Archive for November, 2019

JACK TORRANCE meets JOKER: peccato che non diano più ZELIG, volevo incontrare Vanessa Incontrada ma andrò a vivere in altre contrade


03 Nov

abatantuono ecceziunale veramenteTutti pensarono che fossi timido ma con una bella voce alla Ermal Meta, insomma, non un metallaro con la voce da orco, invece devo solo tirare a campare per poter mangiarvi tutti. Ah ah.

Avete letto l’articolo sui migliori film tratti da Stephen King di Pier Maria Bocchi su FilmTv? Leggetelo perché questo mio pezzo lo sbrana, ah ah

Non vorrei che, Pier Maria, se mai sia dovesse leggere questo mio articolo, dalla rabbia ululasse come in The Howling di Joe Dante.

Come dico io, chi ha il pane non ha i denti e chi non è Alighieri Dante, alla pari del sottoscritto, non potrà mai trasformarsi, dopo la mezzanotte, in un Gremlin.

Poiché, quando scende la notte, l’uomo comune in maniera animalesca s’accoppia e fa le pecorine mentre io, essendo insonne, mi alzo dal letto e vado a mangiare un pecorino.

Sì, non m’è mai piaciuto accodarmi al gregge di pecoroni.

Sì, sono un cabarettista, un comico nato. Trasformo ogni quotidiana disgrazia in qualcosa di grazioso. Anche grinzoso. Sì, mi arrabbio e divento lupesco, quasi un animale ecceziunale veramente come Abatantuono Diego.

Poi mi calmo e divengo adorabile come un cagnolino tenero e delizioso. Ma sì, non dovete allarmarvi quando do di matto, sono il Jack Nicholson italiano. La mia non è pazzia, è istrionismo, versatilità, polivalente fare apposta il deficiente. Almeno, se reciti la parte del demente, tutti credono che tu lo sia davvero e puoi goderti il dolce far niente. Ah ah.

Jack è oramai in pensione, io al massimo, coi pochi soldi che ho, posso passare le vacanze in una pensioncina.
Dunque, a tutti quegli scellerati che continuano davvero a credere che io sia pazzo e da curare, prescrivo immediatamente una visita.

Non dallo psichiatra, però, bensì dal cardiologo. Devono avere davvero la panza piena e un appetito poco da ludri e lupi per trattarmi da agnellino.

Di mio, posso solo dire che Lupo solitario è il miglior film da regista di uno dei migliori amici di Nicholson, Sean Penn.

E col Jack de La promessa ho poco da spartire.

Sì, scioccati da questa mia licantropia benevola, potreste avere un infarto, guardandomi così. Ovvero più in forma di Michael J. Fox di Voglia di vincere quando diventa wolf.

Io sono specializzato nei mostri. Io stesso sono un attore monstre di me stesso. A volte, infatti, mi specchio e vedo un uomo piacente, spesso invece gli altri non si rispecchiano in me poiché, dinanzi al mio fascino da camaleonte, rimangono impressionati. E per invidia mi urlano che sono un porco quando i maiali sono loro.

Ah, sono persone facilmente suggestionabili. Pensare che si terrorizzano a guardare L’esorcista.

Anzi, vi dirò di più. Sconvolti da quello che reputano un mio cambiamento scientificamente inspiegabile, pensano che sia stato il demone Pazuzu a entrare/penetrare nella mia anima.

Suvvia, è gente superstiziosa da Esorciccio.

Di mio, per molto tempo volli spalmare Vanessa Incontrada. A una spagnola non si dice mai di no? O no? Ah ah.

Da quando ho iniziato a fare lo scrittore, sebbene i miei libri vendano poco e dunque non siano dei bestseller come quelli di King, appena una grassona alla Kathy Bates di Misery non deve morire, su Facebook, mi dice che ha comprato un mio libro, le dico di non provarci. Poiché, potrei essere un playboy come James Caan ma anche con lei molto cane.

Lei, di fronte a un mio rifiuto così terribile, capisce che oramai la sua vita sessuale sta vivendo L’ultima eclissi.

In questi anni, vi devo essere sincero, ho incontrato molti ragazzi simili ad Andy Dufresne de Le ali della libertà.

Sulla parete della loro cameretta, hanno affisso il poster non di Rita Hayworth ma della ragazza dei loro sogni. A volte, di nome fa davvero Rita, a volte è solo una bollita che ancora sfoglia le margherite.

Fatto sta che loro sono innocenti ma non riescono a uscire di casa poiché sono legati al letto come Carla Gugino de Il gioco di Gerald.

No, non hanno ammazzato nessuno ma sono semplicemente pazzi. Si sono rinchiusi da soli nella loro eterna adolescenza complessata da Carrie.

