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Ho dei dubbi che The Irishman, riguardando Scarface di De Palma, sia un capolavoro così come credo che DiCaprio non meriti di avere più nomination di Al Pacino


26 Dec

scarface poster

Parte goliardica da Porky’s. Non ho detto da porci, da Porky’s, il famoso film di Bob Clark che all’epoca fece scandalo ed è invece solo una sorta di Scuola di polizia senza pulizia, ah ah

Sì, The Irishman è un capolavoro? Secondo una falange di critici, irrimediabilmente perdenti o solo pendenti dalle labbra di Scorsese, lo è, indiscutibilmente.

Una panoramica e parabola malinconica, di natura proustiana, sulla caducità del tempo, filtrata attraverso la coriacea ottica, senza retorica, di un uomo apparentemente fallito.

Un Frank Sheeran incarnato da e in De Niro statuario, apoteotico simbolo gangsteristico di altri “loser” celeberrimi da lui stesso resi celebri.

La segmentazione, l’ideale prosecuzione, la rigenerazione ad libitum nella deaging granitica, robotica della sua leggendarietà attoriale, trasfusasi in una CGI opinabile, forse non del tutto perfezionata, aspramente criticata dai maniacali certosini snob da prendere onestamente a testate, non giornalistiche.

Le classiche personcine perennemente scontente, eternamente insoddisfatte alla ricerca d’una idealizzata perfezione, d’una intoccabile purezza e completezza che invece è quanto di più brutto possa esserci, non solo nel Cinema, bensì nel concetto stesso di bellezza in senso alato e anche lato b.

Una perfezione dunque illusoria, irrealizzabile, fantomatica e oscena. Inculante.

Per esempio, a mio avviso, non è bellissima una donna esteticamente, a prima vista, perfetta. È semmai un manichino palestrato adatto a facili gioie ormonali di natura prettamente eiaculatoria, masturbatoria, dunque untoria e poco romantica, sebbene abbia sortito l’eccitazione con tanto di spermatico spumante fantastico. Ah ah.

Poiché, si sa, la donna vestita in abiti attillati, dunque attizzante, scatena il capriccio schizzante d’ogni macho membro di tal mondo oramai alle strette e alle tette, cioè succhiante solamente l’istinto genetico e primigenio di tale imbuto da poppanti ingenui. Esternatosi nello sfogo estemporaneo della frustrazione quotidiana da riversare in un fazzoletto ove espellere e depositare ogni ira e ogni stress pressante dopo averlo avuto tutto in tiro per un finale che sembra brillante, invece è solo maleodorante. Ah ah.

Impazzano le donne perfette su Instagram, sfilando in una vetrina da macelleria di corpi monumentali fotografati e scanditi, distillati in regolare reiterazione anti-emotiva, anti-empatica. Sinceramente antipatica.

Sì, vedi un bel culo e sodamente qualcosa s’ingrossa indubbiamente tangibile e presto incandescente per la lavica colata da lì fuoriuscente. Ma è un tirarsela momentaneo che svanisce presto come la non durevole erezione d’un mondo oramai fottuto nella perdizione, asfissiato e spremuto, unto e bisunto nello sbraco collettivo e nei gemiti edonistici d’una società arrivista e impunita. Diciamocela, sputtanata.

Insomma, una donna è bella a cazzo mio. Non sopporto più questi corpi che non emanano vero calore dell’anima, detesto queste donne di poco cuore che vorrebbero sprigionare ardore quando invero sono soltanto poco signore. Ma per favore!

Sul sito Gli spietati, leggo recensioni, in merito a The Irishman, da farmi accapponare la pelle e incazzare, scritte alla buon’ora da parte di uomini senza palle che non meritano manco una suora. Una suola, sì, cioè una pedata per sbatterli nella topaia del loro solaio.

I quali ebbero l’ardire di scrivere certa roba:

Scorsese vira troppo all’Affresco Americano tipo Oliver Stone, rischia di sovraccaricare lo spettatore di informazioni e perde un po’ il controllo della situazione. Il film si sfilaccia, sbanda, annoia, per poi riprendersi nella parte finale (tutta l’escalation di suspense umana ed emotiva che culmina nell’uccisione di Hoffa da parte di Sheeran) che si chiude definitivamente, però, con un rischio di pietismo senile evitato per un soffio (ma comunque evitato).

Certo, si tratta di un bel film, ci sono momenti alti, indubbiamente bellissimi (la telefonata di Frank Sheeran alla moglie di Jimmy Hoffa) e De Niro trova il personaggio perfetto per dare un senso compiuto alla sua recitazione sempre più statica e rarefatta. Ma l’ultimo di Scorsese rimane un film smisurato, diseguale e forse incapace di giustificare a pieno i 210 minuti richiesti per poterne godere.

Lasciando stare le escalation e ogni “eiaculation”, aveva ragione Adriano Celentano. Questi critici della minchia sono in piena zona svalutation. Ah ah.

Sì, si fanno i pompini a vicenda in questa Pulp Fiction di troiate. Angelo Bruno/Harvey Keitel lo sa, lui è Mr. Wolf, cari volponi. Poveri cazzoni!

Suvvia, guarda quello. Crede di essere Joe Pesci, in realtà è quello che è, ovvero un pescivendolo.

Molti di questi critici s’infervorano come Al Pacino/Tony Montana di Scarface.

Sì, Al è bestiale. S’incazza di brutto quando sua sorella, la Mastrantonio, va nel bagno con l’amante semi-siculo tutto impomatato e di sé sicuro che prima le tastò il culo per poi darle il gel alla Tutti pazzi per Mary.

Sì, ah ah. MARY Elizabeth Mastrantonio, donna che piace a ogni uomo di nome Anto’, in americano Anthony. Come il Provenzano/Stephen Graham e tutta la compagnia di omonimi. Ah ah.

Sì, in questa vita da falli, no, falliti, fate i trenini come nelle catene di Sant’Antonio e pensare che, in Italia, avemmo pure Lietta Tornabuoni. Che come donna era più brutta della Mastrantonio di The Punisher, come critica abbastanza buona ma non buonissima. Cioè severa nei giudizi. Ah ah.

In entrambi i film di Brian De Palma con Al Pacino, dunque il succitato Scarface e Carlito’s Way, vi sono sequenze al cardiopalma, appunto, nei bagni sporchi e fetidi delle discoteche e stanze con dipinti di rosse palme. Ambienti per donne strafighe come Michelle Pfeiffer ma anche per uomini e donne da De Filippi. Da gente che non possiede il vivo nitore delle sessualità (im)pure del Cinema di Pedro Almodóvar.

Grande uomo, Pedro. Uomo che non è un uomo ma ama le donne e pure gli uomini. Ah ah.

Evviva Rossy de Palma con la d minuscola e la sua faccia da Picasso. Cazzo!

Bagni merdosi ove il corrotto avvocato Sean Penn tastò la mulatta, lei l’allettò, anche allattò nella latrina e non in un comodo letto. Sean spalmò quello che sapete e poi fece il botto, sudando freddo in ospedale come se fosse macchiato d’olio. Ma, dopo tutto quest’accaloramento riguardo The Irishman, sto qui a riflettere come De Niro. Nella solitudine delle mie malinconie decadenti.

Purtroppo, mi spiace per Scorsese. Scarface è un film superiore a The Irishman. Poi, con tutto il bene che posso volere a Bob De Niro e ad Al Pacino, C’era una volta in America e Scarface sono più belli. E loro erano davvero più giovani, più cazzuti, più fighi e forse anche più bravi. In Scarface si respira una forza immane. Una passione quasi cristologica di livelli abissali. Con questi colori incendiari e la stupenda fotografia cremisi di John A. Alonzo, con queste impressionanti scenografie kitsch. Quasi trash!

Pacino, rosso di rabbia e super permaloso. Pacino, sì, fuori di testa, megalomane e senza freni, ringhiante, animalesco, manesco, puttanesco, con queste scene di gelosia indimenticabili e strazianti, con questo ritmo isterico, con una colonna sonora da brividi. Ce la vogliamo dire?

Senza nulla togliere all’originale, lo Scarface con Al e Michelle Pfeiffer è una genialata derivativa, certo, ma partorita dalla fervida mente d’uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, Brian Russell De Palma.

