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Lo stagista inaspettato secondo BadTaste e i recensori Francesco Alò/Gabriele Niola


18 Oct

Chi conosce la tendenza di molto cinema americano a realizzare commedie per la terza età sa già cosa aspettarsi. E sbaglia.
Inaspettato non è certo lo stagista del titolo originale ma l’esito di questo film scritto e diretto da Nancy Meyers, vera specialista in sciape commedie senili (Tutto può succedere, È complicato), e recitato dall’attore che più di tutti in questi anni si è lasciato andare: Robert De Niro.
Invece la storia di un anziano ex dirigente d’azienda ormai in pensione, con una moglie defunta e una grande voglia di fare, che accetta il lavoro da stagista in una società di internet, completamente diversa da quella che fabbricava elenchi del telefono in cui lavorava (paradossalmente nel medesimo edificio) è una miniera di sorprese.

Solitamente in queste commedie il vecchio trionfa sul nuovo, in un’apoteosi di buonismo e implausibilità che coccolano il pubblico coetaneo dei protagonisti, Lo stagista inaspettato non fa eccezione ma in esso il confronto tra presente e passato non è solo nell’età dei personaggi coinvolti, si misura ad un livello più alto. Permea ambienti, luoghi, mode, atteggiamenti e tempistiche. Quella diNancy Meyers è una prospettiva stavolta più ampia della questione. Quei personaggi che altrove sono pretestuosamente inseriti per dare possibilità ai protagonisti di emergere hanno un guizzo in più e le relazioni che stabiliscono non sono scontate. Ciò che accade tra lo stagista fuori tempo massimo (assunto in un impeto hipster di recupero vintage) e il fondatore di una startup di moda interpretato daAnne Hathaway (come sempre impeccabile), non è scontato, prende pieghe originali e nonostante abbia come missione i sentimenti più basilari, arriva al traguardo cogliendo più di quello che era lecito aspettarsi.

Sembra incredibile poterlo scrivere ma proprio questo atterraggio con stile nella terra del miele è merito degli interpreti. E se Anne Hathaway come già scritto è una vera garanzia, attrice giovane con la solidità e l’affidabilità di una veterana (sembra fare film da decenni), la meraviglia è vedere Robert De Niro tornare ad impegnarsi sul serio. Invece che limitarsi a sfruttare con pigrizia il consueto repertorio di smorfiette note, che rievocano nello spettatore ricordi di film migliori e illudono che stia recitando, crea un uomo d’altri tempi con un’aura quasi nobile, uno stile da Sinatra unito ad un’eleganza che pare naturale. Nel creare il fascino del suo personaggio De Niro crea anche il senso di un’operazione di affiancamento di vecchio e nuovo. L’attrazione che il pubblico stesso prova per quello che il Ben di De Niro rappresenta, il suo modo di porsi, fare, pensare e concepire la vita, è il punto di Lo stagista inaspettato. Vintage e imbattibile come la 24 ore di pelle che usa, virile con classe come il fazzoletto di stoffa che ha sempre appresso, Ben non è il solito vecchietto arzillo da commedia senescente ma la personificazione del contrasto contemporaneo tra corsa al progresso e passione retro per tutto ciò che viene da un’altra epoca, il senso della nostalgia e della mancanza di qualcosa che non è mai facile identificare ma che fa rima con una dimensione esotica dei sentimenti.

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