Un Falò sia angelico che diabolico, insomma, per creare la rima baciata, per l’appunto, un essere falotico, che è sinonimo di bizzarro e fantastico. Eh già, cagnolini e uomini lupi, dunque licantropi, no, cagneschi, volpeschi e forse financo lupeschi, il Falò è un critico vero, perfino di sé stesso. Dunque un (auto)critico par excellence che vive di profondi dubbi non della fede, in quanto ateo irredimibile e non convertibile, bensì meramente esistenziali, fluttuando in tal immondo mondo a volte con far da tonto, sovente da Genius-Pop imbattibile e papabile, no, mirabile. Talvolta, è iracondo, poi diviene La Gioconda, no, è giocondo. Eh eh. Il commissario Falò sacramenta, inappellabilmente decreta, scomunica pur non essendo laureato in Scienze delle Religioni e/o Comunicazioni, è amante della teologia, no, della pornografia e di ogni topa, no, tipo di cinematografia. Lui è esperto di psichiatria, pedagogia, psicologia, criminologia, musicologia, anche di apatia e melanconia, di abulia e poi euforia, di anoressia e bulimia, di figa e sfighe varie delle più assortite. E così sia, non è il messia, bensì un uomo non appartenente alla Chiesa e a chicchessia. Fatemi la cortesia, piccola catto-borghesia!
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