Allora ha ragione Mereghetti. Prima diede a Scarface due stellette e mezzo. Quindi tre. Ora è passato a quattro. Cioè capolavoro assoluto. Il Cinema di Brian De Palma è un delirio totale così come la discesa nella scalinata di Joker, così come John Rambo. Cioè, quando parte in quinta, non ce n’è più per nessuno.

Un Cinema energico e furioso, voyeuristico, anche nichilistico, senza psicologie olistiche né stronzate utopistiche. Senza riflessioni didattiche, senza panegirici e spiegazioni da inutili teorie quantistiche e scientifiche, un Cinema che spinge in maniera costruttivista. A volte è fancazzista, a volte hitcockiano, a volte ti spupazza, ti strapazza e di emozioni sanguigne t’ammazza.

Spinge nel “push”.

Ricordate: d’altronde, Brian è il regista de Il falò delle vanità. E ho detto tutto… Ah ah.

Parte seconda: Brian De Palma appartiene alla New Hollywood ma, a differenza di Scorsese, Coppola e Spielberg, mai vinse un Oscar

Una doverosa precisazione scabrosa più di Omicidio a luci rosse e Vestito per uccidere, più agghiacciante di Blow Out.

Fu colpa di Al Capone e dell’era del Proibizionismo? Sì, pure altri geni come David Lynch e Cronenberg non possono fregiarsi di un Oscar. Ma almeno furono candidati.

De Palma manco questo.

Sì, al giuria degli Academy Awards dev’essere come John Lithgow di Doppia personalità. Prima disse e dice che quasi tutti i film di De Palma sono capolavori, poi non li candida per la statuetta.

Ultimamente, Brian deluse non poco anche i suoi più accaniti ammiratori. Al suo Domino è preferibile, pensa te, il Domino di Tony Scott.

Brian De Palma può non piacere.

E ora la sparerò grossa. Non essendo mai stato premiato né nominato, a parte Mission: Impossible, a Brian non diedero molto credito, di conseguenza neanche tanti danari.

Ma è più grande di Scorsese e Coppola.

Purtroppo, sì.

 

di Stefano Falotico

A proposito di De Niro e Pacino di The Irishman, perché nessuno parla di Righteous Kill? Ne parlo io, un uomo “b movie”, arrabbiato come il detective Rooster


28 Nov

heat

padrino parte seconda

PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION.

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Ah ah.

Sì, Pacino e De Niro, assieme a Jack Nicholson, Dustin Hoffman e forse Robert Redford, sono considerati gli attori più iconici dei seventies.

Gli unici due della loro generazione, fra l’altro, a non aver mai girato un western.

Per tempo infinito, vissero d’una profonda rivalità.

Tant’è che, quando si parla di loro due, al cinefilo sorge spontanea la domanda: chi è il migliore?

Mi ricordo che, tanti anni fa, nella landa desolata di Matera, durante un’estate della mia adolescenza mai carnalmente vissuta, ah ah, bensì sognante la metafisica di Hollywood, alloggiando nel paese natio dei miei genitori, in Basilicata, durante un pomeriggio assolato, mi recai al più grosso videonoleggio, per l’appunto, del capoluogo lucano.

Un’intera parete era tappezzata delle VHS dei film con De Niro e Pacino. Sì, tutto ciò avvenne prima dell’avvento dei dvd, dei Blu-ray e soprattutto dello streaming.

Anzi, per l’esattezza, su una mensola erano collocati i maggiori film con De Niro e, in quella adiacente, quelli più importanti con Pacino.

Al che, entrò un altro cliente-avventore e noleggiò un film con De Niro. Perdonatemi, non mi ricordo quale affittò ma invece precisamente rimembro cosa poi successe assurdamente:

Il cliente afferrò la VHS e la consegnò al gestore:

– Ah, stasera, gusterò Prima di mezzanotte col più grande attore del mondo.

– E chi sarebbe il più grande attore del mondo?

– Be’, c’è bisogno di chiederlo? Ovviamente, Bob De Niro.

– Lei ne sarebbe così sicuro? Sa che Prima di mezzanotte è di Martin Brest, regista peraltro di Scent of a Woman?

– Ah sì? Grazie per la preziosa informazione. No, non sapevo che fosse dello stesso regista. Quindi?

– Quindi, lei sa che Pacino vinse il suo primo e unico Oscar quando De Niro, più di dieci anni prima, ne aveva collezionati già due?

– No, non lo sapevo. E con questo?

– Ecco, secondo me è un’ingiustizia assoluta. Poiché è Pacino il più grande attore del mondo!

– Suvvia, non scherziamo. De Niro non si tocca. Lui è l’eterno Al Capone, inoltre, de Gli intoccabili.

– Sì, di Brian De Palma. De Niro, dopo alcune particine abbastanza irrilevanti, divenne amico proprio di De Palma. Ma Pacino fu più grande di De Niro per De Palma. Vorrebbe venirmi, forse, a dire che le sue interpretazioni in Scarface e Carlito’s Way sono paragonabili, tralasciando The Untouchables, a quelle, sì, ottime di De Niro in Ciao America e in Hi, Mom?

Così come, vorrebbe forse obiettare sul fatto inequivocabile che Pacino fu un Mefistofele, ne L’avvocato del diavolo, decisamente una spanna sopra il De Niro/Lucifero, anzi, Louis Cyphre di Angel Heart?

E sa che le sputo ora in faccia? Pacino, in Heat, non vede proprio De Niro. Prendiamo la celeberrima scena del diner.

De Niro si limita a motteggiare qualche frase a capo chino, parlando quasi a monosillabi. Invece, l’incubo raccontato da Pacino è più lungo, più dettagliato, magnificamente recitato.

E sa che le aggiungo, pure? Pacino è sempre stato più figo di De Niro.

– Ma per l’amor di dio! Lei sta bestemmiando! Ora, visto che preferisce Pacino, parafraserò come Frank Slade del profumo di donna… entrerei col lanciafiamme in questo videonoleggio!

Robe da matti. Affermare che Pacino sia più talentuoso di De Niro, oddio, è una blasfemia!

Si vergogni! Vada a confessarsi, per la Madonna di Cristo in croce!

– Invece, io ritengo e ribadisco, impunemente, che sia Pacino il più grande. Che mi rappresentò, per esempio, quell’Oscar come miglior attore non protagonista a De Niro per Il padrino – Parte II?

E l’Oscar come protagonista a Pacino dove lo mettiamo? Fra l’altro, perché premiare come protagonista Marlon Brando per il capostipite, Il padrino, e candidare soltanto come non protagonista il mio Pacino?

Fu lui il protagonista! Questo è nonnismo, cazzo!

Sì, è ingiusto. Così come fu abominevole non dare l’Oscar a Pacino per …e giustizia per tutti!

Pacino, viva Pacino! Abbasso De Niro!

– Guardi, a questo punto, non noleggio più niente da lei.

– Sì, lei è un ammiratore sfegatato di De Niro. Scommetto che le piace persino The Fan. Le vorrei chiedere anche questo. Qual è la sua squadra di Calcio del cuore?

– La Juventus.

– Ecco, lo sapevo. Lei dovrebbe tifare per l’Inter. Lei non capisce un cazzo. Non sa niente di Cinema e di Calcio.

Anzi, ora faccio la sparata alla Al Pacino!

Sua moglie è come la consorte di Nanni Moretti in Aprile.

Al Pacino, in Heatè sempre più bello.

– E sempre più basso!

– Ti sei scopato (a) mia moglie?

– Sì, amo De Niro di Toro scatenato!

– Lei è un cornuto!

 

Sì, stanno accadendo episodi strani nella mia vita. Durante il periodo delle scuole medie, nel mio quartiere spadroneggiava la ragazza dei nostri sogni. Quella inarrivabile, la fantasia erotica idealizzata dai nostri patetici desideri puberali, pre-adolescenziali del cazzo.

Tutti i maschi, appena la vedevano in autobus, impazzivano.

Da poche ore, costei mi ha chiesto l’amicizia su Facebook.

– Sei davvero tu? Come mai mi hai chiesto l’amicizia? Da giovani, parlavamo tutti di te ma tu manco mi conoscevi. Anzi, neppure adesso mi conosci.

– Sì, ma ho appena visto che abbiamo un’amicizia in comune. Guardando le tue foto, devo ammettere che mi piacerebbe esserti amica…

 

Sapete la verità?

Vedendola invece io, in foto, devo esservi sincero.

Non è così figa come si diceva. Chissà che minchia vedemmo di bello in questa qua.

