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Indubbiamente, I am pirla o un san(t)o: KILLERS OF THE FLOWER MOON con DiCaprio & De Niro a Venezia?


28 Jun

Monica Bellucci Passion Christ Gibson

Prima o poi, come in Scanners di David Cronenberg, la mia testa, sovraffollata più di una sala alla kermesse veneziana, scoppierà. Dopo anni in cui condussi una vita da Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo, anzi, peggio, cioè come Santo Stefano (nomen omen), dopo essermi sverginato nel 2003, varie volte, non solo in maniera onanistica, qualcos’altro è scoppiato. Sì, mi sono accoppiato varie volte.

Per l’esattezza, pienamente a livello carnale, con tre donne diverse. Facciamo cinque e mezzo perché vanno calcolati anche vari baci e leccate. Anche ai gelati al cioccolato. Quindi, si monta, il tutto ammonta, dai, arrotondiamo a sei ed eviriamo, no, evitiamo, per piacere, i Sette Peccati Capitali, ah ah. Per questa “colpa” veniale, volete accopparmi?

Suvvia, non mettetemi in croce. D’altronde, chi è senza peccato scagli la prima pietra. I miei genitori rinnegarono nostro Signore, no, le tradizioni di famiglia e mi chiamarono, per l’appunto, Stefano, anziché come mio nonno materno che si chiamò Pietro. Natio d’un paesino vicino Matera ove, dopo Pier Paolo Pasolini de Il vangelo secondo Matteo, il regista-attore di Braveheart, sotto citato, girò la sua passione…

Ma passione di che? Sì, Gibson avrà trombato almeno cento donne, cornificandole più di Lucifero… e ho detto tutto…

Non so se riuscirete a cogliere tutti i riferimenti cinematografico-letterari da me stesso diluitivi in tale video che, a volte, senz’ombra del diavolo, no, di dubbio, passa di pelo, no, di palo in frasca.

Il J. Edgar Hoover di Public Enemies di Michael Mann è Billy Crudup. Uno che, come il Falò, nei panni di Tommy Marcano da adulto in Sleepers, venne… salvato da padre Bobby, ovviamente De Niro (scusate, lo dice il “nomignolo” per cui è simpaticamente, presso i cinefili, noto). Nel film Innocenza infranta, sotto gli occhi gelosi del fratello Joaquin Phoenix, trombò Jennifer Connelly. Anche nella vita reale, prima di Paul Bettany, eh eh.

Joaquin Phoenix, infatti, prima di perdere la testa come in Scanners e in Joker, ah ah, fu anche un povero cristo, per l’appunto e ho detto tutto, eh eh, in Magdalene. Ove non conobbe, però, Barbara Hershey e Monica Bellucci di The Passion of The Christ ad opera del poc’anzi menzionatovi Mel Gibson, bensì la sua attuale moglie, ovvero Rooney Mara.

Tornando al Crudup, l’avrei visto bene al posto di Dafoe nel Pasolini di Abel Ferrara.

Mentre, in The Good Shepherd di e con De Niro stesso, interpretò un personaggio ambiguo. De Niro produsse anche The Stage Beauty…

Comunque, rimanga fra noi, bando alle ciance, Leonardo DiCaprio di Shutter Island è Stefano Falotico.

Falotico, famoso Mickey Rourke di Bologna e soprattutto di Angel Heart.

Nel mio libro a venire, cioè Il commissario Falò, sostengo nuovamente che Mefistofele è vergine. Sì, a prescindere dal fal… o, no, fatto che, ne L’esorcista di William Friedkin, a possedere (peraltro solo mefistofelicamente, no, metafisicamente) Linda Blair fu Pazuzu e non Belzebù, pare che all’inferno finiscano le anime dannate che non potranno più, eternamente, godere dei piaceri sessuali. Anche in Paradiso. Ah, bella roba. Voi veramente credete che Gesù fu partorito in vitro dallo spazio? Io ho gli occhi vitrei.

Soprattutto, pensate davvero che Gesù sia esistito? Perché, se siete dei credenti cristiani a cui, dinanzi a tale domanda storica, su cui si basa quasi tutto il (retro) pensiero occidentale della tematica umanistica, quasi calvinista, della colpa-redenzione e non so se ascensione con annessi complessi psicologici freudiani-junghiani, verrà… questo non poco atroce dubbio, non posso prendervi sul serio, pagliacci.

Chi ha orecchie per intendere, intenda… se lo volete fare dietro le tendine, non sono fatti miei.

Di mio, sono Dante Alighieri o Dante Cruciani de I soliti ignoti? E invece chi siete voi nelle vostre notti? Buonanotte. Non voglio sanificarmi né sacrificarmi, neanche scarnificarmi o santificarmi!

 

di Stefano Falotico

NOMADLAND è un capolavoro ma molti “critici”, anche “psichiatri” non la pensano così – Vi ricordate Nanni Moretti contro il critico in Caro diario?


11 May

nomadland di martino

Ora, in una Roma desolata d’inizio anni novanta, impazzò Nanni con la vespina senza la vispa Teresa. Una Roma di popolane, una Roma spopolata poiché i romani e non solo, durante i mesi più caldi dell’anno, dopo una vita stressante a base di complanari e circonvallazioni trafficatissime, dopo ore d’attesa impaziente alla Tiburtina, abbandonano la capitale per recarsi a Rimini. Sì, a Rimini o a Riccione. Parlo della gente ricca, cioè dei nababbi di Roma. I quali, pur disponendo di pecuniarie somme ingenti, accumulate peraltro con intrallazzi illeciti e, diciamo, non del tutto pulitissimi, da veri pusillanimi però animosi di avere un ruolo di rilievo, più che altro porcellesco, nella società carnale ed economicamente altissima più dei tacchi vertiginosi di una modella borgatara di Spinaceto, anziché andare, che ne so, a Parigi… ecco che consumano esosi patrimoni per viaggiare alla volta dell’Adriatico, di Ibiza o di qualche meta esotica ove le nottate più sporcamente erotiche la faranno da padrone/a.

Loro ce l’hanno fatta, loro si fanno il culo… non sono mica un pasticcere trozkista!  Cosicché, anche le matrone e le portinaie di squallidi e fatiscenti appartamenti desolati di Porta Pia, anche le balie alla Raffaella Ponzo de Il corpo dell’anima, vengono per l’appunto accalorate non da un Roberto Herlitzka ringalluzzito, bensì dalla prospettiva di poter sguazzare in acque putride, bazzicate da meduse e da bagnasciuga di perizoma, no, da bagnanti con la caciotta in mano in quanto emigratisi temporaneamente lungo litorali meno tragici di quello di Ostia, ove Pier Paolo Pasolini fu assassinato non da un complotto, bensì dalla mentalità retrograda di un Paese che predica la moralità e poi segretamente turismo sessuale in Scandinavia pratica, un Paese che sa solo crogiolarsi nel fintissimo motto secondo il quale siamo, fummo e sarem(m)o una nazione di poeti, santi e navigatori. Perché Sanremo è Sanremo!

Sì, un Paese soprattutto di arrivisti, di assassini mai visti. Sì, mai visti nel senso che ammazzano il prossimo, diverso da loro, non commissionando il crimine efferato a Peluso o a Frank Sheeran/De Niro di The Irishman, bensì massacrando di sfottò ignobili, poco ridicoli, invero assai risibili, profondamente denigratori, degradanti e umiliantissimi, tutti quelli che non hanno accettato un mondo di maiali come Russell Bufalino.

Come già dettovi nei miei scritti corsari alla Pasolini forse anche di Abel Ferrara, lo sport nazional-popolare che va per la maggiore qui da noi, sì, l’attività agonistica, più che altro crudelmente egoistica e fottutamente, schifosamente narcisistica in senso figurato prettamente poco comunista, soprattutto furbissima, non è il Calcio. Bensì la presa per il popò infima, vigliacca, premeditata e distruttiva. Cioè la visione per l’appunto più legata al concetto intimo e intrinseco di bieco fascismo, mascherato dietro sorrisini zuccherosi e mielosi, dietro pose sdolcinate e la cortesia più morbosa a sua volta partorita da una catto-borghesia più ipocrita del protagonista interpretato da Michele Placido ne Il caimano.