Comunque, sono simpatici. Quelli antipatici sono i cinquantenni frustrati che, non riuscendo più a scopare la moglie, ogni sera riguardano Stand by Me – Ricordo di un’estate.

Li comprendo. La loro moglie è più racchia di Shelley Duvall, appunto, di Shining.

Eppure, malgrado questi panzoni s’immergano nei lieti ricordi della loro infanzia felice per allontanarsi dal presente e, di patetiche reminiscenze passatiste, celebrare le loro melanconie, manco in questi momenti magicamente lirici sono realmente contenti.

Poiché ricordano che, in effetti, anche la loro infanzia fu uno schifo. Trovavano difatti sempre qualche bullo come in It.

Alcuni si sono salvati, sì, non hanno incrociato sulla loro strada un pedofilo come Tim Curry ma solo un pagliaccio come il clown di Pennywise della cagata di Muschietti.

No, questi qua non sono Tim Robbins di The Shawshank Redemption, nemmeno quello di Mystic River. Peccato però che non abbiano la fantasia di King e non sappiano dunque godere neppure del piacere delle loro esistenze horror.

Sì, molti di questi pseudo-adulti cazzuti si credono fighi come Matthew McConaughey de La torre nera.

Ho detto tutto. È la peggiore interpretazione di Matthew.

Queste persone però sono intimamente consapevoli di essere impresentabili. Al che, per fare i duri, hanno abbracciato le teorie filo-scioviniste di Hitler e compagnia non tanto bella.

Insomma, sono dei rincoglioniti come Ian McKellen de L’allievo. Di mio, che posso dirvi? No, non sono un tipo viulento al cento per cento come Diego, sono un giocoliere della mia anima come Maradona. Maradona non aveva bisogno di allenarsi. Cioè di stare assieme agli altri per migliorare. Anzi, a contatto coi brocchi, avrebbe perso il suo genio e avrebbe disimparato.

Gli altri si facevano il culo tutta la settimana mentre Maradona saltava tutti gli allenamenti.

Ed è per questo che Paolo Mereghetti è laureato in Filosofia e io no. Ma sono più bravo di lui sia come critico che come uomo.

 

di Stefano Falotico

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Nell’oscura apoteosi dei nostri sogni giocosi, viviamo finalmente dello Shining che gode l’estasi dell’esistenziale nudità falotica


02 Nov

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Sì, è uscito Doctor Sleep, scemenza alquanto trascurabile, un film farlocco che terrorizzerà soltanto gli allocchi. Sì, quei ragazzi che, per fare colpo sulle oche, cioè le brutte tipe, non so se invece grosse tope, di Full Metal Jacket ricordano solo la marcetta di Topolin, topolin, evviva Topolin(o).

Sì, per molto tempo fui denominato Stefanino. Poiché venni attorniato da adulti saccenti, invero dementi. Ché degli adolescenti guardano solo se rispettano le composte certezze del perbenismo più ipocrita, pianificando la vita dei poveri lori figli secondo un regolatore piano guerrafondaio fatto di moralistici ricatti e dure imposizioni al fine di creare i futuri leader di una società classista, oserei dire nazifascista.

Improntata al vile culto virile della potenza più atrocemente maschilista. Egomaniaca e solipsista ad aderire all’unico credo di voler adattare la realtà, quindi anche il prossimo, a immagine e somiglianza dei loro Orizzonti di gloria.

Nauseato precocemente da tutto ciò, da tali assurdi precetti farisei assai pericolosi, me ne estraniai con impari arroganza. Poiché, piuttosto che conformarmi a questa sociale violenza (dis)educativa, preferii planare in stati apparentemente dormienti di coscienza. In realtà, metafisicamente già elevati rispetto a tale porcile di fradici, irredimibili bastardi. Cerebrali? No, cerebrolesi. Inutile che continuino a mangiare i cereali per crescere sani. Non sono dei santi, sono forse dei salumieri.

Io invece fui oltre, già distanziato anni luce da questo godereccio mondo immondo.

Perciò, fu chiaro che chicchessia, dagli appena succitati adulti pasciuti e panzoni sin ad arrivare ai miei coetanei già laidi e nell’anima putrefatti anzitempo, squagliatisi e immersisi nell’indottrinamento più duramente stronzo, mi vedesse come nano.

Figurarsi quando rivelai che fui e sono tutt’ora invincibilmente un amante dell’onanismo in ogni sua forma godibile. Poiché vivo d’emozionalità che soventemente non combaciano con le animalesche, plastificate emozioni del novanta per cento della gente.