Non è un granché, a darglielo tutto, no, a dirla tutta.

Io sono molto più bello di lei, se vogliamo essere onesti.

Anzi, sapete che vi dico?

Sono pure più bravo di De Niro e Pacino.

Purtroppo, è così.

Insomma, questa mia vita è stata, come dice Pacino in Heatun disastro assoluto.

Così come Pacino di Sfida senza regole, idolatrai De Niro, prendendolo a modello.

Mi dimenticai però di questa qui del quartiere eppur mi feci dei grandissimi film in ogni posizione sul divano.

Poco altro, realisticamente scopando, no, parlando.

Dunque, come Pacino di Righteous Kill, sono veramente stufo di farmelo e riceverlo nello stesso posto da gente che spaccia e chissà per cosa o chi si spacci, da gente che millanta, ruba ma indossa la maschera dell’integerrima dignità falsa, da gente che delinque ma viene premiata, da gente che non sa usare non solo la Lingua italiana ma nemmeno quella che sta in bocca. Questa è tutta gente che fotté la ragazza più amata, per l’appunto, del quartiere. Sì, lei andò con tutti, tranne che con me. Anche perché la colpa fu mia. Me l’avrebbe offerta volentieri ma io scomparii dal mondo. Adesso è troppo tardi. Lei è diventata una zoccola ignorantissima, non sa neppure chi siano De Niro e Pacino. Scambia Pacino per Dustin Hoffman e Dustin Hoffman per Jack Nicholson. Da me, questa qui, lo prenderà solo nel culo. Ah ah.

Sì, vado matto per i b movie. Questi film sporchi, dimenticati, detestati, stroncati, dalla Critica alta inculati, snobbati, fottuti. Io sono il Critico per eccellenza. Impietoso con me stesso. Sì, la mia vita poteva essere un capolavoro ma la recensii malissimo. Devo rivederla…

Quindi, Sfida senza regole è un masterpiece. Così sia scritto, così come quella del quartiere sia (s)fatta e salutatemi sorrata! Comunque sia. Questo 2019 sarà ricordato anche per il grande ritorno di De Niro e Pacino dopo tanti film mediocri. Joker, The Irishman, C’era una volta a… Hollywood.

Per quanto riguarda la ragazza di FB, no, non è così bella come la ricordavo. Ma è sempre bella. Io invece sono meno pazzo di quello che potevo sembrare. Infatti, lo sono di più. Ah ah. Anche se a questa stronzata del pazzo non crede più nessuno, tantomeno io.

Quando mi curo, sono anche un bel ragazzo. Va ammesso, soprattutto a questa va messo, cazzo. Ah ah.

Sì, lei fu solo una leggenda metropolitana. De Niro, Pacino e il sottoscritto siamo leggende viventi.

 

di Stefano Falotico

JOKER legge il saggio critico di FilmTv dedicato a THE IRISHMAN di MARTIN SCORSESE, che Pacino!


22 Nov

ROBERT PATTINSON non mi convince come BATMAN: meglio il sottoscritto, uomo della notte and my transformation to play the JOKER character is amazing, superb, phenomenal


15 Nov

cosmopolis pattinson

Orsù, fratelli della congrega.

La notte sarà ancora lunga. Per far sì che non possiate annottarvi, no, annoiarvi, potrei qui annotarvi, no, recitarvi una filastrocca del signor Bonaventura ma io non sono un uomo semplice da Simona Ventura e quindi voglio cantare a voi un pezzo da uomo che, per sua natura, ama oggi la frescura e domani la calura.

Mamma mia, nel bosco v’è il lupo, oddio che paura!

Il Falotico, essere che plana su una società che perse il senno e, in seno al ritrovato sé stesso dapprima dagli ipocriti steso, non amerà mai una sempliciotta né un’educanda di nome Iolanda, neppure una lavandaia classista che frequentò il liceo classico per antonomasia di Bologna, ovvero il Galvani, poiché è uomo lontano dalla borghesia e da ogni sua sovrastruttura, visse per molto tempo di pane, amore e fantasia, di pene e ipocondrie, di malinconie e di grande noia ma, dopo essersi adombrato, oscurato, obliato e oserei dire anche obnubilato, dalle nubi del suo passato riapparve in forma smagliante, giammai più dai pagliacci inculato, bensì ancora poeticamente alto, di buon alito e velocemente alato, cammina a ogni dì con far spavaldo.

Anche quando indossa un liso pigiama, emana un fascino bestiale a pelle che attira una donna Gioconda di nome Mona Lisa e domani una triste di nome Luisa.

Egli è Babbo Natale e il 25 Dicembre suona la cornamusa a ogni vergine che non crede oramai più in dio poiché dai cinici amanti assai delusa, donandole una mousse succosa per dimostrare ai musoni che ci vuole dolcezza per ricevere carezze, di vuole tenerezza per amare le donne che vogliono la giusta, gustosa durezza.

Egli è bello, è un giovane baldo, conosce a menadito la realtà e n’è ben saldo, malgrado abbia pochi soldi nel salvadanaio.

In mezzo a tante cretine ragazzine galline che vivono nel pollaio, in mezzo a tanti galli cedroni che si credono fighi ma, a trent’anni, usano già il cerone, il Falotico, dinanzi a tale umanità pietosa, accende un cero e augura agli zombi, cioè ai morti diventi oramai rassegnatisi a una vita amara, di finire presto al cimitero.

Un uomo che l’incenerisce poiché non più poltrisce e, ribellandosi con furia, gli imbecilli punisce, zittisce e a tutti lo fa a strisce.

Poiché se costoro devono vivere solamente di frivolezza esagerata, di squallida mediocrità, di carnascialesca falsità e di stole ilarità, è meglio dunque il Falotico nella sua forse odiosa eppur cremosa, giammai criminosa, totale, nuda e cruda sincerità.

I suoi occhi sono quasi neri, neri come la notte ove si fa a botte, ove l’uomo pipistrello è anche poeta menestrello e spacca il culo a ogni teppistello.

Di primo acchito, questo Falotico potrebbe sembrare, invero, un coglioncello ma ha due palle così per esser riuscito a rifiorire come un fiore a primavera e a correre ancora come un leggiadro cervo che ama le favole che iniziano con C’era… una volta anche presso i Sassi di Matera.

Ce la vogliamo dire?

So che lo vorreste uccidere per questo, so che lo invidiate a morte ma è onestamente un genio.

Se non mi credete, fate bene. Siete uomini di panza e poca sostanza, uomini che vivono solamente di fandonie e sterili chiacchiere. Non sapete amare i favolisti da Cielo in una stanza.

Uomini, sostanzialmente, che non valgono niente.

Meritate una vita da idioti. Mica quella del Falotico.

Siete uomini che nessun progetto valido sanno stanziare, prendete in giro i barboni alla stazione e non sarete mai amici, a differenza del Genius-Pop, di uno dei migliori critici cinematografici italiani che scrive su Best Movie, ovvero Davide Stanzione.

Ah ah.

Il Falotico fu amorfo e oggi è invece polimorfico, sa essere come Johnny Depp, poi uguale a Joaquin Phoenix, quindi trasmuta in Brandon Lee de Il corvo in virtù solamente del suo fascino alla Al Pacino dallo sguardo torvo e torbido, eppur al contempo romantico, avvolgente e morbido.

Insomma, un pezzo da novanta che, in mezzo al 95% delle persone, cioè gli zotici, vale un sogno.

Buonanotte e buongiorno, c’è chi ama la vita dura, chi la vita diurna, chi quella notturna ma ricordate che sarà ancora una fregatura quest’esistenziale, feroce lotta di noi, oggi creature e domani pure, no, ancora uomini (im)puri.

In mezzo alla radura, spunta un uomo duro che fa gola e calore a ogni donna di bocca buona che lui sa ammaliare col solo potere della sua oratoria senza retorica, col solo valore della sua immensa cultura.

Poiché, anche senza fare un cazzo, eh già, sprigiona irresistibile forza eroica e potente classe erotica.

 

Signore e signori,

il Falotico.

Un uomo che batte Pattinson in tre secondi netti senza neppure togliersi la maschera da Joker.

Ah ah.

Un uomo, dirimpetto al quale, Jennifer Lopez se la fa nelle mutande.

Poiché, come detto, sa che le farà presto il c… o.

