisù.

Come no? Se dici di no, ti sbattiamo subito fra i pazzi di Barfly.

di Stefano Falotico

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TOP TEN Mickey Rourke


16 Nov

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Oggi vi parlo di Mickey Rourke, uno dei più grandi attori di tutti i tempi e senza dubbio una faccia da cazzo, infatti piaceva moltissimo alle donne, come pochi.

Un uomo sperperatosi, stupratosi da solo, uno che nella vita ha preso tantissimi pugni, infatti è stato anche un boxer. Nonostante gl’incontri truccati e le mille chirurgie facciali che l’han reso truccatissimo.

Qualche anno fa, con The Wrestler ottenne la sua prima nomination all’Oscar e ancor mi ricordo quando, Michael Douglas, sul palco, annunciò il vincitore, ovvero Sean Penn di Milk, e Mickey pensò fra sé e sé: ecco, il Golden Globe posso ficcarmelo nel culo. Ha vinto Sean, uno dei miei amici migliori che, ne La promessa, mi ha regalato un cammeo da Academy Award. Ora mi metto a piangere distrutto!

Sì, nonostante il Leone d’oro a The Wrestler e i plausi della Critica alla sua strepitosa interpretazione, Mickey pareva esser rinato. Ma Mickey è una capra, uno che ama troppo far le pecorine con le sue donnine, e va in giro per Beverly Hills vestito come un clochard.

E Hollywood dunque lo manda a cagare.

L’abbiamo visto da Paolo Bonolis ove, con coraggiosa sfacciataggine, ha ammesso che negli ultimi anni, oltre a sottoporsi a tremila operazioni di chirurgia estetica, appunto, è andato in cura da vari psichiatri. I quali non capiscono perché un uomo miliardario come lui abbia bisogno di usare il parrucchino argentato.

Mickey Rourke, che vi piaccia o meno e nonostante continui a sputtanarsi in film che non guarda neppure il suo cagnolino, è un grande.

Lo attestano le sue interpretazioni.

Ecco la mia classifica.

Al primo posto, Chinaski di Barfly. Un uomo ch’è una scoreggia ambulante, che beve come una spugna, trascurato, debosciato ma di gran cuore. Un uomo da Canzone dei folli.

Dunque Rusty il selvaggio. Qui, Mickey non ha niente da invidiare a Marlon Brando. Eh no.

Dopo di che, Stanley White de L’anno del dragone. Un film grandioso, d’altronde è del Cimino. Il film ha solo un evidente difetto. Mickey Rourke, in una scena ha i capelli brizzolati, poi neri, quindi bianchissimi. Ecco cosa succede quando il barbiere di un film è come Franco di Via Zanardi, ove vado io a tagliarmi il bulbo.

Angel Heart.

Ci metterei poi Homeboy. Sì, in questo film c’è la sua ex figa Debra Feuer. Una che ha recitato anche ne Il burbero con Celentano nei panni di Mary Cimino Machiavelli.

Sì, molti sostengono che Mickey sia andato a letto con molte cretine. Non si può dare torto a questa verità assoluta.

Vediamo un po’… The Wrestler. Inizialmente, il ruolo doveva andare a Nicolas Cage ma Nic rifiutò perché preferì girare Segnali dal futuro.

Ho detto tutto…

Francesco della Cavani! Sì, Mickey riesce a essere totalmente credibile nei panni del santo di Assisi nonostante il suo fisico da palestrato e la sua faccia da culo.

Non è da tutti. Ad esempio, molta gente, soprattutto in Italia, Paese di millantatori, si professa santa. E invece ogni notte va a zoccole. La mattina dopo accompagna i figli a scuola e alla domenica ascolta la Santa Messa.

Mickey invece è un uomo intoccabile. Lo si vede lontano un miglio ch’è un troione. Quindi, è perfetto nei panni di San Francesco, uno che parlava con gli uccelli e soprattutto con le passere.

Abbiamo dunque La vendetta di Carter. Mickey compare assai poco e interpreta come sempre la parte del porco.