Nanni Moretti ironizzò sulla cosiddetta, presunta Critica cinematografica. Conosciamo bene i suoi sfottò, però sani e dissacranti, intelligentemente polemizzanti e autoironici, riguardo Strange Days e Heat. Specialmente, è impressa nella nostra memoria di cinefili amanti dell’opera prima di John McNaughton, cioè Henry, pioggia di sangue, capolavoro immane, l’invettiva di Nanni contro il falso critico Carlo Mazzacurati… Per alcune ore, vago per la città. Cercando di ricordami chi aveva parlato bene di questo film. Io avevo letto una recensione su un giornale. Avevo letto qualcosa di positivo su Henry. Improvvisamente, mi viene in mente. Trovo l’articolo e lo voglio proprio copiare sul mio diario. Eccolo qua: Henry uccide la gente ma è quasi un buono. Di poche parole, contano i fatti. Invece il suo amico Otis è una carogna. Henry vive una pazzesca solidarietà con le sue vittime. È un principe sangue blu dell’annientamento e promette una morte pietosa. Otis, no! Il regista risveglia il suo pubblico in un incubo ancora peggiore con una doccia finale di splatter, occhi infilzati, carne martoriata. L’abominio! Henry è forse il primo a violare e a vilipendere, con tale lucidità, la filosofia criminale dei lombrosiani di Hollywood.

Ecco, penso ma… chi scrive queste cose, non è che la sera, magari prima di addormentarsi, ha un momento di rimorso?

 

Similmente a Nanni, rileggo le critiche oscene rivolte a un film magnifico, un film devastante, un film straordinario, un film grandioso, un film che non si può discutere.

Cioè il sacrosanto e assai giusto vincitore dell’Oscar di quest’anno, vale a dire Nomadland.

Partiamo con la cosiddetta esperta di PSICOANALISI ETICA! Ramo iper-progressista, ah ah, terribilmente inutile come Psicologia del Lavoro (!), con tanto di sottotitolo molto cool, ovvero: Tra clinica, arte e contemporaneità.

http://www.psychiatryonline.it/node/9147

«Un film noioso, piatto, acritico, apolitico e sì apolide, almeno. Ma quel che è grave, privo di fantasia.
I fatti si succedono senza invenzione, senza sorpresa, senza giochi di parole, di immagini, di piani narrativi, di dimensioni.

Un film pieno zeppo di premi, Oscar, Leoni d’oro, Golden Globe. Mi chiedo cosa si volesse premiare. La protagonista, Frances McDormand, per fortuna è brava e la sua faccia è bella, piena di rughe e giovane, così poco plastificata e patinata. Avresti voglia di prendere una birra con lei, sperando però non parli come nel film, senza fantasia.

Stati Uniti, crisi economica 2007/2013, Fern perde il marito e il lavoro e parte in giro con il suo furgone, attrezzato tipo un camper. E lavora, per esempio in Amazon, di cui dice di essere contenta e di guadagnare bene. Forse è per questo che gli hanno dato i premi.

Di critica sociale mi sembra non ci sia granché, per esempio una condanna al mercato immobiliare selvaggio, una delle principali ragioni della Grande Recessione, quella che ha portato anche alla chiusura dell’Empire, l’azienda dove lavoravano Fern e il marito. E poco altro.

I dialoghi sono una successione di narrazioni di fatti, quasi del tutto piatti, senza poesia, ironia, originalità. Ci sono brandelli di vite, è successo questo, hanno fatto un certo lavoro, qualcuno si è ammalato, qualcuno voleva suicidarsi. Lo spessore emotivo dei personaggi è degno di Flatlandia. Fern stessa non si lascia conoscere che nello scorrere della sua quotidianità, la vediamo piegare le mutande, la guardiamo, ma non la vediamo. La sua anima è nascosta dietro il lutto non fatto del marito. Che sappiamo di questa donna, tranne che ha un profilo affascinante? Amava suo marito, perlomeno le manca. Ok, come dicono gli americani, e allora?

Stralci di vite dei personaggi si alternano come nelle sedute degli alcolisti anonimi o degli altri gruppi di auto-aiuto. Un inno alla resilienza, adattarsi, accontentarsi, non interrogarsi, non provare a cambiare niente, se non la propria vita, in un’eterna adolescenza immobile e ripetitiva.
Sarò cattiva, ma sarebbe d’accordo anche Winnicott che senza gioco non c’è età adulta o Carroll che tutti hanno bisogno di sognare ad occhi aperti. Si rinuncia alla fantasia, in un’opera di fantasia, delegando la magia a una natura di cui non si vedono abbastanza i segni delle ferite inflitte dal post-capitalismo.
Fern dove sei? Sei stata solo una moglie? Senza di lui non sogni anche tu ad occhi aperti come Alice sul prato? E ti brillano gli occhi davanti a un nuovo autocaravan superaccessoriato.
Dove sei Fern? Non ci sei perché nessuna vita umana e tantomeno un’opera è degna di essere vissuta senza fantasia… Sei la giustificazione di questo sistema, sei tu che preferisci essere nomade, sei tu che sei migrante, sei tu e io che sto al caldo sul divano non c’entro, non sono colpevole, dai godiamoci il panorama, è ancora gratis».

Firmato Annalisa Pellegrini

 

Ora, se invece Federica Pellegrini è una grande campionessa di Nuoto, fa bene a esserlo e a non occuparsi, che ne so, della recensione di Waterworld.

Non credete?

Sì, nella mia vita conobbi psichiatri laureatisi con 110 e lode + 7000 master che non compresero la “pazzia” di Joaquin Phoenix in The Master, neppure in Joker.

Soprattutto vidi redattori di Cinema, i quali intitolarono il loro sito di “approfondimento esegetico sulla Settima Arte”, come Spietati…

Ma uno dei loro registi più odiati, inspiegabilmente, è Clint Eastwood. Ah, capisco, spietati non ha a che vedere col capolavoro omonimo di Clint. Almeno nel titolo italiano poiché quello originale è Unforgiven.

Spietati as sinonimo di malvagio, duro, crudele, feroce, violento, disumano, inumano, sanguinario, brutale, bestiale, barbaro, efferato.

Cioè dei critici metaforicamente killer da Henry… ah ah.

In effetti, cavolo, se dal sito spietati.it, estrapoliamo e peschiamo la seguente recensione, deduco che qui siamo di fronte a una Hannibal Lecter mista a Godard della carta stampata. Non ho parole, sono impressionato!

https://www.spietati.it/nomadland/

«Sinfonia americana sigillata dalle musiche di Einaudi, garanzia d’acchiappo liricista ed evocazione di profondità d’animo, che è un attimo si stornino in ridondanza se pescate senza giusta misura. La parabola (ma è un falso movimento, finanche posticcio) è quella di Fern, in povertà dopo la crisi della Grande Recessione (la presumiamo, sui titoli di testa, ché non entra mai nel quadro narrativo, nel disagio sociale, nel contesto emotivo) e in composto lutto dopo la morte prematura del marito. La mano benefattrice di Amazon l’accoglie e ripara, una collega le suggerisce un’alternativa esistenziale: il nomadismo. Che non significa rinunciare a una casa, attenzione, bensì a un’abitazione: casa è dove è il cuore, e quello di Fern vien presto scaldato da una collettività unanimamente affine, affettuosa, conciliante. Non uno di meno, dal tenero reduce del Vietnam alla malata terminale. I legami tra autoctoni si edificano in un istante di default, ecumenico proprio come quelli col paesaggio rurale ritratto con velleità naturalistiche e vérité come i due scarni western d’oggi girati da Chloé Zhao (Songs My Brothers Taught Me e The Rider) prima di questa distribuzione Searchlight (alias Disney!) che le assicurerà un Oscar da record (è donna e POC, person of color) appena in tempo per sfoggiarlo nei trailer e nelle recensioni di The Eternals, Marvel nobilitante con medaglia diversity queer (vedremo). Ma Nomadland, opera terza della regista cinese, tutto pare meno che un film d’autrice, anche su commissione: esteticamente indistinguibile dai road movie indie che passa il convento del Sundance da una decina d’anni a questa parte, imbellettato di anticonformismo solo via (brevi) slogan (i nomadi fanno una scelta “in opposizione alla dittatura del dollaro”, ma di miseria, di dolore, di rabbia non v’è traccia: sia mai che fra un frame contemplativo e l’altro trapeli la politica), realistico solo perché Frances McDormand (grandiosa, ma sai che novità) ha problemi di stomaco e va di corpo in un catino. Però com’è bella l’America, com’è innocuo girarla, c’è facile innamorarsene, e come sono umani, ad Amazon, alla Disney».