Ah ah.

di Stefano Falotico

Prendete lezioni da Al Pacino, non da questi buontemponi che si sono improvvisati attori su YouTube, siamo caduti davvero in basso


13 Nov

the irishman stephen graham

giustizia per tutti pacinoAl Pacino è un uomo che indossa splendidamente i suoi quasi ottant’anni di vita.

Firmerei subito un contratto con Mefistofele, con Belzebù e con De Niro/Louis Cyphre di Angel Heart, ah ah, per arrivare alla sua età come il suo John Milton de L’avvocato del diavolo.

Al Pacino, soprattutto in questo succitato film di Taylor Hackford, emana un fascino e un carisma bestiali.

Si atteggia a sapientone ma sfodera alcune espressioni che, se non sapessimo essere figlie di colui che conosce Shakespeare a memoria, potremmo scambiarlo per Adriano Celentano.

Sì, che poi anche Adriano non è mica il re degli ignoranti come s’è sempre detto. Questi sono appellativi appioppatigli da gente che non conosce la via Gluck e non ha mai letto I ragazzi della via Pál.

Classiche persone che se citi i ragazzi di via Panisperna, se ne saltano subito con la battutina prevedibilissima… chi? I c… zi di pen di sp… ma?

Basta, non ne posso più davvero.

L’Italia è un Paese ove vige un’arretratezza culturale che viene erroneamente scambiata per cultura colloquiale, per sapida brillantezza conviviale.

Cosicché, se parli di Nicolas Cage, ecco che che ti senti dire… chi? Nicolas Scheggia? Alle schegge ho sempre preferito le scoregge.

Quando è iniziato tutto questo?

Forse con un tipo di nome Charles Randall? Sì, il personaggio psicopatico di Sfida senza regole, film con De Niro e Pacino che, a mio avviso, sebbene disconosciuto da entrambi, non è poi così malvagio.

Anche qui viene inquadrata una trattoria italiana simile a Villa di Roma come in The Irishman.

Jon Avnet non vale Scorsese ma io mangerei eccome i Pomodori verdi fritti alla fermata del treno con Amy Brenneman. Che, in Heat di Michael Mann, recita la parte della bella figa giovane di De Niro, mentre in 88 Minutes incarna, molto più in carne, la passerina dello psichiatra profiler interpretato da Al.

Ecco, in passato incontrai uno psichiatra forense assai meno bravo di Al Pacino.

Lui, per via del fatto che gli confidai, quando mi eseguì la diagnosi, che adoravo Quel pomeriggio di un giorno da cani Serpico ma soprattutto …e giustizia per tutti, mi considerò “socialmente pericoloso” poiché incorruttibile, quindi poco adatto a una società ove la gente venderebbe pure il culo della madre pur di avere mille followers in più su Instagram.

Sì, è una società di luridi figli di puttana. E io non vado bene. Dico la verità e la verità non piace.

A dirla tutta, credo che io non possa fidarmi di nessuno.

Spesso sono come Robert De Niro, per l’appunto, di Righteous Kill, perfino Al Pacino m’invidia.

Mi adora così tanto per via della mia integerrima, morale integrità, che passa il tempo ad ammazzare la feccia poiché questi criminosi, viscidi esseri che strisciano come serpenti, secondo lui, è meglio che vengano fatti fuori subito.

Perché se la godono più di me, coglionando il prossimo. Ciò, a suo avviso, non è giusto.

Sì, lui pensa fra sé e sé: no, è orribile, è un mondo capovolto.

Gente che non sa neppure chi sia Al Pacino e lo scambia per Dustin Hoffman, cazzo, è stata furbissima e stronza, se la ride, se la spassa e tromba da mattina a sera mentre questo De Niro della periferia bolognese scrive una recensione meravigliosa su The Irishman, citando il regista degli outsider per eccellenza, ovvero Arthur Penn, ed è passato per matto soltanto perché, anziché passare l’adolescenza a farsi le canne, fingendo di studiare per fare felici i genitori, è sempre stato onesto con sé stesso.

Affermando che era già molto oltre gli adolescenti perdigiorno che guardano Il padrino e pensano che sia più brutto di una fiction prodotta da Pietro Valsecchi con Giorgio Tirabassi.

Sì, il livello d’imbarbarimento culturale iniziò forse con la rivoluzione industriale. Lo insegna anche Marx col suo Il Capitale.

È tutto un inganno, fratelli.

Puoi conoscere anche Amleto a memoria ma, se non sei una merda come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, non riuscirai nemmeno a vendere una penna.

Poi è capace davvero che diventi De Niro di The Fan. Lui non riuscì a vendere i coltelli e perse tutto.

Al che accoltellò perfino Che Guevara, ovvero Benicio Del Toro.

Ho detto tutto.

Morale della favola: non è vero che la vita sia per i coraggiosi, la vita è per chi ha fame.

Per chi ha fame di soldi e potere.

Una volta acquisito il potere, non importa come tu l’abbia ottenuto, semmai lucrando e mangiando la pelle e le anime altrui, puoi permetterti di decidere chi è il prossimo.

Di schernirlo, distruggerlo e annientarlo dall’alto del tuo cosiddetto prestigio e autorevolezza.

Dunque, non stupitevi se le stesse persone con la panza piena che acclamano Joker, poiché fa cool il pagliaccio truccato e assassino, metafora del mostro che alberga dentro ognuno di noi, sono spesso gli stessi che non stringerebbero mai la mano a chi, per distrazione, sbaglia un congiuntivo.

Gli stessi chiacchieroni che si dichiarano di Sinistra perché Sinistra, da tradizione, fa rima con cultura, aperta mentalità e vedute libere, ma poi sono gli stessi nei cui cuori albergano solo delle puttane da albergo a 5 Stelle.

Ma è gestito però dalla Escort di Salvini.

Be’, a dirla tutta, più che ad Al Pacino, io assomiglio a Sylvester Stallone di Rocky V.

Un tipo con più soldi di me mi offende platealmente.

Al che io a lui mi avvicino e lui, come George Washington Duke, mi dice:

– Avanti, pagliaccio, toccami e ti denuncio.

 

Sì, sono Fantozzi. Lui però è al traumatologico.

 

di Stefano Falotico

pacino de niro the irishman

Ho rivisto THE IRISHMAN in sala, cioè al Cinema Odeon di Bologna in Via Mascarella: è meglio che lo riveda su NETFLIX


04 Nov

irishmanPrologo, lungo quanto quello di… The Irishman prima dell’entrata in scena di Al Pacino

Dovete sapere che il nuovo film di Scorsese non è di Scorsese. Bensì di Bergman. Assomiglia molto a Il posto delle fragole. Solo che, al posto delle metaforiche fragole, De Niro rimembra il suo primo incontro avvenuto con Pesci dopo aver consegnato la carne in macelleria e dopo aver raccontato tutte le sue pene a Joe, mangiando il pane. Che poi spezzerà, alla fine, in carcere come Cristo all’Ultima Cena.

Sì, oggi pomeriggio, dopo un incontro decisivo per il mio solito futuro incerto, un futuro per cui arranco, di frustrazioni m’annacquo, sostanzialmente per il quale alla bell’è meglio m’arrangio, per cui ancora inciampo eppure con la stentorea voce della mia anima sostengo, anche se a stento, campando di stenti, dicevo… tornai a vedere The Irishman dopo averlo già visionato alla Festa del Cinema di Roma.

A Bologna esistettero due Odeon. Uno fu a luci rosse e forse lì potevate incontrare De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver, in trasferta felsinea, oppure Andrea Roncato di Acapulco, prima spiaggia… a sinistra.

Danzai tra la folla assiepatasi dietro la transenna. Sì, v’era molta gente, non pensavo. Tant’è che le maschere furono attorniate da quelli della sicurezza.

Di mio, ordinai un caffè dopo aver pisciato comodamente nella toilette per soli uomini.

Il film iniziò in perfetto orario e, al tintinnare dei primi titoli di testa, finalmente la gente s’azzittì. Rimanendo muta per tutta la visione di tre ore e mezza senz’alcuna interruzione fra il primo e il secondo tempo. Pubblico selezionato. Di bocca buona. Infatti, non mangiò nemmeno i popcorn. Ah ah.

