Un genio inconfutabile su videointervista televisiva ché la vita è come un “omicidio in diretta” contro chi complottò, e io, voyeuristico, capto ipnotico e da gatto li catturai, dunque…
“Inguatto” i guitti!
Film del “Buongiorno” a Mezzanotte e dintorni: Omicidio in diretta di Brian De Palma che ringrazia Iddio ad Atlantic City, mangiandosi, nel “Mannaggia”, uno snack food a base di vapori nei ravioli d’una “viola”
Il mio amico Frusciante, come ogni dì, ci solleticò su Facebook, deliziandoci del trailer alla Snake Eyes. Ma osò azzardare di Nicola Coppola, senza timor reverenziale, dunque sfilò la “nuziale” Gugino Carla, donna sempre in zona “sifilide”, e la spalmò sul “ring” dell’incontro al buio “truccato”, urlando, durante l’acme dell’amplesso, “Ecco che arriva il dolore!”.
Invero, trattasi di “cagata pazzesca” ma ottima, con un Cage, a dispetto dei santi e delle sue puttane, non male. Come si dice in gergo, “Non malvagio”. Anche se non sai, dalle prime inquadrature, se è un cattivo stronzo o smidollato con le anelle al mignolo di cafone m(in)uscolo.
Insomma, parte tamarro che sbraita nell’adrenalinico incontenibile su rilascio d’endorfine erotiche alla rossa in prima fila, la fulva vulvona Fulton, sua ex moglie che lo indebitò dopo averglielo succhiato con tanto di “figlioccio”, poi si calma, si tira su il bavero, si pulisce dalla bava, sebbene osservi la Gugino per “sfondarla” fra i cuscin(ett)i, controlla i nostri schermi (tele)visivi, quindi pensa che non si sia trattato d’uno scherzo ma d’un mastodontico complotto con tanto di spolverino-polvere da sparo nel Gary Sinise che soffre un po’ di sinusite. Infatti, assoldato come guardia del corpo, è già corrotto e infettato, non più curabile. Cage “annusa” col suo nasone, e perciò vuole “ingollarglielo” ma viene distratto da Carla, “tanto bona e cara(ti)”, da perdere la bussola e perfino le palle s-quadratissime su camiciona floreale.
Ci son molti de-trattori che non amano questo film, bensì, già alla sua uscita (di sicurezza…),vollero raderlo da mietitrici, pensando che il mentore Brian si fosse indementito nel troppo “guardone”.
A ben vedere, invece, la pellicola funziona ed è efficacissima di manierismo esagerato. Fin dall’inizio, ri-montato in pianissimo… sequenza senza molto senso ma fluttuante nei seni delle spettatrici, poi oscillante e adamantino con tanto di “rubino” finale.
Invero, il final cut prevedeva un’end “rubinetto” turbinante contro i turlupinanti.
Un’onda anomala, causa uragano, doveva travolgere il casino/ò e “insabbiare” tutti i colpevoli.
Cage che, per tutte le due ore meno mezza, starnazza e non ci capisce un cazz’, si salva la faccia con un gesto eroico da poliziotto coi controcoglioni.
Tanto che rischia perfino di “raschiarlo” dentro Carlona, la gran ficona.
Voto a questa depalmiata: 3 palmette senza Palma a Cannes.
Picchi… di genialità “genitale” male(in)fica
Da quando risbocciai, amo anch’io le boccione, prima prendevo in giro i bocciati, spedendoli di bowling alla bocciofila. Ah, quei fifoni meritavan solo il mio fischietto con tanto d’infiacchirli per mangiarmi le pere… del fisico d’una “melina”. La melina è la classica “tarantella” fra un pollo nel mezzo e chi lo “gioga” attorno. La storia della mia s-figa.
A un certo punto del mio cammin di “rotta” vita, sviai nel vicolo dei “ratti”. Nel vicoletto, puoi scovare una cat per pelo “allisciabile” con tanto di “raccattarla”. Mica come gli accattoni che, quatti quatti, fan i signori e poi son ignoranti anche con le mignotte.
