Ma quale Carlito’s Way e Giannini!
Ora, mi devo organizzare per il Festival. Per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Luogo ovviamente destinato a uomini del mio rango. Precluso invece ai mocciosi simili agli oranghi.
Io sono l’espertone. Colui che conosce a menadito anche il vicolo cieco ove ti andrai a (im)bucare. Ah, lì si bruca… si fa melina.
Guardate, chiariamoci. Si chiama Festival di Venezia ma non si tiene propriamente nella città marina per eccellenza. L’unica sul mare di tutto il mondo. Amsterdam e la piccola Comacchio sono sulla terraferma. Che poi abbiano più canali di Venezia è un altro discorso.
Com’è un altro discorso che voi vi rechiate ad Amsterdam per un turismo sessuale, diciamo, dietro le veneziane delle vostre bugie inconfessabili.
Ad esempio, un mio pro-cugino ora è felicemente sposato con prole a carico ma sua madre era ossessionata dal fallo, no, fatto che fosse rimasto vergine sino a trentacinque anni suonati perché non s’era mai ufficialmente fidanzato fino a quest’età.
La verità dei suoi sverginamenti io la seppi quando mi confidò che a vent’anni, giù di lì, andò dal Papa, no, a Praga per visitare certamente la Staroměstské náměstí, detta italianamente, in modo nazional-popolare, Piazza della Città Vecchia. Ecco, a poche centinaia di metri da questo luogo elegantissimo, passeggiano oppure sono ubicate in case molto intime, discrete e riservate delle donne poco da San Nicola. Santo a cui dobbiamo la favola di Babbo Natale. E ho detto tutto.
Quando si dice… le madri conoscono i figli meglio di nessun altro. Macché. Io conosco suo figlio comunque meno della prostituta ceca con cui si sverginò.
Ah, io sembro cieco ma le mie trombe di Eustachio ascoltarono molto bene il realistico, quasi tangibile per come me lo confidò in maniera sentita, come se ancora la stesse sentendo in quel momento, erotico racconto poco favolistico.
Sì, mio pro-cugino è un ottimo uomo. E in fondo non v’è niente di male ad andare con una donna di malaffare. Quasi tutti gli attori di Hollywood, cioè le persone maggiormente, attualmente tenute più in auge dalla società di massa, son stati a Troia, almeno una volta in vita loro.
Pensiamo al dio greco Brad Pitt. Oltre ad aver recitato in Troy, credo che possieda un vero tallone d’Achille.
Sì, caro Brad. A me non la dai a bere. Fra una Juliette Lewis e una Jennifer Aniston, fra una Gwyneth Paltrow e un’Angelina Jolie, a qualcun’altra, suvvia, fra un drink e l’altro, un Martini di George Clooney con ghiaccio e un Vi presento Joe Black, l’avrai dato a bere, appunto.
Ah ah. Da cui il film Vento di passioni. Molti l’hanno dato a una che la dà volentieri, qui, in Italia, vale a dire Gabriella Pession. Sì, siamo sicuri che questa Gabriella sia donna letiziosa e virginale d’arcangelo Gabriele e da miniserie tv come Jesus o Don Matteo? Mah, a me pare spesso solo in minigonna per la prima segata, no, serata in passerona, no da passerella.
Sì, l’umanità è perlopiù un allevamento di bestiame nella fattoria del Montana come recita la trama di Wikipedia di Legends of the Fall, appunto.
Sì, film di Edward Zwick che piace agli uomini del Sagittario molto tori come Brad Pitt. Nato lo stesso giorno di Steven Spielberg, ovvero il 18 Dicembre.
Eh, però c’è una bella differenza fra questi due bei biondini. Steven realizzava film magici per bambini, Brad piace a tutte le bambine che si fanno, immaginandolo nel loro letto, dei film più avventurosi della saga d’Indiana Jones.
Sì, in Italia la gente ancora crede agli oroscopi. In verità vi dico che dovrebbe credere ai gemelli omozigoti Longo.
Sì, i Longo erano i miei idoli ai tempi delle scuole medie. Erano identici, spiccicati, come si suol dire.