Fiaba Di Martino

(26 Settembre 2020)

Voto: 4.

No, non quattro stellette, 4 in senso di pagellino scolastico. Cioè pessimo! Pessimo forse come la parola acchiappo e umanimamente anziché unanimemente? Il pezzo finale è magnifico: come sono umani, ad Amazon, alla Disney.
Perché la virgola dopo umani? Perché alla Disney, che fa molto romanissima-romanista de Roma, eh, ce mancherebbe, an vedi oh, comunque italiana verace e poco italiano da Crusca? Quelli della Disney, non so, era forse meglio?
Ecco, perché Fiaba non è Chloé Zhao? Una ragione ci sarà?
Ecco, certa gente, prima di andare a dormire, vuole querelarmi se dico semplicemente la verità? Vuole per caso denunciarmi se consiglio giustamente a queste persone di cambiare mestiere? Non mi pare che io sia criminoso come Henry. O no? Ah ah.

 

di Stefano Falotico

 

Abel Ferrara, Chris Walken e Willem Dafoe, cioè praticamente me incarnato, scarnificato nella Trinità degli dei


12 Jul

walken king of new york

Mah, di mio, ho sempre preferito le periferie fatiscenti, degradate e fetenti della New York spettrale, cupa e onirica, lisergica, malandata e sporca, ipnoticamente ammaliante nella sua schifezza trasudante sudiciume di uomini devastati e di donne strafatte, al Cinema lezioso e perfettino di Woody Allen.

Comunque, Woody Allen fu ed è meno nevrotico di me. E ho detto tutto…

Sì, Woody Allen è un genio ma io non abiterei mai a Manhattan. È il sogno di chiunque stazionare in un iper-accessoriato super appartamento del quartiere residenziale più chic della Big Apple.

Però se, dopo aver risparmiato un patrimonio, se dopo non essere usciti mai di casa, non spendendo soldi per circa vent’anni al fine di accumulare ulteriore danaro necessario per cambiare vita e trasferirvi, per l’appunto, nella città più demograficamente populous degli States, cioè, che ve lo dico a fare, la metropoli ove abitò il macellaio Daniel Day-Lewis di quella mezza cagata sopravvalutata di Martin Scorsese con un Leo DiCaprio appesantito e una Cameron Diaz puttana sino al midollo spinale, ladra di tutti i gioielli, metaforicamente e non, se dopo essere stati salvati dalle grinfie di un pappone come Harvey Keitel di Taxi Driver, vi eleverete dal porcile di massa e vorrete/voleste fare gli altolocati come Jodie Foster… di Panic Room, sì, semmai incontrerete pure tre mariuoli certamente imbranati, altresì rompiballe, che cazzo farete? Ma dove cazzo pensate di andare?

Tornerete a Napoli e affitterete un monolocale nei quartieri spagnoli ove vi deruberanno anche di una brasiliana dai facilissimi costumi, espatriata da Rio de Janeiro nel capoluogo che fu peraltro la patria di Diego Armando Maradona, argentino non proprio nell’anima doratissimo, però coi denti placcati oro grazie ai soldi elargitigli dal drogato Ferlaino, sì, “noleggerete” una baldracca da quattro soldi raccattata sotto il Vesuvio dei vostri bollenti, magmatici spiriti con cui v’illudeste di giocare almeno di spagnola dopo aver gustato una zuppa inglese, uno zabaione come dessert dopo essere arrivati totalmente alla frutta, per di più scaduta, alla pizzeria gestita da Nino e Gaetano, chiamata Salutami a Sorrata?

Tanto vale che rimanete nella vostra casa ficcata in culo al mondo. Non fatevi venire strane idee, miei ragazzi puri, pure come Riz Ahmed di The Night Of.

So che, per l’appunto, la mela del peccato vi tira e volete leccarla tutta. Ma vorranno fottervi, incriminandovi di omicidio e stupro soltanto perché finalmente anche la povera disgraziata che ve la offrì ignuda e bagnata, eh già, morì ammazzata in una notte kafkiana da Fuori orario. Saranno cazzi molto amari, fidatevi.

Eh sì, che rottura di palle, miei amici buoni alla Griffin Dunne. Grissin Bon! Io, per esempio, avrei lasciato stare perdere subito quella Rosanna Arquette. Insomma, fu la co-interprete di Cercasi Susan disperatamente.

Lo so, voi, uomini morti di f… a, cercate invece disperatamente solo delle susine. Ma neppure da Susanna, quella donna palindroma che svende le banane al mercato, riuscirete a ottenere una gratuita limonata.

Veramente. Io vi ficcherei immediatamente dentro New Rose Hotel. Assieme a quei tre matti sconsacrati! Porco Giuda!

Per piacere. Non smadonnate come la Louise Ciccone di Occhi di serpente.

Sì, scegliete invece una vita bergmaniana alla Settembre e Interiors di Allen.

Ma che cazzo vi salta per la testa? Guardatevi, ragazze. Siate oggettive. Non siete mica fighe come Diane Keaton de Il dormiglione. Continuate pur a dormire sogni tranquilli. Tanto, Javier Bardem di Vicky Cristina Barcelona lo vedrete col binocolo.

E non dite che siete lesbiche come Jodie Foster, tanto non ci crede nessuno. Soprattutto nessuna. Le vostre amiche sono più brutte di voi.

Diciamocela! Dovete dirvela tutta. Anche perché non potete darla a nessuno/a. Siete più racchie di Lily Taylor di The Addiction.

Eh sì, farete la fortuna di tutti gli psichiatri del mondo. Ché, coi soldi che darete loro, illudendovi che potranno curarvi dalla vostra schizofrenia amante soltanto dei vampiri di Twilight, v’inculeranno a sangue, succhiandovi tutto il portafogli, altroché. Infilandovi depot inibenti la vostra rimanente, oserei dire già smunta libido.

Ah, non avrete molte scelte. Penserete di essere, per l’appunto, la Vergine di Mary.

Suvvia. Juliette Binoche che crede di essere la madre di Cristo, dai, fa veramente bestemmiare.

Credo che Juliette, dopo aver assaggiato Day-Lewis, sì, stavolta de L’insostenibile leggerezza dell’essere, se prima di ciò, pensò di farsi monaca di clausura o di Monza, poi divenne anche fan de Il cattivo tenente.

Annamo bene… cazzo. E qui faccio il Ninetto Davoli di Pasolini.

Sì, la Binoche è una prostituta di classe. Cosmopolis docet.

Asia Argento, invece, malgrado sia stata per anni con quel magnaccia di Morgan, non è una puttana.

Pazza, però, sì. Ah ah. Come attrice è una cagna ma credo comunque che possa essere curata da Christopher Walken di King of New York, un lupo della notte che, al min. 0:52 di questo trailer, bacia certamente meglio di Asia stessa di Go Go Tales.

Mah, un mio ex amico pensa che io sia L’angelo della vendetta.

Di mio, penso che il gelato al cioccolato misto al gusto di stracciatella, ingurgitato alle quattro di notte, valga molto di più di 4:44 Last Day on Earth.

Non so come sia questo film. Mi manca. Dopo la leccata al gelatino, mi sparerò alle 5 e 03 di mattina davvero questo filmettino.

Poi, alle prime luci dell’alba, come un Nosferatu Walken, ballerò sul terrazzo. Prendetemi pure per pazzo ma questa vita, fidatevi, va pigliata come viene…

È inutile che pensiate a come sarà il vostro futuro.

Ah, come potrà essere? Ve lo domandate pure? Allora siete più scemi di me.

