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Sulle scalinate della nostra vi(t)a, il Falò delle vanità incontra Del Sorbo e partono soffici discussioni su Joker e sulle True Lies della società
Sì, questo video de La Repubblica è da avere e conservare in memoria dei posteri. Anzi, bisogna che salvi di fermo immagine la Joker al min. 0:54 perché secondo me vale il prezzo del biglietto.
Questa ragazza stupenda in minigonna è vivamente emozionante più del capolavoro di Todd Phillips, un film devastante.
E questa ragazza, diciamocelo, è indubbiamente arrapante.
Il mio amico Antonio, uomo dotto ed erudito che sbaglia la pronuncia di Joaquin Phoenix e secondo me anche la sua analisi del film suddetto, da lui ritenuto banale in più punti, però mi provoca e, come se io fossi Christopher Walken de La zona morta, ironizza sul mio cambiamento travolgente, così tanto stupefacente perfino per me stesso.
Poiché, dopo essermi da solo affogato e infognato in notti d’interminabile malessere esistenziale, in me è risorto un vulcanico ardore. Non siatemi esiziali, non fatemi altri danni. Datemi un altro anno e avrò più culo, fidatevi. La vita è questione di ani.
E ora assomiglio, a tratti, ad Al Pacino di Cruising. Un uomo affascinante che indossa una nera canottiera quasi sadomaso allineata alla mia corporatura sia atletica che taurina, intonata al bestiale carisma d’un menestrello che fluttua nella notte e, a differenza di Batman, non usa maschere di doppia personalità da psicopatico.
Il Falò entra nei caffè con aria disinvolta, è un uomo ammantato dalla sicumera del suo tormentato passato oscuro. Che, fra le tenebre dei suoi torpori, emana ero(t)ico calore, conservando però intatta la sua sessualità ambigua o forse la sua intonsa figura che, di primo acchito, potrebbe apparire addirittura asessuata.
Un uomo che, col solo potere del battito cigliare, accende ogni donna in maniera amabile, ascendendovene di corpi cavernosi e robuste, calorose vene, sorbendosi le invidie di chi vorrebbe storpiarlo e nella cupezza perpetua obliarlo per sempre.
Poi, fa come Michael Beck di Warriors. Se la donna fa troppo la strafottente, la manda a fare in culo in modo poco galante ed irriverente.
Tanto questa è una che ascolta Arisa. Senza di me, può già prenotare il loculo al cimitero. Ah ah.
Il Falò cammina, sapendo il fatto suo, estrae dal taschino una sigaretta e canta lontano da ogni moda ma mettendo su i Modà.
A volte, i suoi modi sono scorbutici e burberi poiché, così come Al Pacino di Scent of a Woman, trascorse solitudini che non videro più lo splendore anche solo del suo ardimentoso cuore, figlie dell’incomprensione altrui, partorite malvagiamente dalle pseudo-adulte pressioni che lo vollero precocemente un comune troione.
Invece, il Falò non sa che farsene di un normale lavoro e dei vostri volgari sudori.
Egli naviga nell’interzona delle sue prelibate, fantasiose (dis)illusioni, mette pepe alle anime spente e insaporisce chi un cazzo capisce. Sfiorando i deficienti delicatamente, sa donare gioia e virtuoso amore non solo alle donne di bocca buona ma anche agli uomini di pregiato e incandescente, riscoperto valore.
Spesso racconta balle poiché, essendo poeta e romanziere, è giusto che esageri. Egli è circense, usa iperboli e, da trapezista, in questo mondo di squilibrati, usa il bilanciere non solo per rafforzare i suoi bicipiti ma anche per moderare gli uomini che si credono fighi ma hanno delle facce da pirla mai viste.
Sì, è vero che fu al Festival di Roma e che The Irishman è un capolavoro. Così come è vero tutto il resto. Cioè che, in mezzo alla platea, il Falò spiccò in mezzo a falsi intenditori di Cinema poiché il Falò non abbisogna di una squallida laurea per attestare la potenza del suo scibile tremendo.
Per l’appunto, non usa trucchetti e giammai imboccò facili scorciatoie. Ovvero, non comprò la stima altrui dietro un pezzo di carta. Pulitevi il culo coi vostri attestati.
E tu, donna facile, devi fare meno la complicata. Allora, deciditi. O sei facile o sei difficile. Non fare la troia, suvvia. Ah ah.
Egli è un uomo misterioso e libero come un uccello in volo.
Dai bigotti viene reputato un depravato, persino quasi un pervertito poiché mai si piegò ai farisei ricatti d’un sistema malato che, se sei nell’anima diverso, ti vuole omologato.