In prima media, uno dei due gemelli sedette al mio banco, sì, era il mio compagno di banco. Mentre quell’altro, suo fratello, frequentava un cattivo branco. Ah, ragazzo di tutt’altra classe…
Sì, quindi sfatiamo anche la diceria secondo cui la famiglia è all’origine della maleducazione dei figli.
Scusate, se fossero stati eterozigoti, avrei potuto darvi ragione. Se vi dico che erano fisicamente identici, tranne quando uno dei due mangiava un piatto di maccheroni fumanti, ingrassando qualche chilo solo duecento grammi, e l’altro no, dovete credermi.
I genitori, presumo, vista la loro identicità, che fossero gli stessi.
Allora perché uno era a modo e l’altro fuori dal mondo?
Sì, finiamola. Quando sento dire che tutti i disagi giovanili nascono in seno alla famiglia, mi arrabbio. In realtà, i problemi del gemello Longo più malalingua nacquero da quando lui leccò precocemente il seno di una che era già avviata a prenderlo in culo.
Comunque, conosco il Lido di Venezia come le mie tasche. Nelle mie tasche, non ci sono molti spiccioli, le palpo con vellutata dolcezza con la stessa delicatezza di uno che accarezzi le cosce di una donna per l’ultima volta con un po’ di eccitazione mista a un’insopprimibile tristezza. Poiché sa che, così come non ci sono soldi neppure nel taschino del giacchino, domani non ci sarà neppure un’altra donna gratuitamente disponibile a consolarlo perbenino.
Quasi tutte stanno infatti con quelli pieni di baiocchi. Sono di un’altra tribù. Sì, vivono nel mondo delle meraviglie come Lucignolo del Paese dei Balocchi. Molte di queste sono o(r)che ma stanno sempre in occhio al portafogli. Ammanicandosi alle regole aziendali del più potente, soprattutto a loro generoso industriale caloroso. Forse sessualmente deficiente ma comunque parecchio abbiente. Sì, questa è gente che sta sempre a bere, no, bene. Ah si sa, è quello l’ambiente.
Io faccio fatica ad ambientarmi anche con me stesso e conduco una vita da topo. Figurarsi con certe grosse tope come potrei (non) trovarmi, tope indubbiamente molto belle ma dette più volgarmente ma forse anche più sinceramente zoccole.
Se riesco a rimediare qualcuna del sesso a me opposto senza elargire alle mie amanti nemmeno una lira è solo per merito del mio talento lirico da poeta romantico, sganciato da ogni linea editoriale, senza un nichelino ma con addosso il nichilismo perpetuo dell’uomo eroticamente mansueto. Che adocchia tizie come Madeleine Stowe e, grazie al magnetico fascino dei suoi occhi neri alla Daniel Day-Lewis dei poveri, appunto, qualcuna intasca con grinta animale. Eh, ‘na roba. Poi non curo nemmeno il mio guardaroba, figurarsi se posso andare a ruba o ballare con una cubista a Cuba.
Odio ogni lupa in quanto mannaro, più che altro sono un vivente mannaggia che s’arrangia, stando lontano da ogni magnaccia.
La mia dolcezza non si può discutere, non ho bisogno di circuirle e plagiarle, regalando loro ville da laureati villani.
Incarno l’apoteosi del ribelle bello per antonomasia. Che bacia una donna sotto una cascata non di diamanti ma di altre amanti scroscianti solo di risate e lì poco grondanti.
Sì, conobbi una piuttosto normale. Lei desiderò che fossimo soli, bollenti come il più rovente sole, nei rivoli della nostra acqua sgorgante ma dietro le rocce del mio calore si nascosero altre donne senza candore che attentarono a farmi colare, no, crollare del tutto.
Sì, furono talmente provocanti che, a forza di cattive, allusive loro provocazioni coi loro doppi sen(s)i a mo’ di presa per il culo, mi convenne andare a vivere in una riserva indiana come Kevin Costner di Balla coi pupi… Sì, coi pupi. E, peraltro, un cazzo lo stesso venne.
Io sto simpatico a tutti, anche a Francesco Totti.
