Ebbene, da oggi inizia questo mio personale giochetto, che spero di tutto cuore davvero possa divertirvi quanto indurvi a una risata amarognola. Sì, perché inauguro gli appuntamenti con una rubrica dedicata agli attori bolliti, cioè uno spazio esclusivo riservato a quegli attori che, sino a poco tempo fa, erano sulla cresta dell’onda, cavalcavano furiosamente il successo e poi, per strambe circostanze sfortunate, per loro pigrizia, per rocamboleschi, assurdi, strani casi del destino, lentamente sono quasi scomparsi dal grande giro o, perlomeno, si sono sempre più livellati e arenati in performance decisamente alimentari, come si suol dire, in filmetti discutibilissimi e alle volte perfino inguardabili. Robetta straight to video o produzioni squallidamente commerciali. Insomma, sono sprofondati nell’infimo oblio, in un mesto quanto avvilente purgatorio cinematografico.
Semmai, come nel caso che fra poco menzionerò, sono attori anche abbastanza giovani ed è inspiegabile questa loro improvvisa débâcle mortificante.
Ebbene, dopo questa necessaria, piccola introduzione, direi d’iniziare con Adrien Brody. Eh sì, so che voi cinefili non l’avete mai perso di vista e l’avete seguito e sostenuto anche in abomini come Giallo di Dario Argento, ma lo spettatore medio oramai credo che non veda un film con lui protagonista sul grande schermo da una vita. Insomma, ne ha perso memoria.
Procediamo con calma. Adrien Brody, dicevamo. Nato a New York il 14 Aprile del 1973, figlio di una giornalista e fotografa molto abbiente e di un professore. Insomma, Adrien proviene, come si dice, da una buona famiglia. Che infatti lo indirizza subito a potenziare la sua propensione innata per la l’arte attoriale, e l’imberbe Brody ecco che s’iscrive a corsi di recitazione egregi, e ottiene subito piccole ma incisive particine in alcune sit–com statunitensi.
Al che comincia a farsi notare in New York Stories, nell’episodio di Coppola, e in Natural Born Killers di Oliver Stone. Poi, la sua presenza diventa via via più consistente e il minutaggio che occupa nelle pellicole a cui partecipa aumenta. Dopo Bullet e L’ultima volta che mi sono suicidato, Spike Lee scommette tutto su di lui, e punta sul suo viso asimmetrico, magrissimo, sulla sua postura sbilenca e soprattutto sulla forza espressiva del suo naso elefantesco, dandogli uno dei ruoli principali nel suo bellissimo Summer of Sam. Lo vediamo anche ne La sottile linea rossa di Malick e nel “proletario” Bread and Roses del grande Ken Loach. A dire il vero, Adrien in quel periodo è come il prezzemolo e gira anche con Barry Levinson. Ma è il 2002 il suo annus mirabilis e sorprendentemente addirittura vince l’Oscar come Miglior Attore Protagonista per la sua intensa e sentitissima interpretazione nel magnifico Il pianista di Roman Polanski. Diventando l’attore più giovane della Storia ad alzare la statuetta di Best Actor. Visibilmente stupefatto e commosso, sale sul podio e bacia voluttuosamente Halle Berry, lasciando di stucco e all’asciutto i suoi diretti concorrenti, vale a dire Michael Caine, Nicolas Cage, Jack Nicholson e in particolar modo Daniel Day-Lewis di Gangs of New York che veniva dato per favoritissimo. Quindi, gira il pomposo King Kong di Peter Jackson, e da allora avviene la fine. Sì, vero, partecipa ad alcuni film di Wes Anderson, sfodera un brillante cameo in Midnight in Paris di Woody Allen nei panni di Salvador Dalí ma davvero qualcuno di voi ha visto American Heist di un “tale” Sarik Andreasyan o sa che esiste un film intitolato Septembers of Shiraz? Sì, ammettiamolo, se non ci fosse IMDb a darci una mano a mo’ di “promemoria”, certi film non sapremmo neppure che esisterebbero. Non perché sono di nicchia ma semplicemente perché sono pasticciacci indigesti.
Dai, forza, Adrien, hai solo quarantacinque anni, hai una vita davanti… per girare altre schifezze.
di Stefano Falotico