Tutt’al più scolò bottiglie d’acqua a piccoli sorsi. Sennò poi tutte queste persone distinte e signorili sarebbero dovute andare in bagno, visto che il film dura infinitamente e cinematograficamente sazia parecchio ma, al contempo, bevendo così tanto, riempie anche le vesciche per pipì interminabili. Comunque, fra uno sparo e l’altro nel film, mi parve d’udire qualche schioppo sospetto. Ovvero qualche sottile flatulenza dovuta all’aerofagia. Ma peti comunque sempre rispettabili, sì, non troppo rumorosi. Ah ah.

Sul giornale, lessi che era doppiato, invece me lo sorbii di nuovo in originale sottotitolato.

De Niro m’è apparve gigantesco. Sia perché usa davvero i tacchi per sembrare più alto di quello ch’è, sia perché in molte scene è veramente grosso, iper-corpulento. Tant’è che, per l’adipe mista alla struttura muscolare del suo corpo senile ma ancora tosto, credo che durante le riprese soffrisse di colesterolo di due metri circa? No, sopra 200. Pare pure che abbia le gote gonfie come se avesse assunto del cortisone o, peggio, dei farmaci neurolettici.

Ve lo dico per certo. Non ficcatevi mai in corpo psicofarmaci come il Risperdal, Invega e porcate varie. Il vostro metabolismo ne risentirà. Assumeteli solamente se dovrete interpretare, di mimesi realistica, la parte di Frank Sheeran. Che fu, per l’appunto, un bisonte, un peso massimo.

I farmaci non servono a una minchia. Anzi, inibiscono la libido, alterano i testosteroni e, a forza d’ingoiarli, nel giro di pochi mesi diverrete un lottatore di sumo.

Per fortuna mia, dopo essere ingrassato come De Niro di Toro scatenato, sto velocemente tornando all’antica mia forma asciutta da Travis Bickle.

Tutto ne giova. Sì, assolutamente. Tant’è che volli immediatamente, dopo essere andato in bagno, entrare in sala poiché, alla vista di tutte le gran fighe in attesa d’entrare a vedere il film, vissi un’ormonale sauna.

Poi calarono le luci, altrimenti forse sarei stato denunciato per oltraggio al pudore e sarebbero calate solo le mie brache. Oh, avrei però incontrato il cugino di Russ Bufalino, interpretato da Ray Romano e lui m’avrebbe salvato grazie a un’arringa da Gregory Peck del Cape Fear di Scorsese. Ah ah.

Sì, comunque non è male come luogo… questo Odeon. No, non è come l’omonimo oramai decaduto ex cinema per adulti del quartiere Santa Viola ma è un posto ove, se non sai che cazzo fare a metà pomeriggio, qualcuna per farsi un film XRated si può trovare. Ah ah.

Comunque, era da tempo immemorabile che in tale cinema eccitante non mi recai. Mi ricordo che uno dei primi film che qui vidi fu Così ridevano di Gianni Amelio. Un film forse più tragico di The Irishman.

Sì, la storia di due fratelli emigrati al nord. Con un Enrico Lo verso che si sacrifica e si toglie tutto affinché suo fratello minore possa avere una vita migliore. Adora suo fratello e non vuole assolutamente che lui abbia una vita così dura come ebbe, forse ingiustamente, lui. Al che fa di tutto al fine che suo fratello possa diplomarsi al magistrale per garantirgli un futuro economicamente e socialmente più rispettabile del suo.

Il fratello però è parimenti troppo affettuoso nei riguardi del maggiore. Al che, Lo Verso/Giovanni ammazza un uomo ma suo fratello, Giuffrida/Pietro, si accusa di tale reato perché pensa che Giovanni abbia già sofferto abbastanza.

Insomma, una vita da Mio fratello è figlio unico. Ma non il film con Riccardo Scamarcio, bensì proprio da canzone di Rino Gaetano.

Sapete che io avrei dovuto chiamarmi Pietro? Ah ah. No, non scherzo. Infatti, all’anagrafe faccio Piero come secondo nome, modernizzazione di Pietro. Sì, avendo io origini meridionali, i miei genitori avrebbero dovuto chiamarmi, essendo il primogenito, peraltro figlio super unico a livello mondiale, infatti non esistono persone come me, cari fratelli della congrega, come mio nonno.

Mio nonno, Pietro, fu un uomo che non sapeva leggere, diciamo, benissimo. Però sgozzava le galline meglio di tanti fighetti bolognesi che s’attorniano di pollastrelle e fanno solo la fine di Joe(y) Gallo. Ah ah.

Intanto, oggi, già ieri lunedì 4 Novembre 2019, De Niro iniziò le riprese del suo nuovo film, After Exile.

La storia di un uomo che sbagliò tutto ma farà/fece di tutto per far sì che i figli non soffrissero/soffrano al pari di quanto lui patì.

Sì, De Niro rimane ancora il mio attore preferito.

The Irishman… voglio gustarmelo, libero da fighe fuorvianti, in casina. Quando lo ficcheranno su Netflix. Peccato che su Netflix non diano Casino.

No, non sono misogino come Sergio Leone di C’era una volta in America.

E non la penso come Francesco Alò riguardo il fatto che anche in The Irishman le donne abbiano un ruolo marginale.

Innanzitutto, è un film di gangster che fanno le prime donne, soprattutto Joe Pesci. Più permaloso di una con cui chattai ieri sera su Facebook.

Dopo tre parole, le scrissi che è un’ottima passerina e lei mi disse che sono un porcellino. Come lavoro, questa qui non è che faccia proprio la professoressa di Religione applicata alla Metafisica a Oxford, diciamo. Infatti, secondo me se la fa con tipi/topi come Russ Bufalino/Pesci. Sì, è viscidissima.

Meglio così. Avrebbe lasciato la sua puzza di Pesci, no, di pesce sul sedile posteriore della mia macchina come in un’oramai già famosa scena di The Irishman.

Anna Paquin è davvero una stronza. Non perdona suo padre per aver ucciso Al Pacino/Jimmy Hoffa. Che poi… lei si mette assieme a suo figlio adottivo, interpretato da Jesse Plemons ma, nella scena della festa, in cui per ben due volte balla con Al, lo va a raccontare a sua sorella, ah ah, che fra lei e Jimmy non fece la stessa cosa che fece Stephanie Kurtzuba in The Wolf of Wall Street con Leo DiCaprio.

Insomma Anna, pur di salvarsi da una vita di merda, diciamo che per facciata stette con Jesse e, dietro le quinte, con Al.

La Kurtzuba, invece, dopo aver leccato il culo al Berlusconi di turno, ovvero Jordan Belfort/DiCaprio, in The Irishman si salvò da una vita grama da modestissima cameriera, sposando Frank Sheeran. Uno che poté essere suo nonno.

Adesso, per farvi ridere, vi racconto questa.

Una donna su Facebook mi scrisse:

– Falotico, lei mi dice che mia figlia vorrebbe separarsi dal marito per frequentare lei. Lei è un fallito, mia figlia è, peraltro, sposata. Adesso, deve pensare solo a lavare le posate. Poi, deve andare a riposare.

– Lei, invece, è sposata?

– Sì, ma tradisco mio marito. Insomma, lasci stare mia figlia. Prenda me. Sono annoiata. Non so che cazzo fare.

– A me piace sua figlia.

– Mia figlia è sposata.

– Sì, ma sta divorziando. Suo marito è un violento.

 

Cioè, non capisco. La figlia è tenuta in scacco da una madre fedifraga che desidera il male del sangue del suo sangue?

E il matto sarei io?

Sì, a quanto pare, il marito della ragazza, sebbene sia un malavitoso cattivissimo, è un uomo duro e sua figlia ha bisogno di essere protetta.

Capisco…

Mah, adesso andrò al bar. Vedo se riesco a raccattare qualche Kurtzuba.

 

Epilogo per modo di dire. Non siamo neanche a metà del viaggio, cazzo

Finisco con quest’aneddoto biografico.

Via Mascarella, ove è ubicato l’Odeon, è una laterale di via Irnerio. Ove una volta c’era il negozio home video di Blockbuster.

Ha chiuso da tempo poiché lo streaming ha soppiantato il noleggio.

Lì vicino, invece, c’è però ancora lo Sferisterio della Montagnola, detto anche palestra Baratti.

Vi racconto quanto brevemente segue.

Quando frequentai la prima del Liceo Scientifico Sabin della succursale in via Broccaindosso, non essendovi la palestra, nella giornata di Educazione Fisica, noi della scolaresca dovevamo prendere l’autobus e recarci allo Sferisterio.