Sono più acculturato di cento dottori laureatisi a Oxford ma, chissà come mai, non potendo presentare alcun pezzo di carta che attesti e comprovi nemmeno quanto sono provato, rimango soventemente, poco soavemente, diciamocela, inchiappettato.
Che poi anche questi critici di Cinema col titolo della minchia non capiscono un cazzo, appunto, della Settima Arte.
Sì, il laureato medio, soprattutto spuntato e cagato male dal Dams, è assai arrogante. Con la supponenza cattedratica del suo scibile presuntuoso, impone il suo sapere dall’alto del suo pessimo alito e spera di arrivare solo a quella… ma io trascendo come un film di Terrence Malick questi uomini insinceri e, mentre loro mi leccano… il moccolo, sono a cena a lume di candela con le loro fidanzate poiché la mia ottima cera, eh sì, una volta c’era, scomparve per molti an(n)i ma c’è tuttora, ancor intatta, sempre pronta a cornificare ogni fraudolenza delle megere. Sì, le streghe vorrebbero castrarmi ma io me sbatto altamente.
Sono colui che mette non solo il dito fra moglie e marito. Io sono peccante, piccante, spesso onestamente auto-ficcante. Nel senso che mi fotto da solo. Come già detto e (s)fatto.
Se non mi va di fare qualcosa e di farmi quelle da me amate anche solo col pensiero, anche perché ricevo soltanto pene, è solamente perché le mie donne trasognate hanno i loro cazzi. Appunto.
Sì, pretendo quella sposata e culturalmente sistemata. Ma, in fin dei conti, che me ne faccio di un’insegnante che lava i piatti, smacchia i lavativi e che è lasciva solo dopo aver asciugato le posate? Cioè le sue colleghe ancora più frustrate di lei. Sì, sono talmente frustrate che hanno oramai solo fame da buone forchette del salame del macellaio, non quello del marito che le tradisce con delle porchette nel suo pollaio.
Sono terribili queste donne. Passano le loro giornate, scambiandosi confidenze da cornute che non conoscono più l’aroma (det)ergente dell’uomo che delle fallite non si accontenta e, da esigente, pretende migliori pretendenti.
Sì, uomo intelligente senza precedenti. Tant’è che nessuno/a lo caga e, sporcato da tanta indifferenza, non ha più niente. Nemmeno i soldi per lo spazzolino e per potersi, dunque, pulire i denti.
Un uomo decadente, eh sì. Mi pare ovvio. A me pare anche che mangi solo le uova.
Sì, c’è più gusto nella masturbazione, nel farsi la sega soprattutto mentale. Poiché, una volta che l’amplesso s’avvera, m’immalinconisco e, nel tramonto più languido della rossa sera, dopo tanta scaldante serra, medito melanconicamente a quel che sarà un domani quando, all’alba, Sara se ne andrà e solo sarò ancora come ieri nel mio emozionale deserto del Sahara. Se mai fui, eh già, non in lei ma in me. Sì, perché non l’avrei mai scopata se fossi stato sobrio. Lei mi ubriacò in virtù della sua danza del ventre da donna poco virtuosa eppur, ardimentosa, ogni mia rigidezza… drogò e scalmanò, ammosciandosi poi in un urlo placidamente declinato al gemito soddisfatto come un uomo dopo l’acme dello svuotamento da richiamo della foresta e dopo troppe volgari feste.
Sì, guardate, scopare non è un granché. Tanto domani devi farti un’altra volta il culo. E poi s’insudicia tutto a terra. Bisogna lavare il pavimento, dar di bianco sul cemento e andare a far ancora la spesa, sperando d’incontrare un’altra cassiera che ti abboni lo scontrino del suo dessert del dopocena.
E che fai? Diventi fan dello youtuber lambrenedettoxvi? Uno che ha da poche ore rilasciato un video declamatorio, demagogico e illogico, intitolato Ragazzi di vent’anni per voi è finita, in cui nel suo caravanserraglio di scontate scemenze a buon mercato, urlando come un venditore del rione ortofrutticolo, grida appunto che lui aveva già capito tutto dai tempi della caduta del muro di Berlino.
Che c’entra la caduta del muro di Berlino e la fine dello sciovinismo col suo discorso ecumenico e cretino?