Se ne frega se sarà poco amato, boicottato, sgambettato, deriso e ancora umiliato.
È un uomo che non deve rendere conto a nessuno e non deve spogliare la sua anima per dimostrare se, la sera prima, consumò un coito o, a notte inoltrata, insonne si alzò dal letto per cucinarsi una cotoletta.
Il Falò incarna la dignità di colui che non lecca il culo al mondo per essere apprezzato, baciato, toccato oppure anche ancora più picchiato.
Agli uomini calpestati e complessati, feriti e anneriti, puniti e martoriati, dice loro di non assumere mai psicofarmaci perché, anziché migliorare, verranno solo ingannati e imboccati con sostanze atte a renderli compressi, repressi e fessi.
Il Falò è colui che ebbe il coraggio di sputtanare tutto il sistema ipocrita come nessun altro ed ebbe la forza di ribellarsi anche a sé stesso. A sé steso.
Joker è un capolavoro.
Ora, scusate, devo prepararmi per Halloween.
Farò il cretino, mascherandomi da Michael Myers per provocare una sexy Jamie Lee Curtis di turno.
Ah, quella è da una vita che si fa dei problemi.
Invece al buio, farò come Schwarzenegger di True Lies.
Lei si spoglierà ma poi mi scambierà per un maniaco e mi sbatterà… il telefono in faccia.
Insomma, sarà un’altra batosta.
Sono onestamente fottuto.
Ma è quello che volli, ho voluto e anche lei lo volle, insomma, ha voluto quello.
Ah ah.
Cosa voglio dalla vita?
Ho appena pre-ordinato il Blu-ray di Joker.
Per ora voglio questo. Poi non so che verrà, se verrà. Chissà che cazzo succederà.
di Stefano Falotico
Il sottoscritto intervista il grande Antonio Del Sorbo
Ecco una foto bellissima dal suo profilo Facebook.
DOMANDA numero uno e poi tutte le altre: la visione cinematografica coinvolge lo spettatore su un piano razionale-cognitivo o emozionale-sensoriale?
– Dipende da come si fruisce del Cinema. Per molti anni il Cinema ha avuto una valenza popolare. Era una valvola di sfogo per i fermenti anche rabbiosi che scorrevano sottopelle, per esempio, fra i proletari incazzosi che, nella Settima Arte più fantasmagorica, sublimavano le loro esistenziali sconfitte quotidiane, proiettando i loro sogni sul grande schermo e, a loro volta, come in un rapporto quasi parassitario ma vivamente simbiotico, esperivano da questi sogni la voglia di vincere ed emanciparsi dai loro grigi o turbinosi malesseri quotidiano-sociali.
Quindi, in tal caso il Cinema coinvolge lo spettatore dal punto di vista sentimentale.
Quest’anno, agli Oscar sono stati premiati perlopiù film che hanno assolto a questa funzione. Puro, ottimo Cinema popolare nella sua forma migliore. Basti pensare alla storia di amicizia di Green Book. Un po’ indubbiamente retorica ma comunque di pregiata, indiscutibile fattura.
Poi, ovviamente esiste il Cinema artistico più elevato. Come quello di Lynch o Cronenberg.
Che agiscono a livello razionale e cognitivo, svelandoci la nudità del mondo nella sua verità più freddamente realistica. Sì, Lynch è paradossalmente realistico anche quando estremamente metafisico. Non è mai retorico nemmeno nelle storie più semplici come Una storia vera.
- Il cinema deve assolvere anche una funzione pedagogica oppure deve solo rappresentare e non pretendere di educare?
– No, a mio avviso il Cinema non deve educare proprio a un bel niente. Questa visione scolastico-pedagogica è sbagliata. È adottata, che ne so, dai docenti di Storia che portano i loro alunni a vedere Salvate il soldato Ryan, faccio per dire, per far capire meglio ai loro studenti la Seconda Guerra Mondiale.
E invece non li portano a vedere La sottile linea rossa. Film ben più introspettivo delle spielbergate retoriche. Sì, di Salvate il soldato Ryan salvo la prima mezz’ora dello sbarco in Normandia. Per il resto è trionfalisticamente patriottico e falso.
Allora, a questo punto, è meglio leggersi, appunto, un libro di guerra. Pure questo ideologicamente schierato ma almeno privo delle lezioni moralistiche di Spielberg. Uno che quando faceva il Cinema che gli riesce meglio, cioè quello scacciapensieri, era molto più pedagogico, eh sì, di quando ha tirato fuori Amistad. Altro film palloso e bugiardo.