Un giorno, però, in una mattina piovigginosa e plumbea, l’insegnante di Educazione Fisica cambiò programma e andammo tutti alla Montagnola. Lui indisse una corsa per tutto il circondario della Montagnola.

Vinsi io. Presi pure nove.

Perché non dovete mai scordarlo. Sì, mi ammalai di gravissima depressione. Infatti, dopo aver mollato tutto, fu allora che divenni patito… di Taxi Driver e Interiors di Woody Allen.

Per me il tempo non esiste. Trovandomi in quei posti a me così tanto cari quando fui giovanissimo, è come se avessi vissuto un magico déjà vu.

No, non mi sento affatto vecchio come De Niro nell’epilogo di The Irishman.

Purtroppo, sono ancora belloccio.

Dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto davvero essere pazzo, brutto, scemo, rintronato o sfortunato.

Almeno, la vita sarebbe stata meno dura.

Invece, se fossi stato un idiota come molti oggigiorno, se fosse ancora aperto l’altro Odeon, vale a dire quello che programmò tanti porno, avrei campeggiato da stallone italiano sul cartellone a mo’ pubblicità della troiata in programmazione.

Sì, oggi gli attori e le attrici dei film a luci rosse vanno fortissimi.

Peccato che, come Scorsese, non mi sia sputtanato né affiliato alla mafia ma neppure abbia optato per una vita da prete.

Dunque, prevedo ancora molte gioie lungo il mio cammino ma anche altrettante inculate.

Questa è la vita di chi sa il fallo, no, il Falò suo.

Se non vi piace, fra poco più di un mese usciranno i cine-panettoni e a Natale reciterete la parte dei bravi zii falsissimi come Joe Pesci.

Ho detto tutto…

S’è fatto tardi. Ma non ho sonno.

Mi sa che scaricherò un film. Non so se western, poliziesco o un film diciamo non propriamente da Oscar con una (s)vestita da bagascia come la moglie di Pesci in The Irishman, sì, questa milf è uguale a Kathrine Narducci.

Donna terragna che pare molto ciuccia. Sì, eccome se ciuccia, miei ebetucci.75580377_10214880698433852_1927471190893395968_n74349036_10214880697673833_5635898661822005248_n

 

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Sulle scalinate della nostra vi(t)a, il Falò delle vanità incontra Del Sorbo e partono soffici discussioni su Joker e sulle True Lies della società


31 Oct

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Sì, questo video de La Repubblica è da avere e conservare in memoria dei posteri. Anzi, bisogna che salvi di fermo immagine la Joker al min. 0:54 perché secondo me vale il prezzo del biglietto.

Questa ragazza stupenda in minigonna è vivamente emozionante più del capolavoro di Todd Phillips, un film devastante.

E questa ragazza, diciamocelo, è indubbiamente arrapante.

Il mio amico Antonio, uomo dotto ed erudito che sbaglia la pronuncia di Joaquin Phoenix e secondo me anche la sua analisi del film suddetto, da lui ritenuto banale in più punti, però mi provoca e, come se io fossi Christopher Walken de La zona morta, ironizza sul mio cambiamento travolgente, così tanto stupefacente perfino per me stesso.

Poiché, dopo essermi da solo affogato e infognato in notti d’interminabile malessere esistenziale, in me è risorto un vulcanico ardore. Non siatemi esiziali, non fatemi altri danni. Datemi un altro anno e avrò più culo, fidatevi. La vita è questione di ani.

E ora assomiglio, a tratti, ad Al Pacino di Cruising. Un uomo affascinante che indossa una nera canottiera quasi sadomaso allineata alla mia corporatura sia atletica che taurina, intonata al bestiale carisma d’un menestrello che fluttua nella notte e, a differenza di Batman, non usa maschere di doppia personalità da psicopatico.

Il Falò entra nei caffè con aria disinvolta, è un uomo ammantato dalla sicumera del suo tormentato passato oscuro. Che, fra le tenebre dei suoi torpori, emana ero(t)ico calore, conservando però intatta la sua sessualità ambigua o forse la sua intonsa figura che, di primo acchito, potrebbe apparire addirittura  asessuata.

Un uomo che, col solo potere del battito cigliare, accende ogni donna in maniera amabile, ascendendovene di corpi cavernosi e robuste, calorose vene, sorbendosi le invidie di chi vorrebbe storpiarlo e nella cupezza perpetua obliarlo per sempre.

Poi, fa come Michael Beck di Warriors. Se la donna fa troppo la strafottente, la manda a fare in culo in modo poco galante ed irriverente.

Tanto questa è una che ascolta Arisa. Senza di me, può già prenotare il loculo al cimitero. Ah ah.

Il Falò cammina, sapendo il fatto suo, estrae dal taschino una sigaretta e canta lontano da ogni moda ma mettendo su i Modà.

A volte, i suoi modi sono scorbutici e burberi poiché, così come Al Pacino di Scent of a Woman, trascorse solitudini che non videro più lo splendore anche solo del suo ardimentoso cuore, figlie dell’incomprensione altrui, partorite malvagiamente dalle pseudo-adulte pressioni che lo vollero precocemente un comune troione.

Invece, il Falò non sa che farsene di un normale lavoro e dei vostri volgari sudori.

Egli naviga nell’interzona delle sue prelibate, fantasiose (dis)illusioni, mette pepe alle anime spente e insaporisce chi un cazzo capisce. Sfiorando i deficienti delicatamente, sa donare gioia e virtuoso amore non solo alle donne di bocca buona ma anche agli uomini di pregiato e incandescente, riscoperto valore.

Spesso racconta balle poiché, essendo poeta e romanziere, è giusto che esageri. Egli è circense, usa iperboli e, da trapezista, in questo mondo di squilibrati, usa il bilanciere non solo per rafforzare i suoi bicipiti ma anche per moderare gli uomini che si credono fighi ma hanno delle facce da pirla mai viste.

Sì, è vero che fu al Festival di Roma e che The Irishman è un capolavoro. Così come è vero tutto il resto. Cioè che, in mezzo alla platea, il Falò spiccò in mezzo a falsi intenditori di Cinema poiché il Falò non abbisogna di una squallida laurea per attestare la potenza del suo scibile tremendo.

Per l’appunto, non usa trucchetti e giammai imboccò facili scorciatoie. Ovvero, non comprò la stima altrui dietro un pezzo di carta. Pulitevi il culo coi vostri attestati.

E tu, donna facile, devi fare meno la complicata. Allora, deciditi. O sei facile o sei difficile. Non fare la troia, suvvia. Ah ah.

Egli è un uomo misterioso e libero come un uccello in volo.

Dai bigotti viene reputato un depravato, persino quasi un pervertito poiché mai si piegò ai farisei ricatti d’un sistema malato che, se sei nell’anima diverso, ti vuole omologato.

Se ne frega se sarà poco amato, boicottato, sgambettato, deriso e ancora umiliato.

È un uomo che non deve rendere conto a nessuno e non deve spogliare la sua anima per dimostrare se, la sera prima, consumò un coito o, a notte inoltrata, insonne si alzò dal letto per cucinarsi una cotoletta.

Il Falò incarna la dignità di colui che non lecca il culo al mondo per essere apprezzato, baciato, toccato oppure anche ancora più picchiato.

Agli uomini calpestati e complessati, feriti e anneriti, puniti e martoriati, dice loro di non assumere mai psicofarmaci perché, anziché migliorare, verranno solo ingannati e imboccati con sostanze atte a renderli compressi, repressi e fessi.

Il Falò è colui che ebbe il coraggio di sputtanare tutto il sistema ipocrita come nessun altro ed ebbe la forza di ribellarsi anche a sé stesso. A sé steso.

Joker è un capolavoro.

Ora, scusate, devo prepararmi per Halloween.

Farò il cretino, mascherandomi da Michael Myers per provocare una sexy Jamie Lee Curtis di turno.

Ah, quella è da una vita che si fa dei problemi.

Invece al buio, farò come Schwarzenegger di True Lies.

Lei si spoglierà ma poi mi scambierà per un maniaco e mi sbatterà… il telefono in faccia.

Insomma, sarà un’altra batosta.
Sono onestamente fottuto.
Ma è quello che volli, ho voluto e anche lei lo volle, insomma, ha voluto quello.

Ah ah.

Cosa voglio dalla vita?

Ho appena pre-ordinato il Blu-ray di Joker.

