Fra i due culturisti, scelgo il mio culo
Prefazione di cottura ai culi marmorei del marmittone, poi ci daremo a questi due o(r)moni, Schwarzy e Sly, Bruce Willis è un terzo incomodo da Church moralista
Sylvester Stallone, è Lui the last stand, non Schwarzy, nel caos d’un movie movimentato d’autore ma in confusione fra muscoli rugosi e inquadrature lisce-sgommate senza Jimmy
L’attesa del comeback di Arnold sta terminando. L’Italia, oggi, sarà “aggredita” e invasa da quest’ultimo “sopravvissuto”, ancora in piedi, sceriffo che torna dal nulla e farà piazza pulita degli insetti divoratori, nel crimine da sbudellare, dentro una cittadina polverosa, westernizzata nel Kim sbarcato a Hollywood di budget stracciaincassi. Sì, come la Kardashian. Un’esotica adesso miliardaria per sedere esposto nell’erotico-diuretico. Che culona di sederino peggiorato. Kardashian, il lassativo rassodante-ginnasta con tante can-aste.
Rientro “in stile”, già controverso, attaccato da una nostra Critica un po’ cattivella che non ha affatto risparmiato a Schwarzenegger dei colpi bassi, del tipo “Vecchietto, piglia la pensione, lascia che la banca venga assalita da ragazzi coi riflessi più pronti. Non giocar al ruolo del punisher vendicatore ex Governatore, la California è meta della bagascia Alessia Marcuzzi che, dimagrita d’anca, causa troppi addominali regularis-panche dei suoi dominatori bifidi col baffone, barcheggia sulla sdraio, abbronzata di due pezzi neri più tre neroni a spalmarle la cremina nel rassodarla dai dolor de’ panza del cattolico italiano catodico, suo Fratello Grande, la cara suorina”.
Arnold, dopo esser stato tempestato da questi infami, “pompò” d’olio ai loro testoni, spezzandone col piombo i testicoli su graffio “sdradica-braccino e braccialetti nelle dita malsane di zoccolette a cui donaron stilografiche per addobbarle col figo che non s’ingroppano, sebbene l’inchiostro sia mostruoso d’offese in fila nelle mutande lor rifiutate”.
E resusciterà da the tomb, proprio con Sly, icona marcia e anche immarcescibile che, sulla sua antica icona, sta ora plasmando il mito expendable di chi sa ben spendere le cartucce prima d’espirar il colpo fatale.
Av-verrà in Grudge Match, fra una Kim Basinger sfatta però ancor d’accalorare per stenderla al tappeto. Infoiato nella foga, Lei ora monachina, delle cosce da settimane e mezzo metro di manzo da pochi centimetri presto “annoverandole” ché ancor provoca per il sessanta-nove.
Sessanta, pressappoco la sua età, 9 sta per “tombola-tombale-tombino ché il pisellone è ora poco trombante” di Mickey Rourke (mercenario che non le cena più di fame, il posacenere) coetaneo da capricci “plastici” su chirurgia “viver sani e belli-sempreverdi” nonostante mangiamo solo verdura per non ingrassare, colpa che non confezionamo più “confetture” a letto a base dei tal “denti-gengive”-tali ingredienti, ex ricostituenti: fettuccine al sangue con fornicate inforchettanti, forbici “taglierine” nel triangolino e aromatiche per il sesso “amorevole” dei cazzi non più durevoli ma “sformati, di palle esplose, dai microonde scop(pi)ati, patonza ora solo appiattita senza neanche un gonzo da lavare”.
La Basinger è come il regista di The Last Stand. Prima c’illuse con dei capolavori “aerobici”, coreografie snodate da “urlo” eccitato, adesso s’è ammosciata nel p(i)attume.
Ora, ripeto: lanciatemi e slacciate una stallona e lo prenderà Rock–y. Di pen’-igirici e prese al suo culo.
Che sono questi film che ci girano “intorno?”. Accade di tutto, poliziotti che son “manganellati” da teppisti senza pistola, bar scalcinati con calcio al frigorifero dei gelati, Peter Stormare pelato più di Bruce Willis, bravo a esserne parodia quando Peter fa il serio, strade assalite, inseguimenti nei campi di grano con l’ombra-scia dell’emulo di M. Nyght Syamalan che scatta foto signs, segnaletiche senz’etica, violenza senza briciolo d’autoironia e automobili troppo comiche.
Ridatemi Conan. Egli sapeva essere Terminator senza ammiccare, cinefilo, con occhiettino a mandorla.
Questa non è l’opinione d’un italiano che suona il mandolino, ma d’un Balboa–Bobo che “strimpella” la chitarrina di tua moglie. Curala dal catarro, rendila anche tamarra.
