Archive for March, 2020

A prescindere dal coronavirus, credo che siamo arrivati al punto più malato della società, siamo sprofondati nel porcile


11 Mar

Vi affiggo uno screenshot tratto dalla bacheca di un mio amico su Facebook.

coccia

Credo che si possano ampiamente condividere queste parole. Sì, non vorrei che, con la scusa del Coronavirus, si stia spostando l’attenzione pubblica su qualcosa d’irrisorio.

Mi paiono, infatti, esagerati i provvedimenti intrapresi dal governo. Piuttosto, a dire la verità, demenziali.

Detto ciò…

Sì, devo dare ragione a Federico Frusciante in merito all’edonismo andante di questa società finita totalmente a puttane.

Lui però sostiene che Mission con De Niro e Jeremy Irons sia un troiaio. Mah, ne dubito.

È un film profondamente spirituale incentrato sulla conversione di un uomo, Mendoza, cacciatore di schiavi, che ammazza suo fratello per gelosia. Ma si redimerà, perdonandosi grazie al padre gesuita interpretato magnificamente da Irons. Ah, che fatica di Sisifo!

Il film eccede spesso nella retorica e la colonna sonora di Ennio Morricone, per quanto meravigliosa, diventa un po’ pomposa.

Detto ciò, la Palma d’oro ci sta tutta e non voglio sentire ragioni.

Anche perché un film così ce la sogniamo, oggi come oggi. Qui si respira epica prodigiosamente illuminata da Chris Menges.

Invece, qui la società sta collassando.

Non sono un moralista come Stanley Kubrick ma il troppo stroppia, rende storpi.

Qui spopolano profili d’insospettabili ragazze, effettivamente studentesse universitarie, che ti contattano privatamente. Al che, inizialmente s’instaurano conversazioni piacevoli, spesso anche altamente culturali.

Ma, all’improvviso, ti mandano il link del loro “club privato”.

Sì, ti sparano… il link del loro sito personale. Oramai tutti e tutte hanno il proprio sito. Non è un grosso problema. Il problema sorge quando ti dicono:

– Lo vedi questo bottone? Spingici sopra. Al che, ti si aprirà la finestra con la mia mail PayPal. Dai, poll’, Mandami 5o Euro e potrai vedermi nuda.

 

Roba da matti. E io dovrei versare 50 Euro per vedere dieci foto di nudo di una pinco pallina? Peraltro, se proprio voglio lasciarmi andare, guardo un porno.

Eppure, maschi frustratissimi, dopo giornate di durissimo lavoro in cui non hanno fatto un cazzo, sfogliando il giornale con tanto di gamba accavallata, leggendo di uomini in mutande che prendono a calci una palla, dopo aver messo i loro bambini a scuola, ecco che si collegano al sito “mostruosamente proibito” e sputtanano tutto il loro stipendio.

Regalando cifre pazzesche a queste mentecatte per vedere due culi. Rallegrando, a notte inoltrata, misteriosa e libera da sguardi indiscreti, le loro esistenze quotidianamente mortificanti.

 

Intervengo io:

– Lei spende queste cifre per vedere e svelare tali Patreon del cazzo? Non potrebbe scaricarsi un porno? Impazzano i siti pure gratuiti.

– Sì, ma i porno che circolano, ah, sono pieni di attrici famose. Io invece sono perverso, desidero vedere quella… sì, mi fa sesso sapere che, dietro quel viso angelico da brava ragazza, si nasconde una maiala.

 

 

Continuiamo così, complimenti.

Di mio, posso affermare con estremo orgoglio e senza vergogna, che nella copertina del mio nuovo libro campeggerà nuovamente una modella molto fascinosa.

Con la quale concordammo la liberatoria affinché mi concedesse l’immagine che presto risalterà nella mia cover. Lei posò per me, immortalata da una sua amica fotografia assolutamente professionale.

Dunque, il pagamento che le versai, peraltro nient’affatto esoso, fu lecitamente stabilito a fini artistici.

Lei lesse dapprima il mio libro e, molto soddisfatta, in maniera consenziente mi concesse l’immagine a uso non commerciale. Bensì da utilizzare solo a scopo promozionale della mia opera. Legata… ai miei diritti d’autore.

Da non diffondere, in altri modi, da nessuna parte.

Se poi invece, una volta che il libro sarà disponibile, salverete la sua immagine e la diffonderete altrove, dovrete pagare la penale.

Ve la vedete voi, eh? Insomma, la mia prosa è fantastica, lei è una donna super attraente ma, se vi azzarderete a rubare e ritagliare la sua immagine per spargerla in maniera prosaica sul web, saranno cazzi vostri amari. E poi, quando vi arriverà a casa la lettera di risarcimento per aver trafugato tale materiale intoccabile, sopra il WC non credo che continuerete a farvi delle seghe.

Anziché sciogliervi, pagando studentesse coi link “s(l)egabili”, d’attivare dietro remunerativa attivazione, evacuerete sciolte. Dette anche diarree dovute al cosiddetto farvela sotto… poiché non avrete i soldi per pagarla. Anche perché i pochi soldi rimastivi, eh sì, li sputtanaste per pagare donne (in)visibili che non vi diedero niente se non mezz’ora di menate…

Vero? Siete veramente penosi. Poi, abbiamo anche quelli di contraltare. Come si suol dire.  Gente che guadagna cifre pazzesche dapprima comprando followers e poi, non solo ricoprono le spese, bensì di guadagni superiori, mille volte, eh già, superano il debito. Puro capitalismo, cazzo. Un po’ impuro, comunque.

Ah, ora capisco. Quella ragazza, sopra menzionativi, no, non è una puttana sotto mentite spoglie. Insomma, se la paghi, si mostra tutta spogliata… È una laureanda, scordavo, in Economia e Commercio.

Sa come vendere la sua merce, ah ah. Sì, abbiamo toccato il fondo. Siete quasi tutti toccati… Dovete redimervi e curarvi prima che il virus delle vostre porcate e idiozie corroda definitivamente ogni vostra residua difesa immunitaria.

Acclarato ciò. Frusciante ha ragione su molti film ma di Mission non capì un cazzo. Masterpiece!

Ora, non per essere passatisti. Il Cinema di una volta era davvero più bello, più figo. E non voglio sentire ragioni.

 

di Stefano Falotico

Mickey Rourke, intrepide vene di un wrestler


10 Mar

Mickey Rourke,

intrepide vene di un wrestler

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Una monografia dedicata al grande Mickey, attore sopraffino eppur selvaggio, scalpitante in muscoli tonanti, rifatto, slanciato in funambolico frizzo dei suoi lampi abbarbaglianti e abbaglianti in zampillii   furibondi smaltati, piangenti nella lussu(ri)osa “machine” (imbatti)bile del coriaceo suo corpo mutevole, trasfuso in sinergia dinamica d’iridi luminescenti, miscelate, esplosive, (s)tirate in vulcaniche detonazioni repentine, un flusso ininterrotto d’un purpureo lottatore, tumefatto da tanti colpi spappolanti d’una sua (r)esistenza sempre sbraitante, emotivamente instabile, arcuata a suo ispirato, magnifico attore rotante la gioia del sé stesso (t)esser la fibra ipnotica dell’anima dirompente, eruttante sua illanguidita, romantica posa, diguazzante e smargiasso in un oceano nero del suo intimo cangiarsi potente, impressionante nudità d’uno spropositato ego maniacale a narcisistico perfezionismo attoriale erto a una recitazione carismatica che a lui vien così naturale, timidezza nascosta dietro un abito malsano da ubriacone, com’appare infatti tale, spesso sconcio, marcio, distrutto in molti film, svelante lentamente il suo sex appeal magnetico, un uomo che si martoria, macellante divora il toro che, nel cuor suo feroce, lo sbrana e, angosciandolo, strozzandolo, strepitante rabbia (in)esplosa, vivo lo mangia. Mickey s’incarna nei suoi occhi mangiati vivi dal sé già smembrato e chirurgicamente palestrato, le palpebre sbatte fra mille donne sbattute, scorato poi si lascia andare come dovesse esser presto deceduto, disarcionato della sua dignità, si crogiola nel far nulla vizioso, capriccio personificato della sua immediata venustà cataclismatica, frenesia d’ardori densi di vita roboante, titanica e splendente, pura, suadentissima, simbiotica ipnosi ammaliatrice che trasmette e infonde istintivamente agli affini spettatori che, applaudendolo in gloria del san(t)o elevarlo come il suo Francesco, lo riveriscono quando, sul tappeto rosso, innanzitutto delle sue tremende, sacrosante ire emozionali, irresistibili/e, picchia inesausto nel ring(hiar) con rabbia e inestimabile, vampiristica, sanguigna bravura..

Va giù, poi si “tira a lucido”, su.

 

Un man barfly sui marciapiedi del suo silente star (in)espressivo, bolsa trasparenza d’un corpus attoriale “mortificato” nel suo amar(si)… (in)finito


Forse, Mickey, cereo, (in)certo, scolpito nello sgretolato pianger il sangue zampillante d’un suo mutarsi sempre in dissipato(re) del suo talento (s)confinato, rannicchiato nell’angust(iat)o spacc(i)atore di sé rotto nell’anima illimitatamente (com)battuta, si sbraccia, tutti bacia, si brucia e si buca, s’arrabatta nello scriversi da solo la storia della sua “troia”. Cadendo, d’angelo v(i)olato, in tal putrido squal(l)o(re) del mondo ubriaco… salta di palo in frasca, s’ammorbidisce (forse il pelo) e quindi scappa, sé stes(s)so scopa, scoppiato.

Pugile suonato, libra, lib(e)ro aperto, troppo.

Chiuso poi dalle limitate mentalità borghesi, arroganti ché deturparlo vogliono affinché, tarpato, come tutti i tappi, si recida in ali bruciate e non più brucianti da fiero attore-toro… crolla o solo barcollante, bar-col(l)ante vivente, collante di chirurgia, sì, svenato, (s)venutissimo…, (dist)rutto sputato nel “normal” eloquio ove l’etica falsa, ahinoi imperante, col suo imperioso, inderogabile motto, è non dovere dar di matto mai e star b(u)oni, belli di plastica. E, non (r)esistendo a tal (in)visi finti, fa una brutta fine, facendosi “rozzo” di chirurgia al suo vol(t)o seg(n)ato, si plastifica da bella “figa”.

Nel ficcar il suo orgoglio arrostito, avvilito, gioendo dell’icona immor(t)ale di cangianti suoi sempre conturbanti e perturbanti lineamenti stanchi, lui, giammai allineato, come se “aggiustarsi” la faccia da “culo”, per (parad)osso (sm)unto, da pallido gonfiato “pallone” d’ingrassato faccione come se avesse assunto il cortisone, lo salvasse dal “coglione” andato a ma(ia)le, che fesso-sesso… n’è ossesso, lo (s)mascheri in (ca)muffa, lo (s)vesti e (s)copri da una furiosa… (insana)bile sua troppo malsana, ah, sano o non tanto santo, intanto ancora sul tappeto rosso salta con la saliva salata da lottatore non più zuccherato nei suoi tempi d’oro ma ora arrugginito nei suoi denti cariati e non più a mille carati. Malgrado sia una vecchia cariatide e cera troppo sincera sviscerata nel suo viso macerato, ancora vola come una mosca da bar(o).

Barcolla fumante, Mickey, fischiettando, dentro la sua anima corrugata da mille sfregi ed errori (in)volontari, un motivetto canterino da barbone appiedato col dono però ergente dell’erigersi vanaglorioso, per l’appunto grandioso, grazie al suo letterario talento grandissimo. Chinaski, suo alter ego, no, di Bukowski, da lui interpretato.

Ubriacone, non spegnerti ma accenditi d’animo maudit come un’altra sigaretta rubata alla tua angoscia inaudita. Sfogliala tra le dita, dai, bell’uomo sempiterno, che dio ti maledica.

