Demoni sotto una pelle “mostruosa” e folle
Sono lieto e davvero entusiasta d’esser il primo a recensire il film vincitore del Leone d’Oro di questa Mostra del Cinema.
Avevo pensato d’inserire le recensioni dei film da me visionati alla rassegna veneziana in ordine cronologico, ma devo, orgogliosamente, cambiare i “piani”, e dar priorità al film di Sokurov.
Ho tifato che vincesse, trepidante fino all’ultimo perché, a mio parere, è un’opera imbattibile.
Sokurov e le smisurate ambizioni che s’infrangono nel suo pensar(la) in grande, imbrunendo in immalinconiti “idioti” che vaniloquiano con le ombre della loro decadenza, con lo Spirito immortale della condizione umana e a essa genuflessi per poi intorbidirsi in passeggiate da viandanti “tristi”, ammorbiditi perché ammorbati dal comune disprezzo della frivolezza, d’anime incagliate nei loro sudori giornalieri, “idioti” remoti dai circoli pettegoli e dal comun “convivio” che, mesti, aspiran la levità dei flussi di coscienza, la “tetra” immobilità d’una insaziabile esigenza psichica d’origine “genetica” o di morfologia della propria anima, che s’affama di ricerca ossessiva, indaffarata a esplorarsi, a vivificarsi in spellate, nude fughe senz’approdi o dell’eterea, mareggiante Pace senza Tempo, immersa nelle sue ignote danze coi respiri.
Monumentale capolavoro d’infiniti rimandi, arabesca evasione dal futile che s’inteporisce in “indecifrabili” anfratti e ne capta arcani profumi d’eterni infiniti, d’un “pazzo” che si vende a un “mostro”, un deforme, malefico vecchio d’intaccabile saggezza.
Ho sempre pensato a Cristo come a un messia salvatore, una guida spirituale per noi tutti che ambiamo al Senso della Vita, mutandoci a ogni sospiro decantandolo nell’“acceso gelo” della nostra fervida, intrepida mente. D’una mente empatica all’anima, al suo coagularsi per rabbrividire nella “pioggia” e perdersi tra foreste di fulgido, autunnale splendore.
Sokurov piange e parla col suo protagonista, lo “segue a mano”, tra scatti nervosi di sghembe invenzioni pittoriche d’immaginifica visionarietà, primi piani “spauriti nel loro dolore”, sequenze che “roboan” ammaliando la “polvere”.
Capolavoro di uomini e sull’Uomo, homunculus o specchio che s’astrae, metafisico, nell’anima, smorendole “garbato” per poi vivificarlo, infiammate lagrime per il nostro Paradiso e l’oltre, sempre oltre.
(Stefano Falotico)
Chapeau!
Firmato il Genius