Per ora voglio questo. Poi non so che verrà, se verrà. Chissà che cazzo succederà.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN: il carisma di Bob De Niro, la forza sovrumana di Pacino, Leo Gullotta doppia Pesci e io sto vivendo una mistica estasi-ascesi da Gladiatore stalloniano


30 Oct

brando padrino de niro padrino parte seconda

Questa mia vita è stata un Casinò. Ah ah.

S’è attuato in me, nella mia fisiognomica apparenza e anche nella potenza della mia romantica irruenza, un putiferio.

Sono scalmanato, devo darmi una calmata.

Pochi giorni fa, esattamente la settimana scorsa, senza sprezzo del pericolo mi sono indiavolato, no, involato per Roma. Di solito, si usa il verbo involare quando si prende l’aereo ma molta gente mi disse che persi il treno e invece, puntuale come un orologio svizzero, salii su quello di Italo con enorme charme, sedendomi nel posto assegnato in carrozza. Al mio fianco, una bella fanciulla orientale. Sul posto davanti, una che sul pc portatile stava guardando Shutter Island. Alla mia sinistra una strafiga che, per le due ore e un quarto di mio viaggio da Bologna a Roma, non ha smesso un solo secondo di fare su e giù con la scarpa destra, modulandola su movimento basculante di caviglie così sensuali da lasciarmi stecchito. Eccitandomi a morte.

Stazionai non alla stazione, ah ah, ma in un albergo di Via Flaminia, detta dai romani anche Via Flaminio poiché il quartiere si chiama Flaminio.

Certo che questi romani si complicano la vita. E ogni via porta alla capitale, ah ah.

Ero molto teso. Sono un accreditato stampa, sì, grazie alle mie pindariche collaborazioni giornalistiche, ai miei scritti monografici su Scorsese, De Niro, Carpenter e chi più ne ha più ne metta, dopo il Festival di Venezia, mi sono sparato pure quello di Roma in mezzo alla stampa. Che figata.

A Roma, però, avendo ricevuto in ritardo la conferma via mail dell’accredito, da me poi ritirato opportunamente al desk, come sapete, ho visionato solo The Irishman.

Adesso passiamo al remoto passato, centurioni, miei uomini gladiatorii come Russell Crowe, poiché Roma è la città eterna e nel suo fastoso passato imperiale ancora si riverbera! Ah ah.

Miei prodi, al mio “ciak” scatenate l’inferno. Ah ah.

Piazzai la sveglia alle sei e mezza.

Dopo essermi destato di soprassalto per colpa, appunto, del casino infernale della suoneria, mi vestii in tutta fretta, raccolsi opportunamente tutti gli oggetti personali e mi diressi alla volta dell’Auditorium. Ma prima bevvi un caffè alla John Goodman de Il grande Lebowski, sorseggiandolo nell’adocchiare l’ottima milf barista.

La osservai senza dare nell’occhio, anzi porgendole di sottecchi l’occhiolino. E pensai, fra me e me, questa è bona forte. Poi aprì bocca e compresi che era solo una popolana. Sì, di seno stupenda come la Ferilli ma, alla pari della Sabrinona nazionale, sboccata, farsesca, volgare e troppo burina.

Insomma, un’Anna Magnani ficcata in caffetteria nell’urlare ai suoi clienti:

– Volete i cappuccini? Pagateli, sennò andate a pigliarvelo inter-culo.

 

Sì, una donna simil-Christian De Sica.

Al che, dopo aver deglutito il bollente caffè saporitamente zuccherato, di lì a poco sudai freddo.

Cazzo, me in un ambiente di conoscitori altolocati di Cinema. Minchia, la paura scoccò a novanta ma avvistai in prima figa, no, a fare la fila, una ragazza più terrorizzata di me. Fu la sua prima volta al festival.

Solo a Roma, però, no, non è vergine. Se vi dico che è così è perché lo so. Ah ah.

Perlomeno, sessualmente non lo è più. Perché venne con me o perché, dopo essersela fatta nelle mutande per l’imbarazzo di trovarsi al cospetto di critici con tanto d’attestati, guardandomi negli occhi miei, languidi poiché parimenti intimiditi, si sciolse in mezzo alle gambe?

Non lo so e non sono cazzi vostri.

Fallo sta, no, fatto sta che dopo i primi, comprensibili timori iniziali e qualche pudica titubanza, dopo essermi sorbito un cinefilo mezzo matto, entrai in Sala Petrassi con tre quarti d’ora d’anticipo rispetto all’erezione, no, polluzione, no… proiezione di The Irishman.

Cosa urlò il matto cinefilo? Siete curiosi? Quanto segue:

– Questo film sarà un capolavoro e abbasso i cinecomic. Evviva Netflix che ha permesso a Scorsese di realizzarlo. La dovrebbe finire anche Francesco Coppola, Francis Ford, di schierarsi contro i film di supereroi. Avete sentito che cos’ha detto ieri? Che i cinefumetti sono spregevoli! È solo un rimbambito!

 
Dunque, una donna con le palle gli rispose con estrema acredine e severità impietosa, zittendolo subito e ricevendo la standing ovation di tutti noi:

– L’unico rintronato sei tu. Fa freddo, stiamo facendo la fila, non sappiamo se riusciremo a entrare. Torna al tuo posto e non sbraitare, villain!

 

Io ebbi il pass giallo come quello di Francesco Alò. Il passa giallo è di “serie b”, nel senso che si dà ai giornalisti online che non scrivono per il New York Times. Quello blu è riservato ai critici “di risma” internazionale.

Ma per piacere. Il pass blu è fighissimo e io al semaforo non passo mai col rosso. Ah ah.

Pensate che sia finita qui? Macché. Entrammo quasi subito, sì, noi “gialli”.

Ora però devo dirvi questo. Se le maschere e quelli della sicurezza ti lasciano entrare, significa che in sala ci sono posti liberi a sedere e, solamente a sala piena, bloccano ogni altra entrata. Per cui i ritardatari stanno fuori.

Ma, dinanzi a me, vidi un gruppo di ragazzini ipereccitati che gridarono tutti assieme appassionatamente:

– Saliamo le scale in fretta e di corsa, altrimenti ci perdiamo il film!

 

Fu a quel punto che compresi l’abisso come Adso da Melk de Il nome della rosa:

be’, se sono critici intelligenti questi, io in mezzo a tali ritardati sono il più grande critico del mondo. Sì, intimamente li criticai, considerandoli scemi, stroncandoli di pallino vuoto. Cazzo, se siete entrati nell’atrio, significa che vedrete il film. Se no, vi lasciavano fuori. Ma forse voi, fuori, lo foste dalla nascita.

Questa sarebbe l’intellighenzia italiana?

Comunque, io salii le scale con calma olimpica. Mi sedetti a fianco d’un gentilissimo signore distinto.

Ma, ancora una volta, dio della madonna, non fatemi bestemmiare, accanto me vi fu un’altra gnocca mai vista. E, prima che si spegnessero le luci, odorai il suo Scent of a Woman, facendo finta di non vederla, cioè di essere cieco come al Pacino del film suddetto ma, ve lo posso dire, la sentii tutta. Eccome.

Un’emozione impalpabile, indescrivibile come quella che provai alla fine di The Irishman. Insomma, il classico orgasmo da pure sensazioni a palle, no, a pelle. Liquide come il piacere di essersi goduto un filmone estasiante da farti (s)venire.

Ora, amici, non so se nella vita sia meglio un filmone o un figone ma, nel dubbio, io sceglierei entrambi.

Avete mai visto Over the Top?

Prima di Giancarlo Giannini, Ferruccio Amendola doppiò spesso, oltre a Stallone, anche Al Pacino.

Secondo me, sì, è un film puerile, Over the Top.

Ma rimane un mio cult.

Bull Harley dice a Sly che lo storpierà perché è merda di porco.

Sly, prima di battersi con Bull, ebbe davvero paura di non farcela. Se avesse perso l’incontro, avrebbe perduto tutto.

A me ha sempre emozionato la scena in cui Sly vince e Bull Harley gli stringe la mano. Porgendogli uno sguardo fra l’abbattuto e il sommesso-commosso, come per dirgli:

sei davvero più forte di me.

 

Bene, sono tornato a Bologna. Solita vita.

Uno vuole la recensione di tutti gli episodi de Il metodo Kominsky 2, un altro invece vuole la recensione di Dolemite Is My Name.