Delira sinché puoi, insisti su questa sbandata, meravigliosa vi(t)a sregolata, non ammainarti e ammanettarti al destino borghese, vacuo, ricco solo fuori di finti fiori, di dolori immani interiori perforati. (S)colpito, un altro pugno da letterato sfoderi e sferri di classe alta mischiata al tuo (mal)essere… un frequentatore di una prostituta di basso bordo.

Un’altra sconcia storiella importante nel tuo fragile cuore innaffiato d’alcol, lordo, cari lord, un’anima da mille e una notte e cento, cento più botte come un’umana, disumana e immane lode andata a bottane.

Qui, nel brutto letamaio di questo baretto di periferia del borgo, sei rugoso più di una spugnetta da te mai davvero gettata nonostante via ti buttassi in tanti filmacci che sono delle orride pugnette.

Altri pugni e di tutto punto, con qualche ferita in più e suture di punti sempre aperti, non rimarginabili, da emarginato, scrivi la tua storia un po’ da fina troia, tu sto(r)ico, immor(t)ale.

Lasciati andare, lasciatelo stare, Hollywood merita i suoi scritti ma non fa per lui un’iscrizione agli Oscar.

Meglio tirarsela, Mickey. Anche se la tua vita è sbagliata e oramai stirata. Ti sei rifatto il volto ma non rifarti contro chi te lo spaccò, scoreggiando cagate ché son soltanto, cazzo, lucide cazzate di lusso per pochi maledetti eletti.

Un’altra bagascia entra nel tuo letto ed è sempre il solito autodistruttivo leitmotiv, cazzone!

Sempre a letto, sì, con la pancia gonfia e il fiatone da porcellone, sotto lo pseudonimo di Eddie Cook un’altra ne cucchi e lei te lo ciuccia ma rimani un ciuco malgrado tu scriva a perdifiato, oh no, stramazzi al suolo per averle prese in un’altra rissa, per colpa di un potentissimo schiaffo datoti da una sberla coi capelli rossi, hai il volto (ar)ross(at)o perché invero sei timido, biancastro nell’incarnato viso d’angelo ceruleo di pessima cera ma ci sei ancora, però, però che stile.

Bastardo impeccabile.

Quello di Mickey è il pianto disperato di un bambino imprigionato in un corpaccione d’adulto all’apparenza smargiasso, guascone, discolo e da troppe discoteche ove, impenitente, tutte le donne scopasti impunemente.

Sei un po’ demente, Mickey, ma fa niente.

Poi arriva la realtà ed è un incubo a occhi aperti recidente il tuo troppo far il deficiente, ti pialla nella sua dimensione claustrofobica di grandi praterie chiuse solo nell’infinitezza del tuo sognare sempre una realtà sconfinata bigger than life, in verità, scioccamente destinata a collassare in modo mortificante.

Fosti per un po’ disteso poi ancora steso, esser tensivo palpito esistenziale (s)fattosi in un destino poco terso ma sempre nevroticamente teso, sei un languido bacio rubato alla Luna, l’ipocondria e il dolore di esistere da nato bruciato.

Da qui, da questo coacervo di contraddizioni, nasce il combattuto Rourke. Che passeggia sbilenco, inciampa nel suo carattere magmatico o forse scivola nel suo cratere vulcanico, si fa tante facciali plastiche per sfuggire al suo “ritratto da Dorian Gray” come se una strega gli avesse perpetrato un maleficio per scipparlo della sua bellezza, soprattutto interiore, per depredarlo del suo vol(t)o angelico, per turlupinarlo con l’arte ingannevole della seduzione da Nove settimane e mezzo.

Ma, nonostante molte grinze, non perdi la tua grinta e non fai una grinza. Anzi ti fai una e glielo dai tutto tosto e ritto. Tu, Homeboy cavallerizzo, scopi come un riccio. E sei pure ricco.

Sei proprio un dritto.

L’arte insita in Rourke, la sua danza spettrale nel suo mor(t)o vivente tendente al platinato artificiale da dio greco scialbo e putrescente con accenni di forte, indubitabile biondezza lacrimante i sussulti del suo cuore inferocito, poi armonico, l’impeto dell’ardore che scalpita, lo tramortisce, non gli lascia tregua, l’attanaglia, lo corrode, scalfisce il suo stomaco bollente, rigurgiti di endovena in esibirsi di panza oscena, oh, onesto, troppo vivo per l’insincerità d’un mondo ammaestrato a (in)dotte regoluzze stantie.

Prendine le distanze, avanti. Mickey, ordina un’altra stanza del motel e scopatela tutta bell’.

Lui, che si camuffa dietro tanti vol(t)i, pseudonimo di Sir Eddie Cook, scrittore di sceneggiature raffazzonate a cui manca una pezza, lui, sì, pezzo di merda, rabbioso, inesausto, (in)frangibile pazzo. Che cazzo!

Schietta divinità cinematografica ch’è frutto di mille traumi, patimento dell’essenza, esistenza e/o resistenza, oh, sarebbe un delitto incommensurabile, un sacrilegio blasfemo se accantonasse la sua grinta di (non) de-mordere, (non) si lascia andare, viaggia nei suoi crepuscoli, insegue bramoso la preda della sua escoriata, striata anima turbolenta e si ricicla, faccia da schiaffi ch’è incarnazione dello sberleffo contro la borghesia pasciuta di massa, un ammasso di pelle e ossa in muscoli (s)tirati a (non) lucido che è, oh, sempre vagabondo come si confà al suo esser cuore angelico, tenere tenebre sanguigne dell’Angel Heart in lui ardente.

Così, ad ogni alba della sua mistica arte recitativa così masticata, rinasce agli albori della sua ticchettante fatiscenza (dis)organica poco armonica, viso incandescente, purpureo di ferite da vanitoso fetente!

Bile… “palle” in buca d’un biliardo tutto suo, d’un perso binario, dei suoi diari, del suo esser “a bordo” perennemente delle degradate periferie color bullet.

E dopo essersi scopato un’altra biondona, Mickey si fa il bidet.

Poi esce dal motel e fa l’occhiolino a un bambino senz’ambizioni che, da grande, vuol essere un bidello.

Quindi, Mickey lo stomaco ancora si sbudella, roso dentro dall’essere consapevole che ne passò di tempo e oramai non è più tanto bello.

Sì, un attore col don’, col Condom (im)perfetto del roditore… di chi si mangia dentro per (non) soffrire sterminatamente, soffoca, si dilania, persegue obiettivi (mal)sani, si dimena e da solo se le dà, se lo mena, sì, abbrustolisce la sua pelle satanica in sfide accorate, forse mal accordate, al suono e gioco magico del profanarsi sempre, eternamente stronzo.

Risplende, poi si rabbuia con impertinenza, sba(di)glia(to), cartoccio ch’è mosca da bar, del tempo buttato via per noia o perché la vita è troppo piccola, oppure grandissima e dolorosa per chi ha un cuor di ca(r)ne. Come il suo… protraiti, Rourke, inimitabile cazzone.

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Esordirà, dopo lo Sbielberg di 1941…, in una particina con Michael Cimino, suo mentore, “prossimamente”, ne I cancelli del cielo, per poi rifulgere in ver’auge, da protagonista assoluto, nello stupendo L’anno del dragone, firmato al solito da Michael. Nella parte del “furbo”, scafato, iper-decorato capo della polizia Stanley White dalle origini polacche che sta con una brava donna che non è affatto una mentecatta polacca, o forse sì, messosi a rivaleggiare contro un leader del narcotraffico, un magnifico cattivo, John Lone.

Una battaglia senza esclusione di colpi ove non si salverà nessuno, neppure l’anima bruciata proprio d’un Rourke oltre la sfera del tuono nel finale “invincibile” e da duellanti western, simil Ore disperate.

Capostipite, in tal modus, in questo mondo, d’uno stile attoriale unico e immediatamente riconoscibile, con una recitazione tutta “introflessa”, interiore, a captare gli stati d’animo variegati della sua anima in mo(vi)mento dinamico, “ripida”, forte, combattiva, variopinta, stravagante, eccentrica e dalle scelte professionali intinte nella più disarmante stranezza, da villain del videoclip con Enrique Iglesias, “Hero”.

Let me be your hero

Would you dance if I asked you to dance?

Would you run and never look back?

Would you cry if you saw me crying?

Would you save my soul tonight?

 

 88982449_10215897681417791_5143216439242522624_oAllora si punisce ancora, si protrae la sua sofferenza, “intarsiata” in rivoli sudati delle pulsioni meno mansuete. Si “sradica” dal suo corpaccione, “basculante” dondola nel mondo, si dà con furia, fagocita il proprio cuore e se lo divora, lo inghiottisce, deglutisce, sputa, s’infervora e si “sbrana”, sbraita la pelle della sua atroce inviolabilità senza pari.

Seppur attorniato da mille donne, corteggiatore indefesso, (non) ne sceglie una, principe delle punizioni che s’infligge, tormentato, combattente e anche combattuto.

Harley Davidson and the Marlboro Man del suo “ubicato” trash corporale collegato all’anima(le).

Titanico, imperfetto, scultoreo, bronzeo d’una faccia che (non) chiede perdono, un nostro… o mostro fattosi purezza di rozzezza, di famelica (non) voglia di vincere, instancabile wrestler.

Lottatore del suo istinto primordiale, “faceto”, scorbutico, “bassotto” in una società di nani, di Giovani Marmotte, bellissimo, angelo sceso da un “dirupo” di meraviglia.

(In)etto di sudore, perversità primigenia, furore appeso a un corpo che oscilla fra un peso medio e un homeboy.

Sconfitto, “tracima” nelle sue interiora un sacco di fitte, di tagli e cicatrici, di pestilenziale puzza da Bukowski. E suo alter ego Henry Chinaski.

Si mura, muta, fa il “muto”, non parla, biascica dolore, singhiozza, starnutisce la sua alterità, (non) adatto a un mondo che non risparmia colpi nel/al fe(ga)to…

Scorriamo, “curiosamente”, la sua filmografia e “annotiamola” a memoria, un “carnet notturno”, un sogno vivido di birbante, euforica “pazzia”…

1941 – Allarme a Hollywood (1941), di Steven Spielberg (1979)

Dissolvenza in nero, di Vernon Zimmermann (1980)

I cancelli del cielo (Heaven’s Gate), di Michael Cimino (1980)

Brivido caldo (Body Heat), di Lawrence Kasdan (1981)

A cena con gli amici (Diner), di Barry Levinson (1982)

Rusty il selvaggio (Rumble Fish), di Francis Ford Coppola (1983)

Il Papa del Greenwich Village (The Pope of Greenwich Village), di Stuart Rosenberg (1984)

Eureka, di Nicolas Roeg (1983)

L’anno del dragone (Year of the Dragon), di Michael Cimino (1985)

9 settimane e ½ (9½ Weeks), di Adrian Lyne (1986)

Angel Heart – Ascensore per l’inferno (Angel Heart), di Alan Parker (1987)

Una preghiera per morire (A Prayer for the Dying), di Mike Hodges (1987)

Barfly – Moscone da bar (Barfly), di Barbet Schroeder (1987)

Homeboy, di Michael Seresin (1988)

Johnny il bello (Johnny Handsome), di Walter Hill (1989)

Francesco, di Liliana Cavani (1989)

Orchidea selvaggia (Wild Orchid), di Zalman King (1989)

Ore disperate (Desperate Hours), di Michael Cimino (1990)

Harley Davidson & Marlboro Man (Harley Davidson and the Marlboro Man), di Simon Wincer (1991)

White Sands – Tracce nella sabbia (White Sands), di Roger Donaldson (1992)

F.T.W. – Fuck The World (F.T.W.), di Michael Karbelnikoff (1994)

