Fratelli della congrega, cinti in raccoglimento. Le nostre notti si fanno insonni e infauste. Mentre gli idioti, fuori da questa nostra reggia qui ove noi, uomini moralmente eretti, ci segregammo poiché seppelliti vivi dai vili, festeggiano d’ilarità frivole che loro reputano virili quando, invero, sono solamente sconcezze e ignobili bassezze di gente nell’animo romantico oramai putrefatto e vinto, gente, orsù, che si ritiene vincitrice ma in realtà prostituì la dignità a favore del mercimonio collettivo, ecco, noi preghiamo da mesti uomini che non si vendettero al più furbo offerente cosiddetto migliore.
Per questo nostro duro, intransigente atteggiamento, ipocritamente considerato ostile da questa gente misera, ci ostracizzeranno ancora e i nostri cuori ostruiranno poiché già dapprima, scevri d’ogni resipiscenza, ci ricattarono, affinché ai loro dettami orrendi ci piegassimo, quindi c’indussero a peccare. Insomma, ci mangiarono.
Sì, delinquenti che ricusarono e nuovamente rifiutano la patologia di cui sono innatamente afflitti, ovvero la malignità, dissimulata dai loro sorrisi apparentemente giocondi.
Io non sono un monaco ortodosso né mi cago addosso bensì continuerò, anche nella mia guerra contro i mulini a vento da Don Chisciotte, a non sputtanarmi con tali mignotte.
Riceverò ancora ammende, reprimende, punizioni al fine che, castigato e intimorito, rinunzi alla mia impavidità e abiuri dinanzi a tale meschina, abietta vacuità da zombi luridi. Non arderò né aderirò all’idolatria del puttanesimo generale, genuflettendomi in segno di mia caduta impura. Cosicché, festanti e orribili, questi baccalà possano gridare d’aver (s)battuto nella notte più nera e imperitura un altro uomo che non volle cedere ai ricatti più porci da stronzi immaturi. Così che (non) potranno gustare la loro vita (s)porca dopo avermi ingiuriato, calunniato, diffamato e oscenamente emarginato con fare imperdonabile e assai scostumato.
Sì, immondamente, desiderarono che Re Artù, ovvero il sottoscritto, implorasse a costoro, cioè gli impostori, addirittura perdono quando, lo sapete benissimo, furono loro che dovrebbero essere a vita stigmatizzati poiché, svergognati, ambirono a deturpare la mia giammai rinnegata purezza per obbligarmi alla loro squallida vita da squali, (s)fatta di lerce sporcizie. No, non sono finito nell’immondizia né l’assistenza sociale accetterò, dunque nessun poveretto e disgraziato riuscirà a farmi sentire un disadattato pateticamente (s)consolato.
Ora, forza, mangiamo la cena e, lontani da questi miserabili acidi, impreziosiamo e condiamo d’aceto balsamico la nostra insalata fantasia a voi servita dal Falotico. Non dobbiamo assolutamente dare retta a chi, come già fece, oh che feci, ci affibbiò la patente di sfigati poiché non volemmo darci alla prima puttana(ta). Persistemmo, resilienti, nella nostra lotta di classe e, sebbene ci diranno eternamente che siamo degli insalvabili, tristi deficienti, non daremo più ragione alle loro scienze, come la psichiatria del cazzo, tantomeno presteremo fede alle loro sceme(nze).
Sì, dopo tantissimi an(n)i, solo come un cane, in cui patii lo strazio dell’ingiustizia più madornale, scandalosa e mostruosa, dunque an(n)ale, solamente perché declamai di mio candore ogni poetico, creaturale cantico, posso qui e testé attestare che, in virtù della mia geniale testa, fui io a smascherare i bugiardi e i vigliacchi più infingardi.
Fui indagato, perfino altrove deportato per colpa della mendace pusillanimità di tali oltraggiosi bastardi. I diversi, come me e come voi, fratelli e sorelle bone, son sempre stati invisi ma siamo stanchi di far buon viso a cattivo vino, no, sorte.