Persone che basano basa la loro prospettiva esegetica della vita, abboccando agli ordini consumistici indotti loro dalla televisione. Poiché They Live. Invero già sono morti nell’anima da tempo immemorabile.

Ammetto, con profondissimo orgoglio, rinnovando le mie non tanto sentite condoglianze alla maggioranza d’un mondo verso il quale, essendo questo già perito e sepolto vivo, non verserò nessuna lacrima amara, che non sono cambiato più di tanto.

Malgrado anch’io cedetti alla lussuria per colpa d’un (im)puro capriccio, prodigandomi allo sverginamento di me stesso, acco(r)dandomi estemporaneamente al piacere sessuale condiviso, debbo constatare, toccandomi il costato e dunque sentendo ancora bruciare le ferite di tale mia scelta dagli altri forzata, che non servì a un cazzo.

Poiché solo quando dormo nei miei sogni sono grande e so trasfigurare fantasiosamente, in maniera eccelsa, la crudezza insalvabile di un’umanità bestiale.

Quando invece mi sveglio come tutti, piegandomi a un lavoro normale e costipandomi nella terrificante mansuetudine buonista, cado in depressione abissale.

Il vostro sarcasmo mi ripugna. I vostri sorrisini fake e le vostre pose da guardoni sospettosi mi spingono, infatti, sempre più ad alienarmi da voi.

Riprendo in mano la moltitudine di libri da me scritti in questi anni. Rimango io stesso esterrefatto e ipnotizzato dinanzi a qualcosa di così grandiosamente (ir)reale da lasciarmi davvero (s)finito.

Insomma, con buona pace dei miei detrattori e degl’imbattibili, ostinati invidiosi, io a questo mondo ho fornii, non so se ancora fornirò, una nuova visione luccicante.

E questo è quanto.

Se non gradite, domani è domenica. Andate a pregare il vostro dio e, il mattino dopo, continuate nelle porcate.

Tanto, ricordate: la Madonna v’accumpagn’.

Statemi buon’, ritardati.

Sì, ne ho viste cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare.

 

di Stefano Falotico

JOKER, THE IRISHMAN e RICHARD JEWELL sono film complottisti? Ma che mi tocca sentire!


02 Nov

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Pazzo? No, purissimo pezzo goliardico e al contempo profondamente riflessivo, ilare e tragicomico

Voi tutti vi siete fissati con le teorie del complotto.

Per anni, soffrii di manie igieniche, lo ammetto. Che ci fu di male? Almeno, se mi toccavo, non prendevo malattie veneree. Ah ah.

In tanti credettero, però, che fossi Mel Gibson di Conspiracy Theory.

Al che pensarono, sempre malignamente, che fossi un ragazzino disturbato. E su di me fu praticato un sequestro di persona come al figlio di Nick Nolte di Ransom.

Sì, per via del fatto che non m’attenni ai cattivi stili educativi dei genitori altrui, i quali castrano i liberi arbitrii dei figli così come fa Nick Nolte di Cape Fear con Juliette Lewis, i miei coetanei addussero che prima o poi sarei diventato, per troppa rabbia, De Niro/Max Cady.

Poiché, essendomi estraniato dalla carnascialesca socialità di quelli della mia età, reputarono malinconicamente troppo ingenua e cremosa la mia purezza e, malevoli, sospettarono che la mia solitudine auto-inflittami fosse figlia d’una latente sociopatia che poi, un giorno, sarebbe esplosa come quella di Travis Bickle.

Ah, vedrai. Sarà furioso e violento con le donne!

Ma per piacere!

In tanti m’identificarono con Donnie Darko e mi diedero del vecchio come Al Pacino di Donnie Brasco.

So solo che, già all’epoca, sarei stato l’avvocato del diavolo per una donna angelicamente provocante più del demonio come Charlize Theron.

Oggi, molte ragazze mi guardano e mi dicono che io possieda un certo fascino alla Andy Garcia de Gli intoccabili. Dire, cazzo, che fui scambiato per suo figlio nel film The Unsaid – Sotto silenzio.

Ah ah.

Mi ritengo una persona spiritosa ma intellettuale come Robin Williams de L’attimo fuggente e cerco perennemente di guardare la vita da molteplici prospettive.

Invece, fui spacciato per Williams de La leggenda del re pescatore. Anzi, peggio. Per Robin di Hook e per quello di One Hour Photo. Cioè, un ragazzone guardone assai rosicone. Perfino per Robin Hood. Come no? Ovvero, il principe dei ladri. I ladri, secondo costoro, erano le mie varie personalità. Ah ah.

Sì, mi urlarono: non devi mentire a te stesso ma guardarti allo specchio e ammettere che, al di fuori di te e del tuo riflesso, caro fesso… sei solo come un cane. Sei un poveretto! Anche un perverso!