Siamo tutti fottuti. Chi più chi meno. Quindi, finitela di menarvela.

Non siete Abel Ferrara né Woody Allen.

Non siete un cazzo.

Non si cazzeggia, qui.

di Stefano Falotico

new rose hotel

Scritti corsari pasoliniani


02 Mar

pasolini willem dafoePer un mondo ove a vincere sia sempre la fantasia, la bellezza della poesia e la venustà delle liriche oniriche, un Falò abbatterà ogni nazifascista col solo potere del suo carisma un po’ da menefreghista, da nullista e da romantico antileghista

Riferendomi a FilmTv.it, qui.

Affermai che i miei scritti qui, al di fuori delle recensioni quasi quotidiane, io avrei ficcato di lunedì. Ma preferii non inflazionarmi e aspettare martedì. Poiché mi prese un cosiddetto venerdì.

Sì, il messaggio di fratellanza e amore puro e perpetuo di Pasolini fu mostruosamente equivocato, non perpetuato e Pier Paolo fu scandalosamente trucidato.

Oppure, troppo fu compreso e, non potendolo nessuno lui sedare con delle compresse castranti la sua trasgressiva forza libertaria, non riuscendo più a inibire la sua innata joie de vivre da lui taciuta dietro una perenne malinconia di facciata da uomo, fuori dalle situazioni pubbliche, spesso volutamente taciturno, i potenti complottarono per farlo precocemente morire, falciandolo. Oscurando quindi il tristissimo complotto perpetratogli da farabutti. Insabbiando il misfatto in maniera oscura.

Pasolini, uomo dalle mille ombre, ombroso ma anche radioso, amante del Calcio inteso come sport di squadra e non come competitivo giuoco d’interessi miliardari. Spesso antisportivi, giocati contro ogni fair play.

L’esercitazione del potere, esercitata non solo fra i gerarchi e i militari, ancora purtroppo milita in questa società, silente e omertosa, che vuol ardere chi, obiettando di coscienza, ha il coraggio di opporre un imperioso no a ogni forma di prevaricazione e violenza, psicologica e non. Poiché spesso il sistema soltanto irreggimenta, sebbene non possiamo generalizzare, le anime considerate diverse. Tacciandole come sceme e tacendole, oppure scremandole, in modo squallidamente corretto politicamente, fra chi lavora alla ferramenta e chi, avendo ottenuto privilegi maggiori, si crede caporale che detta regole arbitrarie delle peggiori con giochetti assai scorretti da malfattori.

Altro che sergenti istruttori.

Spesso infatti decidono i più ignorantoni distruttivi come il dottor Balanzone in merito ai destini di chi vuole continuare a nuotare liberamente puro come un delfino che fluttua senz’affoganti, soprattutto affossanti e asfissianti, direttive redatte da chi si crede sano ma, invero, non saprebbe riconoscere neanche un santo.

Andando a dire semmai che San Francesco era solo un vizioso perfino lurido e lussurioso. Un figlio pericoloso, stando alle folli teorie del Lombroso.

Ah, gente da Lambrusco. A Bologna, direbbero, monnezze viventi da gettare nel rusco. Gente con la puzza sotto il naso, maleodorante e losca che, invecchiando, nient’affatto migliora come il buon vino stagionato. Anzi, si fa crescere solo la panza e sviluppa maggiore supponenza arrogante.

Nel 1975, nello stesso anno in cui morì, Pasolini scrisse ma non pubblicò gli Scritti corsari. Fu da tempo già scambiato per pazzo ma qui io voglio estrapolarvi solo un suo pezzo:

«Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale».

È sempre dei suoi presunti vantaggi, per me solamente untuosi, eccome, se un cattivo direttore di una capziosa istituzione fa l’untore e se la tira pure da saccente professore terribile nel credersi l’unico dotato di buona (d)istruzione. Dettando, non solo di dettati ai suoi studenti da lui demagogicamente ammaestrati e maltrattati da bestie da soma(ri) attraverso rigidi dettami conservatori, degli inutili precetti atti solamente a mantenere l’inattuabile integrità, non più morale, di uno status quo da quaquaraquà per non scombussolare un fascistico (dis)ordine pericolosamente meritocratico da dittatore/i, facendo il bello e il cattivo tempo perfino sulle giovinezze più belle. Tarpando loro lei ali poiché sanamente ribelli nel loro essere stupendamente vere e autentiche, scevre dai giochini, per l’appunto, di potere di chi sta in alto e, oltre a tre ville al mare, detiene pure tanti poderi. Ma non sa volare…

Che situazione desolante, demoralizzante, moralistica e fascistica.

Sì, molti giovani, apparentemente non adatti al nazismo tutt’oggi imperante, saranno demoralizzati affinché si prostituiscano, il prima possibile, al primo lavoretto che passa/i il convento. Poiché i potenti dicono loro che sarebbe troppo bello credere nei propri sogni e fare gli artisti. I potenti stanno in cattedra sullo sgabello e fanno dunque gli sgambetti a chi è troppo in gamba. Ah, questa è proprio bella, ah ah.

Nel libro Lettere luterane, Pasolini scrisse le testuali parole già lapidarie e quasi testamentali:

siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni…

Gli artisti furono di buon occhio mai visti. E sempre si diedero loro patenti di finocchi, di Pinocchio e di figli di ‘ntrocchia. Per spaccare loro le ginocchia e impiegarli a livello comunale o statalmente a un’esistenza da frust(r)ati. Allora ben vengano i gran pagliacci che allieteranno, con far beffardo, il porcile… no, il cortile di chi manco sa decentemente leggere e scrivere ma ebbe l’ardire, per l’appunto, di volerli ardere e troppo presto adattare al troiaio collettivo. Esistono ancora persone combattive capaci, come Alex Del Piero detto il Pinturicchio servito da Gilardino, di disegnare una parabola maestosa imprendibile.

Che semifinale mondiale!

Ogni nazista nell’animo, non solo tedesco, va ora giù e non ce la fa più, coi ricatti sulla “ricotta” e i suoi modi stronzi, a mangiare anche solo un tiramisù senza che non gli vada storto. Dai, su.

Lui odiò gli “storti” ma dovrebbe rivedere il suo cervello, non solo quello, osservandosi allo specchio e prendendo consapevolezza della sua malattia, cioè di essere uno storpio. Nel cervello, certamente, ma io credo soprattutto in quello, eh sì, cari fringuelli, prima o poi (ri)nasce chi non è da Qualcuno volò sul nido del cuculo ma fu preso pel cul’ in quanto ancora sempre credette, crede e anche nell’aldilà crederà che la vita e anche qualcos’altro non sia giocarsela da leccaculi.

Leccate un gelato e buonanotte.

Come disse Pasolini, ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere in modo sleale…

Su Facebook e altrove, da molti non vengono graditi i miei modi clowneschi e mi si dice che io sia una persona seria e piacevole quando parlo come un trombone. Invece, è proprio quando sono un po’ come tutti dai trent’anni in su, eh già, cioè composto e a modo, quando fingo di aver messo la testa a posto, quando capisco, certo, come si sta sulla faccia della Terra, oh sì, che mi sento profondamente infelice.

L’altra sera, mi ricontattò su FB una ragazza. Le mostrai un mio recentissimo video, a detta di molti assai poetico, ma lei mi scrisse di esserne rimasta disgustata poiché denudai il nostro intimo, trascorso rapporto, non rispettando la sua riservatezza.

Viviamo ancora nelle proprietà private?

Ora, se il suo ricontattarmi fu un tentativo di riavvicinamento tardivo, mi spiacque deluderla, freddandola con una rievocazione romantica ma impietosa del tempo nostro che è oramai finito.

Forse si aspettò una mia nuova dichiarazione d’amore commovente. Invece, rimase basita dinanzi alla mia immutabilità impressionante, dicendomi che non sono, nonostante lo schifo successomi, cambiato per niente.

Sperò probabilmente che io, nel frattempo, mi fossi imborghesito e intristito come lei.

E forse apposta lasciò che si calmassero dentro di me le acque, attendendo il momento giusto per rifarsi viva.