E poi ci lamentiamo che le ragazze sensibili come Christiane F. siano finite allo zoo e questo zoticone non sia stato ancora preservato dall’estinzione? No, tutt’altro. Fa anche il gran signore.
Fa di tutta erba un fascio. Ma a quale schieramento ideologico appartiene? Sì, è un fascista, un fancazzista o, come molti paraculi, un equilibrista? Quindi, lo assumiamo al circo come trapezista. Anzi, sbattetelo nella gabbia dei leoni e poi la finirà di fare il volpone.
Sì, lui sostiene che la sua azienda è ferma da mesi e che è dunque nella merda. Attesta, con tanto di attestato, che gli scrivono tremila persone al giorno. Sì, un quarto degli iscritti al suo canale. Col quale, grazie alle migliaia di visualizzazioni in cui sputtana tutta la politica italiana, diffamando dal primo all’ultimo parlamentare col suo folcloristico, carnevalesco modo di fare da fanfarone, pensa che io sia, come tutti gli altri del porcile generale, un coglione da (s)fottere in maniera sesquipedale.
No, lui guadagna grazie alla partnership e alla pubblicità dei suoi fedelissimi adepti analfabeti, aumenta il suo conto in banca coi clic delle persone disperate e/o annoiate che rendono la sua rendita più remunerativa degli stessi enormi numeri che dà nel suo sciorinato, vomitato campionario di luoghi comuni peggiori di quelli del lido di Venezia.
Questa gente mi ha davvero rotto il cazzo.
Gente che campa coi contributi interstatali di quelli che non sono neanche provinciali contribuenti poiché, nella loro frazione denuclearizzata, sono tutti scoppiati più della bomba atomica.
E, deflagrati totalmente, passano le giornate a rifarsi una vita? No, gli occhi sulle bombe dell’ultima modella di Instagram che, almeno per mezz’ora abbondante, riscalda le loro ansie da maggiorata per mentali minorati. I loro sogni perduti caldeggia, incitandoli all’azione… spronandoli forse solamente alla masturbatoria eiaculazione del dolce far niente dalla prima colazione all’ultimo cazzone. Ah, questi sono i più fortunati. Ad alcuni, talmente distrutti, sedati da psicofarmaci antidepressivi potentissimi, nemmeno più tira. Al massimo possono rimediare… una notturna polluzione nel momento in cui finalmente se la dormono quando, invero, è dalla nascita che se la son dormita.
Ah, se la tirano pure, appunto.
Contatto l’ufficio stampa della Biennale, chiedendo come mai si stiano attardando quest’anno a diramare il calendario delle proiezioni. Sì, il programma ufficiale è uscito ma che ne facciamo del “palinsesto” se non sappiamo a che ora e in quale giorno programmeranno, che ne so, Ad Astra?
Come dire? Sì, parcheggi davanti a una multisala, sai quale film vuoi andare a vedere. Entri, stai per dare i soldi, appunto, alla cassiera ma lei ti dice che non sa quando inizierà lo spettacolo.
Peraltro, hai pure sbagliato giorno perché il film che volevi vedere, cazzo, lo danno il giorno dopo ma ancora non sanno perché forse non lo daranno neppure domani.
Sì, non s’è mai vista una cosa del genere. Riusciremo almeno a vedere Joker?
Siamo quasi a Ferragosto e il Festival inizia fra circa quindici giorni.
Hanno aperto le biglietterie di Boxol.it a che pro?
Quest’anno sono un accreditato stampa. Perciò, Boxol stavolta non mi serve. Ma, essendomene iscritto anni fa quand’ero un comunissimo spettatore pagante, ogni anno mi spediscono le notifiche automatiche.
Mando allora una mail alla direttrice dell’ufficio. Mi risponde che oggi dovrebbero diramare, sul sito ufficiale della Biennale, il calendario con tutti gli orari precisi.
Però, sarà quello destinato al pubblico degli spettatori paganti. Il calendario per gli avvantaggiati, cioè gli accreditati, non si sa quando uscirà.
Avvantaggiati di che?
Lo spettatore normale non è costretto a guardare un film per lavoro. Se non lo ispira, come si suol dire, non ne prende il biglietto.