E ne vogliamo parlare dei genitori che portarono i figli adolescenti a vedere L’ultimo bacio? Ansiosi che i figli s’innamorassero della classica ragazza brava e in gamba?
Ma per l’amor di dio.
Un genitore sano e non bacato deve portare i figli, sin dalla più tenera età, a vedere un film con Edwige Fenech. Tanto il figlio è già più sveglio di loro e capirà che questo genere di film è una porcata. Solo allora, da sé si approccerà a Cuore selvaggio.
- Il cinema è il veicolo privilegiato per la visione di un film o anche i mezzi di nuova generazione (piattaforme streaming) hanno la stessa dignità?
– So che, se dovesse leggere questa mia risposta Federico Frusciante, mi brucerà la casa.
Ma io qui lo affermo e non lo nego, lo sottoscrivo, firmato in calce.
Lo streaming è meglio. Sarò più preciso in merito. Il Cinema inteso come luogo di aggregazione non esiste più.
Sono stanco di fare la fila, sorbirmi venti minuti di pubblicità e non capire un cazzo di un film di Woody Allen perché una buzzicona, al mio fianco, scoreggia e mangia la sua patatina…
Ah ah.
Invece, nell’intimità della propria casa, posso fumarmi una sigaretta. Per aggregarmi a qualcuno, ci pensa la ragazza che ora sto corteggiando. Con cui condividerò emozioni in compagnia…
Così è. La seduta è tolta.
- Quali sono le caratteristiche del genere noir?
– Il noir lo riconosci subito. Molti pensano, erroneamente, che in un noir debbano esserci per forza una donna seducente oppure un omicidio. Non è sempre vero. Femme Fatale di De Palma non è un noir, è un giallo hitcockiano. Così come Black Dahlia.
Gli spietati invece di Eastwood è un noir camuffato da western.
- Un grande regista esplora aspetti nuovi in ogni suo film oppure può anche riprodurre lo stesso prodotto?
– Invero, i grandi registi “parlano” sempre delle solite tematiche, cambiando solo le trame.
Kubrick, per esempio, ha sperimentato quasi tutti i generi, ma ha fatto sempre lo stesso film. Incentrato sulla follia dell’uomo collocata in ambiti diversi.
- Come si contempera l’aspetto commerciale del cinema con il non porre alcun tipo di paletti a una forma d’arte?
– Nella risposta precedente, ho accennato a Kubrick. Ebbene Shining, sul quale comunque io ho delle riserve, coniuga l’arte alla commerciabilità. È un film che puoi vedere a otto anni e rimanerne impressionato. E rivedere a ottant’anni per scoprire lati più profondi che da piccolo ti erano sfuggiti.
John Carpenter è maestro in questo. Infatti, lui s’è auto-definito un comunista-capitalista, eh eh.
Uno che cioè pensa alla grandissima qualità con l’occhio comunque al portafogli.
- Cosa rende un film classificabile come prodotto d’autore?
– Un film può essere anche un porno o un film orribile ma lo stesso d’autore. Perché, pur nella sua sconcezza o nella sua estrema bruttezza, è d’autore in quanto chi l’ha girato, ha adottato il suo punto di vista. Il suo sguardo.
- Lo spettatore è soggetto passivo o attivo dell’esperienza cinematografica?
– Lo spettatore è sempre attivo. Diventa passivo quando vede Sharon Stone in Basic Instinct e non si attiva qualcosa in lui di “coinvolgente”. Se è così, è passivo pure omosessuale. Ah ah.
- Negli ultimi anni le serie tv hanno via via acquisito un maggiore spazio. Ciò è dovuto a un aspetto di puro intrattenimento oppure si lega, magari, alla migliore caratterizzazione dei personaggi e/o al miglior sviluppo della trama in un arco narrativo più prolungato?
– Non sono un grosso ammiratore delle serie tv. Anche le più belle peccano dello stesso difetto. Dilatano la trama, con digressioni e scene inutili, per allungare il brodo. Quando era tutto più risolvibile e migliore se avessero cancellato parti, appunto, superflue.
- Il regista contemporaneo che ha maggiormente innovato il cinema e perché?
– Credo David Cronenberg. Prendiamo il successo di Black Mirror. Che comunque a me piace. Incontestabile il talento di Charlie Brooker. Ma non vi è un solo episodio di Black Mirror che non possa essere riconducibile alla nuova carne tecnologica di Cronny.
Grazie Antonio.
Intervista di Stefano Falotico