Ma dinanzi a lei, sebbene dietro uno schermo, non incontrò un ragazzo cambiato e cresciuto.

Trovò la solita testa di c…

Poiché, ripeto, nessuna violenza e nessuna compressa potrà mai fermare la mia inquietudine esistenziale. A costo che io ancora non venga compreso.

Se a voi piace sottomettervi alle regole farisee per due mi piace in più, prego, accomodatevi.

Tolgo il disturbo ma continuerò, anche accomiatandomi, anche fingendo di calmarmi, a disturbare chi vorrà imporre la sua (im)posizione da capotavola.

Perché io sono questo e non ho intenzione di diventare una povera merda col sorriso a trentadue denti e il fisico sempre perfetto.

Preferirò essere un miserabile piuttosto che uno con la bile per tutti i giorni feriali e il sorriso falso e meschino nel giorno festivo in cui, dopo tanti festini, vi azzardate pure a inginocchiarvi, sputando in faccia a Cristo e non avendo alcuna dignità di voi stessi.

Come d’altronde sostenne il grande Ryan Gosling: Only God Forgives.

E sono ancora troppo giovane per aver finto di avere perdonato.

Chi fu capace soltanto a premeditare una tale mostruosità dovrebbe solamente vergognarsi e farla finita.

Dal Pasolini di Abel Ferrara:

– Fammi tornare alla mia domanda iniziale. Tu, magicamente, cancelli tutto. La scuola dell’obbligo, i funzionari eletti, la stessa televisione. E che cosa ti resta?

– TUTTO. A me resta tutto. Me stesso, essere vivo, essere vivo nel mondo, vedere, lavorare, capire. I miei libri…

 

di Stefano Falotico

 

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Il ritorno di David O. Russell e il mio ritorno all’ovile e al quartiere Navile dopo le mie vane, patetiche speranze di adeguarmi e omologarmi al porcile


16 Feb

Christian+Bale+David+O+Russell+2013+Variety+TeC4Ut1n-Mrl

Partiamo dalle notizie cinematografiche e, solo dopo che le avrò sviscerate, potrete evincere che finsi di avere voglia di vincere ma la mia malinconia si rivelò più imbattibile del pugile Micky Ward/Mark Wahlberg di The Fighter.

David O. Russell tornerà alla regia, ad Aprile.

Di mio, dopo tanti orizzonti di gloria, dopo che fui perfino scambiato per Christian Bale di American Psycho, colui che invero rappresenta in toto la mia nemesi, altro che la mia simbiosi, dopo che (non) riuscii a curare la mia nevrosi, dopo m’illusi che sarei risorto come Dark Knight Rises, dopo la mia pubertà da John Connor/Edward Furlong di Terminator 2, periodo nel quale tutti, compresi i miei coetanei, si convinsero che fossi un predestinato, no, non mi trasformai in un combattente come Christian Bale di Terminator Salvation ma neppure m’involsi in un truffaldino malvivente come Bale di American Hustle.

Non uso parrucchini e non mi piacciono le tipe come Amy Adams. Cioè, delle finte suore tanto carine. Basti vederla nel film Il dubbio per capire che questa andrebbe pure con quel Philip Seymour Hoffman. Forse incolpevole o forse un pedofilo peggiore di quelli mai denunciati da Ratzinger.

Sono un personaggio da Oscar, sì, sempre Christian Bale. Sempre di The Fighter. Uomo, il sottoscritto, verso il quale tutti nutrirono Grandi speranze da Charles Dickens ma, sino a questo momento, non incontrai nessun De Niro di Paradiso perduto.

Sì, perfino i criminali che attentarono alla mia purezza, cazzo, non vogliono redimersi e pagarmi un sacrosanto risarcimento. Dunque, sarei potuto diventare un pittore di quadri cubisti da moderno Rinascimento, bello come Ethan Hawke. Sì, un ragazzo sofferente di atimia, mica di timidezza che, dopo la sua adolescenza problematica e tormentata, si sarebbe trasformato in un bell’uomo intellettuale.

Persi anche L’attimo fuggente.

Invece rimasi un astrattista astruso della mia depressione inaffondabile nella quale, tanti anni or sono, affogai e paurosamente affondai. Senza però mai precipitare nell’uso delle droghe.

Sì, il protagonista del nuovo, attesissimo film di David O. Russell, intitolato provvisoriamente Amsterdam, sarà ancora una volta Christian Bale. Assieme a De Niro, forse, l’attore fisicamente più trasformista della storia.

Un monstre, un camaleonte capace di rinascere più dell’araba fenice. Infatti, in Amsterdam, vi sarà anche un piccolo ruolo assegnato all’immancabile amico per eccellenza di O. Russell, ovvero proprio De Niro.

Per un cast, come si suol dire, delle grandi occasioni, vale a dire, il già menzionato Bale, Margot Robbie, forse Jamie Foxx, forse Angelina Jolie e Michael B. Jordan. Vi saranno probabilmente anche Michael Myers e Michael Shannon.

Shannon avrebbe dovuto anche interpretare la serie televisiva Amazon che De Niro e Julianne Moore, a loro volta, avrebbero dovuto girare con O. Russell dopo che De Niro stesso avesse finito le riprese di The Irishman. Ma appena iniziarono le riprese di The Irishman, scoppiò lo scandalo sessuale di Harvey Weinstein. Che doveva essere il co-produttore di tale serie.

Il progetto fu sospeso e forse a fine Aprile vedremo Nonno, questa volta è guerra di Tim Hill con De Niro. Prodotto, per l’appunto, dalla “succursale” di Weinstein, la Dimension Films, e tenuto in frigorifero per svariati anni. In Italia, verrà distribuito dalla Notorious Pictures.

No, non posso vedere Il lato positivo nella mia vita. Credo che non incontrerò una tipa e topa con le palle come Jennifer Lawrence che potrebbe farmi dimenticare che fui scelleratamente tradito e venni gravemente ricoverato quando, in rehab, avrebbero dovuto ficcare i responsabili di tale oscenità.

Sono uno determinato ma non mi svenderei mai come Joy. Prestandomi alle televendite pur di non finire come Giorgio Mastrota, ah ah.

Ogni ex di Giorgio, come Natalia Estrada, cioè una milf frustrata, sostiene che io sia ancora, nonostante tutto, un bel ragazzo e che vorrebbe divertirsi con me, regalandomi migliori natali…

Mi dice di non intristirmi col Cinema di Abel Ferrara e con ‘R Xmas.

Sì, dice che con lei me la godrò. Sì, dopo due mesi, a forza di essere sbattuto e come un limone spremuto, diventerò un tipo da cine-panettoni e da Checco Zalone.

Ah, che meravigliosa illusione che è la vita quando, per qualche mese, credi davvero che quest’esistenza, anzi resistenza, non sia stata solamente una tragica delusione.

Semmai, lasci lusingarti dalle tentazioni dei comuni mortali, vieni abbagliato e sedotto da qualche guru, non so se un testimone di Geova o il nuovo mago Otelma, cioè un ciarlatano, che ti vorrebbe far credere di non essere stato sedato e farmacologicamente addormentato come un ghiro. Per semi-lobotomizzarti come Ray Liotta nel pre-finale di Hannibal. Qualche psichiatra cannibale, cioè sciacallo della tua anima, uno strizzacervelli malato di mente e maniaco assassino.

Incontri una donna e lei dice persino che assomigli a Richard Gere.

Leggi assurdità, comunque, incredibili. Per esempio che Artur Fleck/Joker soffra della stessa psicopatologia dello Spider di Cronenberg.

Questa gente si definisce addirittura critica di Cinema e tutti critica senza conoscere, non solo le varie tipologie di schizofrenia, bensì non essendo neppure coscienze del suo stato di malattia.

Che si chiama idiozia. Persone esperte non solo di qualunquistica tuttologia ma addirittura specializzate in psichiatria quando invece e invero io le vedrei bene nella culla d’un reparto maternità di pre-pediatria.

Debbo ammettere, con estrema costernazione, che provai a diventare un maiale come quasi tutti.

Ma rimango giustamente, sanamente un pollo. E non mi piacciono le galline.

Meglio forse rimanere un poeta e ascoltare il rumore del fiume Navile. Che dà il nome al mio quartiere.