Il ratto, di suo, è “scarpetta” conclamata come gli zitoni della Barilla, per una mollica che non molla, anche se poi scoreggia con del vino rosé ad arrossare gli altri astanti. Si credon aitanti e di cotanto sdegno nei dentini stuzzicanti. So, per certo, che la loro è una cena da cretini. Quindi, meglio un criceto.
Costa poco e puoi coccolarlo, a differenza delle zoccole… Quelle voglion solo un lupetto impettito con lo stomaco villoso da fegato alla Vasco Rossi.
Non posso negarmi alla Natura, che m’ha voluto cerbiatto e anche volpe Antichrist che urla “Il caos regna!”. Sì, miei ragni, in quest’esistenza, arrangiatevi!
Vi profumate nel deodorante che adora il maschio d’addome sull’idioma, sudato-ascellato, da idioti puri senza von Trier che tenga. Voi, omaccioni, andate matti per il tanga, e la vostra lei, intanto-“nel ventre”, balla il tango con un Orango. Quando voi siete assenti, “giustificati” nel punire la segretaria, lei vi dà “pen” per focaccia e si svende al figone con tanto di “borraccia…” nel “Pigliamola in compagnia”. Beviamocela a collo con tanto di tracolla e lei che collasserà.
In questa società d’imbecilli e di bellimbusti, di fustini da lavatrice, solo un Uomo può “darvelo” nel dirvela: tua moglie fu mia quando ancora ascoltava Mina, adesso canta forever mine con le mine del generale vagante e vacantissimo.
Aspettando i funerali dei figli, di cui non vede l’ora di levarseli dalle palle.
Eh sì, il femminismo ha prodotto “donne” con gli attributi, castratrici come po(r)che.
Dopo aver trombato tutta l’azienda, oggi han trovato la consolazione che fa al “cazzo” loro: Facebook.
In quel bordello di massa e “massime” estrapolate da scrittori minimalisti, esse animaleggiano di sculettate, fra chi tifa Juve per lo Scudetto e chi Bukowski per altri etti di bovaro, con video “supposta” di Ligabue, lo spronante zotico che si crede Springsteen ma a cui, invece, schitarrerò di catarro.
Avare, quindi, van a teatro per ipocondriache vis(i)oni da Molière mule nei mulini a vento col ventaglio, millantando d’aver recitato nella parte della protagonista agnostica fra le ostriche dell’oste, cioè la maschera migliore della messa, quello che strappa il biglietto e pure le mutande, tanto se lo licenziano, non può perdere la faccia. Sì, interpreta Arlecchino, quindi non ci sarà Pirandello a renderlo Pulcinella, né “coccinelle” a farglielo nero. Egli è mille colori e ne vuole un milione ad appannaggio di un appannarlo nel dietro le quinte di terzetto-triangolo con le ballerine sulle punte nel seno di seconda al medio. E, mentre s-monta baracche, vacche e burattini, fra il burro e Balanzone, grida “Vai in Mona Lisa!”.
L’altro pomeriggio, un “contatto” m’ha cancellato. Chiesi spiegazioni:
– Scusa Elena, perché mi hai alienato?
– Sei lento. Non dovevi allentare la tensione.
– Ti stavo am-mirando e basta.
– Ecco, tu contempli e io, nel contempo, suono il mio “piano–forte” col dottor Bontempi.
– Eh. Sei un’angioletta da “Botticelli”, c’è sempre un Boncompagni che ti venera. Attenta, poi rimani delusa…
– A parte “tutto”. Puntavi solo su “quello”. Cercavo una relazione di testa. Non sono come Angiolini Ambra.
– E una tastazione di “tosto”, no? Per, resistente, rendermelo ombra in te diavoletta?
– Cioè?
– Ecco, datti al rotocalco. In copertina, c’è Massimo Vincente, fratello dell’Interrante, che è terrone quanto tu sei terragna. Però, tifa per il Milan. Dovresti saperlo, è berlusconiano, infatti, per accaparrarsi i tuoi voti, compra Balotelli, detto il cedrone-limone delle “belline” che belano col suo uccellone tricolore ma importazione di rigore.
– Che dici?
– Io non dico. Io do, a te no.