Vedrai che ti amerà senza Cancro al fegato.
Il resto sono delle stronze.
Questo Schwarzy fa lo stronzo ma ci pare una stronzata.
Last Action Hero formato Arnold, quello del telefilm
Dovete sapere che uso i pannolini, spesso piangono i miei “assorbenti” neuroni frastagliati nel tragicomico dei manicomi sociali, fra il mio being che mi torna indietro al boomerang e vari splash dei fumetti mentali su viaggio tortuoso di vicoli “ciechi” illuminati dai miei sensi nel senza senno, soprattutto quando non ho sonno, cioè sempre col sorriso sgranato
Sì, di Notte, mi catapulto in cucina e acciuffo i biscotti della nonna, inferocito di fame “sessuale” inappagabile nel wafer che poi vomiterà la cioccolata “calda” nel water per indigestione bollentissima da “bollito”. Sì, mi son stufato di tutto quanto, anche delle tuffatrici che, di caviglie sinuose al placido “sciacquarmele” del Tempo-ral-anal-itico mio amato di mano, strangolavano nelle strabuzzate erezioni per rassodare i malumori dopo tante perniciose malelingue. Che ricordi, da “giradischi” inton(n)ato di volume “altissimo”. Quando Cagnotto Tania s’aggiustava il costume e io, scostumato, mi strappavo la “lampo” e poi, con calma moderata nell’andamento lento, coglievo il fotogramma mio più “sviluppato” da medaglia d’oro di “spruzzo”. Ah, come al mare, sul divano in pelle color giallo-oc(r)a, ecco che avviluppai tante donzelle per la mia, lì in mezzo, gazzella abbronzante di spiagge paradisiache ma salsedine.
La famosa “gazza ladra” del mio rossore alla Gioacchino Rossini, compositore incomparabile eppur così descritto, “buongustaio” da “Wikipedia”: ipocondriaco, umorale e collerico oppure preda di profonde crisi depressive, ma pure gioviale bon vivant.
Più che altro “vivendomele” tutte bone nel “bonaccione”. Più che Gioacchino, direi fiacco ma di fianchi come Lui avvinnazzato.
“Sgozzato”, ad “aizzarmelo” nel rizzarlo, fra more, rossettine, corvine, nere e biondine, una merendina, un’altra “maialatina”, “Li mortacci tua quanto m’è diventato duro!”, i muri insonorizzati ché i vicini non potessero ascoltare i “potenti” miei godimenti ululanti (già, il fringuello volava bell’ bell’, sognando che codeste, a pecorina, belassero nella “bestia” voluttuosa), la stiratrice del piano di sopra che voleva “sturarmelo”, e i tiranti delle corde elastiche dei pantaloni Everlast.
Infatti, “insormontabilissimo” come l’Everest, orientato fra sudafricane, nordiche e svestite a Ovest del mio in “festa”, infestante, “fastoso” e, dopo l’apice dell’orgasmo, di nuovo stizzito e poco tozzo sotto il livello dell’acqua.
Altitudini prominenti d’una mente che, alla vista di tali svettanti donne dinanzi al mio sventolarlo, subivano scosse “tettoniche” nel terremoto ormonale del poi finale “detonare”. Abbassando la cresta da gallo sotto le mie croste senza vera “crostatina di mele”.
Un cocco all’albicocca, a-dorando gnocche da sgranocchiare con “gocce” delle mie adocchiate per il piccante, sempre su e poi afflosciato nel “Vai col liscio”. Che musica per le mie orecchie.
Però, l’onanismo alla “lunga” fa venire… due palle.
E, a furia di toccare, c’è il rischio di non “raschiarle”. E diventare solo un uomo che fischietta, “pigliandola” così come viene, non tanto “pene”.
Ogni mattina, mi son “prefisso” questi numeri… di telefono per contattarle al fin di tastarle, non di cavo, ma “strillando”-castrato prossimo: quello della dottoressa Levante Luisa, una a cui levar la Laurea per spingerla d’aureo, Ponente Sonia, donnetta che però sprona al tramonto, e Ghezzi Enrica, omonima di cognome del fuori orario al femminile, meno cervellotico ma più per l’uccello.
In fin dei conti, il coito è affar nostro.
Io sono il Conte, quindi nessuno sconto. Come dico io.
Mi sa che non ci sarà neanche un collo. Dracula morì di sete.
Meglio comunque di te, che hai le corna.
A masturbarsi si perdono le cornee. Può darsi, ricorda zoccola: “Non darmela”.
