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Sam Rockwell praticamente è uguale a me, è inquietante la faccenda, pure la sua donna


21 Jan

Sam+Rockwell+26th+Annual+Screen+Actors+Guild+OElHCoVpb4Vl

Sì, già vi parlai di Alessandro in provincia di Padova? Di Monselice, per l’esattezza, vicino Este.

Anni fa, su filmtv.it, si fece chiamare lucaskiesling. Chiaro omaggio al personaggio protagonista di Femme Publique del suo regista preferito, ovvero Andrzej Zulawski.

In verità, sbagliò la dicitura del nome del personaggio interpretato dall’attore Francis Huster. Il nome e cognome corretti sono Lucas Keesling.

Ebbene, anni fa, mi ospitò molte volte a casa sua. Obbligandomi, piacevolmente, a sedermi sul divano e a vedere con lui tutti i film di Zulawski. Anzi, a rivederli quasi tutti poiché molti di essi già vidi.

Al che, dopo queste sue personali retrospettive in cui, di punto in bianco e anche in piena notte, svegliando suo fratello e i suoi genitori, urlò in preda all’estasi del magnificare Zulawski, io gli chiesi discretamente:

– A me sta venendo un forte dubbio. Non è che tu, con la scusante di essere un cinefilo amante del Cinema di nicchia, invece ti esalti per le forme assai procaci, più che di nicchia, ecco, di minchia per lo sticchio, indubbiamente provocanti delle ex di Zulawski? Ovvero Sophie Marceau e Valérie Kaprisky?

 

Lui, colpito nell’orgoglio, mentendo dinanzi alla sua chiarissima virilità, ipocritamente replicò così:

– Certo, sono due grandi fighe ma il Cinema è il Cinema, l’arte viene prima.

 

E io:

– Non è che viene prima qualcos’altro?

 

A questa mia risposta giusta, sanamente scherzosa, lui mi guardò e mi disse:

– Sai a chi assomigli, Stefano? A Sam Rockwell.

 

Alessandro fu infatuato di me all’epoca. A livello amicale e platonico. Tant’è che, con l’altro suo profilo, chiamato SONATINE, mi leccò il culo in maniera clamorosa.

Ora, Sam Rockwell è un grande. Avete visto la reazione della sua compagna, la modella Leslie Bibb, agli Screen Actors Guild Awards? Ecco, mi pare che si sia troppo scalmanata la signora Bibb dinanzi all’annuncio della vittoria di Sam. Sam, con enorme aplomb, in questo momento imbarazzante, pensò: senti, troia, non farmi fare figure di merda. Finiscila subito. Ci manca solo che tu mi faccia un pompino in diretta e mi rovini la carriera.

Di mio, cerco di evitare le donne il più possibile. Se vinci l’Oscar e stanno con te, sono felici. Sì, perché così avranno altri tre yacht. Insomma, non sono tutte mignotte, però sono come Sophie Marceau e la Kaprisky. Cioè, non sono puttane affatto. Come direbbe Celentano, sono molto di più. Ah ah.

Fidatevi, gli amici sono meglio. Cazzeggiano e basta. Non voglio sentire altri cazzi in merito. Neanche in tuo marito. Ah ah.

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di Stefano Falotico

LA DIVINA COMMEDIA dei social: non demonizzate Facebook, discriminandoli. In verità vi dico che curano da Beatrice e dai beoti


20 Aug

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Ho il carisma di Matt Dillon, stessa faccia da schiaffi contro ogni consigliere fraudolento

Sì, il fascino di Matt, anche del matto, io l’ho sempre avuto.

Comunque, malgrado i miei trascorsi da Rusty il selvaggio, nonostante per anni frequentai degli amanti del grunge come nel film Singles, ho notato che molti uomini che si credettero virili, eh sì, ora cantano Macho Man dei Village People. S’immedesimano in Al Pacino di Cruising ma in verità vi dico che resusciterei Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti per zittirli.

Basta, non se ne può più di queste vostre lotte sessiste.

Sì, chiariamoci, non nutro particolarmente stima per il gentil sesso. Sono un Factotum come Dillon/Bukowski.

Le donne, soprattutto quelle italiane, sono state rovinate dalla religione cattolica. Hanno sempre divinizzato la vergine Maria poiché nel nostro Belpaese del cazzo fa sempre virtù angelicata spacciarsi per san(t)e quando invero la maggior parte di queste femmine sono più meretrici di Louise Veronica Ciccone, detta “in arte” Madonna.