Fall Time, di Paul Warner (1995)

Uscita di sicurezza (Exit in Red), di Yurek Bogayevicz (1996)

Bullet, di Julien Temple (1996)

Double Team – Gioco di squadra (Double Team), di Hark Tsui (1997)

9 settimane e ½ – La conclusione (Love in Paris), di Anne Goursaud (1997)

L’uomo della pioggia (The Rainmaker), di Francis Ford Coppola (1997)

A costo della vita (Point Blank), di Matt Earl Beesley (1998)

Buffalo ‘66, di Vincent Gallo (1998)

Thursday – Giovedì (Thursday), di Skip Woods (1998)

Shergar, di Dennis C. Lewiston (1999)

Out in Fifty, di Bojesse Christopher (1999)

Cousin Joey, di Sante D’Orazio (1999)

Shades, di Erik Van Looy (1999)

Animal Factory, di Steve Buscemi (2000)

La vendetta di Carter (Get Carter), di Stephen Kay (2000)

Invasion (They Crawl), di John Allardice (2001)

La promessa (The Pledge), di Sean Penn (2001)

Sola nella trappola (Picture Claire), di Bruce McDonald (2001)

Spun, di Jonas Åkerlund (2002)

Masked and Anonymous, di Larry Charles (2003)

C’era una volta in Messico (Once Upon a Time in Mexico), di Robert Rodríguez (2003)

Man on Fire – Il fuoco della vendetta (Man on Fire), di Tony Scott (2004)

Domino, di Tony Scott (2005)

Sin City, di Frank Miller e Robert Rodríguez (2005)

Alex Rider: Stormbreaker (Stormbreaker), di Geoffrey Sax (2006)

The Wrestler, di Darren Aronofsky (2008)

Killshot, di John Madden (2009)

The Informers – Vite oltre il limite (The Informers), di Gregor Jordan (2009)

13 – Se perdi… muori (13), di Géla Babluani (2010)

Iron Man 2, di Jon Favreau (2010)

Passion Play, di Mitch Glazer (2010)

I mercenari – The Expendables, di Sylvester Stallone (2010)

Inferno: The Making of ‘The Expendables’, regia di John Herzfeld (2010) – Documentario

Immortals, regia di Tarsem Singh (2011)

Black Gold, regia di Jeta Amanta (2011)

Dead in Tombstone, regia di Roel Reine (2012)

Generation Iron, regia di Vlad Yudin (2013) – Documentario – Voce narrante

Sin City – Una donna per cui uccidere (Sin City: A Dame to Kill For), regia di Robert Rodríguez e Frank Miller (2014)

 

E qui mi fermo… Poi va avanti, non so se io andrò ancora indietro.

Ma comunque vaffanculo!

di Stefano Falotico

 

JOKER non è un villain, è un uomo che si ribellò ai villani con la villa che lo vollero villico: lo sa Marlon Brando de L’isola perduta


09 Mar

brando isola perduta

Sì, chi non capisce il film Joker di Todd Phillips necessita, a mio avviso, immediatamente di un TSO, ovvero d’un trattamento sanitario obbligatorio.

Come ben sostenuto, seppur in forma generalista e pediatrica, cioè infantilmente, da Wikipedia, poco addentro comunque la faccenda, per TSO s’intende il trattamento sanitario obbligatorio, rehab!

Atto a ripristinare, dopo la psicosi, le normali funzioni cerebrali in linea, secondo l’antico proverbio latino mens sana in corpore sano, con una buona, fisiologica compensazione fisica.

Tale pratica medioevalistica, a tutt’oggi applicata coattamente a molte persone in modo brutale e cruento, disumano, psicologicamente violento e spesso in forma arbitrariamente oscurantistica, è ancora vigente in molti paesi sviluppati.

Sviluppati di che? Il paziente, infatti, indotto soventemente da forti eventi stressori, così come direbbe Anna Torv di Mindhunter, la quale usa esattamente il termine stressori, anziché stressanti, provocato in maniera quasi sempre ingiusta e incalzante dal bullismo, ahinoi, in vigore presso gli uomini che, fallacemente, si credono tori-vincitori, dunque vigorosi, di questo carro carnevalesco ch’è la vita nel suo acrimonioso scremare le persone tra falliti e arrivati (poi, chissà dove…), ecco… crolla a pezzi e diventa pazzo.

Nella maggior parte di questi casi incazzati, comunque umanissimi, la psichiatria interviene in modo, come sopra già specificato, da me qui evidenziato e assai sottolineato, erroneo.

Anzi, orrido.

Poiché, piuttosto che venir incontro alle esigenze della persona ammalatasi di fortissima depressione, ascoltandola con doviziosa premura, dunque aiutandola con delle sanitarie, sacrosante e sane cure, la seda con farmacologiche contenzioni. La incula!

Ché, anziché debellare il male interiore, lo accentua. Paradossalmente, punendo il paziente e reprimendolo potentemente persino con pesantissime, intramuscolari iniezioni.

Così (dis)facendo, la persona viene destrutturata e nient’affatto sanata. Non viene per niente salvata, bensì in molti casi addirittura internata.

Ecco, la gente che non capisce Joker è meglio che vada a mietere il grano e a coltivare le cicorie, preparando le uova.

È gente incolta ed economicamente, si fa per dire, emancipata. Che non è mai stata emarginata. O forse, ancora peggio, è gente sbandata, addirittura squattrinata, che si crede capace e invece non saprebbe girare non soltanto il filmino della prima comunione, bensì neppure decenti e presentabili stories su Instagram. Semmai, queste persone si riprendendono anche mentre mangiano la colazione dei campioni. Io direi, più che altro, dei coglioni.

Gente, difatti, che ha le palle e si dichiara fottutamente cazzuta, cazzo.

Non capisco come non si possa non capire Joker, (mal)trattandolo alla stregua del solito cinecomic.

Cristo, quest’atteggiamento snobistico e cinematograficamente aprioristico, è davvero tragicomico in modo illogico.

Joker è la storia di noi tutti persone normali e comuni mortali che, dinanzi a talune circostanze sbagliate, non sanno dove sbattere la testa. Sinceramente, detta come va detta, vorrebbero sbattersene una ma vengono… pure castrati nei testicoli.

Poiché, come sopra da me esplicitato, non trovano sostegno morale neppure fra le più veterane psicologhe. Donnacce immorali, brave solo a imbavagliarli nella demagogia più scontata, chiedendo loro se lavorino o se siano felici a portare gioia alla gente che stronca Joker.

Nessun ascolto, nessuno ascolta. Poiché la gente non sente e non sa auscultare il battito del cuore.

Preferisce refrigerare le anime in qualche diagnosi alla buona. Etichettandole come se fossimo bestie da soma esposte al mercato delle macellazioni. Somaroni!

Facili, sbrigative e convenienti, squallide, moralistiche retoriche e soprattutto stantie classificazioni retrograde.

Che purtroppo si stanno diffondendo a macchia d’olio nel pensiero comune più del coronavirus.

Un contagio fascistico che detta legge severa e intransigente contro la stessa gente che vota, poiché ignorante e facilmente suggestionabile, Salvini. Pensando oscenamente che si possa risolvere l’italica situazione penosa senza essere minimamente ponderati, pensosi, ponderosi e calorosi. Tanto da attuare vetusti coprifuoco pericolosi.

Joker è un capolavoro. E non è banale solipsismo denominarlo tale.

Immaginate, per esempio, quei poveri dementi del Liceo Classico, retaggio istituzionale da Altare della Patria più vicino al nazismo con la svastica.

Quei ragazzini spastici, ebefrenici, a volte pure incurabilmente epilettici e con gravi turbe psichiche, con problemi non solo nel piccolo loro cervello, i quali pensano furbescamente che basti tradurre un testo di greco per essere degli dei ellenici.

Si dice, orridamente, che il Classico forgi la corretta forma mentis.

Non diciamo puttanate, suvvia! Ci vorrebbe Al Pacino di Scent of a Woman che entri in queste aule di degenerati col lanciafiamme!

Ragazzini che non vanno scannati, no, non esageriamo ma la dovrebbero finire di chiamare sfigati coloro che non la pensano e pensino come loro e non si acco(r)dano, quindi, al loro programmatico, ignominioso e (in)dignitoso, filisteo (de)coro.

Conobbi molti disgraziati di questa stirpe di serpi velenose. Dei poveri diavoli che incontrarono San Michele, patrono delle folle, protettore di ogni fobia scagliata contro i lager psichiatrici, contro le foibe e le donne foche fintamente acculturate che fanno le fighe da maestrine della minchia.

In meridione, le definiscono sciammerie. Donne che si bardano dei loro titoli del cazzo per detronizzare chi, a differenza loro, non si prostituì al mercimonio.

Donnacce da manicomio! Ma sbattetele, forza. Ché sono pure frigide.

Invece, volete mettere il culo della pornoattrice Chanel Preston? Questo culo liscio, duro e al contempo morbido che ispira tenerezze e, di dolci carezze, te lo rende ritto più di Jessica Rizzo.

Sì, uomini cavallerizzi, basta con le sciammerie da teatrino dei nani. Basta con queste ipocrite sceme, con queste racchie scimmie.

Meglio gli onanismi. Ben vengano, tutti!

La masturbazione è condannata dalle donne. Woody Allen la adora.

Sì, guardate attentamente Woody. La faccia dello spermatozoo c’è tutta.

Masturbazione! C’è chi la pratica, nella sua intimità, non solo domestica, da cane Cujo alla Stephen King, cioè da quadrupede simile a un lupo mannaro, chi, senza troppi convenevoli (di)viene svenevole, pure svenendo, chi, morbidamente, se lo alliscia come se accarezzasse una gatta morta.

Ah, bella roba.

Chi, troppo arrapato, non fa in tempo neanche ad aprire la foto di una modella su Instagram che viene ancora prima di aver aperto non solo la virtuale potta-topa, bensì la sua patata, no, patta da da topo.

Per quanto mi cerniera, no, concerne… credo che siamo attorniati da zoccole.

Con estremo carisma, indosso il mio giubbotto di Drive e guido con una faccia da Ryan Gosling, cioè da culo, (ig)nobile. Con espressioni un po’ da autistico e un po’ da ottimo autista.

Anche oggi abbiamo sparato la stronzata serale.

Giornata dura, fratelli. Col mio editor, correggemmo il testo del mio nuovo libro. Impaginandolo in tutti i formati possibili e immaginabili.

Sì, come il grande Marlon Brando de jokerL’isola perduta, anziché truccarmi da Joker, esco di casa con tanto di crema sul viso, bianchissima. Tutti sbiancano.

E spargo benedizioni alle bestie. Cioè a quasi tutta l’umanità che va col branco.

Così è.

Ora, qui al banco, mi serva non un prosciutto, bensì un White Russian asciutto.

Devo rifarmi la bocca.

E se mi va, dico, faccio pure pubblicamente un rutto.

Vorreste crocifiggermi e prescrivermi, per questo, un TSO?

Ma andate a dare via il culo, va’.

 

di Stefano Falotico

La Critica cinematografica oggi in Italia esiste e resisterà ancora? Coronavirus permettendo? E il mito di Asbury Park


09 Mar

homeboy luna park

Ora, io non m’imbrodo mai. Anzi, se una donna mi dice che sono Mickey Rourke di 9 settimane e ½, penso invece di essere quello del seguito… la conclusione. Cioè il Rourke al minimo storico.

Sebbene, a essere sinceri, io abbia sempre preferito Angie Everhart a Kim Basinger.

Comprai pure, tantissimi anni fa, il dvd di Sexual Predator ove Angie, senza sprezzo del pericolo, sì esibì in una scena di sesso al limite della censura.

Quindi, acquistai pure l’edizione di lei in bikini su Sports Illustrated.