Perché dei vostri giochetti sleali, del vostro effimero mettere le ali ma in verità rimanere soltanto aleatori e superficiali, mi sono rotto le palle. Amo approfondire ogni aspetto, bello o brutto che sia, del reale. E adoro essere delirante come David Lynch, forse il più grande. Sublime maestro del surreale del suo magico, suadente reame. Qui c’è Inland Empire e io sono così “matto” che sto finendo il mio nuovo romanzo, una rielaborazione falotica di Vertigo. Per quanto concerne quel pazzo vero, cioè Morgan, ex dei Bluvertigo (ah, capisco, gruppo musicale che cambiò-non cambiò, come me, ah ah, pure l’accentuazione di vertigo per dare un tocco originale pateticamente emulativo di Velvet Blue ma restando lontano anni luce dalla classe dei Velvet Underground), chi mai lo dimise dalle cure prescrittegli dallo specialista?

Il mondo si divide in due categorie. Chi fu un ex genio come Dario Argento e chi, nonostante abbia girato molti film di e con Dario, cioè sua figlia Asia, più che altro asina, non sarà mai stupendamente folle come Abel Ferrara, malgrado assaggiò il suo seme in qualche New Rose Hotel.

Ma quale Trauma, Asia. Io fui traumatizzato. Tu, al massimo, potesti essere la direttrice strega dell’albergo di Suspiria.

 

di Stefano Falotico

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I miei registi preferiti, ovvero quelli (s)oggettivamente più grandi e che dunque appartengono alla poetica della mia anima non da tal dei tali, mi pare ovvio


30 Jan

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A proposito di body horror, di deliri lynchiani e di De Niro, di mutazioni cronenberghiane…

Qui sotto potete vedere colui che, a forza di guardare tutti i film con De Niro, si trasmutò in lui.

Indubbiamente, la somiglianza è impressionante. Perché Netflix spese un sacco di soldi per ringiovanire male De Niro in The Irishman?83910279_10215589381510486_5827881122972827648_o

Introduzione spiritosa

– Allora, signor Falotico, lei sostiene che i suoi registi preferiti siano Cronenberg, Lynch, Scorsese ed Eastwood.

– Sì, confermo. Perché mi state interrogando?

– Non riusciamo a capire come sia possibile che lei, in effetti, ami i registi migliori quando, in realtà, non è che la sua vita sia delle migliori, detta come va detta. Dunque, siamo stati incaricati dagli agenti governativi che presiedono l’area 51 per testare se lei sia una persona normale o un alieno.

– Va bene. Avete delle domande da farmi?

– Certamente. Si sieda, comodamente. Vuole che le portiamo qualcosa da bere?

– Solo un po’ d’acqua minerale.

– Lei dunque beve, come tutti, l’acqua?

– Circa due litri al giorno.

– Va anche a pisciare, quindi?

– Anche a cagare.

– Bene. Andiamo avanti. Lei va in bagno solo per pisciare e cagare?

– No, anche per pulirmi il viso e farmi la doccia.

-Perfetto. Sin qui, mi pare che il quadro clinico corrisponda a quello di una persona normalissima. Solo una curiosità. Lei è mai andato nei bagni delle discoteche a fare qualcos’altro?

– Per tirare di coca o tirarlo a una?

– Esatto. Risponda, non tergiversi.

– Mi ricordo che, una volta, andai nel bagno di una multisala e scoprii due che stavano scopando nella toilette riservata alle persone con la sedia a rotelle.

– E lei che ci faceva nel bagno dei paraplegici?

– Sapete, fu un periodo in cui mi muovevo poco. Volevo vedere se riuscivo a pisciare lo stesso in un bagno pubblico.

– Cos’è una battuta? Non faccia lo spiritoso. Sia serio. Che ci faceva, lì?

– Accompagnai uno sulla sedia a rotelle.

– Ah, perfetto. Allora si spiega tutto. Ci perdoni se abbiamo dubitato. Andiamo avanti. Lei, leggendo questo fascicolo, sostiene di aver scopato tutte le più belle attrici di Hollywood. Ce lo potrebbe dimostrare?

– Sì, questo è l’hard disk del mio computer. Le salvai tutte in HD.

– Che significa?

– Significa che con la mente le scopai tutte. Non specificai, scusatemi.

Ok. A proposito, possiamo fare il backup personale di questi salvataggi? Non si sa mai, vogliamo averne delle copie. Potrebbero servire anche a noi.

– Prego. Fate pure, anzi, fate tutto.

– Andiamo avanti. Lei nutre anche attrazione sessuale per gli attori di Hollywood? Dica la verità.

– Nutro forte ammirazione nei confronti di Bob De Niro, Al Pacino e Clint Eastwood.

– Si tratta solo di ammirazione?

– Certo, perché?

– Non è che sogna di scoparseli o di essere scopato da loro?

– Guardate, i tre signori succitati hanno la loro età. Figuratevi se stanno a pensare a me.

– Però lei potrebbe pensare a loro. Per esempio, perquisendo la sua casa, abbiamo trovato tutti i dvd dei loro film più belli. Come ce lo spiega, questo?

– Avete anche rinvenuto i dvd delle maggiori pornoattrici americane?

– Sì, ovvio.

– E questo cosa vi dice?

– Ci dice che ci faremo una copia pure di queste, no, di questi. Ultima domanda, poi avremo finito. Fra Jodie Foster de Il silenzio degli innocenti e Julianne Moore di Hannibal, chi scoperebbe?

– Tutte e due.

– Sì, ma Jodie Foster è lesbica.

– Io no, però.

– Benissimo. Finito il test. Lei caccia anche delle freddure alla Eastwood. Lei è ora una persona libera. Perfino normalissima.

– Voi no, però.

 

Ora, mi costringete sempre a ripetermi. Dovreste oramai conoscere i miei gusti cinematografici e non.

Negli scorsi giorni, cazzeggiai parecchio, celebrando la goliardia del sesso ma sostanzialmente, dietro questi miei exploit apparentemente goderecci, celai nuovamente, invero, la mia indole nottambula da Lili Taylor di The Addiction.

A scanso di equivoci, Abel Ferrara è un grande regista ma non appartiene ai miei preferiti. Sebbene adori le sue disperazioni struggenti de Il cattivo tenente, alcune torbide atmosfere oniriche e metafisiche di New Rose Hotel, malgrado in King of New York vi sia un Christopher Walken titanico e inarrivabile e nonostante Fratelli sia un film superiore a The Irishman ma non fu candidato a nessun Oscar.

Da tempo, Abel ciondola e, da quando Nicholas St. John non scrive più sceneggiature per lui, Abel è diventato, più che altro, Manuel Ferrara, ovvero il famoso pornoattore.

Mary, per esempio, è una troiata sopravvalutata, Go Go Tales, un’esibizione di cani con la lingua arrapata, Pasolini non lo vidi mai anche se sono praticamente uguale a Pier Paolo e poco a Willem Dafoe, ah ah.

Bene, il mio regista preferito non è Scorsese. Lo fu, tantissimi anni fa, quando comprai magazine come Premiere solo per vedere, prima dell’avvento d’Internet, le foto rubate dal set di Al di là della vita. L’ultimo suo vero capolavoro, fra l’altro. Eh sì.

Furono notti, le mie, da Fuori orario nelle quali, insonne come Travis Bickle di Taxi Driver, non prendendo sonno, col pigiamino colorato, mi recavo in bagno e, dinanzi allo specchio, recitavo a bassa voce degli sketch comici da Rupert Pupkin di Re per una notte. Non rideva, ovviamente, nessuno. Tantomeno il sottoscritto. Ché conservava una seriosità malinconica e impeccabilmente rigorosa da Daniel Day-Lewis.

Sì, Daniel Day-Lewis non interpretò mai un film comico. Io faccio, invece, ridere gli altri perché sono, questa volta sì, Willem Dafoe de L’ultima tentazione di Cristo ma fui scambiato per DiCaprio di Shutter Island e per quello di The Aviator.