Sì, guardate, sono insopportabili. Vai da una e le dici che è una bella guagliona, che è onestamente molto figa e bona e lei prima incassa il complimento, poi puntuale come un orologio svizzero ti sciorina la solita stronzata, ovvero:

grazie del complimento ma sai, ecco, vorrei essere apprezzata per la mia cultura e il mio cervello.

 

Mah, come già scrissi, come farò mai a conoscere la sua cultura e il suo cervello se nemmeno mi permette di bere con lei qualcosa di liscio e gassato?

Sì, di mestiere non sono un radiologo, dunque non dispongo degli strumenti per la Tomografia Assiale Computerizzata, detta comunemente TAC, nemmeno dell’ago per calcolare le variazioni di frequenza dell’elettroencefalogramma di questa qua.

Per me costei è solo toccata, nel senso che è matta, sì, sarà una schizofrenica che odia ogni contatto fisico, eppure col mio tocco la curerei da ogni sbalzo anomalo del cuore.

Stabilizzandole l’umore. Lei, facendo la superiore o forse la suora superiora, mi dirà che ho la testa piccola.

Dunque, le canterò la hit d’Ivano Fossati:

È un rock bambino 

Soltanto un po’ latino 

Una musica che è speranza

 Una musica che è pazienza

È come un treno che è passato 

Con un carico di frutti 

Eravamo alla stazione, sì, ma dormivamo tutti

 

Sì, la devono finire queste donne di voler essere apprezzate solo per il loro cervello quando in verità vi dico che sono rimaste solamente delle coglioncelle.

E codesta mentecatta, da me citata, forse anche eccitata ma non lo vuole ammettere e dunque non permise che potessi metterglielo, è una falsa, è come la Monaca di Monza. Sì, prima sostiene di non essere una donna da Motor Show, sì, una di queste zoccolone bombastiche con le tettone e le coscione che attirano, eccome se tirano, tutti i fanatici delle macchine e del motorino, del trivellatore martellino pneumatico, poi fa la gran signora della minchia.

Sì, prima indossa il burqa ma dopo 5 min. inserisce su Instagram la foto di lei in topless a Riccione.

Gli uomini sono pure peggio.

Molti di essi sono machiavellici. Sì, per loro la figa, no, il fine giustifica i mezzi.

Vale a dire che giammai doverosamente studiarono ma, leccando di qua e di là, a Bologna dicono… andando avanti a “cucci e spintoni”, ora si son sistemati da panzoni.

Sì, da adolescenti copiarono i compiti da ogni secchione. Tanto l’importante era avere il pezzo di carta per dettare legge da tromboni. Sì, prima non sapevano scrivere nemmeno sotto dettatura, adesso si son dati alla dittatura.

Per loro, per tali impostori è importante solo quella…

Ovvio, si capisce. Loro ricattano dietro le lauree ogni Laura, ragazza un po’ arretrata, rimasta un po’ indietro ma che comunque ha un gran didietro. Dunque, le fanno da educatori e la imboccano…

Sì, il novanta per cento della gente è nel cervello bacata. Molti disagiati invece solo nelle braccia bucati. Sì, la loro testa va bene, è l’uccello che non funziona. Allora si danno alle sostanze artificiali poiché, detta come va detta, cioè in buona sostanza, vivono orgasmi da Il cielo in una stanza.

Mentre io ringiovanisco a ogni ora, seguendo la filosofia di Benjamin Button, vedo molte persone che si sbottonano soltanto arruffianandosi il padrone. Poiché, senza fare i crumiri, non si può mangiarsele in un sol boccone. Sì, son furbi, sanno che non bisogna farla fuori dal vaso, perciò non si slacciano mai i pantaloni se non con la segretaria dei miei bracaloni.

Sono come il dottor Balanzone. Uno che si spacciò per dottore ma in verità vi dico che anziché fare il sapientone coi destini altrui, eh già, l’avrei visto bene in Piazza Maggiore, qui a Bologna, nella notte di San Silvestro.

Già, a Bologna, alla mezzanotte della vigilia dell’ultimo dell’anno, dunque già a Capodanno, ah ah, minuto più minuto meno, bruciano il cosiddetto vecchione. Un fantoccio di cartapesta gigantesco per ardere ogni frustrazione dell’anno oramai andato a puttane.

Sì, una volta invitarono pure Roberto Vecchioni che si esibì con le sue canzoni.