Vestendo pellicce della Rinascente e attorniandosi, mi pare ovvio, di altre mignotte.

Un ruolo cucitogli su misura, come si suol dire.

Bene, abbiamo finito.

Ma come? Per arrivare a dieci ne mancano due.

Sì, ma Mickey è un attore da 8, dieci non se lo merita.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Attori bolliti: Mickey Rourke, tremila operazioni di chirurgia plastica


09 Jul

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Ed eccoci qua, col “fallito” per antonomasia, il mitico, inaffondabile, con all’attivo tremila operazioni di chirurgia plastica facciale e corporale, Philip André Rourke Jr., comunemente conosciuto come il fantastico, poliedrico, mutevole e imprevedibile, pazzo, vituperato, osteggiato, odiato Mickey Rourke. Nato il 16 Settembre del 1965 a Schenectady, cittadina nello stato di New York, sulla quale aleggiano varie leggende riguardo la strana sua nomea.

Checché ne dicano i suoi detrattori, Rourke è un attore in toto, a tutti gli effetti e non è un performer improvvisato, perché ha studiato recitazione col rinomato Lee Strasberg, un attore da Actor’s Studio, insomma, e ha preso meticolose lezioni di recitazione addirittura insieme ad Al Pacino, uno dei suoi primi mentori, sebbene non abbiano mai lavorato in un film assieme.

Hollywood si accorge di questo ragazzone estremamente fotogenico, dalle gote angeliche e dai tratti del viso quasi efebici, e lo scrittura nei primi film.

Al che lavoricchia come mezza comparsa in 1941 – Allarme a Hollywood di Steven Spielberg e prende subito confidenza con uno dei suoi registi preferiti, il grande Michael Cimino, ritagliandosi un cameo nel magnifico I cancelli del cielo. E sull’affiatamento fra i due scriverò nelle righe seguenti. Nel giro di una manciata di anni, Rourke diventa un divo, e assurge a protagonista assoluto di capolavori come Rusty il selvaggio di Francis Ford Coppola, e d’interessantissime pellicole come Eureka di Nicolas Roed e Il Papa del Greenwich Village. Splendendo anche quando s’imbruttisce e ingrassa per il suo sentito ritratto di Bukowski nel bellissimo Barfly di Barbet Schroeder. Sì, lui è come l’alter ego di Charles, Henri Chinaski, un ubriacone che rimane intatto nella sua purezza nonostante la sua vita affoghi nella melma e, paludare, sprofondi nell’euforica malinconia da canzone dei folli.

Arrivano le grandi interpretazioni, i ruoli cult quasi si sprecano, fra Angel Heart di Alan Parker con un diabolico De Niro, Johnny il bello di Walter Hill, e il suo michelangiolesco Francesco per Liliana Cavani.

Ma è memorabile anche e soprattutto come Stanley White per Michael Cimino, appunto, ne L’anno del dragone. Lui e Cimino cementano la loro amicizia e assieme poi gireranno anche Ore disperate.

Rourke è sulla cresta dell’onda, non lo ferma più nessuno e allora ecco che si trasforma in bello e dannato per la gioia e gli ormoni femminili delle spettatrici, che non resistono dinanzi al suo visino serafico ma al contempo perversamente sexy.

Se lui diventa un idolo sessuale per le donne, Kim Basinger diviene l’oggetto proibito dei desideri dei maschi, con 9 settimane e ½ di Adrian Lyne, e poi Rourke ritenta il colpaccio con Orchidea selvaggia di Zalman King, il re dei softcore, filmaccio girato intrepidamente assieme alla sua compagna di allora, l’ex conturbante Carré Otis.

Al che, già dopo quest’imbarazzante tonfo colossale, la magia si spezza e arrivano davvero altre robacce. Film che se, proprio non vogliamo disprezzare, possiamo tutt’al più annoverare fra i “simpaticissimi”, ruvidezze tamarre e cafone come Harley Davidson & Marlboro Man, ignobili pasticciacci come F.T.W. – Fuck The World, oggetti strambi come Bullet e Double Team.