Il critico invece, categoria a cui quest’anno ufficialmente appartengo, grazie alle mie giornalistiche collaborazioni sempre più intense, deve obbligatoriamente guardare anche i film che, istintivamente, non lo stuzzicano. Sennò, lo licenziano.
Come dire… traslando la stronzata succitata… devi scoparti una orribile altrimenti poi non avrai i soldi per pagarti da mangiare e mi sa che sarà molto dura anche scopare solo a terra.
Forse rivedrò anche il mio amico Johnny Depp. Il signor Johnny lo vidi due volte a pochi centimetri da me. La prima volta per La vera storia di Jack lo Squartatore, la seconda per Neverland – Un sogno per la vita.
Non scherzo, entrambi questi film furono presentati a Venezia. Tu, invece, non sei più presentabile neanche per tua sorella. Fidati.
Mah, comunque dalla vita ho capito che è inutile farsi troppe illusioni. Puoi sognare, va benissimo, puoi crearti l’isola che non c’è, startene nel tuo mondo immaginario come Sir James Matthew Barrie ma se svolti l’angolo potresti trovare la tua ragazza sgozzata da un maniaco assassino come Jack the ripper.
A me fortunatamente questo non è mai successo.
Ad esempio, nel 2003 conobbi una di Trieste di nome Roberta. Già ve ne parlai, giusto?
Lei era impaurita da un tizio che abitava nei suoi paraggi. Secondo lei, prima o poi al buio, al suo ritorno dal lavoro, l’avrebbe aggredita.
Le chiesi se sapesse dove abitasse quest’uomo nero delle favole.
Al che, mi recai sotto il suo portone. Suonai al citofono di tale Charles Manson di quartiere.
– Chi cazzo è a quest’ora?
– Senta, può scendere giù? C’è un pacco regalo che l’aspetta.
– Non è possibile. Il corriere SDA non fa consegne a quest’ora tarda della notte.
– Ha ragione. Comunque scenda, le devo parlare. Ho bucato le gomme della macchina. Mi serve qualcuno che m’aiuti. Non ho trovato nessuno in zona a darmi una mano.
– Va bene. Se però è uno scherzo o lei è un malintenzionato, giuro che chiamo la polizia oppure la riempio di pugni.
– Ma si figuri. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Esca, forza. Ne uscirà sfigurato?
– Senti, testa di cazzo, adesso scendo e te le suono.
– Ah, a proposito, prima di suonarle a me, metta a posto il citofono. Ho dovuto spingerlo cinquemila volte. Poi ha funzionato. È un po’ come lei, sa? Lei è suonato da un pezzo ma se la canta da solo.
– Ora hai esagerato. Aspettami, figlio di puttana. Non scappare, eh?
– Ah, ci mancherebbe. È lei che dovrebbe di più scopare.
– Basta! Fra due minuti ti ammazzo!
Lui scese.
– Scusi, è lei il maniaco che spia Roberta?
– Ma che dice? Ora ti spacco la faccia! Vedrai poi che faccia farò, riderò come il Joker.
– In effetti, ha ragione. Con la faccia che ha, lei spaventa solo sé stesso.
Ecco, quest’aneddoto è di pura invenzione ma comunque è vero che fu un bel periodo quel 2003 con Roberta.
Indubbiamente ero un bell’uomo, quasi quanto il Depp. Anzi, il confronto con lui non regge, sebbene anche Johnny sia uno lontano dal gregge e soprattutto da lei, signora, ché mai legge.
Ovviamente lo batto con la sola alzata birichina del sopracciglio sinistro accentato su un’espressione da Mickey Rourke senza rimmel. In quanto io sono sempre (al) naturale.
Molte donne fanno a gara per vedermi en nature.
Ma, scusate, alla verdura appassita di queste squallide fruttivendole, preferirò sempre la mia (s)fregatura.
Ora, in Sala Grande danno i film in Concorso alle 20.30, al PalaBiennale gli stessi film mezz’ora dopo.
II film invece che voi, poveri illusi, vi fate ogni giorno, lo programmano soltanto dallo psichiatra presso cui siete in cura.