In poche parole, fui additato sempre frettolosamente per uno schizofrenico e per un ragazzo mal cresciuto molto instabile.

È assurdo tutto ciò.

Sì, secondo questi qua, personificai Mel Gibson dell’Amleto di Zeffirelli. Attentarono alla mia verginità e alterarono, di calunnie, il bellissimo rapporto angelico con la mia prima ragazza. Al che, quando divenni, sì, giustamente furioso come Mad Max in Interceptor, mi urlarono che m’avrebbero d’altre ingiurie asfaltato.

Ma dico? Non è bello essere belli come Leo DiCaprio e sapere che invece vieni creduto Leo di Marvin’s Room e di The Aviator. Anzi, peggio. Quello di Shutter Island.

Sì, si comportarono con me come Bob De Niro di Voglia di ricominciare.

Non ebbi mai Paura d’amare. Tant’è vero che ancora posseggo un carisma travolgente da Jimmy Hoffa e infondo linfa vitale a ogni uomo malpagato e avidamente sfruttato, umiliato e non protetto da nessun sindacato. Incoraggiandolo a ribellarsi come Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani e Serpico.

Non vado da un ragazzo disoccupato a fargli la morale e a proporgli di fare del volantinaggio o, peggio, del volontariato. Lo incito solo a essere più volenteroso. Soprattutto più voglioso. Ah ah.

Mi diedero del pachiderma tonto come Sylvester Stallone di Cop Land ma ricevettero metaforici pugni allo stomaco più di Tommy Morrison in Rocky V.

Ma li perdono.

Sono ancora bello come Mickey Rourke di Johnny Handsome, ah ah, debordante e giocoso come Jim Carrey di Buguardo bugiardo, ah ah, sexy come Tom Cruise di Nato il quattro luglio prima di finire sulla sedia a rotelle ah ah. E non mi manca nessuna rotella, sono sanissimo come Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ah ah.

In effetti, siamo attorniati da malati di mente.

Qualcuno si credette un genio statista della Politica e mi confidò che voleva scrivere un libro profetico intitolato La seconda guerra fredda.

E io:

– Quale sarebbe? Quella dei tuoi ormoni? Mi pare che, a forza di pensare alla fine dell’umanità, non stai scopando molto. Guarda invece quella là. A me pare la fine del mondo, ah ah.

 

Sì, dopo le ingiuste polemiche su Joker, accusato dai puritani moralisti del cazzo e dai benpensanti della minchia di essere un film sovversivo, poche ore fa lessi pure che The Irishman traviserebbe la realtà.

Poiché Jimmy Hoffa non fu ammazzato da Frank Sheeran.

L’FBI invece ha appena denunciato Clint Eastwood, sostenendo che, in Richard Jewell, il regista di Fino a prova contraria, accusa le istituzioni d’aver distrutto un uomo.

L’FBI, secondo la prassi, doveva accertarsi di tutto.

Certo. Però, finiti i logoranti accertamenti, dopo aver appurato d’aver beccato una cantonata storica, la vita di Richard fu psicologicamente massacrata.

La mia, invece, è ancora intatta. Nonostante tutto.

Eh sì. In questi anni ne vidi tante…

Donne ricercatrici di biologia dalla doppia vita. Di notte, sono come Jennifer Jason Leigh di America oggi e di giorno delle adepte del fascismo antisemita di Salvini.

Sì, come no? Non starò a dirvi chi è ma ne conobbi una così. È sposata, era già sposata. Mi mandava foto di lei semi-ignuda per allentare la noia della sua vita coniugale.

Poi, il giorno seguente, urlava in comizio: per un’Italia libera e pulita, lontana da ogni puttanesimo, ripristiniamo i valori della patria!

Grazie alle sue intime conoscenze, oggi, è comunque arrivata… ah ah.

Cari colonnelli, mi sa che, per mettervi contro di me, avete davvero il cervello piccolo. Mi sta venendo… persino il dubbio che anche qualcos’altro abbiate piccolo…

– Che vuoi dire, ragazzo?

– Quello che ho detto.

 

Insomma, se siete brutti e invidiosi, mettete su la canzone ‘O Scarrafone.

Poiché io non so’ paz’ ma comunque sia non mi dovete più scassa’ ù cazz’!

Ah ah.

Finisco il pazzo, no, il pezzo così. Con una delle mie freddure micidiali in stile Clint Eastwood.

Un ragazzo spaesato e confuso va dal suo psichiatra e gli svuota piacevolmente l’anima, ottenendone un effetto catartico. O forse per niente. Ah ah.