E ricorda, puttana: Stan Laurel fa Stanlio perché l’umanità è pasciuta nell’Hard-y che mi par troppo grasso per me. Sai, stupido è, chi lo stupido fa.
– Sei Forrest Gump?
– No, con me, la “tua” foresta non sarà bosco di glup!
– Sei un rospo!
– Sputa su un “altro”. E vedi di lavare il pavimento. Troppi tuoi dementi han dimenticato d’esser s-venuti senza pulirti.
Storie di ripicche infantili d’un pachiderma, malato di mente d’epidermide e odio a pelle, che si massaggia d’olio nella sua esecrabilissima vita da cocco su noce moscata del suo roditore con c-rapa
Nel quartiere, sono uno smargiasso e, se qualcuno rompe il…, lo sedo e lo “rassereno” subito, ficcandogli una lobotomia sapor non attenuato, ma “tenerissimo” di carta igienica a smerdarlo da Tender–ly.
Ah, quanti ne abbiamo. In questo Mondo di “tenori”, ove tutti voglion far valere la propria vocina (stesera inizia Sanremo, ce risemo cogli scemi), alzando la cresta, mangiano i Teneroni e pretendono poi, perlopiù-meno a meno(a)marti, con tanto di pet(t)o scatologico, di scassarti e “gelatinizzarti” come la Simmenthal, appollaiati al porcile ove sgallettan per il pollo da far arrosto.
Ho sempre disprezzato costoro e, ciò che mi rende semplicemente geniale, è il “fallo” senza fair play. Sì, il mio (com)portamento è corpulento su dinamiche dinamitarde. Quando bombardano, io, con un bombolone “cremoso” su zucchero (af)filato, rifletto se bombarmi la loro moglie, spalamndole il Nutellone quando mi è nuda e umida nelle papille. Ci medito ma non mi (con)“viene”. Donnetta di malaffare da confettini, preferisco altre confetture, affettando i maiali di parimenti “affetto” alla lor boria affettata.
Prendiamo, ad esempio, una famiglia di morti di fame.
Ne abbiam già discusso, anche in sedi più opportune, cfr. tribunale causa oltraggi al mio pudore vigliaccamente “vilipeso” ché agognaron d’appendermi ma furon sgozzati e da me(nte), con delle lenticchie “portafortuna”, conditi a rosolarli come lo zampone di San Silvestro.
Sì, sono Titti, non lo sapete? Canarino tanto “carinuccio” che tira fuori gli artigli da canini. Di mio, non ho mai tollerato Audrey Hepburn e le colazioni da Tiffany. Ho sempre prediletto, senza preti a disfarmi i letti, “tuffarlo” nell’ano. Per un pasto nutriente e notturno di mia brioche ad allattarmi-immerso su dimensioni immense.
Basta con la mensa e i brodini! Messalina, mettiti a novanta e sbrodola!
Afferrando poi uno con una “risata da zafferano” e suonargliele di zampogna.
Lo sfianco mentre sfiato nei fianchi della sua “suina”, tanto asinina, da bue del presepino nel riscaldarla dal freddo e dal gelo, e “scende dalle stelle”, senza Mulino Bianco ma bianchissimo mentre “la” rabbonisco da stallone nella stalla.
Dopo questa digressione a regredirli e a erudirli, tornerei, toro-sverginatissimo, sulla famiglia tanto “tornita” quanto presto, nuovamente (eh sì, li rimetteremo a nuovo, son delle uova marce da soldatini in marcia nel “marchiare” così come ora marcati a brace, senz’abbracci), a torcer il loro braccio “violento”.
La madre, sicula rinnegata da un padre manesco che la riempiva di “miele” a smaltarla, “ammaliante”, nell’incesto smielato, da pedofila pentita divenne una “professoressa” compunta/ina troiettona a introiettarli di lezioncine per farli crescere da piccini a grandoni in lei aggradata e ben vezzeggiata.
