Questo è un mio pezzo che è comparso nel sito Caffè Scorretto. Chissà, un giorno il suddetto sito potrebbe scomparire, allora intanto lo inserisco nel mio GeniusPop.
Il crowfunding per la limited edition del Blu-ray di Bronx, A Bronx Tale, è partito. Non un capolavoro, ma un signor film. Guardatelo. E scoprirete che Chazz Palminteri, coadiuvato dalla regia di De Niro, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, aveva adattato alla grande la sua bellissima pièce teatrale. Un lavoro coi fiocchi, per un film delicatamente educativo, sgangheratamente formativo, insomma, una storia narrata con gusto e dall’ottimo sapore cinematografico. E che classe nella messa in scena, misurata e sapientemente calibrata.
Ogni quartiere ha la sua storia. E io sto qua, stamattina. Come Lillo Brancato del film di De Niro a tagliarmi la barba, attento a non ferirmi. Ma questa lametta fa i dispetti e un po’ di sangue mi cola dalle guance. Che mi dice oggi lo specchio? Di guardarmi dentro e narrarvi delle mie balzane, discole avventure avvenute anni fa quando qui, nel quartiere Lame di Bologna, si respirava il profumo dei giorni autenticamente migliori e la vita ti sapeva riservare sorprese?
Ora, questo quartiere è stato sopraffatto da una triste modernità e la gente cammina con gli iPhone in mano. Attraversano tutti senza guardare mentre, ai miei tempi, la gente stava attenta a dove metteva i piedi. Oggi le persone sanno solo scattarsi selfie mentre una macchina sulle strisce pedonali le mette sotto e così la foto viene un po’ mossa, diciamo.
Ecco, era un periodo cazzuto quello di cui vi parlo.
Se eri minorenne e camminavi per queste strade, qualche balordo poteva attentare alla tua incolumità virginale. Alludeva sempre alla tua sessualità e, con far strafottente, la umiliava, coprendoti dei tipici insulti di quell’età.
– Ehi, lo sai che sei una checca?
– Vaffanculo.
– Ah sì? Allora fatti sotto! Ecco che te ne arriva una. E un’altra!
Sì, spedii vari ragazzi al traumatologico per colpa di quelle infauste insinuazioni. Io me la cavai col viso gonfio e con le nocche fratturate, ma erano risse che odoravano di uomini “veri”, da teste di cazzoni qual eravamo noi tutti.
A dodici anni, ogni mattina, come un orologio svizzero, puntualissimo mi appostavo alla fermata dell’autobus, aspettando appunto che arrivasse l’autobus che mi portava alla mia scuola media. Era il 18. È rimasto quello, credo. E lo prendono anche quelli che, non solo hanno già compiuto diciott’anni, ma anche quelli che hanno già un piede nella tomba.
Vicino a quella fermata, c’era e c’è ancora il Bar Jolly e un mio amico, che come me aspettava l’autobus, prima di salirvi, vi si recava perché al Bar Jolly gli infarcissero il panino alla mortadella che lui avrebbe mangiato nella ricreazione scolastica. Quel mio amico oggi fa l’imbianchino e adora il libro di Charles Bukowski, Panino al prosciutto.
Ecco, insomma quel mio amico, si capisce bene, non è diventato un industriale. Al massimo, ora imbianca le pareti di qualche pezzo grosso, mangiando panini al salame piccante tra un’affrescata e i suoi “rinfreschi” nelle pause pranzo. Comunque non è mai finito al fresco.
In quella fermata, avvistavo lo scemo del villaggio. Ogni quartiere ne ha uno. Questo qui prendeva sempre l’autobus come Forrest Gump, ligio e maniaco della puntualità, e salutava tutti, dando loro un gentilissimo “buondì, felice vita!”, anche se quel giorno una di queste persone era rimasta a casa con la febbre.
Sì, lui salutava anche i fantasmi e gli ammalati, gli stronzi e i criminali. Tutti, senz’eccezione alcuna. E si congratulava per le loro vite, belle od orrende che fossero. Quest’uomo esiste ancora, non è ancora morto, ed è sempre allegro come una volta. Sì, gli altri aspettano l’autobus per tirare a campare, lui ha perso il treno dalla nascita, ma gironzola a piede libero alla faccia dei fessi che si fanno il culo ogni santo giorno che Dio ha creato.
La morale del film Bronx, come scritto nel dizionario dei film Morandini, è questa: i veri uomini duri sono quei coglioni che vanno a lavorare.
– Buon uomo, dove va stamattina, così presto?
E lui risponde, con sorriso affabile:
– Vado nel mio mondo e dove mi porta il cuore.
Oh, che vi devo dire? Sarà uno scemo molto ricco per potersi permettere di andare solo ed esclusivamente dove vuole lui da quarant’anni a ’sta parte.
Però è un uomo talmente buono e tenero che nessuno l’ha mai mandato a fanculo.
Nel mio quartiere, ci sono anche le ragazze. Mi pare ovvio. Altrimenti sarebbe un quartiere moscio, uno di quei quartiere che, come si suol dire, non tira… molto.
Ecco, se ti piace una donna e vuoi immediatamente capire se è la ragazza giusta, non regalarle un mazzo di rose rosse, regalale un quartiere migliore. Ti sposerà subito.
Che poi, forse, non gli andresti bene lo stesso.
– Sì, caro. Abitiamo nel Borgato San Donato, la zona migliore di Bologna. Ma io sognavo Hollywood, la piscina a Beverly Hills e ho sempre desiderato girare un film con De Niro. Volevo essere come Sharon Stone.
– Come quella di Casinò?
– Quel film mi manca. Lei com’è in quel film?
– Ah, bellissima, al top del suo splendore ma non è che finisca, diciamo, benissimo.
– Meglio che una vita in questo cesso di città di merda.
Ho detto tutto. Una così non credo sia la ragazza dei sogni. Incontentabile, frustrata, viziata, però ama farsi le “storie” su Instagram, con le orecchie da coniglietta di Playboy.
Io, come Lillo Brancato, appena presi la patente, incominciai a guidare una “sfavillante” macchina rossa. Sì, un Pandino. Decappottabile, nel senso che, se prendevi male una curva, ti cappottavi di brutto.
E non c’era neanche l’airbag.
A dire il vero, non è che questo quartiere sia poi cambiato molto da allora. La gente va a fare la spesa, penso che qualche volta trombi, sì, ogni anno vedo nuovi neonati che spuntano, e poi muore. Nel frattempo, guarda qualche film alla tv.
Ricordatevi: la cosa più triste, nella vita, è il talento sprecato.
E io allora perché continuo a vivere in questo quartiere?
Ma questa è un’altra storia.
E comunque il mio quartiere, in confronto al Bronx, è roba da signori.
Eh sì, mentre pensavo al mio quartiere, il quartiere Lame, ho finito di tagliarmi la barba. Ma, al solito, mi son tagliato.
Sono un uomo tagliente.
Stefano Falotico