– Professore, dottore mio, l’altra notte m’è successa una cosa sconvolgente. Ho parlato in chat con una ragazza.

– Ah, tutto qui? Cosa ci sarebbe di così traumatizzante in questo?

– Nulla di che, però c’è un ma.

– Dimmi. Spiegami il ma. Oppure il tuo malessere.

– Ecco, vede. Senta. Questa qui è una cinefila come me. Al che, dopo aver parlato per mezz’ora, intrigata dal sottoscritto, è andata a visionare le mie foto.

– Quindi?

– Ecco, lei mi dice… sai che sei un po’ matto? Ma è una pazzia colorata la tua. Assomigli a Modigliani/Andy Garcia de I colori dell’anima.

– Cioè, giudicandoti dalla faccia sua magrissima, scavata e stilizzata, questa ragazza ha creduto che morirai a soli 35 anni di tubercolosi? Oppure, voleva dirti che sembri un creativo un po’ fuori di testa? Ma fuori di testa-cretino, no, creativo in senso pittorico, anzi, pittoresco come Modì?

– Ah, non lo so, ah ah.

– Che cosa dunque t’ha turbato di questo paragone?

– Nulla, a dire il vero. Io però le ho risposto… con te, donna, vorrei usare il mio pennello a mo’ di acquerello sulla tua pelle.

– Davvero le hai detto così? Ma che sei matto sul serio? Non ti ha bloccato oppure telematicamente preso a sberle?

– Macché, psichiatra. Siamo figli di una generazione molto libera, diciamo. Alle ragazze fanno solo che piacere certe avance “figurative”. No, non sono come voi vecchietti. Non badano alle figuracce.

– Ah, capisco. Non mi piace che mi hai dato del rincoglionito ma sono stato giovane anche io, ci sta. Allora, che cosa ti ha doluto l’anima, carissimo?

– Be’, lei dopo questa mia proposta indecente molto sfacciata, anziché prenderla appunto malissimo oppure pigliarla a ridere con ironia, è stata molto seria, sa?

– Cioè?

– Mi ha detto che sono un bell’uomo con un’intelligenza superiore alla norma.

– Perché hai dei dubbi a riguardo?

– Un po’ sì.

– Comprendo benissimo, altrimenti non verresti da me.

– In verità, a volte sono consapevole della mia malattia, vale a dire la bellezza ed esserne amante in ogni sua forma artistica e anche figa. No, scusi, fisica. Sono belloccio, piacione e molto intelligente quando voglio. Soprattutto se la voglio.

– E dunque. Che cosa ti angoscia?

– Ripeto, sono bello ma avrei dei dubbi sul fatto che fra me e questa ragazza possa esservi un futuro economicamente soddisfacente.

Anche perché fra cinque minuti, caro psichiatra, il colloquio con lei finirà e io avrò pure 100 Euro in meno.

– Vorresti dire che non hai molti soldi e non puoi garantire a questa qui almeno una cena al ristorante e il cinema il sabato sera?

– Non volevo dirlo ma lei, essendo studioso della mente, conosce bene il portafogli.

– Non ti preoccupare. Ken Loach continua a fare film. Ti consolerai, guardando Bread and Roses.

 

Pazzo, no, pezzo sui tre capolavori cinematografici della stagione

Innanzitutto, partiamo da Joker. È un capolavoro? Sì o no?

Siamo al primo Novembre, giorno in cui si festeggiano i morti. E molti critici da strapazzo, per l’appunto, gli stesso che l’osannarono a Venezia, ora lo stanno uccidendo per fare i fighi. Poiché, si sa, fa figo dire la cosa controcorrente. Cosiddetta alla moda.

Joker è un grande film. Secondo me, ribadisco per l’ennesima volta, a costo di apparire ripetitivo e scontato, capolavoro lo è. Eccome.

Ma Joker, come tutti i capolavori, sta subendo il classico, inevitabile effetto boomerang.

Dopo l’immenso, sacrosanto clamore ottenuto al Festival di Venezia, ove è stato insignito di un meritatissimo Leone d’oro, ora i critici con la puzza sotto il naso dell’ultima ora stanno cercando il pelo nell’uovo.

Joker non vincerà l’Oscar come miglior film. Nemmeno Taxi Driver lo vinse.

Fra l’altro, Taxi Driver, pur andando benino al botteghino, non fece sfracelli quanto Joker.

La Critica è importante ma un ruolo predominante per l’assegnazione dell’Oscar lo gioca anche il pubblico.

Taxi Driver fu battuto da Rocky.