Di lei m’invaghii quando, durante le vacanze estive, rinvenni in bagno il Max italiano con Angie, per l’appunto, in copertina.

Credo che l’avesse dimenticato mio zio. Da anni morto. Il quale disse a mia zia, ancora fortunatamente in vita, che mio cugino, cioè loro figlio, era una sega. E che gli faceva cagare, tanto che fu costretto a dirgli:

– Guarda, non so come educarti. Le sto tentando tutte. Ora, devo andare in bagno a lavarmi…

 

Ecco, Angie è ancora bella, fu un’ex di Sylvester Stallone (nomen omen) e, da quando frequentò pure Joe Pesci, Joe si ritirò per molto tempo dal Cinema.

Ah, per forza. Una così ti rende (s)tirato come Rourke cinematograficamente (s)teso.

Ma non perdiamoci e non facciamola fuori… ché i panni sporchi si lavano con Angie e non col Dash.

Poi, ci rideremo su in maniera goliardica come in M.A.S.H.

La Critica cinematografica esiste ancora?

Mah, ne dubito. Oramai, qualsiasi cazzone vuole dire la sua. Senza sudarsela…

In questo video, assistiamo a un confronto oserei dire storico, quasi mitico e mistico di natura “teologica” tra Federico Alò, critico de Il Messaggero e video-recensore per Bad Taste, e l’epocale oramai leggendario Federico Frusciante.

Da me incontrato dal vivo qualche settimana fa a Bologna al Mikasa.

Azzardai a ribadirgli che, secondo me, Joker è un capolavoro e lui:

– Stefano, giusto perché sei tu. Altrimenti, per questa tua affermazione, avrei chiamato subito la neuro.

 

Con estremo aplomb, gli risposi:

– Ah, nessun problema. Tanto, tantissimi anni fa, impazzii più di Arthur Fleck.

 

Fede rispose:

– Sì, lo sanno tutti.

– Sanno anche altro?

– Certo. Che sei l’unica persona al mondo che si salvò.

– Come mai, secondo te?

– Leggi questa recensione:

Secondo te, fu scritta da un matto? http://darumaview.it/2019/joker-recensione-film

A proposito, Stefano, com’è che a te danno gli accrediti stampa per i festival e a me, che sono molto più famoso di te, no?

– Non lo so.

 

A parte gli scherzi e il mio romanzare gli incontri, sono un romantico e adoro l’ingenuità della sceneggiatura poco da letterato, bensì anacronistica e ante litteram di Mickey Rourle per Homeboy. Firmata sotto lo pseudonimo di Eddie Cook.

Una storia semplice da Cinema verità, miscelata alle atmosfere springsteeniane di Asbury Park su musica, però, della nemesi del Boss, cioè Eric Clapton.

Che ebbe una relazione con Lory Del Santo. Da cui nacque Conor, tragicamente morto alla sola età di 4 anni.

Asbury Park, presente anche nel film City by the Sea con De Niro e James Franco e ne Il coraggioso con Johnny Depp e Marlon Brando, si dice che sia la meta paradisiaca dei poeti e non tanto degli emarginati, bensì delle anime malate di metafisica.

Che sognano amori poetici e quasi puerili, disgustati dal chiasso nauseante delle solite gelosie e giostre quotidiane.

Cantori dell’eccelso e dei plumbei cieli illuminati da un radioso miracolo imprevisto.

Mi pare, sinceramente, che abbia perduto troppo tempo a fare l’assistente sociale dei fuori di testa e dei toccati, dei rintronati. Consolando in modo buonista persone che, detta francamente, non gliela possono fare.

Gente vinta che celebra pateticamente i figli dei fiori e la libertà selvaggia. Dove? Fra le pareti domestiche della disperazione più alienata?

Sarò molto cinico e molto veritiero. A prescindere da fenomeni come Frusciante, indubbiamente bravo e carismatico, la società non la potete fregare con le furbizie e le scorciatoie.

Poiché o siete come Fede, piuttosto radicale ma comunque estremamente coerente, oppure dovete essere istituzionalizzati come Alò.

Esiste anche la terza possibilità, ovvero essere Falò, il sottoscritto.

Ma non potete esserlo poiché ne esiste solo uno nella storia.

Non è auto-magnificazione, purtroppo, per voi, è la triste ma magica verità.

Al che, qualche settimana fa, chiesi a un bravissimo signore per il quale scrivo su Ciao Cinema:

– Mi abbonerebbero degli esami al DAMS? Sa, anzi sai (ci diamo del tu), ho scritto molti saggi monografici su registi e attori.

– Hai scritto anche dei noir erotici, se è per questo.

So che te ne fanno una croce i bigotti e i moralisti. Ti vorrebbero sposato con la cosiddetta brava ragazza rompiballe e non vorrebbero che tu fossi autentico, sofferente nel tuo denudarti spudoratamente, insomma, desiderano che tu sia un critico della vita, del Cinema e di te stesso, soprattutto, come molti coglioni che si celano dietro i titoli accademici per trattare il prossimo, senza titolo, come freak.

– Quindi, secondo te, perderei del tempo a laurearmi?

– Certo, anche dei soldi.

– Dunque, sono più bello e più bravo di quelli che si fanno il culo?

– E che non si vede? Altrimenti, non scriveresti per me.

Stefano, lascia stare i nani, i dementi che si nascondono dietro una cattedra per essere fighi. Non ne hai bisogno.

– Ma tu sei un insegnante del DAMS.

– Sì, ma io sono io. Tu sei tu. E vai bene così.

Non ti vedo con la cravatta a romperti le palle per insegnare a ragazzi qualcosa che imparerebbero soltanto a memoria.

Non conosco né conobbi, nemmanco conoscerò nessuno dei miei allievi che sia diventato un grande regista o un grande attore.

Sono solo squali e squallidi stipendiati da giornali che li obbligano a scrivere che il film è bello per far felici tutti.

– Secondo te, Homeboy è un grande film?

– No ma, secondo te, sì. E so anche perché.

– Quindi?

– Quindi, ripeto, io sono io e a me non piace assolutamente. Ma tu sei tu e quindi, se ti piace, lasciatelo piacere.

– Ma dunque la Critica oggettiva e scolastica e/o universitaria non ha diritto più di (r)esistere.

– No, deve esistere. Per gli altri, non per te.

– E chi sono io?

– Lo sai chi sei.

– Non sono nessuno.

– Certo. Mi faresti riascoltare l’estratto da te recitato del tuo audiolibro?

– Volentieri.

– Sì, quindi tu non sei nessuno, vero?

 

Sì, lo so. Molti stronzi festeggiarono la mia morte con largo anticipo. Divertendosi come dei folli.
Mi spiace averli delusi.
E per quanto potranno accanirsi a darmi la patente di decerebrato, per quanto mi si scaglieranno contro con le loro assurde reprimende, prima di Pasqua pubblicherò un altro libro con una donna nuda in copertina.
Se a loro questo non piace, andassero a messa a pregare il dio dei poveretti.

 

https://www.amazon.it/La-prigionia-della-tua-levit%C3%A0/dp/B084QJNCHY/

Intanto, a causa del maledetto Coronavirus, stanno congelando tutte le uscite in sala. Nonno, questa volta è guerra pare non trovare proprio la luce, a differenza di me. Ritrovatomi nel giorno. Dopo essere stato ibernato per colpa del caso Weinstein, doveva essere distribuito a fine Aprile dalla Notorious Pictures.
Ma anche questa volta è slittato tutto.

 

Comunque, ora vi saluto. Lasciandovi con un video oramai virale:


 

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Coronavirus: siamo in un film di Carpenter? Facciamo le corna…


08 Mar

carpenterRipeto, non credevo che la situazione degenerasse in questa maniera.

Sottovalutai parecchio la questione Coronavirus sino a qualche giorno fa. Quando seriamente e maggiormente me n’informai, constatando personalmente lo stato angosciante in cui quasi tutti gli stati del mondo stanno sprofondando.

L’altra sera, per esempio, mi recai a Castel San Pietro Terme e nell’entroterra limitrofo dell’imolese. Rimanendo agghiacciato dalle misure di sicurezza sanitaria/e intraprese dai locali pubblici.

I banconi transennati a delimitare le zone di pericolo contagio.  Come si fa quando è avvenuto un omicidio e la polizia perimetra severamente le aree interessate alle indagini. Affinché nessuno possa lasciare tracce o toccare, con le sue mani poco igienicamente pulite, anzi sterilizzate, gli oggetti deputati alla prelevazione, non solo sanguigna, del “DNA” metaforico dei possibili incriminati.

Al Gallo Garage di Castel San Pietro Terme, luogo ameno di conviviali bevute, spesso frequentato da ragazze da bersi tutte d’un fiato, senza usare la cannuccia, bensì mordendole di dolci baci aspiranti ogni loro svenevole respiro passionalmente polmonare, assistetti a un desertico panorama tetro e spettrale.

Stesso dicasi della mitica Accademia del Pomelo. Ove, secondo decreto legislativo del sindaco rigidissimo, furono applicate precauzioni da fiaba nera del Pifferaio magico.

Prima di poter solamente sfiorare il vetro di un bicchiere contenente un caldo cocktail, forse più liquoroso dell’ardimentosa cameriera, in cuor suo sempre focosa, indubbiamente sollecitante e solleticante le virili regioni erogene più cremose della morbida e lieve panna spalmata sopra un White Russian squisitamente delizioso, bisogna urgentemente recarsi in bagno per smacchiare le mani sporche ed eventualmente morbose… no, solo affettuose poiché smaniose di tangere i polpastrelli di qualche pollastrella ma probabilmente affette da tale morbo contagioso.

Forse insudiciate per colpa d’aver mangiato un panino col wurstel di salsa piccante gustosa…

E ne vogliamo parlare del LAB0542 di Imola? Che già il nome sembra un codice a barre apposto sopra le confezioni di latte impuro, forse scaduto.

Locale stupendo bazzicato da donne talvolta stupide ma spesso soltanto, a loro volta, stupende.

Che inducono a baci salivari e a limonate spremute come l’alcol più caloroso. E non mi riferisco a quello etilico e disinfettante, bensì a quello ad alto grado di temperatura che, a novanta gradi, potrebbe stimolare qualcosa al limite dell’etico.

Insomma, non ne avemmo abbastanza di Salvini con le sue salviette, no, fascistiche pulizie etniche? Coi suoi dettami altamente castranti le libertarie anche più consapevoli libidini giovanili?

Adesso pure il Coronavirus. Un morbo di cui forse soffrirono le amanti di Fabrizio Corona da lui infettate di edonismo lercio che corruppe le già precarie loro purezze (e)stinte e fetide.

Guardate, uno schifo.

E dire che mai come oggi mi sentii ammalato… di voglie capricciose per toccare la pelle d’una nuova mia vita camaleontica.

Io uscii dalle tenebre della mia notte perpetua da seppellito vivo, risorgendo in tutta estatica magnificenza infermabile anche di giorno come il grande Thomas Ian Griffith/Jan Valek di Vampires.

Un Corvo alla Brandon Lee risvegliatosi miracolosamente da un misterioso sogno primordiale di natura ermeticamente catacombale.

Invece qui sta succedendo un’ecatombe e, per bloccare questo morbo virale, questo virus letale, bisogna essere duri come James Woods/Jack Crow.

Già per troppo tempo, soprattutto in Italia, fummo repressi dalle bugie ad alto tasso moralistico del fariseo Vaticano davvero fascistico. Sì, molte teste e testicolo (s)fasciò.

Ché usò contraccettivi di natura dogmatica per frenare la bellezza dei piaceri più selvaggi, castigando gli stati liberi di coscienza affinché si reprimessero in una falsa, pericolosa giustezza monastica.

Attenendosi falsamente e regole icastiche, oserei dire più nazistiche di quei dementi che, anziché maledirti con l’aglio, ti porgono una svastica.