E ve lo posso dire? Anche in culo.
Sì, posso andare avanti alla meno peggio, alla bell’è meglio ma mi sa che, visto che non mi sputtano, quindi non farò mai il gigolò a pagamento, dato che non rispetto i prostitutori appuntamenti, in questo sistema di venduti, mi servirà un atto da Coraggioso…
Ricordate: Sansone crollò ma fece crollare tutti i filistei, cioè il mondo intero, i falsi e gli ipocriti.
Distruggendo sé stesso ma massacrando anche tutti coloro di questo temp(i)o.
Concludo con una cosa molto triste ma vera come la vita.
Successero parecchi casini qualche anno fa. Io reagii a delle scriteriate, stupide provocazioni, volendo fare il giustiziere della notte.
Mi chiamò il PM.
– Senta, Falotico. Ho capito. Lei è molto incazzato, ha perso la testa perché qualcuno la sta stalkerizzando in maniera vigliacca.
Però ci sono molti però. Non ha molte prove alla mano e sa meglio di me che, anche se si ha ragione, non si possono combinare casini.
Allora, le sarò franco. Le posso dare un mese di arresti domiciliari oppure prescriverle una perizia psichiatrica.
Cosa sceglie?
– Lascio rispondere il mio avvocato.
– Avvocato, quale delle due opzioni crede che sia la più vantaggiosa per il suo assistito?
– Se prende i domiciliari, per quanto innocui e brevissimi, avrà la fedina penale sporca anche se, le ripeto, pubblico ministero, che il criminale è l’altro. Il mio assistito ha solo dato di matto. Perché il troppo è stato troppo.
– Allora gli prescrivo una perizia.
– Sì. Così se dalla perizia emerge che il mio assistito è rimasto scioccato in seguito a quest’osceno bullismo, verrà anche giustamente risarcito.
Il mio avvocato, ingenuamente, pensò di farmi del bene. Era profano in materia di giochini giudiziari.
Vi spiego. Se tale medico legale di tua sorella avesse scritto che ero solo incazzato ma sanissimo e, invece, il giorno dopo avessi davvero commesso una strage, lui sarebbe stato radiato dall’albo e sbattuto a dovere.
Dunque, per tagliare la testa al toro, scrisse che soffrissi di disturbo delirante paranoico.
E accadde una tragedia.
Ora, a me piace cambiare nella mia fantasia i finali dei film.
Prendiamo L’ultimo dei mohicani di Michael Mann.
Uncas è più debole dell’orco Magua. E Magua lo uccide. Al che, la ragazza di Uncas, Alice Munro si uccide a sua volta.
Il padre di Uncas fa un culo come una capanna a Magua. Cioè lo uccide.
Mettiamo invece che Uncas, miracolosamente, non fosse morto.
Dalla profondità del dirupo, avrebbe urlato a suo padre di fermarsi.
– Aspetta, lasciami riprendere, lasciami crescere. Se lo ammazzi tu, diranno che il mio paparino ha vendicato un bambino tanto debolino. Ci penserò io.
Perché Uncas, crescendo, avrebbe massacrato Magua.
Sì, ve la racconto.
Magua se ne sta nel suo covo.
– Sai, Magua, Uncas ti sta cercando.
– Chi, quel povero ragazzone coglione? Vuole morire sul serio, stavolta. Ah ah.
– Magua, Uncas adesso è molto più forte di te.
– Ma davvero? Ah ah, che ridere.
– Sì, in verità ti ha già trovato. È fuori da questa caverna. Ti sta aspettando. Vado a dirgli che lo raggiungi appena avrai finito la cena?
– Ah ah, ok.
Magua finisce comodamente di mangiare come un porco ed esce piano piano dalla caverna con un sadico, strafottente sorrisetto stampato in volto.
A quel punto, calano le tenebre.
Ecco, lasciate stare comunque le vendette.
E che volete fare? La fine di Samuel L. Jackson de Il momento di uccidere?
Gli idioti vanno perdonati.
E smascherati.
Bene loro è stato come un vestito rosa da femminuccia.
Un’onta indelebile come un trucco incancellabile da pagliacci orribili e mostruosi.