Taxi Driver, con tutto il bene e l’affetto nostalgico che possiamo volere a Rocky, è superiore alla pellicola di John G. Avildsen. Scorsese è un genio mentre il compianto Avildsen fu al massimo un buon regista con qualche pellicola di pregio. Allora perché vinse Rocky? Per quanto possa apparire incredibile. Avildsen all’epoca era più quotato di Scorsese. Tant’è vero che Mean Streets lo cagarono in pochi, solo la Critica di New York, mentre Salvate la tigre venne considerato erroneamente un capolavoro e Jack Lemmon vinse come miglior attore.

Poi, va anche aggiunto questo. Se gli Academy Award avessero premiato Taxi Driver, tutti i bastian contrari avrebbero affermato: ma come? Premiate un film sovversivo e inquietante, non dando invece l’Oscar a un film di buoni sentimenti?

Fatto sta che, se Joker è un capolavoro o no, lo sapremo fra dieci anni.

Oggi la gente si fa i selfie sulla scalinata in cui Arthur Fleck/Phoenix balla, emulandolo. Se fra una decade, la gente, dopo averlo rivisto di cinquemila passaggi televisivi, il mattino dopo entrerà in ufficio, imitando Joker, Joker sarà un capolavoro.

Passiamo adesso a The Irishman.

Francesco Alò è un ottimo critico. Altrimenti, non avrebbe scritto pezzi meravigliosi su Il Messaggero. Ma, nella sua video-recensione del film di Scorsese, è stato eccessivo per puro spirito provocatorio. Solo per attirare visualizzazioni.

The Irishman è davvero un capolavoro. Alò è stato estremamente superficiale. Perché mai ha detto, per esempio, che non ci si può affezionare a un tipo come Sheeran? Sì, non ce ne si può affezionare. È questo il bello della faccenda. Sheeran è un Forrest Gump al contrario. Attraversa cinquant’anni di storia americana e, alla pari di Tom Hanks, non fa una piega. Forrest Gump non capì però mai un cazzo mentre Sheeran, fin dapprincipio, capì tutto. Ma recitò la parte del fesso per non tornare in guerra. Non lo avevate capito? Alla fine, persino in punto di morte non vorrà tradire vigliaccamente sé stesso, non confessando neppure al prete di aver ucciso il suo unico, vero amico. Morirà con due enormi rimpianti. Quello di aver scelto l’amico sbagliato, Russ Bufalino/Joe Pesci, e quello di non essere stato in grado di aiutare sua figlia. Mentre però poté scegliere l’amico giusto e invece clamorosamente fallì, non poté invece aiutare realisticamente sua figlia.

Finiamo con Richard Jewell.

Io dico che è già capolavoro. Anche se non è ancora uscito. Clint Eastwood è un uomo molto, molto anziano. E sinceramente non ha più tempo né voglia di fare il biondo con Sondra Locke, la sua storica ex bionda. Da trent’anni a questa parte, a Clint piace svelare, con classicismo da uomo d’onore e classe immensa, le verità sepolte delle ingiustizie. Poiché, come Joker, non ha più nulla da perdere.

Termino il pazzo, no, il pezzo così. Mostro questo video a una ragazza e lei:

– Lo sai che, a tratti, assomigli sia a Johnny Depp che a Joaquin Phoenix, a Tom Cruise, a Bob De Niro e ad Eastwood da giovane?

– Sì, però da quel che vedo di te, tu non hai la faccia di quella che lo incassa.

 

 

di Stefano Falotico

HALLOWEEN: Venezia, la città del JOKER – Un racconto di Stefano Falotico e tutti a vedere THE IRISHMAN


01 Nov

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Dopo la parte divertente, ladies and gentlemen, dopo la mia brevissima esegesi su The Irishman, il pezzo forte.

Ovvero, un racconto di sublime fattura e melanconia pura.

Poiché, bambagioni, ricordate:

il Falotico sa essere battutista, grande autista e a volte nichilista, nei giorni no è un fancazzista, quando è triste diventa semi-autistico e sfodera espressioni da ebete come Ryan Gosling, ma è uomo nonostante tutto di carisma.

E scrittore trasformista. Che può servirvi una barzelletta da lui riscritta, recitata con far da poliedrico artista, ma anche un racconto gotico e al contempo barocco.

Il Falò non è un uomo ricco e, a differenza di quando fu infante, non è più riccio.

Eppure vive al di sopra di ogni squallido moralista, è un uomo iper-sensitivo che non ha bisogno di parlare come un qualsiasi deficiente logorroico e triste, sa porsi a un concettuale livello della realtà da lasciare annichiliti tutti col solo potere dei suoi denti ingialliti e del suo fascino da uomo giammai finto né ancora coi capelli tinti.