Ma Rourke non disdegna particine di lusso ne L’uomo della pioggia, ancora di Coppola, in Buffalo ’66 di Vincent Gallo, in Animal Factory di Steve Buscemi e ne La promessa di Sean Penn.

Era fra gli attori anche de La sottile linea rossa di Terrence Malick, ma Malick efferatamente l’aveva fatto fuori nel montaggio.

Il ruolo però che, secondo me, più gli si addice in quegli anni è quello del balordo farabutto de La vendetta di Carter con Sylvester Stallone, ruolo che rispecchia quello che, professionalmente e nella vita privata, è diventato, un puttanone.

Una mimesi che non abbisogna di particolare e perfezionato studio del personaggio.  Quel lercissimo Cyrus Paice è in fondo lui. E gli è venuto immensamente naturale. Senza sforzo, come si suol dire.

Rourke, nonostante abbia perso quota sensibilmente, è uno che ha molti amici di valore, e infatti con Robert Rodriguez gira C’era una volta in Messico e soprattutto si trasforma possentemente in Marv in Sin City e nel suo seguito. Ed è grandioso.

Rourke fa “comunella” anche con Tony Scott, prima che il regista di Domino e Man on Fire morisse prematuramente.

Poi, quando tutto sembra perduto, ecco che arriva un altro ruolo che vale una carriera, un ruolo inizialmente proposto a Nicolas Cage che, per ragioni ancora d’appurare, dapprima accetta e poi rifiuta. E dunque sopraggiunge a sorpresa lui, il nostro Mickey Rourke. Sì, Darren Aronofsky non ha dubbi, e non gl’importa nulla di rischiare su un nome oramai quasi dimenticato di Hollywood. Il ruolo è quello di Randy The Ram Robinson in The Wrestler, film applauditissimo dalla Critica che vince il Leone d’oro a Venezia. Che fa volare altissimo il nostro Rourke. Vince un meritatissimo Golden Globe come migliore attore drammatico e viene candidato all’Oscar, perdendo soltanto per un soffio, ai punti contro lo Sean Penn di Milk.

Oh, sembra fatta. Dopo anni di dimenticatoio e pellicole alimentari, Rourke pare nuovamente rilanciato.

Allorché i distributori italiani, sulla scia del successo di The Wrestler, decidono di rispolverare film che Rourke aveva girato prima, ovvero Killshot e The Informers. E Jon Favreau con la Marvel lo vuole come villain russo in Iron Man 2. E Rourke non è affatto male neanche in Immortals di Tarsem Singh.

Siamo arrivati al 2011. Ma da allora, plof per l’ennesima volta, ancora super trash per Rourke o film decisamente di second’ordine.

Intanto, di frequente viene beccato dal Daily Mail per le strade di Beverly Hills, in mise assolutamente indecenti.

Ma Rourke è questo. Nel bene e nel male.

 

 

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di Stefano Falotico

Giornata mondiale della felicità, discorso primaverile di un uomo bukowskiano


20 Mar

Barfly Rockwell Tre manifesti

Certe persone non impazziscono mai. Che vita orribile devono vivere.  

Attenti a quelli che cercano continuamente la folla, da soli non sono nessuno.

A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro.

Sai, molto tempo fa cercavo di combattere la felicità; mi dicevo: chiunque è felice ha qualcosa di sbagliato, pensa in un modo distorto. Oggi non lo faccio più, e mi dico: se è possibile essere felici, lo sarò. Non farò il difficile e anche se non sarà la felicità perfetta non farò lo schizzinoso. Mi prenderò tutta la felicità che posso prendere.