Non abboccheremo più ai sortilegi perpetratici e contro lanciatici dalle donne meretrici, scagliatici inutilmente da queste donne che si credono Beatrice ma in verità vi dico che sono soltanto delle mungitrici. Si allattassero, no, allettassero i pecoroni che con codeste vacche ameranno far sì che, dementi, fermenti il loro pecorino nel metterle a pecora. Pecorino non solo sardo e salato, bensì pure sordo dinanzi a noi che vediamo tal loro porcile assai lordo. Non ce ne vendiamo, anzi, insistiamo nonostante ci dicano che siamo dei balordi. Noi non ci allineiamo al gregge e al valore capitalistico del greggio…
La gente, in Italia, poco legge eppure tutti vogliono sui destini altrui legiferare dall’alto d’uno scibile che a noi, uomini saggi, appare solo come il sibilo di serpi viscide. Noi strisceremo al buio e, sguscianti, saremo a loro inculanti. Ci daranno la patente di ungulati ma ci piace far all’amore con le donne selvatiche. Che siano bionde o more, quel che importa è il più vivido, sentito, empatico, condiviso calore. Insomma, allegramente, fottiamocene!
Ci diranno, strafottenti e fetenti, ma fateci il piacere e noi, allora e di buon ora, al risveglio di Aurora, non scoperemo solo lei ma anche Arianna. Poiché Arianna sa quel che vuole e tutti divora, le orge adora e sa che il valore di un uomo non si conosce dall’oro ma dal suo intimo sapore. Poi, tutti assieme appassionatamente, ci laveremo nel sapone ma giammai verremo benedetti dalle loro false abluzioni. So di avervi rotto le palle abbastanza e av(r)ete adesso l’acquolina in bocca. Sì, ho finito l’arringa. Ora vi regalo la meringa ma ricordate che non siamo ancora alla frutta.
Questa vita è un ring e noi, ringhianti, saremo ficcati all’angolo ma sappiamo che in Italia si spacciano tutti per dottori e buoni ma son solo dei “buoi” a nulla. Sì, buoi, dicono all’altro di stare buono e gli assegnano l’ultima ruota del carro. Siamo veramente stufi di questa gente. Gente che si fa bella a parlare di valori, a schierarsi contro il razzismo e le segregazioni, contro il fascismo e il qualunquismo ma saranno in prima fila a vedere il nuovo film di Checco Zalone. Statene sicuri.
A me fa ridere, Checco, lo ammetto. Così come, togliendomi ora l’elmetto, dico altresì che sinceramente non fa invece ridere più nessuno il classico commento, per l’appunto, razzista su YouTube. Ove se, Jamie Foxx, siede a un tavolo davanti a una bella donna bianca, scrivete:
– Chissà, “sotto sotto”, a cosa sta pen(s)ando. Ah ah ah!
Questa è l’Italia. La mascherata è finita. Carmelo Bene era un provocatore ma, dietro ogni provocazione, diceva il vero. Sì, il Cinema non è mai esistito. Abbiamo sino a questo momento celebrato soltanto, proiettandola, la nostra vita che non è mai stata, mai fu, chissà se sarà. Il vero Cinema è la vita vera riflessa in noi. Pochissimi sono gli eletti che possono ambire a fare della loro vita un capolavoro. Gli altri, solipsistici, applaudiranno al film migliore secondo la loro ottica, rigirando le frittate a propria cafona (pres)unzione. È vero, Fellini era un burattinaio delle sue nostalgie, Pasolini un violento che, per resistere alla sua diversità, si spacciò per intellettuale elevato quando, invero, voleva solo essere accettato.
Dunque, criticò il sistema poiché lui fu lui stesso troppo criticato e, a metrica della sua sofferenza psicologica, pontificò, sicuramente e senza dubbio, con egregio stile ma non ammise mai chiaramente d’essere stato dai criminali distrutto. Senza retorica e senz’inganni, ve lo siete andato a cercare.
Parola di John Rambo.
Comunque, Checco Zalone non abusa di stereotipi razzisti. In verità, prende satiricamente per il culo l’italiano medio che, per l’appunto, pensa ipocritamente le stesse cose che dice lui nel film.
E questi sarebbero gli italiani “integrati?”. Per cortesia.
Abbasso la borghesia. Ecco il mio cervello piccolo offerto in san(t)ità di voi, poveri tonti. Poveri zombi.
di Stefano Falotico
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