Sì, vissi stati di agitazione psicomotoria al cui confronto le nevrosi energiche e arrabbiate, sadomasochistiche di di Johnny Boy/De Niro di Mean Streets e di Toro scatenato appaiono irreligiose e blasfeme nei riguardi del tormento passionale di Andrew Garfield di Silence.

Per anni, le istituzioni, tipo FBI, mi sottoposero a un terzo grado scandaloso, simile a quello subito da Richard Jewell.

Sì, a differenza degli agenti del finale di The Irishman che chiedono ossessivamente a Frank Sheeran/De Niro se fu lui ad ammazzare Jimmy Hoffa/Pacino, a me chiesero perché non volessi vivere. Uccidendo me stesso nella depressione più trascendente da Paul Schrader. Ah ah.

Sì, credo che in giovanissima età non mi sarei mai dovuto innamorare della mia Ginger/Sharon Stone di Casinò.

Lei, come Sharon, era bionda, stupenda, ammaliante, più dea di Cybill Shepherd. Dentro di me, seppi sin dall’inizio che la idealizzai e altri non fu ed è che una zoccola d’alto bordo.

Mentre io infatti mi “orgasmizzai” di fantasie su di lei, vagheggiandola e immaginando di trascorrere con lei una vita piena di romanticismi selvaggi da Mick Jagger di Shine a Light, lei fu interessata solamente al Colore dei soldi.

Comunque, a Marzo, Scorsese girerà Killers of the Flower Moon in una riserva indiana dell’Oklahoma.

Potrei mandare una mail all’ufficio casting per chiedere se posso esser assunto come comparsa da Piccolo grande uomo.

Ma quale Arthur Penn e Sean Penn di Lupo solitario.

In questo film v’è Viggo Mortensen. Eccolo lì, lo sapevo, cazzo.

Sì, uno dei miei registi preferiti di sempre è David Cronenberg. Sono Tom Stall di A History of Violence.

Sì, un mio “amico” alla Ed Harris non è mai convinto che io sia un tipo dolce da torte di mele.

Puntualmente, a scadenze (ir)regolari, torna a provocarmi, dicendomi:

– Non fare quello che ascolta Ed Sheeran perché io non ti credo. Tu rimuovesti tutto dalla memoria per stare sereno. Sei un coglione e una testa di cazzo come tutti. Sii sincero.

Non tirartela da bell’uomo come Robert Pattinson e finiscila di crederti Keira Knightley di A Dangerous Method.

Tu non soffri di nulla. Finiscila anche col dire che sei un uomo come Jeff Goldblum de La mosca che, in seguito a esperimenti sbagliati, ora s’è elevato e vive oltre la comune realtà da Jude Law di eXistenZ.

Non fare l’M. Butterfly. So che la farfallina di Deborah Kara Unger di Crash ti piace e ameresti con lei assaggiare tutto Il pasto nudo.

Dunque, finiscila anche di frequentare psichiatri, pediatri, biologi, geriatri e non frequentare quello lì. Che di cognome fa Geraci.

Tu e lui, ultimamente, state diventando Inseparabili. Ora, spero che non te lo dia nel culo ma, certamente, ti sta fottendo il cervello come Michael Ironside di Scanners.

Ti parla solo di stronzate. Sei un tipo sofisticato come Cronenberg, lascia pure che Geraci faccia il barista nelle carrozze dei treni, urlando:

– Ecco, sono Geraci. Gelati, patatine e bibite!

 

Ho scritto un libro su John Carpenter ma non sono Starman. Mi piace da morire anche David Lynch ma forse, di più, Laura Elena Harring. Sì, Lynch è un genio. Assieme a Cronenberg, il più grande.

Non fatemi più vedere Paola Cortellesi, Zalone, De Sica e altri sciocchini del genere.

Poi, diciamocela, bambini. Quentin Tarantino, ultimamente, si sta dimostrando solamente un cazzoncino.

Di mio, ora ordino un altro caffettino e mi faccio una fumatina.

Sono un uomo (s)fumante, dal carattere fumantino, forse sono il dottor Fu Manchu.

A essere sinceri, le crepuscolari malinconie di Clint Eastwood non sono niente in confronto alla mia tragedia da Hilary Swank di Million Dollar Baby.

E ho detto tutto.

HILARY SWANK as Maggie in Warner Bros. Pictures’ drama “Million Dollar Baby.” The Malpaso production also stars Clint Eastwood and Morgan Freeman. PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION.

HILARY SWANK as Maggie in Warner Bros. Pictures’ drama “Million Dollar Baby.” The Malpaso production also stars Clint Eastwood and Morgan Freeman.
PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION.

pasto nudo

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di Stefano Falotico

Il cattivo nullatenente – Nicolas Cage è mille volte peggio di De Niro ma io amo entrambi


08 Jun
ITALY - SEPTEMBER 04: The 66th Venice Film Festival: Premiere of the film 'Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans' in Venice, Italy On September 04, 2009-Actor Nicolas Cage. (Photo by Pool CATARINA/VANDEVILLE/Gamma-Rapho via Getty Images)

ITALY – SEPTEMBER 04: The 66th Venice Film Festival: Premiere of the film ‘Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans’ in Venice, Italy On September 04, 2009-Actor Nicolas Cage. (Photo by Pool CATARINA/VANDEVILLE/Gamma-Rapho via Getty Images)

Comprate il mio saggio monografico Nicolas Cage, l’attore vampiro

In vendita su Amazon e altrove. Cercatelo e accattatelo!

Così, coi soldi a me elargiti e da me intascati, potrò ancora avere tempo per dedicarmi agli attori e ai registi.

Sono sfegatato di Nic. Nel senso che Nic recita adesso in filmacci impresentabili e a me viene sempre più il fegato amaro.

Vi ripropongo questa foto oserei dire storica ed emblematica di un periodo mio stoico da voyeur cinefilo assai incallito e non incagnito come la recitazione oramai cagnesca di Nic.

A chi indovinerà di rapidissima, anzi, immediata occhiata, senza battere ciglio, chi io sia tra questa foll(i)a per Nic impazzita durante la première di Bad Lieutenant: Port of Call New Orleans, regalerò il dvd di Snake Eyes di Brian De Palma.

Se non vi piace questo regalo, allora mi trasformerò in Harvey Keitel de Il cattivo tenente di Ferrara Abel. Fatemi vedere…

Eh sì, miei papponi da Taxi Driver, non giriamoci attorno.

Gli anni passano, i fanatismi vengono soppiantati da una vita meno sognante ma io non ho rimpianti, miei poppanti.

Son sempre più uguale a Travis Bickle. E combatto nelle mie notturne insonnie ogni lestofante ma soprattutto la povertà morale di un mondo più ricco di me in quanto bugiardo e più furbescamente arrogante.

Parafrasando Ray Liotta di Goodfellas, ho sempre voluto fare il culo ai gangster.

Per svelare il marcio di questa società corrotta che, sin dai primi battiti adolescenziali, m’ha rotto.

Una bella ripulita e visto che uomo?

Ho più fascino di Bob De Niro ma la sua ex moglie Grace Hightower ha chiesto, appunto, a Bob cinquecento milioni di dollari di risarcimento poiché Bob, a suo avviso, le avrebbe rovinato la reputazione.

Reputazione di che? Solo perché Bob, durante questi anni in cui è stata con lei, ha recitato in film indegni della sua nomea? Ma che vuole questa qui?

Di mio, chiedo a una donna se vuole fare un giro in macchina con me sebbene non possa poi donarle una causa, no, casa. Né a Beverly Hills né nell’estrema periferia bolognese.

Detto ciò, vado a bere un caffè.

 

di Stefano Falotico

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I registi dementi che non voglio più vedere: Vincent Gallo, Lars von Trier, persino Spielberg, Luciano Ligabue e affini bovari


05 Mar

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Sì, partiamo con Vincent. Attore che non mi sento di discutere.