(Charles Bukowski)

 

Sì, il BUCOSCO è come me. In passato, amavo i film afflittivi, più erano film disperati e tristi, con tragedie familiari e affini, con storie di traumi e uomini folli, più pagavo il biglietto e mi accomodavo in quelle trame poco accomodanti, accondiscendo il mio umore di merda. Uscivo dalla sala più triste e tristo di prima, e pensavo che Leonard Cohen fosse un genio. Poi, scoprii che la sua Nevermind l’hanno messa nei titoli di testa di quella porcata di True Detective 2, e mi hanno ricoverato perché diedi in escandescenza. C’è da dire che anche la canzone omonima dei Nirvana fa cagare, è roba buona per adolescenti col pensiero della fighella ochetta e, non riuscendo a strapazzarla, fanno i pazzi di lamenti patetici. Il Grunge, una delle grosse stronzate dello scorso secolo. Vedevi questi giovinastri coi jeans stracciati e poi erano figli di papà che amavano i film di Joel Schumacher. Ma andassero a farselo dare nel culo.

Sì, per molto tempo ho pensato che essere felici fosse una colpa, e mi davo dell’impostore da solo. Sì, perfino quando mi masturbavo non ero felice. Sia durante i “preliminari”, quando dovevo cercare il materiale per la sega, e c’era l’imbarazzo della scelta, così m’incagliavo di stress disumano, non sapendo su quale figa “optare”, sia nella pratica, ché dovevo alle volte accelerare perché avevo sempre paura che qualcuno potesse bussare alla porta. Il dopo poi era devastante, non avevo risolto un beneamato cazzo, e dovevo aspettare almeno un quarto d’ora per tirarmene un’altra. Sì, una vita moscia…

Credevo che sverginandomi me la sarei goduta finalmente. Non andò così. Sì, il “fattaccio” avvenne, ma la tipa capì che preferivo farmi le seghe. Almeno non dovevo rendere conto a nessuno dei tempi e della durata.

Poi, pensai che trovare un lavoro rispettabile significasse ricevere la stima e l’approvazione della gente, ma scoprii che molta gente ricchissima, che non fa niente dalla mattina alla sera, ti tratta da prostituta se ti fai il culo.

Quindi, pensai che scrivere le mie emozioni potesse dare qualcosa alla gente. Entrar in empatia con altre persone che la vedevano come me, e poter condividere le mie gioie e i miei dolori. Ma compresi che quasi tutti tifano per la Juventus, e compresi che i miei libri sugli sconfitti, gli oppressi, i rinnegati, gli emarginati, venivano usati solo per asciugare il sudore a calciatori miliardari.

Dunque, mi rimisi in forma e diventai bellissimo. La gente invidiosa mi diede della puttana perché piacevo alle donne, e caddi in depressione. Al che, assunsi dei farmaci che non me lo facevano più tirare e presi su dei chili. Tutte quelle ore di flessioni non erano servite a niente.

Perciò, fratelli, nel dubbio fottetevela! Ah ah.

Perché la foto di Rockwell? Sì, in quel film è un ottimo cazzoncello, che sbanda e poi rinsavisce.

 

di Stefano Falotico

Barfly Incipit – Bukowski/Chinaski in Canoni Inversi


03 Jun

Icaro/i in sottofondo rigenerante.

La nostra vi(t)a, illuminata alcolica negli an(s)imi nostri (s)profond(at)i.

Dal libro-sceneggiatura al film rourkiano e dunawayaino, molta gente sogna le Hawaii, altri una vodka e un gin tonic(o).

Simone Osmari e la sua musica, Stefano Falotico che recita il personaggio Henry/Mickey di strepitoso incipit stridulo.

E la vita (non) stride, (s)trit(ol)a.

Poesia!

Alt(r)a, v(i)ola vi(nt)a.

Ancor li(n)di.

Il barista, ex Travis Bickle 1979


14 May

Vi racconto questa, da me inserita sul sito sotto citato.

Salve, gentile utenza di FilmTv.it,

come avrete notato Travis Bickle 1979 non esiste più.

O meglio: domenica notte, un hacker ha violato il mio account (già, chi vi parla è Stefano Falotico) e ha eseguito scelleratamente la cancellazione, eliminando così un ricchissimo materiale da me firmato che, in questi anni, ha accresciuto il sito.