Tutta la folla di rincoglioniti cantò a squarciagola Samarcanda.

Mah, io l’ho sempre detto che è meglio Piazza San Marco di Venezia. Almeno lì c’è il leone, mica questi poveri bambagioni.

Ebbene, si sa, è arcinoto che io innanzitutto sia un tipo arcigno, spesso orgoglioso ma so rivedere le mie posizioni all’apparenza così inflessibili.

A differenza di molti di voi che si barcamenano e si barricano frettolosamente nel pregiudizio e stigmatizzano il prossimo soltanto sulla base di personali, solipsistiche congetture, io mangio un altro po’ di confettura, leccandomi i baffi poiché so che nessuno può darmi la fregatura, al massimo Titti la canarina vuole sfregarmi l’ocarina.

Sì, posso dichiararmi coerentemente un critico di Cinema in quanto, prima di tutto, io sono il critico più intransigente e severo con me stesso. Sì, sono al di là pure di ogni sesso, io sono asessuato in quanto lento come una lumaca.

Come no? Avete mai visto l’organo genitale di una lumaca, miei lumaconi?

Ma che volete vedere? Io invece vi vedrei benissimo, piuttosto che con le tartarughe dei vostri addominali da palestrati senza nulla in testa, onestamente fuori dalla finestra.

Ma quali feste! Smettetela! State sempre a ballare ma non conoscerete mai il ritmo musicale del vero uomo tropicale, l’uomo che non ha bisogno di scaldarsi poiché sa cucinare anche a tardo inverno delle rosolate patate bollenti senza bisogno di fare alcuna dieta speciale come queste donne anoressiche. Le quali, ossessionate dalla forma fisica, manco mangiano l’insalata.

Sì, a forza di non mangiare niente, pesano trenta chili. Non le vogliono neppure gli uomini con gli uccelli di 3 cm.

Laddove ravviso nella trama della mia vita degli errori di montaggio, appena adocchio qualche ignorante blogger, no, impresentabile blooper, riguardo la scena minuziosamente, apportando tagli e correzioni, limandone dettagliatamente l’intaglio.

Interpello l’editor di questo mio errore evidente, cioè me stesso, sistemando la pacchianata che salta all’occhio e assieme, dopo lunghe, profonde, ponderate riflessioni su come agire per apportare delle migliorie, concordiamo che la scena va rifatta daccapo. E non basta usare il tasto “split” per ricucire i tagli oramai non più raffazzonabili d’una vita che sta prendendo una brutta piega.

Donna, con me non allargarti. Chi ti ha dato tutta questa confidenza? Comunque, se vuoi che te l’alla(r)ghi, dammela, no, dimmelo, sì, confidami tutto a un orecchio. Non sono un ricchione.

Ora, mi spiego meglio. Che c’entra Facebook? Datemi tempo, non mettetemi fretta, mai più affettatemi coi vostri giudizi impietosamente lapidari e troppo drastici, radicali e irremovibilmente ottusi.

Sì, basta con lo starmi addosso col fiato sul collo. Sinceramente, è un momento della mia vita in cui bramo soltanto una donna, da me agognata, fortemente desiderata, segretamente sospirata, onanisticamente fantasticata nella vertigine delle sue cosce colossali, nel quale anelo solamente (a)i miei baci sul suo culo.

Non so se lei sia vergine ma vorrei spremerle sopra il mio olio d’oliva. Anche nella sua vagina penetrarla con spinte sopraffine.

Sì, in passato fui troppo schietto con le donne e da costoro lo ricevetti in quel posto con tanto di supposta da me usata per curarmi il mal di fegato amaro, avendo ricevuto rifiuti piuttosto tosti.

Sì, quando si dice… ah, tu hai fiuto, sì, peccato che lei non abbia voluto il tuo tartufo.

Ora, ve ne racconto una…

Una, sì, perfino davvero mi amò e desiderò che io e lei desinassimo assieme. Ma io mi comportai da asino e questa mula fu solo francobollata da un impiegato che lavorava alle poste.

Sì, a lei m’approcciai in maniera troppo sfacciatamente esuberante e sincera e, in quella sua calda sera per me invece gelida, mi servì una freddura, lasciando che un pretendente suo, più tiepidamente a lei corteggiatore, la invitasse a cena, arrivando poi alla frutta e al dolce d’una notte ingorda con tanto di crema e pene di spagnola.