Non lo fate incazzare, pensando che sia un coglione perché, altrimenti, da apparente quasi handicappato, diventa qualcosa che nessuno aveva previsto.

Venezia, la città del Joker

Come molti di voi, cinefili appassionati e amanti della più roboante, fulgida Settima Arte smagliante, sapranno, alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, fu presentato Joker con Joaquin Phoenix.

Ecco, io fui tra i fortunati ad assistere all’anteprima stampa di tale magnifica pellicola giustamente incensata dalla critica, già amatissima dal pubblico e in vivida, squillante rampa di lancio per sbaragliare la concorrenza alla prossima edizione degli Oscar.

Poiché, dopo una fila interminabile, dopo un’attesa spasmodica di proporzioni disumane poiché, febbricitante ed eccitato, elettrizzato e ammantato dal sole furentemente abbacinante dell’ultimo cocente giorno d’agosto atmosfericamente assai rovente nel quale, di première mondiale molto eccitante, Joker fu proiettato, sudai accaldato e d’anima piacevolmente accalorata fra la calca degli spettatori allineati dietro le transenne ad aspettare che le maschere strappassero i nostri biglietti, fremendo nervosamente esaltato nell’essere già incoscientemente consapevole che avrei visionato un film immediatamente annettibile alla storia del cinema più emozionalmente sfolgorante e indimenticabilmente eterna, radiosamente conturbante.

Tanta mia infinita, sudata attesa non fu affatto delusa. E, a proiezione terminata, di Joker rimasi ipnoticamente estasiato.

Un capolavoro sostenuto da una superlativa prova attoriale di un Joaquin Phoenix monstre, spaventosamente bravo e, in ogni senso, paurosamente magnetico.

Capace d’infondere al suo personaggio tutte le imbattibili, malate afflizioni di cui innatamente soffrì imperituramente, capace di trasfondergli tutta l’esiziale sua dannazione tremenda, tutta la sua lancinante flagellazione atroce e la commovente disperazione di un uomo che, dopo un’immane solitudine sin troppo dolorosa, dopo tanti suoi romantici e al contempo disperati patimenti strazianti, risorse feroce, erigendosi nella gloria apoteotica d’una vendicativa rinascenza stupenda, furibonda, ambiguamente armonica e spietatamente catartica.

Finita la proiezione, dopo la standing ovation sacrosanta tributata a quest’epocale pellicola già storica, dopo il doveroso tributo riservato a questo fortissimo instant classic oramai già considerabile come un’indelebile pietra miliare meravigliosa, passeggiai in lungo e in largo per il Lido veneziano.

Dunque, ancora avvolto dall’alone del magico incanto trasmessomi nell’anima da tale pellicola straordinariamente romantica e vigorosamente stupefacente, a passo felpato, discretamente ritornai nella mia camera d’albergo.

M’assopii per molto tempo e, al mio risveglio, con mio sommo stupore m’accorsi che il tramonto già declinò nella cupezza spettrale della notte più fonda e ancestrale.

Al che, dopo essermi sciacquato il viso, dopo essermi adeguatamente pettinato e rassettato, con enorme compostezza ed energica spavalderia, uscii dalla mia camera per immergermi nuovamente tra le fioche luci intermittenti e sottili d’una notte veneziana misteriosamente tenebrosa. Che illuminò il mio cuore di nuovi, impennati, inaspettati, emozionali bagliori e onirici, esistenziali turbamenti imprevisti, accarezzandomi di soavi, tetri torpori e di delicatissimi, emotivi languori bellissimi.

La strada era assolutamente deserta. Come se fossi precipitato in un film di zombi ambientato in laguna.

Mi fermai a una fontanella e bevvi ogni goccia zampillante d’acqua limpidamente sgorgante, sorseggiandola fra le mie labbra insecchite dall’afa di quest’arida notte dai lineamenti mortiferi e poco raggianti.

Quindi, mi sedetti a una panchina. Situata nel mezzo di un parco desolato, avvolto dalle rifrangenze rarefatte dei raggi lunari mescolati alla flebile illuminazione di antichi, rustici fari.

Sprofondai nella più mistica contemplazione, rimembrando i miei inquietanti trascorsi. Rivivificandoli nel fulgore melanconico d’una sopravvenuta, mnemonica rinascenza fervida.

Poiché, nella leggera rievocazione del mio ondivago, turbinoso passato enigmatico, sentii accendersi dal profondo della mia anima fremente lo scalpitio e il potente vibrare d’ogni mio apparentemente appannato, dimenticato ricordo che credetti d’aver nel mio inconscio per sempre seppellito, d’aver sigillato e inconsapevolmente rimosso, d’aver segregato nel mio cuore inabissatosi nella più nera dimenticanza torpida. Imprigionato come fui tra gli anfratti ingannevoli dell’amnesia più criptica, obliante ogni mia addolorante ansia che però pensai d’aver definitivamente vinto nel mio spensierato presente sereno, poco rischioso e non più meschino, in verità ancora poco lindo.