Il tizio è stato denunciato alla polizia postale e, mi auguro a breve, sarà identificato e punito.

Miracolosamente, si potrà recuperare il backup ma forse il materiale in esso contenuto sarà destinato ai miei blog, in memoria del defunto Travis Bickle, giammai morto perché da tali atti spregevoli non si lascia abbattere.

Anche perché, anche se non in forma di post, molta della roba da me scritta è stata persino pubblicata nei miei libri e conservata scrupolosamente in cassaforte. Al vigliacco, dunque, non resta altro che alzar le mani in alto e arrendersi alla disonestà del suo gesto ripugnante e assai punibile, purtroppo per lui.

Ripeto, molta roba indelebilmente ho, e pian piano reinserirò.

Per dunque decretare il mio ritorno, cioè del mai ex Travis Bickle, scrivo per voi, amici del sito, questa mia presentazione, che fa già parte del capitolo 2 di un libro da me pubblicato.

So che a molti invidiosi sto antipatico e le escogitano tutte pur di demoralizzarmi.
Ma io sto qui.

Ebbene sì.

 

Così sia.

 

Nulla cambierà se non l’immutabilità d’un fato natoci avverso e la presa di coscienza che, irrimediabilmente, brindiamo contenti del nostro alcol, non ci convertirete e non ci pentiremo, alzandoci, nonostante i costati da voi, i maiali che castrate, mangiati a mo’ di costolette “spremute”, in fantasie supreme e maestre, mai meste, al fine di nutrirci di quel che a voi resta, che siete la merda. Un cazzo di nulla! Sì!

Optando sempre per baraonde a manca e a destra, cosa ci mancò in questo innato mondo storpio? Forse la troppa clemenza ci fregò e ora, a fregiarcene, non c’arrestiamo.

Assopiti in sogni lesti, domani io, Clint Steele, lesto a rubarti la faccia da schiaffi con un pugno di presa diretta e ficcandoti per i testicoli, da cornuto qual sei, dal cesso in giù, sciacquandoti il visetto e le tue dita medie da menefreghista con un più bastardo “Fottiti!” formato dinamite ché se ti spari è meglio e noi mangiamo la nostra minestra, un po’ mostri alla Cagliostro e un po’ di tutto lustro, e basta… che vuoi?

Se non i cazzi tuoi ti farai, qui noi per quell’unico che hai ti piglieremo per il culo.

 

Così è, così dev’essere. Basta!

 

Io sono il barista!

 

Un segmento allegro per ritornare felici come prima dopo la stupida vigliaccata del mentecatto!

E buon Cinema a tutti!

“Barfly” secondo Stefano Falotico


12 Dec

    Mezzanotte con Charles e Charlie Brown

 