Atta a sedurre, no, a sedare, in modo orribilmente capzioso, questo sì, vizioso e impuro, i gaudenti desideri insopprimibili e non schizzinosi nostri più profondi che, purtroppo, perennemente resi infecondi dalla finta giocondità del buonismo stronzo, questo sì, blasfemo e inverecondo, si celarono nel buio empio, poco empatico né simpatico, nebbioso e permaloso del nostro dormircela nel gelo bergmaniano più remoto… da ogni contatto fisico caloroso, dunque figo. Più gioiosamente mostruoso.

Come in Fog, i fantasmi delle nostre ancestrali paure, messe in quarantena come Michael Myers di Halloween, riapparirono e riemersero in modo bestiale.

Rabbrividiamo dinanzi a tale pandemia da L’ombra dello scorpione di Stephen King.

Dirimpetto a questo Seme della follia forse troppo allarmistico.

Poiché non dovete, amici e (a)nemici, temere di ammalarvi. Non state chiusi sempre in casa, accarezzando solo un micio. Non spegnete le vostre salubri, godibili micce.

Se vi animalizzerete, no, ammalerete di depressione apparentemente incurabile, con un’altra mia magia di prestigiazione mentale, riuscirò a debellare ogni vostro oscuro male.

Lasciate stare le penose malinconie da Battiato con La cura e, come detto, non date retta alle balle che vi rifilano quelli della curia.

Poiché il qui presente Falò è uomo di sé molto sicuro poiché, checché se ne dica, egli non soffre di nessuna oscurantistica paura né più starà male per colpa delle mentalità più superstiziose fottute d’arroganza micidiale.

Non c’è niente da fare. È un bellissimo genio, statene sicuri.

E, quando vi entra dentro, non potrete più staccarvi da lui…

Anche i vermi lo amano. Poiché lui sguscia e vi penetra piacevolmente sin ad arrivare al ventre.

Quindi, con la sua giacca di nera pelle, vola ancora nel vento.

Sventolate quello che sapete. Avanti. Comunque, presto uscirà il mio nuovo libro dotato di uno spettacolare fronte-retro.

E ricordate: se lungo il vostro impervio eppur impetuoso cammino, incontrerete dei maniaci che attenteranno alla vostra bellezza, usate contro di loro l’ammoniaca.

E non ammoniteli. Vollero spellarvi e ora dovrete espellerli.

Rendiamo grazie a Dio.


di Stefano Falotico

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I migliori film sul pugilato, cioè nessuno, visto che non esistono. Come no? Provate a scorrere questa lista


07 Mar

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Ebbene, il pugilato. Definita/o arte nobile. Da chi?

Da un nobile, forse, picchiato… sì, nel cervello. Poiché darsi botte è quanto di meno altero possa esistere fra le persone umane. Se poi, invece, vogliamo regredire a un livello barbarico di lotte fratricide puramente sanguigne e sanguinarie, diciamo pure che i nobili, un tempo, sin dalle arene gladiatore in poi, assistettero a uomini, donne e animali massacrarsi per il loro sadico, bel diletto.

Ah, bella roba. Più che gente altera, ripeto, alterata di lesioni cerebrali. Con qualche distorsione mentale nient’affatto trascurabile, anzi, spesso incurabile. Parliamo, infatti, di persone toccate dalla nascita.

Più che dinastie di figli d’arte, privilegiate caste di persone molto abbienti ma che, secondo me, non è che stessero proprio benissimo, nonostante le case faraoniche di cui furono dotati.

Ricchi imperatori annoiati che, impotenti e dunque non potendo dare botte alle loro mogli, così come molte mummie di Tutankhamon, dopo aver mangiato un piatto di faraona, gustarono i poveri cristi che si scannarono come maiali.

Se fossi stato in loro, dinanzi a quegli spettacoli osceni, mi sarei bendato gli occhi prima di finire nella tomba/sarcofago di una piramide.

Sì, la società è piramidale. Si diverte chi sta al vertice. Chi sta nel mondo reale, poco regale, viene spesso sbattuto all’angolo.

Dunque, abbattiamo subito quest’idiozia secondo cui il pugilato sia un’arte nobile.

Diciamo anche, per dovere di cronaca, non so se commentata dal mitico Rino Tommasi, che il pugilato rappresentò per molta gente, perlopiù economicamente indigente, un modo assai manesco, ecco, per emanciparsi socialmente.

Infatti, non esistono film sul pugilato inteso come sport. Sempre che, stando a quello appena da me sopra scritto, di sport si possa parlare. Qui siamo lontani dalle sane competizioni agonistiche adorate perfino da Pier Paolo Pasolini. Come il sottoscritto, nato a Bologna, natio della città felsinea e mezz’ala fluidificante dotata di un destro fortissimo e di doti calcistiche abbinate a una prosa poetica di natura prettamente ficcante più di un fendente di Bonimba infilato in maniera deliziosamente balistica.

A volte, sì, sono un ballista ma anch’io, come Mark Wahlberg di The Fighter, adoro Amy Adams, la barista.

Sì, ha dei quadricipiti per cui mi spaccherei un menisco e, di colpo di reni da portiere che para tutte le palle, tranne le sue, giocherei con lei di palombelle di foglia morta dopo averlo infilato in saccoccia, gonfiando tutta la rete, sfilandomi i guanti e accarezzandole le gambe muscolosamente sensuali come quelle di Carolina Morace.

Ora, mi sto perdendo un’altra volta. Non datemi un Calcio, vi prego. Datemi un pugno e fate bene ad ammonirmi se ancora, per colpa di troppe pugnette, mi auto-(e)spellerò da ogni spogliatoio. Patendo docce fredde senza bagnoschiuma femminili.

Torniamo al pugilato. Ribadisco, non esistono film sulla boxe. Perfino il film Boxe con Gene Hackman non lo è del tutto. Il pugilato, infatti, nel Cinema fu (mal)trattato mille volte. Ma, a parte le pellicole documentaristiche, non c’è nessun film che non sia, più che un film su questa disciplina di combattimento fisico, nient’affatto figa, una metafora della vita. La vita intesa come prenderle e riceverle.

Resistendo a mazzate incredibili. Pigliamone ancora. No, prendiamo per esempio proprio Rocky. Anzi, l’intera sega, no, saga.

È più che un altro un franchise su un uomo, per l’appunto, bastonato come un cane che vive solo assieme a un cagnaccio. Ed è incazzato col mondo intero più di un bulldog.

Nel primo Rocky, a Rocky stesso non importa di averlo preso…, no, di aver perso ai punti. A lui importò non andare giù come uomo. Stessa cosa dicasi per uno dei miei must assoluti, lo stupendo Homeboy con Mickey Rourke. Il quale, dopo averne prese tante dalla gelosissima Carré Otis e dalla stessa sua ex, co-protagonista del film appena citatovi, Debra Feuer, arrivato alla sua età, oggi come oggi, la dovrebbe finire di pagare i suoi avversari, sul ring, per vincere incontri pateticamente truccati più del make up inguardabile della sua chirurgia facciale.

Sì, credo che Mickey Rourke sia matto. Per questo lo adoro. Nei nineties, anziché continuare a mettere a novanta la Otis, preferì darsi al pugilato. Facendosi mettere sotto da tutti. Vinse però anche parecchi incontri. Per forza, ripeto, fu già miliardario e allungò, più che pugni, il suo braccino a molti suoi rivali da lui pagati profumatamente affinché andassero giù.

Alla fine degli incontri, Mickey urlò Lassù qualcuno mi ama! Sì, tranne Carré che intanto lo tradì con uno più bello sia di lui che di Paul Newman.

Sì, uomini, quando penserete che la vita non più vi fotterà e vostra lei non vi metterà mai la corna, rimanendovi fedele come Adriana/Talia Shire, scoprirete la vostra Fat City. E, distrutti nel fegato amaro, vi lascerete andare. Non gettando la spugnetta, bensì bevendo come spugne. Diventando forse Rourke di Barfly oppure Toro scatenato. Capolavoro scorsesiano sull’autodistruzione.

Anche Alì di Michael Mann non è in realtà un biopic sul più grande pugile di tutti i tempi. Molti sostengono che sia Mike Tyson. Ovviamente, invece, è Muhammad. Anche se Sylvester Stallone, per questa mia affermazione indiscutibile, oserei dire apodittica e devastante più del knockout di George Foreman, mi prenderà a sberle. Ah, mio caro Sly. Hai anche tu una certa età e sinceramente sono più forte di Bob De Niro di Grudge Match. Ah ah.

Sarebbero da citare tante altre pellicole sul pugilato. Ma, se guarderete bene, non ne troverete nessuna.

Parlando invece di film sportivamente affini, personalmente adoro due cultKickboxing ma soprattutto Lionheart. Van Damme, un mito.

Di mio, non sono Jean-Claude. Quante botte che presi, cazzo. Roba che avrebbero sedato un cavallo. Malgrado ciò, il mio fisico ancora c’è tutto. Anche qualcos’altro, tranne quando faccio la spaccata. Sì, la vedo dura in questa posizione. Sì, puoi essere Muscles from Bruxelles ma lei, quel muscolo, messo così, non lo vede molto duro.

Diciamocela, uomini, quando sono in forma, non vi vedo proprio.

– Stefano, neanche le donne ti vedono.

– Sì, non importa. Sono Kevin Bacon di Hollow Man. Che/i cazzo mi frega?
Cosicché, cazzeggiando ancora, volteggio nella notte mentre mi adocchiate e, lo so, vi toccate.

Poiché quando ritorna Mickey, eh sì, sono cazzi.

No, non sono omosessuale, anzi. Ma dovete ammettere la verità. Forza, non siate gelosi.

Se voi donne, invece, voleste essere golose, picchiatemi pure.

Vi piace il ciuffo col gel?

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di Stefano Falotico

Il grande ritorno di Tom Hanks con Greyhound, il mio ritorno alla vita normale piena di femministe come in Grindhouse e di fascisti scimmie come in Greystoke


06 Mar

Tom+Hanks+92nd+Annual+Academy+Awards+Executive+Wa6tD8iaCKxl

Sì, Tom Hanks. Quest’uomo dal viso pacioso, uomo di buon cuore o forse uno che, dietro le fattezze leggermente infantili di Big, è certamente un gigante.

In Big, interpretò un uomo già fatto, non so però se strafatto, che regredì all’infanzia. Cioè, la storia della mia vita, fidatevi, una pazzesca sfiga.

Un uomo che, comunque, dopo essersi in maniera quadridimensionale ributtato nella mischia, ancora a Natale prepara il presepe col muschio, sperando che sotto l’albero arrivi regalatogli, forse da Bob De Niro di Paradiso perduto, un altro film della pornoattrice Brooks Mischa. Per essere Billy Bob Thrnton di Bad Santa.

Estasiandosi dirimpetto alle sue forme rotonde da teen pure milf, liberandosi in un tragicomico Eh, la madonna alla Renato Pozzetto.

Eh sì, Da grande voi che vorreste fare, ragazzi liceali?

Sì, siete stati sinceri. Vorreste farvi Mischa. Vi stimo molto. Non siete come quegli ipocriti che sbandierano ai quattro venti di avere un lavoro dignitoso, coprendosi dietro la maschera sociale e poi di notte vanno a puttane.

Sono un uomo che adora le donne e non sono affatto misogino come Kurt Russell di A prova di morte. Le donne mi saltano addosso, comunque, per distruggere tutta la mia carrozzeria. E io, pure a malavoglia, debbo recitare la parte del duro Jena Plissken, urlando poi come Jack Burton di Grosso guaio a Chinatown:

Basta adesso!

 

Per certi versi, la mia vita è attualmente identica a quella di David Lo Pan. Incontrai una ragazza dagli occhi verdi che adorò la cultura cinese e ringiovanii di brutto. A volte esagero e vengo scambiato per un mariuolo come Lupin. Sì, l’idolo del manga giapponese ispirato ad Arsenio dallo stesso cognome.