Dalla Sicilia emigrò a Bologna e, dopo un paio d’altri “calzoni”, sposò un trombone da “tromba di culo e sanità di corpo”. Brevemente, glielo “allungava” al fin di salvarla con “salive” eccitanti quanto Calcutta, poco cicuta, simil Madre Teresa in uno “teso” sulla sua cute ad “accudirla” nella fog-n-a. Le lezioni orali del labiale ac-cul-turato nel cinturarla su erezione uguale alla minzione del suo panzon. Eh, il recinto delle pecorine.
Da tale accoppiamento forzato, nacquero due gemelli, ibridi fra i lombrichi e i vermi schiacciati perfino dalle lumache più “cammelle”.
Indirizzati alle Guido Reni, già allora il pater gliele spaccava, congestionando la loro minchia al Minghetti, liceo di bambagie a capo d’insegnatucoli barbogi e barbosi.
Presto, invecchiarono precocemente secondo il teorema ribaltato di Nietzsche: “Ciò che non ammazza, rende più forti”.
Sì, dal romanticismo candido dell’infanzia al cinismo in-dotto(rino) dopo tante tirate d’orecchie. Ah, se “lo” tirano, fra un onanismo fantasioso d’una diva americana da cui pendon dalle labbra e un dar del lebbroso alle lepri, razza a cui m’annetto senz’ammanettarmi a questa stirpe di sterco già innevato. Io, tali inetti, li inietto e li aborro. Che aborto! Ci voleva il cesareo di congiura a non dar al Mondo quel che non è umano. I miei nervi son aguzzi, e corro fra le praterie, indossando un ermellino comprato a Prato, capoluogo toscano ove John Malkovich mi regalò un cappotto di cashmere, fibra tessile delle loro industrie soffici per il mio “caprone” sbattuto in faccione a questi Al Capone, contro i quali mi scornai, e che sconteranno senza saldi una solo pelliccia: la penicillina di quando, in carcere, saran spelati. Spolpateli! Inneggiavano ai baci profumo pompelmo e, invece, saran spremuta!
Sì, se incontro dei fascisti, fascio le loro bocche. Non metteranno più becco al mio dire e ardimentoso indurirmi per indebolirli. Chiameranno psichiatri con la pipa ma mi siederò sul loro divanetto di pelle, sparandomi una pippa mentre leggo le avventure di Pippo.
E poi saltando addosso allo sciacallo delle anime, inveendogli così: “Ah, credevi fossi un Topolino, invece ho visto Full Metal Jacket e sono un Joker. Quindi, vedi d’addolcire la paziente che si spazientisce se non le fai il “depot” di somministrazione, “somma”, intramuscolare nella sua vagina, e lascia stare Edgar Allan Poe. Altrimenti, dementone, te lo piazzo io di terrore. Non darmi caramelline e torroncini. Torrido sarai da me inorridito”.
Chiara l’antifona? Se non v’è stata illuminante, il “luminare” andrà al solito con le lucciole e gli spengeremo anche lo “spinterogeno”.
Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Non si può, è maledetta.
E lontana dai maldicenti. Al bisogno, son un bisonte di bis(cotto).
Son io che dico, son io che t’addito e te lo infilo:
– Stefano, non ti cambia neppure Gesù Cristo, sei incorreggibile.
– Certo, è ovvio.
– Come mai?
– Cristo sono io. A volte, quando soffro d’onnipotenza, le do al mio Creatore, ne assumo le sembianze, divento Dio e scaccio il Diavolo a botte di calci.
– Finirai all’Inferno.
– Meglio di questo “Paradiso” in terra. L’umanità non s’è evoluta da Adamo ed Eva. Adamo è rimasto uno che voleva solo fottersela, ed Eva lo condannò a e-spiare Lucifero, mentre si lucidava le unghie con un ungulato “grosso”.
Ho detto tutto.
Ora, silenzio!
Anzi no. Alcuni, ascoltando la mia voce, mi han paragonato a Fausto Paravidino. Di mio, so che non sono un tipo da Daria Bignardi, ma gioco a Calcio vicino a Villa Pallavicini, ove le stendo, nel campetto-erbetta, queste micine vicinissime.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Faust (2010)
- Videodrome (1983)
- La zona morta (1983)
- Scanners (1980)
- 15 minuti. Follia omicida a New York (2000)
- Crash (1996)
- Omicidio in diretta (1998)
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