Mentre, in tale società in disfacimento, collassata o forse solo dal capitalismo decollata, un uomo decolla, da alcune malinconie ataviche ancora non si scolla, qualche bevanda ingolla e qualcuno non so se lo inculi, un altro anno di Cinema è oramai finito.
Siamo agli sgoccioli, come si suol dire. Non possiamo lamentarci di quest’annata cinematografica.
Che ha visto, innanzitutto, il comeback strepitoso di due miti attoriali immarcescibili, ovvero Bob De Niro e Al Pacino di The Irishman,
Parafrasando lo stesso Al Pacino di Donnie Brasco, che te lo dico a fare?
Abbiamo assistito anche al clamoroso ritorno di Joe Pesci in quella che forse rimarrà l’ultima interpretazione della sua carriera. Anche probabilmente la migliore, la più rarefatta e drammatica.
Russ Bufalino, un viscido burattinaio incarnato da un quasi ottantenne più basso di statura di Pacino stesso e meno famoso. Poiché, per via del suo corpo tarchiato, fu quasi sempre relegato a ruoli da spalla o di macchietta, a eccezione ovviamente di alcuni indimenticabili ruoli da protagonista nei quali, però, certamente non interpretò Mel Gibson di Braveheart. Ah ah. Mi riferisco a titoli come Mio cugino Vincenzo e Occhio indiscreto.
E ho detto tutto.
In questo mio anno cinefilo, vidi perfino The Irishman d’anteprima italiana in Sala Petrassi alla Festa del Cinema di Roma.
Che io mi ricordi, mi presentai davanti alla fila, assiepata davanti alla sala suddetta, con lo stesso carisma di Henry Hill di Quei bravi ragazzi. Sì, identicamente a Ray Liotta di Goodfellas, dobbiamo e dovete ammettere che posseggo un certo fascino da uomo taciturno.
Sì, rammentate la scena della cena di De Niro, Pesci e Liotta a casa della madre del personaggio di Pesci? Madre interpretata dalla vera madre di Martin Scorsese?
Non parli molto…
Sì, va detto che Ray è più alto di me e ha gli occhi azzurri come Frank Sinatra. I miei sono castani. Molto scuri, quasi neri.
In quanto a donne e affiliate, spero non mafiose, mi comporto alla stessa maniera di Henry/Ray.
Diciamo che non sono subito un gentiluomo. Al che ogni Lorraine Bracco di turno, per via di come la snobbai e tutt’ora non cago, mi coprì e ancora mi seppellisce di offese, dandomi dello stronzo insulso. Eh, quanti insulti, cazzo.
Poi, ognuna di queste donne alla Bracco, perfino dei Sopranos, vuole studiarmi e psicanalizzarmi.
Di mio, più che assomigliare al compianto, corpulento James Gandolfini, sono come Bukowski. Voglio analizzarla…
Sì, lei era bellissima, dolcissima, elegantissima, di un’altra categoria e di un’altra carrozzeria. Delicatamente, la invitai al miglior ristorante della città, omaggiandola con delle rose e dedicandole poesie d’amore.
Durante la cena, lei mi parlò di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, del socialismo russo e della politica del PD.
Io l’ascoltai, appunto, senza dire una parola.
Le pagai solo la cena e nient’altro. Volevo quanto prima sbottonarmi e slacciarmi la cerniera.
Ora, non avendo spiccicato io una sola frase, penserete che mi abbia mandato a fare in culo seduta stante. Anzi, dopo che terminò di mangiare e disquisire, auto-lodandosi in merito alle sue conoscenze alte da giornalista rinomata e molto in gamba.
S’accorse pure che, anziché guardarla in bocca, le osservai spesso le gambe.
Alla fine scopammo.
Sì, si vede che, grazie al mio modo di fare da uomo che apparentemente pare che non capisca un cazzo e nemmeno il suo opposto, risultai più interessante di tanti cattedratici professori universitari che, secondo me, dovrebbero soltanto lavorare alle poste.
No, non sono più interessante e intelligente di loro.
Probabilmente, più bello, sì.
Di mio, posso dirvi che racconto un sacco di cazzate poiché spesso sono triste e la butto in burla in maniera tragicomica e melodrammatica.
Insceno quasi quotidianamente la mia follia. Sì, appena sento che in me scocca l’anima di un uomo imborghesitosi nella cosiddetta normalità, avverto all’unisono la necessità di andare volentieri sopra le righe come un sublime Al Pacino meravigliosamente eccessivo.
Caricando a volontà, esagerando, epicamente attirando i riflettori solamente sulla mia scena.
Solo forse pure a cena.
Ah ah.
Comunque, un altro anno è andato a farselo dare nel culo.
E forse pure la mia lei è giusto che si sia tolta dal cazzo.
E questo è quanto…
Ah, lei non mi dia del lei, mi dia del tu e io le darò del tè. Perché si arrabbia? Voleva un caffè?
di Stefano Falotico
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