C’era una volta un grigio topo Gigio

Un Tempo, non molti anni fa, visse Charles Bukowski, gaglioffo, perdigiorno,post del suo office mobile e vago da vagabondo. Fu unico nel suo genere e nella sua posa trasgressiva per Natura e non per anticonformismo di maniera, come invece va di moda oggi. Rabbioso, cinico eppur romantico, perché il suo amore nasceva dalla solitudine, dalle emozioni rubate di baci sognati e poi spellati, storia sua personalissima di angoscia, di calci alle porte, di guascona risatina beffarda per esser irriverente prima di tutto a se stesso, quindi autoironico per dar schiaffi in culo a tutto senza riverenza. Quale timor reverenziale! Ti scaravento in bocca a Satana, mio “reverendo!”. Svaccato e poi elegante anche quando, “nudo”, danzava innamorato di prostitute nell’America sempre puritana e stronza. Che ti sbatte le porte in faccia se non t’affacci “come si deve”, “presentabile” di tutta classe bifronte. Egli ti prendeva a testate perché testardo, il classico testone. Per questo mi piace, mi rispecchia. Non sono un tipo facile né affabile, affamato sì, detesterò appunto sempre i “brillantoni” che poi, a conti fatti, hanno un cazzo che tira solo ove (con)”viene” il vento della vena arrivista e affaristica.
Così, un po’ cane, un po’ briccone e un po’ riccone della mia anima, che ha poco da spartire con chi le spara a freddo, i cosiddetti estranei che si permetton sempre di giudicare e farsi (ah, se le fan’ tutte, “bravi”…) proprio gli affari altrui. Sporcaccioni, Bukowski era ed è Chinasky e, come ogni Henry, ti è “pioggia di sangue” di fauci spalancate a sputarti la verità e a sperare che, un Giorno, aprendo il giornaletto ove tu, pennivendolo, scribacchi ben (ap)pagato, possa trovare la tua foto con tanto di memoriale funebrissimo di tal, già (gialla…), scritta: “Ieri, in seguito a un incidente spaventoso, è crepato il figlio di puttana e noi, suoi colleghi che non potevamo licenziarlo in quanto gran lecchino, andremo a festeggiare rallegrati da tal notizia che l’ha ficcato all’Inferno, luogo deputato del suo corpo da maiale, in cui sarà finalmente traviato come voleva nella sua vita da merda. Nella terraccia è internato. Eternamente!“.

Distinti saluti,
un nobile, al di là delle miserie collettive e dei colletti “bianchi”.

P.S: “Sentite” condoglianze al defunto, sarò io a “celebrare” il suo funerale e a scavargli la fossa. Mi chiamano il becchino. Modestamente, lo beccai prima d’esser beccato dal Diavolo che gl’infilerà il forcone su per…
Sì, ti mischi a certa roba, gente svelta a parole e poi a buttarla in rissa appena si “scortican” le loro certezze, che io reputo lecito annacquare, infilando i caproni nel lavello. E lavarli con approfondita “analisi” mentale, al fine di “appurar” che tornino, torchiati e non “torniti”, lindi come un Tempo quand’eran floridi e briosi di soave innocenza. La ripudiarono con repulsione appena entrati nell’età “adulta”, ove son adesso avvezzi al cazzeggio in tinta “pulita” dietro pose fanfarone da “signori” della più “altolocata” borghesia frivola. Frivolo per me è sinonimo di odio che “spingo” nel cesso, posso respinger tale sentimento per un po’ e “biascicare” le loro recite parrocchiali, di predicozzo, salvo pentirmene immediatamente senza inchini e senza voler risalir la china. Son io che li schieno, e il malfattore, ora ben nascosto, ammetterà i suoi vili scempi, prostrato d’implorante perdono se giugular vorrà preservarsi da una lama inferta con sottil “acume” parimenti uguale al suo “alto” disprezzo verso chi, a tal sociali animali, non vuol proprio omologarsi né “accollarsene”… le ridicole buffonerie tanto “fighe”. Sì, integerrimo al Verbo del mio Io, son trino a sbudellarlo senza calma e senz’indugi con fiuto da segugio ove lo scoverò mentre starà scopando altra “vacca” di sue “varichine”, nell’ingrediente miscelato tutto “spensierato” del suo pen’ “censurato” con decisione “recisa”.

Perché così nacqui, e tal morirò, senza se e senza ma, con un plateale menefreghismo al suo “eroico” esser “adatto”. Io m’adatto a me e, chi non mi vuole, sarà azzannato e non più s’azzardasse.
Io accelero e non intendo attenuarmi.

No, meglio il nero dei negri, qual la maggioranza è “bellina” e abbronzata. Osservate il mio fisico bronzeo e sarete rapaci di Riace.