I maschi, gelosi che io concupisca le loro signore, allupandole non poco, mi urlano che faccio pen’.

Faccio benissimo, invece.

E m’inseguono dunque per le strade, di notte, per bruciarmi vivo come Freddy Krueger di Nightmare. Mi gettano addosso infamie, ah, questi infami. Vogliono darmi alle fiamme con l’arsenico!

Poiché, grazie al mio fascino eternamente giovanile come quello di Johnny Depp nell’appena menzionato film di Wes Craven, turbo i sonni non solo delle adolescenti in piena turbolenza ormonale, bensì sono anche l’incubo peggiore, sessualmente parlando, pure degli uomini sposati con donne che non hanno oramai più le mestruazioni.

Di mio, a parte le esagerazioni in puro stile falotico, sono contento che Kurt Russell, a prescindere dai suoi personaggi nella finzione spesso molto tosti e bastardi, sia un uomo serio. Sposato da decadi con Goldie Hawn.

Li rivedremo assieme in The Christmas Chronicles 2. So che a molti di voi intristisce vedere il loro beniamino di The Thing adesso invecchiato poiché voi non sapete rispettare l’anzianità.

Un uomo che, dall’alto dei suoi quasi settant’anni, eh sì, ha ora altro a cui pensare piuttosto che penare… sempre per quella cosa…

Deve pulire casa.

Invece, dovreste scappellarvi dinanzi a Kurt. Uno che conobbe benissimo il motto Finché dura siamo a galla e ora, vista l’andropausa, al massimo può tirarsela… da ex durissimo che fa il gallo.

Di mio, posso dire che la scorsa settimana mi scrisse, in chat privata su FB, una mia ex fiamma. Si chiama Backdraft? No, ha un nome proprio piuttosto diffuso. Ancora da me volle le fusa. E io ne rimasi confuso.

Mi guardai allo specchio e mi riconobbi identico a William Baldwin. Sempre di Fuoco assassino, miei lupetti.

La mia vita è un casino. Come detto, oltre al lavoro di pompiere, cioè spegnere gli incendi pericolosi delle zone boschive muliebri e delle mule, tiro a campare come meglio posso.

Devo tirare acqua al mio mulino, amici.

Perennemente annego, fottuto nella precarietà economica. Pochi soldi spendendo ma spedendo domande di assunzione anche alla suora di nome Assunta.

No, non voglio farmi monaco ma, come si suol dire, devo prendere quel che passa il convento.

Ma ci stiamo perdendo in stronzate peggiori di The Hateful Eight. Sì, Tarantino resuscitò pure Kurt ma i suoi ultimi tre film, sebbene scritti magnificamente, sono un Abuso di potere rispetto ai suoi Tempi migliori.

Sì, Tarantino crede di poter oramai fare quel cazzo che voglia e perse di vista, secondo me, il Cinema coi “controcazzi” di una volta, a proposito de Le iene.

Invece Tom Hanks continua a mantenere un profilo attoriale davvero impeccabile. Da distinto gentleman che non fu solamente un Falò delle vanità facilmente spegnibile.

Un fuocherello fatuo nient’affatto, diciamo, sebbene interpretò Joe contro il vulcano e, d’Insonnia d’amore, rischiò di bruciarsi per una biondina come Meg Ryan. Andò bene e, avvolti dolcemente in un magico sentimento quasi mai pateticamente sentimentalistico, di notte si scaldarono vicendevolmente anche se lei, a quei tempi, forse pensò ancora a Dennis Quaid. Che le inviò privatamente dei messaggi per cercare di riconciliarsi… C’è posta per te.

Ora, a parte i giochini e le analogie autobiografiche, so che a molti di voi non fa impazzire Tom Hanks.

Poiché sbrigativamente lo identificate solamente come il Forrest Gump di turno. E non vi risultò molto credibile nella parte del villain di Era mio padre. Ma provate, ripeto, voi a conservare una fiera dignità senza incazzarvi se interpreterete Sully e non riceverete nemmeno una misera candidatura a nessun premio importante. A me, sinceramente, girerebbero un po’ i coglioni.

Ma Ton Hanks non è uno che viva di titoli e referenze, di lauree e di riconoscimenti meritocratici. Non è mica una bella statuina qualsiasi. Insomma, parliamo dell’unico uomo nella storia del Cinema, assieme a Spencer Tracy, ad aver vinto due Oscar, cioè due stupende, dorate statuette, per due anni consecutivi.

Non è certo un viziato capriccioso che va imboccato e istradato al sistema come Leo DiCaprio di Prova a prendermi. Semmai, prostituendosi a un lavoretto demagogico asservito solamente a squallide istituzionali bolse e retrograde. Mi pare sacrosanto che continui a volare alto con la fantasia come Walt Disney di Saving Mr. Banks e che volteggi, finché potrà, come un Concorde.

Concorde, poveri cazzoni. Da non confondere con la città natia di Tom Hanks, ovvero Concord della California.

Ah, assisto a ragazzi dispersi nelle loro isole fintamente felici come Hanks di Cast Away.

Gente che, non possedendo il talento di Tom, insiste ostinatamente a crearsi alibi pur di non tornare coi piedi per terra. Gente oramai abbattuta e imbruttita, soprattutto nell’animo, dall’animosa guerra quotidiana spesso acrimoniosa e lacrimosa che non può essere riportata indietro nemmeno da Hanks di Salvate il soldato Ryan.

Eh sì, Houston, abbiamo un problema. Questi qui si sono allunati nel mondo fra le nuvole come in Apollo 13. Oppure, non solo persero il treno ma pure l’aereo come in The Terminal.

Sono solo dei gran pagliacci come Hanks di Ladykillers.

Ah, signora, vedo tanti ragazzi ridotti male. Pensi che vivono giornalmente un Inferno ma pensano di essere dei geni come Leonardo del Codice Da Vinci.

Disperatamente, vogliono darla a bere a me. Dicendo che dovrebbero dare a Cesare, cioè a loro stessi, quel che è di Cesare. Non li voglio come amici. Ma quale veni, vidi, vici!

In passato io tante volte vinsi poi, per molto tempo, fui un vinto. Basterebbe guardare le foto di quando ebbi diciott’anni per evincerlo.

Ora posso dire questo:

chiedo venia se attaccai molte gente ma non ebbi tutti i torti. Onestamente, presi troppe torte. Non solo in faccia. Fui emotivamente dissanguato.

Almeno, posso chiedere qualche vena? No, non sono venale, i miei furono peccati veniali. E non ho intenzione di donare il sangue all’AVIS. Perlomeno, lo donerei pure ma sono sangue blu, specie rara. Adesso abbiamo anche il coronavirus. Un tempo vi fu l’AIDS di Philadelphia.

Ecco, se andate da molte persone e chiederete loro quale sia il loro attore preferito, in pochissime vi risponderanno Tom Hanks.

Poiché Tom Hanks ha un volto troppo “normale” e insignificante, anonimo. Ai giovanissimi invece piacciono i duri come Tom Hardy, alle donne uomini sex symbol come Tom Cruise.

Invece, io credo che non puoi stare a Hollywood a grandi livelli se sei un coglione. Sì, molta gente guarda Tom Hanks e pensa… che faccia da pirla, che bambagione.

Per molti, insomma, Hanks è inesistente… quasi un demente con la sua faccia troppo da bravo ragazzo.

Chiariamoci subito su quest’aspetto. Per arrivare a Hollywood, non basta trascorrere otto ore in palestra al giorno ed essere dei fighi. Non sopravvivi in un ambiente di merde e figli di puttana come Hollywood solamente se buchi lo schermo e non solo quello…

– Scusa, Stefano. Pensi di essere come Tom Hanks?

– No. Ma nemmeno tu. Quindi, smettila subito di prendere per il culo la gente.

 

Morale: il mondo è un posto dove bisogna farsi il culo. Non soltanto quello di Rita Wilson, la moglie di Hanks. Che, secondo me, non è poi tanto male…

 

di Stefano Falotico

Coronavirus, un virus letale di pandemia mondiale – I migliori film sull’argomento


05 Mar
CILLIAN MURPHY in 28 Days Later Filmstill - Editorial Use Only Ref:FB sales@capitalpictures.com www.capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

CILLIAN MURPHY
in 28 Days Later
Filmstill – Editorial Use Only
Ref:FB
sales@capitalpictures.com
www.capitalpictures.com
Supplied by Capital Pictures

stefano falotico homeboyRiferendomi a FilmTv.it.

Ebbene, promisi che avrei scritto solamente un post a settimana. Ma, vista la gravità in cui incombe la sanità mondiale, per qualche giorno, non inserirò recensioni, promettendomi d’inserirle prossimamente.

Ora, dico che questo scritto potrebbe essere frainteso. Come dirò, nelle righe seguenti, ora dobbiamo sorbirci soltanto notizie, ahinoi, incresciose e purtroppo gravi.

Citerò qui tre pellicole che, in qualche modo, sebbene assai dissimili nelle tematiche, negli assunti e negli sviluppi narrativi, sono associabili al coronavirus.

Innanzitutto, Virus letale. Il coronavirus, a quanto pare, è molto simile al virus “ignoto” in cui si parla nel film di Petersen. Simile all’ebola ma non diagnosticabile del tutto. Poi… E venne il giorno. Nel film di Shyamalan, non si tratta di un virus vero e proprio, bensì di qualcosa ancora una volta simile però, per certi versi, al coronavirus. Cioè, qualcosa arrivato praticamente dal nulla che contagia le persone a velocità pazzesca e infermabile.  Una sorta di Seme della follia alla Carpenter.

Se avete visto il film di Shyamalan, sapete bene che quello fu un morbo virale, forse di origine sovrannaturale e non scientificamente del tutto spiegabile, che portò la gente alla pazzia. Il coronavirus sta invece portando anche a stati di impazzimento sociale e di panico. Quindi, 28 giorni dopo di Danny Boyle. Un film apocalittico.

Poi, non per sembrare pateticamente autoreferenziale per l’ennesima volta, personalmente vi fu il mio cosiddetto male oscuro. Cioè l’apparentemente insanabile mia depressione annale. Che stette per distruggere ogni mia difesa immunitaria dell’anima. Ma non mi abbattei e combattei per vincerla.

Debbo ammettere che sottovalutai la situazione sin all’altro giorno. Mi parve infatti che, fra le persone, incitate dai soliti eccessivi mass media sensazionalistici, si fosse diffuso un allarmismo esagerato.

Invece, d’estremo malincuore, debbo constatare che purtroppo ciò che all’inizio mi sembrò qualcosa di trascurabile, ahinoi, si sta espandendo a macchia d’olio.

In questi giorni luttuosi e tristi in cui tetramente si stanno avvicendando, a velocità pazzesca, morti su morti inarrestabilmente, non rividi neanche le repliche del programma pomeridiano di attualità dal nome Tagadà.

Poiché quest’anno la faziosa, assai antipatica eppur inoppugnabilmente sexy Panella Tiziana mostrò le sue magnifiche, inarrivabili gambe scosciate soltanto un paio di volte. Rimanendo castigata in abiti talari e repressasi sensualmente in una capigliatura e in un look da sessantenne monaca di clausura.

Per cui, perdendo facilmente interesse per questo programma, peraltro apertamente schierato discutibilmente su una linea politica dichiaratamente di parte e a radicale favore di un opinabile partito non appartenente a quello del compianto Marco Pannella, non potendo unire l’utile al dilettevole, cioè rifarmi gli occhi sull’insuperabile milf Tiziana Panella, ammirandone estasiato i morbidi, suadenti, meravigliosi e selvaggi accavallamenti “gambali”, nel frattempo gustando gli stuzzicanti, stimolanti discussioni fra ospiti spesso culturalmente provoca(n)ti, eh eh, pensai fosse doveroso non informarmi in merito a tale “malattia venerea” che si sta propagando, mefitica, nei nostri corpi più delle sane e consapevoli libidini del maschio eterosessuale sessualmente di robusta e sana costituzione.