Sì, la mia franchezza spesso mi fotte, sono troppo romantico come il Cinema di Andrzej Żuławski. Ah, sogno L’amore balordo in quanto uomo polacco che non pagherà però mai una polacca anche perché, diciamocela, se davi baci alla francese Sophie Marceau, cazzo, non avevi bisogno di andare con una dell’est o con un’asiatica.

– Ciao, Francesca, sei molto bella. Stasera pensavo che potresti accendermi la candela. Evviva la cannamela! Vai, Carmela!

 

Ricevetti una pacca sulla spalla ma soprattutto un calcio nelle palle.

Ora, gli adulti pontificano e se la tirano da Vittorino Andreoli quando in verità vi dico che sono più ipocriti di Giulio Andreotti.

Sì, passano le giornate ad esecrare i social, dicendo a destra e a manca che, anziché creare maggiore fratellanza, questi strumenti di comunicazione senza semantica hanno generato soltanto profili di merda/e dietro una finta maschera.

Un po’ è vero. Pullulano infatti i fake, coloro che non avendo le palle di dirti le cose a viso aperto, eh già, stanno acquattati nella trincea delle finte identità per bombardarti d’offese dietro una tastiera vigliacca.

In verità vi dico che tali vili, spregevoli soldati di lor sventura non valgono un cazzo. Battono solo la fiacca della meschina viltà bastarda.

Secondo me, questi se la fanno sotto pure con le puttane dei viali, dette bastarde. Sì, son talmente cacasotto che pure quella poveretta prendono per il culo. Sì, basta che aggiungano 30 Euro e possono farle la “sevizia” completa.

Eppure, Facebook servì a me per capire che ero indubbiamente pazzo.

Soltanto venendo a contatto, infatti, con la moltitudine di pazzi che impazzano, appunto, su Facebook, compresi di essere il più sano.

Dunque, prima di questo momento, debbo esservi sincero. Oggettivamente ero fuori come un cavallo. Però non da quello dei pantaloni. Sì, solo un pazzo lontano dalla realtà non poteva capire di essere meglio di questi pagliacci senza dignità.

E dire che m’ero fatto davvero un’idea strana di chi fosse realmente questa gente che mi trattava a pesci e torte in faccia. Appunto.

Gente che già prima dell’avvento di Facebook, eh sì, si celava dietro la giacca e la cravatta di profili all’apparenza inappuntabili. Poi, con l’arrivo di Facebook, queste persone aggiunsero al loro abito che non fa il monaco, eh sì, citazioni letterarie a mo’ di didascalie sotto ogni loro foto con sorrisi a trentadue denti. Estrapolando testi di libri che manco lessero. Neppure a letto!

Dubito perfino che abbiano loro stessi capito il senso dell’estratto affisso sotto ogni loro immagine ove s’atteggiano ad attori di Hollywood.

Sì, frasi usate a sproposito, utilizzate quando fa comodo per giustificare ogni loro borbottio esistenziale da paraculi.

L’italiano medio, eh sì, poi è un qualunquista. Durante tutta la settimana lavorativa, piange miseria, scrivendo post in cui, pur di elemosinare un po’ di solidale compassione, in forma diaristica, con tanto di emoticon umorali, ci propina e illustra pateticamente ogni sua giornaliera emozione più scontata e cretina.

Ci aggiorna perfino sui nuovi sovrapprezzi dei prodotti della Conad. Veramente, non se ne può più. Una cantilena ripetitiva di lagne, di urla vergate nella stilografica di maiuscole incazzature sbandierate ai quattro venti. Così, a mo’ di vanto, vomitano a raffica puttanate a vanvera.

Ci sono poi donnacce con le poppe che, dopo due mi piace, pensarono di essere delle dive e ora passano tutto il tempo libero a farsi selfie in bagno, mostrandosi semi-ignude. Sì, come dice il detto, andate da una, datele un dito e si prenderà tutti gli uccelli. Non era questo il detto? Ah no?

Sì, è una realtà davvero spettrale e animalesca quella che sta là in mezzo alle strade…

Ove gli uomini pensano solo a farsi belli per infilarlo dentro e le donne penano e tutta la pelano pur di prendere ancora più inculate nel far pen’ poiché, dopo anni di lotte femministiche, hanno come sempre ceduto al maschilismo che le vuole soltanto come oggetti sessuali. Ma, in mezzo a questa baraonda, a questo mercato rionale di fruttivendoli, di pennivendoli e di pescatrici con lisce e vellutate pesche, v’è anche tanta gente che non avrei mai immaginato che esistesse e che fosse come me.