E vi racconto questa. Poco prima dell’anteprima veneziana dello sciapito remake di Werner Herzog de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, ordinai un toast a una baracchina di hotdog. Al che, mentre lo stavo sgranocchiando, a un metro da me, ci credereste? Stava tutto in camuffa, con tanto di barbona e look trasandato per non farsi riconoscere, quel bell’uomo del Gallo. Proprio un Gallone a sessanta centimetri da me. Nessuno, combinato e acconciato com’era, l’aveva riconosciuto. Mentre io, ovviamente, sì. E cominciai a guardarlo di sottecchi. Come diceva Totò a Peppino, ne La banda degli onesti, guardi quello là, quel tipo, guardi ma non guardi. Insomma, guardi ma non faccia vedere che guarda.

Ma Vincent si accorse che lo stavo guardando in maniera trafelata e cominciò parimenti a fissarmi. Poi, ridacchiando sotto i baffi, mi annuì in silenzio, come per dirmi…

– Sì, sono io.

 

Dunque, si eclissò in sala, assieme a una bagascia di quart’ordine, forse raccattata al molo del Canal Glande, no, Grande.

Credo, se non sbaglio, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Volpi per la sua prova in Essential Killing.

E, fra l’altro, sapete che fine abbia fatto? Sono quattro cinque anni che non gira più un cazzo.

Ma sì, oramai ha dato. Vincent ora starà in qualche tugurio con qualche zoccola che gli lecca le sue palle da bowling da Buffalo ‘66. Qualche Christina Ricci che glielo arriccia e glielo rizza.

Ecco, questa sua regia è buona, molto bona.

Ma mi soffermerei piuttosto su The Brown Bunny. Film ove il nostro Gallo non ha lesinato in pornografiche vanità, facendosi succhiare tutto il caldo ciddone (leggasi uccellone) dalla Sevigny, un ottimo figone. Va dentro, no scusate, va detto.

Devo ammettere che l’uccello di Vincent è da competizione ma devo altrettanto essergli onesto. Il mio è molto più grosso (e qualcuna lo sa, può tangibilmente testimoniare e, da allora, è ricoverata in manicomio per l’irreversibile shock profilattico da crisi ninfomane molto anale, no, anafilattica) ma non mi sarei mai permesso di filmare un lungometraggio, presentato a Cannes (!), con tanto di pompino durissimo da bestione.

Non sono, come sapete, un moralista, anzi. Ma sono per la teoria di Orson Welles. Il sesso al Cinema non serve a un cazzo. Non è compito dell’arte mostrarci ogni minimo dettaglio, ingrossamento e attizzamento, indurimento, allungamento e succhiamento. Sono cazzi che non c’interessano.

Quindi, sia lui che la Sevigny andassero a fare, come dicono in Sicilia, i “suca-minchia” altrove. Questi due minchioni. Sì, anche la Sevigny lo è. Le sue gambe non si discutono ma la sua faccia sembra, alle volte, quella di un uomo.

Bannato lui e lei rimane una lecca-banane.

A proposito di altri idioti… voi dite che Lars von Trier è un genio.

Ma de che? Questo è sempre stato molto ma molto male. E, visto che sta male, ha preso a pretesto le sue psicopatologie per spacciarsi come provocatore geniale. Imbavagliatelo!

In verità vi dico che Lars provoca solo i suoi turbamenti. È un pazzo a cui non darei da girare, in Dogma, neppure il filmino della prima comunione.

Capace che poi rovini l’armonia innocente della festa con qualche sua alzata di testa.

Prendete i resti di torta che sono rimasti come avanzi e… ho detto tutto.

Spielberg se n’è uscito con la campagna anti-Netflix. Per forza, lui ha la Dreamworks e Netflix gli rompe i maroni.

Quindi, castrate anche Steven il prima possibile. Questi falsi non li vogliamo più vedere.

Su Luciano Ligabue non sarei impietoso. Dategli una piadina romagnola e ficcatelo fra i drogati della Montagnola. Famoso parco di strafatti e bolliti di Bologna.

Finirei con altri due bovari invincibili. Il primo è Russell Crowe. Che si è cimentato con la regia! Uno la cui panza aumenta a vista d’occhio, anzi, ad occhio di bue. Poiché Russell, da gladiatore della buona cucina, una vera Arena come l’omonimo pollo fritto, mangia tante uova e bistecche alla Bismarck.

E poi con Ben Affleck. Oscar regalati. Ma l’avete visto nel trailer di Triple Frontier?

E questo sarebbe un bove, no, un bono? Ma questo ha mangiato polpette a tutt’andare.

Ora, voi ci credereste che costui, nella foto immediatamente sotto, il 13 Settembre di quest’anno compirà quarant’anni?

Lo so, io sono sempre bello e giovane, voi sempre più rincoglioniti.

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di Stefano Falotico

Il più grande attore di Cinema del mondo, ah ah, Victor Argo, e io non gli sono da meno


26 Feb

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https://www.youtube.com/watch?v=bdRrh7p2k7g

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Oggi voglio parlarvi di un attore il cui sex appeal, ah ah, non è mai stato messo in discussione, un uomo di caratura raffinata e bellezza impareggiabile, e per via del suo fascino magnetico ha lavorato con alcuni dei più grandi maestri della Settima Arte, in primis Martin Scorsese ed Abel Ferrara, ma anche con Woody Allen, diventando il loro fido “scudiero”.

Wikipedia dice questo: Victor Jimenez (New York, 5 novembre 1934 – New York, 7 aprile 2004) è stato un attore statunitense di origini portoricane.

Victor iniziò la sua carriera come attore di teatro. Durante gli anni sessanta conobbe Yoko Ono e Harvey Keitel con i quali lavorò. Nel 1977, Argo divenne un membro del Riverside Shakespeare Company nell’Upper West Side. Andò in tournée per i diversi parchi di Manhattan recitando la parte di Lord Montague.

 

Sì, in maniera analogica, potremmo dire che Victor ha sempre avuto un carisma alla Falotico. Un uomo che sta nel suo negozio e incontra il Bickle, che lo aiuta ad acciuffare un negrone, quindi sta nella tavola calda di Fuori orario e serve il caffè ai cretini mentre la gentaglia dà la caccia a quel povero sfigato capitato nel mondo sbagliato nelle ore notturne più scorsesiane. La storia della mia vita.

Sì, io credo di possedere una bella voce, flessuosa, sinuosa, morbida e vellutata come le gambe di Bo Derek quando era al top della sua topa.

E, stamattina, a proposito di topini/e sono uscito presto. Vicino alla farmacia San Martino, in mezzo a tante facce di cazzo che aspettavano l’autobus, adocchiai una ragazza di buon culo con lo sguardo vuoto. E pensai che quel vuoto andava “riempito”.

 

di Stefano Falotico

Il mio Natale, auguri a tutti e malaugurio ai cattivi


24 Dec

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Salve, sono un uomo che ha resistito agli urti e, (in)dolente, avanza scialacquando il suo tale(nto) in mezzo a un’umanità alla frutta che nel giorno “natio” del Cristo, poi redento dalla croce e dunque pasquale, si strafogherà di dolci e buonismi, non rispettando Javier Bardem di Biutiful. Lo so, tra soffritti e padelle, nel giorno di Natale ringraziate la vostra panza e non rispettate quelli che vivono nelle palafitte. Eppur, per un mascarpone di troppo, patirete allo stomaco la fitta. Ah, quante frittate. Il mio è stato un anno addolorato, perspicace del mio genio e delle cianfrusaglie del caos esistenziale a cui l’entropia, anche televisiva, m’ha indotto a (non) essere. Ognuno festeggia come vuole e come “gli” duole. C’è chi si vestirà da Santa Claus per allietare il suo bimbo, regredendo a Bambi, chi andrà a vedere il film di Tim Burton adocchiando l’Eva Green seduta nella poltroncina dei suoi testicoli malandati eppur ancor “gai”.  Chi ancora affogherà senz’ancore. Sono un uomo di core e ho sia paura d’amare che “voluttà” di amaro. Marinate finché siete in temp(i)o, la vita non è solo duro lavoro. È anche duro uccello. Sappiatelo, donne, quando vostro marito ve ne regalerà uno dalle piume di cristallo e non il suo (di)amante. E vai di spumante, mentre io schiumo di rabbia, poi di allegria, che tanto la vita è un brodino.

di Stefano Falotico

df-bts-02339_1400 01103002 "DISNEY'S A CHRISTMAS CAROL"

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