Sì, porto avanti una guerra da anni contro una famiglia di criminali calunniosi e costoro avrebbero dovuto accorgersi prima d’esser cascati sulla persona sbagliata. Perché qualcosa non deve aver quadrato nei loro quadretti. Le feroci ostinazioni, la loro “caccia” persecutoria da damerini piccolo borghesi buoni a nulla se non a “pappardellegiare” frasi prese in prestito da gente che (non) stimano per vender la loro merce e spacciarla per “acculturata” esibizione di “vittorie” che appenderei solo sul soprabiti, adocchiandole perversamente, sì, con tutte le iridi mie più torve e lancinanti d’imperdonabile punizione, al fine d’affinar davvero il loro gusto e non soverchiar le regole del rispetto coi sospetti, tipici di chi nutre antipatie a pelle per “sfigati” scelti a massacro della lor “vanagloria”. Sempre lì ubicata, bieca nel “fiero” portamento da fiere tanto “fini” quanto sgarbate di scostumatezze ignominiose della più indifendibile vergogna.

Sì, sono così e non recedo da alcuna posizione. Mi “pescheranno” in trincea queste “linci” e le attanaglierò di sproporzionato e “inversamente” bombardamento a occluderli in ogni poro alle vite vilipese e “uccise” dal lor scellerato arbitrio tanto “succoso” quanto così scorbutico da pervadermi solo di lebbroso lederne ogni gesto e abbatterli con furia tanto devastante che sarà udita anche dalla loro oratoria più morta.

Così è, così sarà. Ora portate i bambini a dormire ché altra gente vedrà il loro esorcismo peggiore a incubo “aperto”, oserei dire squartati.

No, non sarò mai graduate perché “sgradevolezz’”, e a te che cazz’ te fregh’?
Già, io sono colui che “tomeiggia” in Marisa.
Col “maritozzo”.

Nonostante tutto, sono oltre le scuole dell’obbligo, in quanto hobbit e obiettore.
E, se non ti va bene, a me sì. Di “brutto”.

Ah-ah!

Finisco con questo: molte tope provarono a “strapparmelo” trattandomi da “tappo” perché “stappasse”, ma risposi “Tornatevene nella topaia, zoccole!. Il mio spumante merita me”.

Anzi no, concluderò con tale racconto proprio bukowskiano, bucolico e piccante-“aromatizzante”:

Brodaglia fa rima con brodaglia. In tanti tentarono di “tagliarmelo” con “bontà” per ribollite e minestroni di fegato. Vollero svezzarmi.
Invece, a una certa età, dopo aver constatato che il Mondo faceva già schifo, sarà stata quella mezza ragazzina che “li” faceva tutti a pezzi, decisi con estrema calma e acuta riflessione di essere-non essere pazzo. A tale scelta approdano pochi uomini, i più celestiali, quelli tenuti in auge dall’Arcangelo che, ogni sera, bacia le loro gotine e stimola il sonno senza bisogno di “metterlo al caldo”.
Sì, mi ricordo che, durante la pubertà me ne “praticavo” parecchie.
Indelebili, tanto di “sfregamento” quanto (parecchi centimetri…) di rafe mediano sanguinante.

Durante l’Estate, ad esempio, rincasavo presto dal mare per “faccende da sbrigare e sbrogliarlo”.
Alle due, infatti, del pomeriggio, due eminenti stangone stavan lì sedute molto fresche sotto la finestra della casa vacanziera di mia nonna. “Sgusciavo” l’arnese e osservavo il panorama, sganasciando di risata con qualche “pioggia” che cadeva a picco dopo lo “scrollato”.
Ah, impagabili giochetti da vero adulto.

Da allora, ho fatto passi da “gigante”.
Già.

Dall’onanismo a Biancaneve.

Ho vinto io, come sempre.
E la folla esulta scrosciante di donne scosciate.

Ora, se fui testa di cocco, ti posso spaccar la testa di noce?
Ora, su Sky c’è Riva Martina.
Riva fa rima con “saliva”. Inteso in senso lato e non.

Ho detto tutto.

Sparatevi questo video e faloticate.

Quello che stava sopra, come me. Oltre tutti. Superuomo. Vaffanculo!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Barfly (1987)
  2. Senza esclusione di colpi (1989)
  3. I gladiatori della strada (1992)

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)