Sì, è una tragedia in atto. Pare infermabile questo morbo pandemico sul quale neppure gli scienziati e i medici più in gamba delle superbe gambe di Tiziana non capiscono un cazzo.

Al che, affidandomi alla mia imbattibile, resuscitata memoria, rimembro… il tempo in cui, piccolo quasi quanto Christina Bale de L’impero del Sole, eh già (Christian è classe ‘74, io del 1979), forse una delle migliori pellicole di Steven Spielberg in assoluto, datata 1987, nel 1986 anche qui in Italia furono tutti spaventati a morte dall’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl.

Mi ricordo che, a quei tempi, fui in seconda elementare. E, al mattino, sbraitai come un matto peggiore di Christian Bale di American Psycho poiché, deprivato della mia colazione dei campioni, in quanto i miei genitori, terrorizzati che il latte fosse stato, più che parzialmente scremato, totalmente dalle radiazioni infettato, bevvi solamente acqua al mattino. Prima di recarmi alla scuola D. Sassoli ove, con tanto di grembiulino, da bravo bambino fui obbligato a studiare le tabelline poiché, pur essendo io già più enfant prodige di Christian, la Seconda guerra mondiale e il liceo scientifico Enrico Fermi avrebbero potuto aspettare ancora parecchio. Peraltro, m’iscrissi al Sabin. Mollando quasi subito poiché preferii, alle pedanti lezioni di Chimica, le mirabolanti regressioni infantili da Hook.

A proposito di Robin Williams di Jack e del piccolo grande uomo Dustin Hoffman, potremmo accostare il coronavirus al Virus letale di Wolfgang Petersen?

Petersen, regista de La storia infinita.

Le madri sono giustissimamente preoccupate che abbiano chiuso le scuole. I bambini, meno. Potranno volare sulle ali della fantasia in casa, accarezzando le morbide orecchie dei loro animali domestici.

Sì, bambini, finché potrete, non crescete mai.

La vita adulta, infatti, presenta molte problematiche. Se sarete omosessuali, semmai vi licenzieranno come Tom Hanks di Philadelphia, trovandovi una scusa bella e buona. In quanto omofobi.

Se invece siete eterosessuali che amano i Queen e Freddie Mercury, vi diranno che ascoltate musica da checche.

Se amate Bruce Springsteen, invece, vi diranno che siete troppo machi.

Per esempio, non capisco perché andiate matti per Glass e invece disprezzate il film più bello e maturo di M. Night Shyamalan. Ovvero E venne il giorno.

Sì, concordo con Enrico Ghezzi che lo definì un capolavoro. Sebbene molti di voi non l’abbiano capito.

Difatti, su metacritic.com ha una scandalosa media recensoria bassissima.

Sì, che grande film che è 28 giorni dopo.

Anche se, a mio avviso, sebbene buonista, la miglior pellicola di Danny Boyle è The Millionaire. Praticamente, la storia della mia vita.

Ora, la questione è questa. Come Stallone di Over the Top, nessuno credette che avessi una sola possibilità di vincere.

Poiché sbrigativamente, a proposito di pugilato, tutti pensarono che fossi tocco nel cervello come Mickey Rourke di Homeboy.

Peccato che sia un poeta. Carezzevole e melodico come Eric Clapton.

Sì, sono leggermente freak come Mickey Rourke. Meglio, no?

Noi tutti potremmo morire da un momento all’altro.

Lo seppe bene Adriana del secondo Rocky.

Sognate, amici, fratelli della notte. Non ammorbatevi. Vinceremo anche questa.

di Stefano Falotico

tiziana panella coronavirus

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An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

An inexplicable and unstoppable event threatens not only humankind . . . but the most basic human instinct of them all: survival.

La dovremmo finire coi falsi discorsi di ringraziamento di Joaquin Phoenix e di Elio Germano, meglio il cinismo realistico di Polanski


04 Mar

Award+Winners+Press+Conference+70th+Berlinale+SJOkv8h5Xrhl

 

Sì, basta. Non se ne può più.

Lungo preambolo cazzeggiante come un monologo esuberante di Tarantino. Detto un uomo brillante poiché l’unica cosa che lo differenzia dal Boris Karloff di Frankenstein è la brillantina

Lodai e sempre loderò Phoenix per la sua strepitosa interpretazione di Joker. Anche se in verità tale ruolo, per cui fu oscarizzato, io avrei interpretato assai meglio.

Non sbizzarritevi in disamine e in parallelismi fra Joker e Taxi Driver. Non tirate in ballo Re per una notte.

Todd Phillips fu assai chiaro in merito a questi suoi dichiarati omaggi. E non è vero che Tarantino “copi(a)” bene mentre Phillips copiò e incollo.

Phillips è molto più geniale, al momento, del signor Quentin. Il quale sfornò un film invedibile e indigeribile, C’era una volta a… Hollywood, film da molti di voi osannato poiché amate le retrospettive delle vostre (r)esistenze finite. Distrutte tragicamente come la vita di Sharon Tate. Solamente che, non possedendo in cuor vostro la dignità per guardarvi allo specchio e ammettere finalmente di non essere Brad Pitt, nemmeno Bruce Lee, magnificate il vostro proustiano tempo giammai ritrovato nell’immaginare come sarebbero andate le cos(c)e se quella sera aveste riguardato seriamente un film di Polanski, semmai L’inquilino del terzo piano, anziché perdere tempo con inutili riunioni condominiali.

Di mio, posso dire che nel mio stabile non v’è nessuna Margot Robbie. Però, quasi tutti sono instabili. Quindi, delego sempre ad altri l’onere di scassarsi la minchia a litigare in diatribe peggiori di quelle fra cazzoni come John Travolta e Samuel L. Jackson di Pulp Fiction, perciò incentrate sul possibile massaggio ai piedi a quella del piano quinto, leggermente più passabile rispetto alla racchia drogata del pianoterra.

Almeno, fosse figa come Uma Thurman ci potrebbe stare… Anche se dubito che lei, dopo avervi detto cazzo, che botta, ho detto che botta, cazzo, potrebbe sposarvi.

Fidatevi, ordinate un panino da McDonald’s e non provate nemmeno a sognare, come Frank Whaley, la vostra vagheggiata Jennifer Connelly di Tutto può accadere. Tanto, non accadrà una beneamata minchia e Jennifer cadrà ai piedi solamente del Don Johnson di turno di The Hot Spot.

Col passare del tempo, pure Jennifer, la Deborah con l’h di C’era una volta in America, venne, no, divenne anoressica e matta isterica come Amanda Plummer. Siamo lì, eh. Infatti, è sposata con Paul Bettany, un’acciuga vivente che a stento potrebbe, a mio avviso, fare l’alga nell’oceano di Master & Commander.

Eh sì, non perderò una sola mia altra nottata insonne da Rufus Sewell di Dark City per sognare un’oasi splendente con la Jennifer di oggi.

Sì, molte donne, desiderose di crescere troppo in fretta, corrompendosi a mo’ di Deborah, sì, però Elizabeth McGovern del capolavoro leoniano sopraccitato, vogliose di essere messe incinte da un porco sporco fino al midollo come James Woods, bruceranno le tappe. Anche le tope.

Partiranno, frequentando qualche burino che, pur di farle… divertire, facendole… uscire di casa per liberarle da un padre più moralista di John Lithgow di Footloose, le condurranno a essere da loro dipendenti. Poi, una volta che tali Tim Roth della situazione le avranno timbrate, bucate e inculate, queste qui, distrutte dalla delusione, s’incarneranno nella Connelly di Requiem for a Dream.

Scombussolate, si ridurranno come quelle o(r)che che adorarono gli addominali scolpiti di Mario Balotelli in versione Hulk. Accalorandosi dinanzi al gorillone durante la notte della festa delle donne e poi tornando alle loro insanabili depressioni da La casa di sabbia e nebbia.

Secondo voi sono attendibili mignotte del genere? Ovvero, fatemi capire perché non ci arrivo. Sì, queste non mi fanno arrivare…

Prima amano la banana, no, Eric Bana figlio di Nick Nolte, dunque se la fanno col Nolte di Scomodi omicidi.

Semmai celando i tradimenti da fedifraghe, iscrivendosi a un corso fuori tempo massimo di psicopedagogia per incontrare A Beautiful Mind.

Ah, bellissimo. Si sa, dio li fa e poi li accoppia. Allora, avremo una coppia formata da uno schizofrenico paranoico che sta assieme a una frustrata cronica.

Ah, queste donne come Jennifer sono dentro un Labyrinth, una downward spiral peggiore del circolo del cucito di Pulp Fiction. Intanto, oltre a prendere l’aspirina e a preparare gli asparagi, altra cocaina tirano e aspirano…

Ancora hanno aspirazioni?

Sì, conobbi una così. La classica Phenomena. A quindici anni sostenne che si sarebbe evoluta dalla vita delle donne adulte, cioè le streghe. Sì, fu sognatrice come Jessica Harper del Suspiria di Dario Argento mentre ora sembra Tilda Swinton della versione del Guadagnino.

Per riempire il vuoto… regredì all’infanzia, vedendo alla tv Storia d’inverno e Inkheart – La leggenda di Cuore d’inchiostro.

Quindi, terminate pure le fantasie erotiche da Dakota Johnson di Cinquanta sfumature di grigio, tornò la solita animale di prima.

Non solo Russell Crowe del film di Ron Howard, sopra menzionatovi, potrà salvarla. Nemmeno quello di Noah.

Ecco, non sono cinico. Sono realista.

Mio nonno, prima di morire, mi disse:

– Sto morendo. Ricorda, nipote, quasi tutte le donne sono delle zoccole.

– Perché? – gli domandai io puramente.

– Perché gli uomini sono quasi tutti dei puttanieri.

 

Io gli risposi e chiesi:

– Quindi, io potrei anche non essere tuo nipote?

– No, impossibile. Lo sei. Io e te siamo uguali, due teste di cazzo.

 

 

 

Quindi morì. Prima di morire però, suo figlio, cioè mio padre… noleggiò una Ferrari e lo portò in giro per il suo paese come Bruce Dern di Nebraska. Mio nonno non ebbe mai la patente. Sì, ma se la tirò lo stesso di brutto poiché i suoi coetanei, vecchi quanto lui, non ebbero mai neanche i soldi per una Cinquecento.

Le donne prima fanno le agnelline, dunque le pecorine. Una volta smarritesi, dopo aver fatto pure le mule, trovano un marito che, annoiato e bulimico-bucolico, mangia il pecorino e, anziché corteggiarle ancora come Robert Forster di Jackie Brown, dice sempre loro:

– Ah, quanti rimpianti. Potevo essere almeno, da giovane, Rick Dalton/DiCaprio. Tu invece sputtani tutto il nostro stipendio a comprare i fotoromanzi.

 

Sì, Phoenix fu il solito buonista del cazzo col suo discorso di prammatica e bella grammatica agli Oscar. Dopo essere dimagrito come Jennifer Connelly per interpretare lo scarnificato, deperito Arthur Fleck, mangiò più di Thomas Wayne. Diventando nuovamente, come dicono in meridione, un vitello. Cioè uno non solo con più soldi del nipote di Agnelli, bensì con una panza da toro che sta con Rooney Mara.

Una che la guardi e ti sembra, con la sua pelle bianchissima come il latte fresco, vergine ma poi ti ricordi che fu Maddalena.