Scusate, devo rispondere a una telefonata, anzi no.

È la solita rompiballe. So io cosa vuole questa…

 

di Stefano Falotico

 

padrino pacino keatongladiatore crowe

 

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

OVER THE TOP, Sylvester Stallone, Rick Zumwalt, 1987

THE IRISHMAN di Martin Scorsese | Video-recensione del film con ROBERT DE NIRO, AL PACINO, JOE PESCI


24 Oct

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FESTIVAL DI ROMA: sono diventato un intellettuale, nel mio processo d’individuazione, da quando…


17 Oct

sfida senza regole

…ho capito che essere troppo normale significava essere trattato da pazzo, anzi, da idiota.

Non so se abbiate mai visto il film Sfida senza regole, traduzione del tutto italiota che fa riferimento al sottotitolo sempre sbrigativamente appioppato dai titolisti nostrani assai cialtroni a Heat di Michael Mann, ove assistemmo all’epico confronto-scontro fra i cinematografici titani Al Pacino e Robert De Niro, oggi rispettivamente Jimmy Hoffa e Frank Sheeran in The Irishman.

A me raramente sfugge qualcosa. Io adorai e adoro, sin dalla primissima adolescenza questi due mostri sacri, icone leggendarie che hanno illuminato d’incandescenza solare le mie interminabili notti adolescenziali molto solitarie.

Poiché, alla pari di Neil McCauley/De Niro di Heat, sono un solitario ma non sono solo come Arthur Fleck/Joker, neppure come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sebbene vada fiero della mia giammai rinnegata melanconia. Dalla gente ipocrita, ridanciana, carnascialesca e ruffiana come il pappone Sport/Keitel dell’appena succitata pellicola scorsesiana, non The Irishman, bensì per l’appunto Taxi Driver, non so che farmene e probabilmente non avrei mai dovuto sfortunatamente incontrarla. Dovevo immediatamente ripudiarla, anziché incasinarmi nell’ostinarmi a fornire a essa una spiegazione dei miei mentali corridoi meandrici. Anziché svergognatamente spellare i miei pudori, svelare tutto il mio segreto e forse segregato candore, disancorandomi dalla mia innata natura primigenia assai prelibata della mia emozionale alterità fulgida, comunque ancora immacolata, fortissimamente immutata e dunque non da questa debosciata gente corrotta e traviata.

Risplendo a tutt’oggi del mio genetico, suadente nitore e non voglio più far ammenda alcuna delle mie profonde, sacre emozioni. Anche perché fui estremamente equivocato quando, impudicamente, esternai senza nessun pavore le mie intime sensazioni, le mie ritrosie e le mie sane paure. Cosicché, non in pochi addussero, quando con furore e intrepido altrui agghiacciato stupore, sbudellai le mie interiora, che fossi matto e un ragazzo malcresciuto, soltanto mantenuto, che doveva quanto prima tornare sui propri passi, riconoscere sinceramente e immantinente i suoi errori per evitare l’inevitabile orrore a cui tali impostori credettero che sarei andato incontro se non avessi subito fatto dietrofront per salvare l’onore.

Pensarono banalmente che fossi il classico ragazzo disadattato e interrotto. Perciò, in tanti evocarono, diciamo, qualche malattia non solo del fisico e del cuore, oscurandomi nella coltre delle loro tremende reprimende e seppellendomi infimamente da infami con la crudeltà più mostruosa nello spettro delle loro patetiche, oscene calunnie e supposizioni.

Ancora oggi tali ottusi, ostinatamente caparbi a proteggere l’indifendibile lor arroganza, credono che io viva murato vivo in una stanza. Perimetrato nello spaesamento d’una cameretta ermetica in cui pensano che deliri, continuando ad amare scioccamente, infantilmente Robert De Niro.

Sì, De Niro mi piace irrimediabilmente ancora, nonostante non sia più oggettivamente, anagraficamente e forse persino qualitativamente quello d’una volta.

Forse tutto questo è iniziato con un tizio di nome Charles Randall.

Sì, queste son pressappoco le testuali parole che il detective David Fisk, incarnato da un Pacino in viso scarno, recita a inizio film.

Invece, questo delirio di molte persone su di me, un delirio da maniaci quasi assassini delle dignità del prossimo loro, in tal caso il sottoscritto, quando ebbe inizio?

Forse quando, nauseato dai miei coetanei, frivoli, stupidamente gaudenti e scioccamente ricattati da genitori castratori che li volevano solo dottori, trascurando invece i loro spontanei amori, le loro vive pulsioni e le loro più vere azioni, mi dissociai da tutto questo deprimente fetore.

E fui etichettato come ragazzo malato di qualche psicopatologica afflizione.

Si tirò in ballo la fobia sociale, la timidezza clinicamente pericolosa, ah ah, la schizofrenia psicotica mascherata dall’auto-inganno più atroce.

Ma, nel mentre gli ignoranti si fissarono su di me con boria discriminatoria da orripilanti untori, addirittura da fascisti punitori, io ancora perseverai con indomita, apparente idiozia, a inseguire la mia vi(t)a con sacrosanto menefreghismo da uomo di valore. Anche se, talvolta, giustamente onanista di sobrio fervore.

Voi, per esempio, non sospettereste mai che sono un collezionista non solo dei film con De Niro e Pacino ma di tutti i film, non propriamente da Oscar, di Naughty America?

Fate molto male.

Poiché io sono grande conoscitore del Cinema più alto, poetico e altolocato ma non sono certamente un eremita nel cervello toccato. Bensì una volpe che conosce le cosce molto toccabili.

Odio i luoghi comuni. In Italia s’è campato per anni dietro le più bigotte superstizioni.

Come quella secondo la quale chi si tocca o è un coglione oppure diverrà presto cieco in quanto poco figlio di puttana e bugiardo marpione.

Come quella secondo cui chi è il male di sé stesso pianga sé stesso.

La gente si riempie la bocca della parola dignità.

Secondo la Treccani online, la dignità è:

la condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. Ora, secondo le teorie freudiane, la struttura psichica di ogni essere umano sarebbe composta fra L’Es, l’Io e il Super-io.

E se invece uno volesse precocemente fare Hermann Hesse? Cioè volesse mandare a fare in culo praticamente ogni religione, ogni inibizione, ogni sovrastruttura data per incontrovertibile e assoluta? Cosa succederebbe?

Diverrebbe pericoloso come Charles Randall o Joker?

No, non credo proprio.

In questi anni, amici o (a)nemici, ho visto tanti ragazzi farsi fregare dalle istituzioni. Ragazzi che, crollati a pezzi, si son dati da soli la patente di pazzi. Recandosi da qualche psichiatra per ricevere l’antipatica ma soprattutto anticipata pensione. Sì, un alibi del cazzo per rinunciare alla personale rivoluzione, per non preoccuparsi più del proprio disagio e poter vivere (in)felici, facendo dolceamara colazione.

È un pessimo modo per mentire al mondo, nascondendosi dietro la mancanza di reazione.

Poiché, andando a dire al prossimo che siete malati, invero solamente ipocondriaci, avete orribilmente accettato il fatto che potreste anche avere il talento di un bravissimo sceneggiatore ma, non conoscendo nessuno a Hollywood, non vincerete mai l’Oscar.

Dunque, avete rinunciato ai vostri sogni.

Vedete, il Festival di Roma si divide in due categorie.

Fra chi è invitato come le vallette e i televisivi presentatori, coloro a cui il Cinema interessa assai poco, personaggini squallidi in cerca solo d’esibizionismo per elemosinare, in ogni sen(s)o, un po’ di approvazione e calore, e chi invece è Stefano Falotico.

Un uomo che, senz’alcuna remora, ancora profuma del suo delicato odore.

Se questo vi fa schifo, su Rai Uno c’è Carlo Conti.

– Guarda, Stefano, che Sfida senza regole è un brutto film. L’ha dichiarato lo stesso De Niro in una recente intervista.

– Sì, forse è sbagliato. Bob però non ha dichiarato che ha accettato di girarlo per soldi ma soprattutto per palpare il seno di Carla Gugino?

– Ah, quindi secondo te ha girato Manuale d’am3re solo perché De Laurentiis l’ha riempito d’oro e lui ha potuto toccare le bocce di Monica Bellucci?

– No, secondo te è perché in colonna sonora c’era Morgan?

– In effetti…

 

di Stefano Falotico

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