Cioè due persone su miliardi di abitanti del pianeta Terra. Ah ah.

Sì, grazie a Facebook, ho instaurato amicizie e rapporti sentimentali davvero insospettabili. Con persone degne di nota e anche con donne degne delle mie notti che sono più belle dei vostri giorni.

Sì, ovvero ho trovato un amico e una donna. L’uomo dice che però è la mia donna e la mia donna dice che non è amica mia.

Mah. Finisco con questa perla, con questa super chicca:

– Ciao Sara. Allora, siamo amici da molto tempo ma solo virtualmente. Che ne diresti se io scendessi a Roma per incontrarci dal vivo in maniera molto viva e intima, forse tinta?

– Stefano, non credo nelle conoscenze tramite Facebook.

– Capisco.

Poi, lo sai, sono fidanzata.

– Sì, ma toglimi una curiosità. Il tuo ragazzo come l’hai conosciuto?

– Tramite Instagram.

 

Ho detto tutto.

Ricordate: Dante è il più grande, Matt Dillon è un ottimo attore, tu invece, se continui così, finirai spurgato.

Fidati: sei solo un ignorante che si diplomò al liceo classico ma, grazie a Internet, ho scoperto che, dopo il diploma, inseristi un pezzo davvero notevole dentro le calze a rete, no, solo in rete, intitolato Ho due diti medi.

Ecco, diti si può anche scrivere ma soltanto nel caso che costui avesse voluto riferirsi al singolo, singolare mio dito medio alzatogli dinanzi alle sue bugie immeritate in merito alla mia persona.

Sì, un demente del genere va sfanculato. A un babbeo del genere io non avrei dato nemmeno la licenza elementare.

Sì, è un uomo mediocre come Alberto Sordi de Il tassinaro e mi considera un fenomeno paranormale incontrollabile.

Va in giro a dire che io sia pazzo poiché non concepisce una persona, ovvero il sottoscritto, che anziché essere come lui, cioè un cafonaccio, riesca ad amare pure Franco Califano.

Mi reputa un coglione antiquato che non fa da mattina a sera un cazzo.

Sì, ho scritto cinquemila libri ma costui pensa che lavorare sia solo venire salariati da chi ti sfrutta.

Mi tratta da salame poiché lui paga a metà le tasse!

Di mio, continuo a leggere anche Torquato Tasso.

Anzi, sapete che farò? A questo burino toglierò pure la licenza del tassì.

Se non capirà come si sta al mondo, lo darò in pasto ad Harvey Keitel di Taxi Driver.

Da dentro la casa chiusa urlerà che io sono un porco e un puttaniere.

Al che, busserò di toc toc alla sua porta, presentandogli la mia faccia da culo, sussurrandogli dolcemente:

– Ok, salutam’ a mammat’. Sono venuto a farti visita. Ti ho portato della marmellata.

Ciao.

 

Sì, so che costui mi vuole vedere morto.

Invece, mi sa che dal Festival di Venezia gli manderò un regalino. La foto del mio Moro assieme a tre more.

Ah, allora non è mai contento. Gli donerò, per tenerlo buono, una Morositas. Sì, una bagascia negrona come lui.

A posto?

 

di Stefano Falotico

The Disaster Artist od Orson Welles-Ed Wood deniriano: la mia performance in Euridice nel tempo di un attimo, vedere questo “reperto” per credere


12 Feb

Femme Publique

 

Sì, quanti anni son passati e, da allora, il mio cervello visse attimi che non raccomando a nessuno. Eppure quella purezza di allora è incontrovertibile. Vi mostro un video che ho caricato proprio oggi, non in elenco, estratto dal canale ufficiale YouTube del suo autore. Lo posto io perché, si sa, le cose altrui potrebbero cancellarsi e dunque mi piace conservarle nel mio archivio, anche dei ricordi, delle piacevoli bizzarrie personali, di quei trascorsi irrimediabilmente ingenui da lasciare comunque il segno.