Mentre Elio Germano, il peggior attore della storia del Cinema italiano, vinse un altro premio per aver interpretato la parte di un artista “storto” e “sbagliato”, cioè Ligabue. Uno sicuramente, comunque, meno dritto del cantante Luciano nazional-popolare. Luciano fu dritto, eccome. Dopo aver leccato il culo agli adolescenti più depressi del Giacomo Leopardi de La tenerezza di Gianni Amelio, con quella sua schifezza di Radiofreccia, continua a imitare Vasco Rossi.

Quello di… voglio una vita spericolata come Steve McQueen.

McQueen fu l’unico che non riuscì a fottere Sharon Tate. Il film di Tarantino docet. Sì, in verità Polanski sempre seppe la verità. Per Steve non vi fu mai La grande fuga né mai questa super figa, rimase un gran pagliaccio col suo Papillon.

E forse è meglio che essere degli ipocriti, continuando a dire che Louis Garrel de L’ufficiale e la spia prima o poi, assieme a un tipo cazzuto, non avrebbe sollevato uno scandalo e scoperto un complotto devastante.

Per quanto mi concerne, stiano da me lontane le marce tope. Possiedo un certo carisma da Johnny Depp, topo da biblioteca, de La nona porta da preservare. Usate voi i preservativi.

Quindi, basta coi satanismi ma, comunque… Quella lì è più bella di Emmanuelle Seigner. La ficchiamo subito nella copertina di un altro mio libro noir erotico. Romanzi torbidi, quelli del Falotico, romanzi cupissimi, romanzi dalle storie labirintiche. Storie di dalie nere, di calde sere, di macabri intrighi freddi, di corna diaboliche, di angeli figli di troia. Insomma, quasi tutti dei capolavori come i film di Polanski.

Ora, andate a dire a chi m’invidia come Charles Manson che è crollato come il ragazzo della prima stagione di Mindhunter quando i detective gli mostrano il completino della ragazza pompon.

Sì, costui mi odia a morte. Su YouTube, si fa chiamare Mr. Wolf. Mi sa che ha molti problemi da risolvere. Soprattutto perché la polizia postale, poco fa, gli recapitò a casa altre denunce per cyberbullismo.

Insomma, un hater più demente di quello che già beccai anni fa. Cioè, sempre lui. Incorreggibile, cazzo.

mr wolf

di Stefano Falotico

Scritti corsari pasoliniani


02 Mar

pasolini willem dafoePer un mondo ove a vincere sia sempre la fantasia, la bellezza della poesia e la venustà delle liriche oniriche, un Falò abbatterà ogni nazifascista col solo potere del suo carisma un po’ da menefreghista, da nullista e da romantico antileghista

Riferendomi a FilmTv.it, qui.

Affermai che i miei scritti qui, al di fuori delle recensioni quasi quotidiane, io avrei ficcato di lunedì. Ma preferii non inflazionarmi e aspettare martedì. Poiché mi prese un cosiddetto venerdì.

Sì, il messaggio di fratellanza e amore puro e perpetuo di Pasolini fu mostruosamente equivocato, non perpetuato e Pier Paolo fu scandalosamente trucidato.

Oppure, troppo fu compreso e, non potendolo nessuno lui sedare con delle compresse castranti la sua trasgressiva forza libertaria, non riuscendo più a inibire la sua innata joie de vivre da lui taciuta dietro una perenne malinconia di facciata da uomo, fuori dalle situazioni pubbliche, spesso volutamente taciturno, i potenti complottarono per farlo precocemente morire, falciandolo. Oscurando quindi il tristissimo complotto perpetratogli da farabutti. Insabbiando il misfatto in maniera oscura.

Pasolini, uomo dalle mille ombre, ombroso ma anche radioso, amante del Calcio inteso come sport di squadra e non come competitivo giuoco d’interessi miliardari. Spesso antisportivi, giocati contro ogni fair play.

L’esercitazione del potere, esercitata non solo fra i gerarchi e i militari, ancora purtroppo milita in questa società, silente e omertosa, che vuol ardere chi, obiettando di coscienza, ha il coraggio di opporre un imperioso no a ogni forma di prevaricazione e violenza, psicologica e non. Poiché spesso il sistema soltanto irreggimenta, sebbene non possiamo generalizzare, le anime considerate diverse. Tacciandole come sceme e tacendole, oppure scremandole, in modo squallidamente corretto politicamente, fra chi lavora alla ferramenta e chi, avendo ottenuto privilegi maggiori, si crede caporale che detta regole arbitrarie delle peggiori con giochetti assai scorretti da malfattori.

Altro che sergenti istruttori.

Spesso infatti decidono i più ignorantoni distruttivi come il dottor Balanzone in merito ai destini di chi vuole continuare a nuotare liberamente puro come un delfino che fluttua senz’affoganti, soprattutto affossanti e asfissianti, direttive redatte da chi si crede sano ma, invero, non saprebbe riconoscere neanche un santo.

Andando a dire semmai che San Francesco era solo un vizioso perfino lurido e lussurioso. Un figlio pericoloso, stando alle folli teorie del Lombroso.

Ah, gente da Lambrusco. A Bologna, direbbero, monnezze viventi da gettare nel rusco. Gente con la puzza sotto il naso, maleodorante e losca che, invecchiando, nient’affatto migliora come il buon vino stagionato. Anzi, si fa crescere solo la panza e sviluppa maggiore supponenza arrogante.

Nel 1975, nello stesso anno in cui morì, Pasolini scrisse ma non pubblicò gli Scritti corsari. Fu da tempo già scambiato per pazzo ma qui io voglio estrapolarvi solo un suo pezzo:

«Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero. Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale».

È sempre dei suoi presunti vantaggi, per me solamente untuosi, eccome, se un cattivo direttore di una capziosa istituzione fa l’untore e se la tira pure da saccente professore terribile nel credersi l’unico dotato di buona (d)istruzione. Dettando, non solo di dettati ai suoi studenti da lui demagogicamente ammaestrati e maltrattati da bestie da soma(ri) attraverso rigidi dettami conservatori, degli inutili precetti atti solamente a mantenere l’inattuabile integrità, non più morale, di uno status quo da quaquaraquà per non scombussolare un fascistico (dis)ordine pericolosamente meritocratico da dittatore/i, facendo il bello e il cattivo tempo perfino sulle giovinezze più belle. Tarpando loro lei ali poiché sanamente ribelli nel loro essere stupendamente vere e autentiche, scevre dai giochini, per l’appunto, di potere di chi sta in alto e, oltre a tre ville al mare, detiene pure tanti poderi. Ma non sa volare…

Che situazione desolante, demoralizzante, moralistica e fascistica.

Sì, molti giovani, apparentemente non adatti al nazismo tutt’oggi imperante, saranno demoralizzati affinché si prostituiscano, il prima possibile, al primo lavoretto che passa/i il convento. Poiché i potenti dicono loro che sarebbe troppo bello credere nei propri sogni e fare gli artisti. I potenti stanno in cattedra sullo sgabello e fanno dunque gli sgambetti a chi è troppo in gamba. Ah, questa è proprio bella, ah ah.

Nel libro Lettere luterane, Pasolini scrisse le testuali parole già lapidarie e quasi testamentali:

siamo stanchi di diventare giovani seri, o contenti per forza, o criminali, o nevrotici: vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare. Non vogliamo essere subito già così sicuri. Non vogliamo essere subito già così senza sogni…

Gli artisti furono di buon occhio mai visti. E sempre si diedero loro patenti di finocchi, di Pinocchio e di figli di ‘ntrocchia. Per spaccare loro le ginocchia e impiegarli a livello comunale o statalmente a un’esistenza da frust(r)ati. Allora ben vengano i gran pagliacci che allieteranno, con far beffardo, il porcile… no, il cortile di chi manco sa decentemente leggere e scrivere ma ebbe l’ardire, per l’appunto, di volerli ardere e troppo presto adattare al troiaio collettivo. Esistono ancora persone combattive capaci, come Alex Del Piero detto il Pinturicchio servito da Gilardino, di disegnare una parabola maestosa imprendibile.

Che semifinale mondiale!

Ogni nazista nell’animo, non solo tedesco, va ora giù e non ce la fa più, coi ricatti sulla “ricotta” e i suoi modi stronzi, a mangiare anche solo un tiramisù senza che non gli vada storto. Dai, su.

Lui odiò gli “storti” ma dovrebbe rivedere il suo cervello, non solo quello, osservandosi allo specchio e prendendo consapevolezza della sua malattia, cioè di essere uno storpio. Nel cervello, certamente, ma io credo soprattutto in quello, eh sì, cari fringuelli, prima o poi (ri)nasce chi non è da Qualcuno volò sul nido del cuculo ma fu preso pel cul’ in quanto ancora sempre credette, crede e anche nell’aldilà crederà che la vita e anche qualcos’altro non sia giocarsela da leccaculi.

Leccate un gelato e buonanotte.

Come disse Pasolini, ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere in modo sleale…

Su Facebook e altrove, da molti non vengono graditi i miei modi clowneschi e mi si dice che io sia una persona seria e piacevole quando parlo come un trombone. Invece, è proprio quando sono un po’ come tutti dai trent’anni in su, eh già, cioè composto e a modo, quando fingo di aver messo la testa a posto, quando capisco, certo, come si sta sulla faccia della Terra, oh sì, che mi sento profondamente infelice.

L’altra sera, mi ricontattò su FB una ragazza. Le mostrai un mio recentissimo video, a detta di molti assai poetico, ma lei mi scrisse di esserne rimasta disgustata poiché denudai il nostro intimo, trascorso rapporto, non rispettando la sua riservatezza.

Viviamo ancora nelle proprietà private?

Ora, se il suo ricontattarmi fu un tentativo di riavvicinamento tardivo, mi spiacque deluderla, freddandola con una rievocazione romantica ma impietosa del tempo nostro che è oramai finito.

Forse si aspettò una mia nuova dichiarazione d’amore commovente. Invece, rimase basita dinanzi alla mia immutabilità impressionante, dicendomi che non sono, nonostante lo schifo successomi, cambiato per niente.

Sperò probabilmente che io, nel frattempo, mi fossi imborghesito e intristito come lei.

E forse apposta lasciò che si calmassero dentro di me le acque, attendendo il momento giusto per rifarsi viva.

Ma dinanzi a lei, sebbene dietro uno schermo, non incontrò un ragazzo cambiato e cresciuto.

Trovò la solita testa di c…

Poiché, ripeto, nessuna violenza e nessuna compressa potrà mai fermare la mia inquietudine esistenziale. A costo che io ancora non venga compreso.

Se a voi piace sottomettervi alle regole farisee per due mi piace in più, prego, accomodatevi.

Tolgo il disturbo ma continuerò, anche accomiatandomi, anche fingendo di calmarmi, a disturbare chi vorrà imporre la sua (im)posizione da capotavola.

Perché io sono questo e non ho intenzione di diventare una povera merda col sorriso a trentadue denti e il fisico sempre perfetto.

Preferirò essere un miserabile piuttosto che uno con la bile per tutti i giorni feriali e il sorriso falso e meschino nel giorno festivo in cui, dopo tanti festini, vi azzardate pure a inginocchiarvi, sputando in faccia a Cristo e non avendo alcuna dignità di voi stessi.

Come d’altronde sostenne il grande Ryan Gosling: Only God Forgives.

E sono ancora troppo giovane per aver finto di avere perdonato.

Chi fu capace soltanto a premeditare una tale mostruosità dovrebbe solamente vergognarsi e farla finita.

Dal Pasolini di Abel Ferrara:

– Fammi tornare alla mia domanda iniziale. Tu, magicamente, cancelli tutto. La scuola dell’obbligo, i funzionari eletti, la stessa televisione. E che cosa ti resta?

– TUTTO. A me resta tutto. Me stesso, essere vivo, essere vivo nel mondo, vedere, lavorare, capire. I miei libri…

 

di Stefano Falotico

 

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