Sì, si professano tutte vergini queste professorelle. So io, invece, come sborsano…
Invero, sono un patito delle donne, collezionista, come pochi altri, delle ossa mie che un po’ rosicano, talora arrostiscono. Insomma, così è per tutti, a volte va, a volte non “entra”.
Pazienza, ci scapperà la sega, senza scopata, appunto, del John Travolta di Pulp Fiction, detto l’Eric Clapton delle sue “corde vocali” quando “stecca”.
Ne vado matto. Credo che il mio non “essere sociale” alla Jimmy Bobo, derivi proprio da un’alterata percezione che i miei coetanei ebbero di me. Quindi, per un certo periodo, si bloccò, insomma fu boicottato e nessuna “imboccai”. Non cresceva neppure, in zona “bavaglino” del tinello con la Nutella ad addolcire e poco “cucchiaino” a “smaltare” di glassa e di “grosso”.
Fu per colpa anche proprio delle piccioncine che “rimpicciolì”. Sì, loro andavano coi picciotti e io mi davo ai pasticcini mignon. Che mignotte!
E dire che la “cariatide” del Mickey Rourke, tornando a questo qui, “in erba” c’era “tutto”. Per la mia Carré Otis mi sarei tagliato il mignolo con tanto d’anulare sinistro per ambidestri amplessi anche solo per sfiorarle il mignolo.
Più che Otis, fu un Hostel. Già, tanti sogni a castello e molti nel cassetto ma, per di più, incassavo e il mio “bottino” scassinavo. Molti adolescenti si recavano al casino, sempre feste, Notte e dì di pe(pe)rine, di mio incasinai nel Sam Rothstein di Casinò. Sì, colui che vede lungo, pronostica le scommesse altrui, ma finì, per un po’, a far il messo, mentre le messaline, di Domenica “intingevano” e poi di “permanente” nelle mèche del “mescolarseli” ben n’eran “tinte”.
Tutti dentro alle liceali con ambizioni formato “conigli”.
Sì, la prima educazione “puritana” partì per colpa di Don Giuliano, parroco troppo parruccone.
Provocai la figlia della Rosselli, una già col rossetto a otto anni, oggi l’usignolo m’ha detto che sta con un nano da “Cappuccetto”. Ero già Max Cady, ma Giuliano volle rendermi candido.
Sì, bagnai di “bianchetto” una da “macchiare”, e le imbrattai il quaderno di tal “scarabocchio”. Solo perché imparasse a chinarsi in adorazione del mio “Altissimo”.
Giuliano mi portò in sagrestia, e mi costrinse a leggere il Vangelo.
Lo lessi da cima a fondo, ripetendo i passi più equivoci, come quando non si capisce se Gesù stava con Maddalena o davvero pensava solo all’Alleluja, predicando sulle altalene agli uccelli.
La “tensione” s’allentò, ma Giuliano mi cacciò un ceffone:
– Lurido porcellino, non fare l’Ezechiele se ancor prima non hai affondato nel miele. Altrimenti, sprofonderai all’Inferno, e saran, come disse Lino Banfi, volatili per diabetici, cioè cazzi amari.
In tutto stile, senza battere ciglio, gli posi una domanda che lo raggelò:
– Giuliamo, siamo uomini o no? Lei e suor Aquilina, quando “cala il sipario delle recite”, recitate sull’altare?
Giuliano bevve l’amaro Giuliani. E scoppiò a piangere perché avevo pronunciato quella frase d’intuizione che non pontificò ma rabbonì il suo nasino da “sorelline”.
Din don dan, suonan le campane!
In poche parole, credettero fossi fermo alla Cresima, invece ho sempre amato Roberto Da Crema, l’imbonitore televisivo che t’incita, urlatore, a scartare le “bomboniere”.
Oggi, una squinzia desiderò “deliziarmi”, e “sbandò” in chat. Fui colto alla sprovvista, era appena alba, ancora in ciabatte.
Le ho replicato così: “Ciao, sbandi per me? Questa storia delle sbandate è un’emerita puttanata, ma fa Piacere eccome, stimola l’autostima per alzare.
Sei molto carina, a giudicare dalle foto non mi sembri il tipo per un altro, eppur, scavando a fondo, nella tua minigonna pantacollante, i miei occhi incollano e subito ti vorrei chiedere una “cortese” amicizia, ambendo nella speranza di baciare le tue calze, permettendomi qualcosa che s’innamorerà.
Possibilmente potrebbe incalzare. Tu scalza, “lui” incazzato.
Ci stai? Se non ci stai, statt’ bon’.
Fra i due litiganti, il terzo gode?
Chi è il terzo?
Willis Bruce? No, Bruciato Luciano, uno lucano.
Eppur cucca.
Guarda la gente e s-fotte.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)