Credo fosse l’anno 2005, circa, giù di lì. E sicuramente fu un anno per me miracolistico, oserei dire. Dopo un periodo immemorabile di buio, di ansietà immani, di notti scambiate per giorno, di vampiristiche depressioni allucinanti ma giammai comunque allucinatorie, eccomi a ridanzar nella vita, con esuberanza quasi cafona e spigliata armonia di superate “fissità” del mio adolescente ancor burrascoso, inquieto e talvolta inquietante, strano, lunatico ma romanticamente lindo nell’anima come potrebbe esser chi, nuovamente catapultato nella realtà giornaliera, rivede ancor il mondo nella sua fresca giovialità, disancorandosi da tante indubbie melanconie glaciali di un me, ripeto, maestro dell’atimia, ringalluzzitosi in maniera ruspante, come lo spumante tenuto in frigorifero che ribolle effervescente, schizzando… dappertutto, bagnando di euforia contagiosa anime, come la mia, empaticamente fervide di emozioni.

Ora, riguardiamo questo “film”. Vi racconterò il dietro le quinte, e di aneddoti romanzerò quel mio balenar baluginante in tanta spontaneità innocente, quasi patetica. Ah, candori irripetibili, che rimpiango nella mesta consapevolezza del mio presente così farlocco, ancor balzano, saltellante di qua e di là con far però mai da furfante ma da (ele)fantino sempre dirompente nella sua sincerità magniloquente e alle volte indisponente. Il Sole, in questo video, tramonta a levante o a ponente? Mah.

Sì, conobbi il Romano grazie ai miei scritti, pubblicati su FilmTv.it. Lui, affascinato dalla mia prosa folle ma saggia, cercò il mio contatto telefonico e m’invitò a casa sua. Presi su la macchina e c’incontrammo al casello di Padova. Poi, mi disse di seguirlo e mi ospitò nella sua magione. Sì, ricordo che indossava un maglione. O era Estate? Qui il mio rimembrar sfarfalla…

Da buoni amici, ci frequentammo puntualmente, e lui veniva a trovare me e io andavo da lui. Parlavamo dei nostri “dissenna(n)ti” progetti. Quindi, un bel giorno si comprò una videocamera e decise di girare un cortometraggio. Nelle ore precedenti, anche se forse fu prima, perdonate l’incertezza della mia labile memoria, mi fece il lavaggio del cervello col Cinema di Andrzej Żuławski e mi costrinse a rivedere, pur avendolo io già visto, Amour braque – Amore balordo. Sì, era ossessionato, alla pari della sua ammirazione maniacale per Brian De Palma, da questo regista. Tant’è vero che il suo nickname era Lucas Kesling, ben memore de La femme publique. Peraltro, rimanga fra noi, non credo si offenderà se qui gli rammento che l’idolo imbattibile e non “sbattuto” delle sue fantasie erotiche, proprio Valérie Kaprisky, lo consumava in onanismi “normalissimi”. Spesso “vulcanici” e incontenibili!

Ebbene, mi obbligò a studiare la parte, e non dormii la notte, si fa per dire… Il giorno dopo andai sul set…,
cioè il mini-ambulatorio casalingo del padre. Nelle ore antecedenti avevamo “filmato” scorci paesaggistici a base di steppa, campagna, arbusti, rovi e qualche inquadratura sghemba parimenti “distorta” come le nostri menti bislacche.

Il resto è quello che vedete. La mia recitazione, possiamo dircelo in tutta onestà, è acerba, per non dire pessima, anche se, nonostante il lungo bulbo crespo e già sfiorente, è “ravvisabile” un certo carisma alla Bob De Niro che c’è, indubitabilmente, eh eh, e sono da annotare anche alcune mie “speciali” inflessioni emiliano-meridionali fra il Totò più verace e un ragazzotto che si capisce è cresciuto con tagliatelle al ragù e la “panna montata” dei suoi neuroni intrecciati come tortellini raffinati. No, dico, riguardiamo il min 3 e 46 quando Falotico, cioè il qui presente-assente, con sfacciata sfrontatezza e faccia tostissima afferra il coltello e orgogliosamente inveisce sul “maledetto”. Cult istantaneo! Ah ah.

E perché mai la ragazza si spoglia e rimane in costume da bagno? Sì, invero il Romano morbosamente desiderava “ardentemente” un nudo integrale, ma lei si negò e la nudità fu parziale, assolutamente casta.

Quindi, il Romano, nel finale ha voluto fare qualcosa di “geniale”, giocando col tema del doppio, dell’occhio registico che guarda, “pugnala” lo spettatore, che è al contempo amante e voyeur. Demoni…

 

Insomma, perché poi nel piano sequenza a tre si vedono le mutande del mio antagonista?

Su questo dubbio, la vita va!

Cantore, villico, falso!

Eh, si capisce…

 

di Stefano Falotico

 

Genius-Pop

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