Risentii, con vigore e vivissimo dolore, le emozioni persesi fra i meandri felici della mia apparente, attuale, immacolata lindezza cristallina, rivivendo immantinente, nel ricordo più a me ferente, i tempi assai bui in cui, invece, prima di evolvermi a ritrovata, sfavillante vita rigeneratasi, mi smarrii e angosciai come il personaggio di Joker, eclissandomi tristemente nel perpetuo, ectoplasmatico, mortificante tormento.

Oh sì, m’assonnai nel disincanto e nell’amarezza, trafitto da perenni, estenuanti dubbi amletici e avvinghiato da paure permanentemente preoccupanti.

Celandomi nel silenzio più terrificante, triste e agghiacciante.

Come Joker, son qui adesso a Venezia. Una Venezia deserta in cui non passa anima viva, rischiarata da un plenilunio fluorescente e luminosamente flebile, ai piedi d’una luna piena che coi suoi teneri, morbidi riflessi, ogni mia trascorsa sofferenza illanguidisce e coccola come un bambino allegro che ride, giocando col dondolo.

Infatti, alzando gli occhi al cielo, da lassù, questa luna gioconda vedo brillare e mi sembra che il suo volto ovale sia stranamente truccato dalla cosmesi decorativa dei suoi indistinguibili, luciferini, indistinti eppur profondi crateri che l’umanizzano in una parvenza da sinistro viso demoniaco simile a quello d’un pagliaccio scuramente ridente.

Qui, solo a Venezia, mi sento come il clown Joker, impallidito dall’era mia trascorsa in cui giacqui nella brace della mia insanabile ira primordiale che, dalle tenebre del mio passato a me stesso ignoto, sta forse armoniosamente corroborandosi e intonandosi alla maschera più vera del mio innato ribelle dannatamente sincero, sta dipingendomi nella svelata bellezza pindarica della mia anima colorita, pregna e intrisa di tante contradditorie, giuste emozioni variopinte, un’anima che, per troppo tempo, ingiustamente punendosi e colpevolizzandosi senz’alcuna ragione concreta, si dissipò nella tetraggine per colpa di tanti miei incontri sbagliati e a causa della viltà crudele di tanti amici infingardi e assurdamente maligni.

Qui, nello scroscio pacato della mia riagguantata acquiescenza, sulle rive della mia perennemente tormentata, mai terminata fanciullezza assai poco moderata, invero spesso molto opaca e da mille dubbi nella spensieratezza, da me dilapidata, amaramente obnubilatasi, rifletto sulla mia adolescenza oramai andata, soventemente dai bulli e dagli invidiosi scalfita e sbudellata, da me stesso bistrattata, destrutturata, oscurata, vilipesa e odiata, auto-ingannata o soltanto vigliaccamente stigmatizzata a causa solo della mia troppo verace, vivace e vorace, nevrotica ilarità smodata.

Cosicché, al tintinnare di questo primo sole di settembre, inebriato dalle mie invitte, intatte emozioni squinternate, penso che or andrò a cercare un bar ancora aperto, nonostante l’ora assai tarda.

Per bere un liscio caffè forse macchiato caldo come la mia anima nuda e cruda e la mia carnagione cangevole, oggi bianchissima, domani scura, come il mio carattere adesso fermo e deciso, in futuro ancora ballerino e poco sicuro, come la mia stramberia da uomo ex smidollato, permeato e adombrato da umori assai mutevoli e maculati.

Son un uomo fuggevole, a tratti amabile come la gustosa, estatica leggiadria d’una donna fascinosa col suo irresistibile profumo fragrante e dolcemente avviluppante.

Mi sento un commediante, un comico fallito, un uomo rinato, forse qui a Venezia il Joker reale, persino regale, sono io.

Lasciatemi dunque ammirare il mare adesso in burrasca e, ripensando alla follia inutile del mio disordinato, giullaresco, penoso passato, fate sì che pienamente comprenda che le tormente del mio essere stato naufrago della mia buffa esistenza sono solamente, ora che è finita la tempesta, sciocche inezie a cui porgere un sorriso beffardo.

Poiché la vita di noi tutti è ridicolmente farsesca e siamo tutti dei Joker che aspettano l’onda vincente d’un grande sogno spumeggiante nell’alta marea infinita dei nostri mille, umanissimi abissi.

 

di Stefano Falotico

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