L’ho molto apprezzato a Venezia. Un film che, se fosse uscito prima, credo sicuramente avrebbe garantito a Michael Shannon qualche premio per la sua notevole interpretazione.
Un attore strepitoso, anche qui forse relegato al ruolo da Tempo assegnatogli da più registi, quello dello “psicopatico”. Ma di questo killer fornisce, anche solo di “dettagli” visivi delle sue iridi increspate, un ritratto sfaccettatissimo, doppio, trino, quadruplo, deformato nelle sue mille personalità d’una vita obbligata al crimine, divenuto quindi vizio, usanza per circostanze d’un destino erroneo che non poteva andare diversamente né si può invertire. Un padre amorevole, che mai tradisce la sua sposa eterna, m’anche un sicario “leggendario” che mette(rà) i brividi. Secco, brusco, un mostro.
Un puro, un segnato, un immigrato, un clandestino perfino della “trama” alla sua vita andata. Un fantasma, un non c’è, un enigma a lui.
La “vera” storia dell’assassino di ghiaccio.