Introduzione: spero che venga colta l’ironia che sta dietro molti miei scritti. Da considerarsi flamboyant, cioè goliardicamente giocosi eppur veritieri di una realtà menzognera che si cela dietro false apparenze e istituzioni ove lo status quo è andato a farsi fottere da un bel po’, ohibò. Oh oh.
Orbene, figlioli, donne saccenti ma invero dementi, uomini saggi eppur inconsapevoli di essere solamente dei tonti, L’ufficiale e la spia è un grande film. Capolavoro, no, ma vi va vicino. Così come io avvicinerei non poco la moglie di Roman, Emmanuelle Seigner. Donna da luna di fiele a cui offrire una canzone romantica della stazione radio Lattemiele e anche di Pane Burro Marmellata ove passano sempre dei pezzi da “strappa-mutande” per baci alla francese come quelli fra Louis Garrel e Laetitia Casta.
Qui, ci sta la prima freddura falotichesca.
Passeggio per strada con aria sconsolata. Al che, avvisto una bellissima ragazza, anche se un po’ magra. Questa qua deve mangiare solo insalata. Cerco d’insaporirla subito, dandole migliori cibarie più proteiche e vitaminiche poiché, sebbene sia ben palestrata e coi piatti addominali da tartaruga, a forza di ficcarsi in bocca solo la lattuga, non conosce più la carne arrostita d’una deliziosa salsiccia al sugo…
– Ciao, ti piace fare all’amore?
– Ma come ti permetti? La prima domanda che mi fai è quella? Comunque, no, sono casta. Quindi, tu mi hai avvistato e sei arrivato subito alle conclusioni…
– Mah, di mio, in realtà pensai solo… che sei castana. E, visto che siamo a novembre, forse dovresti leccarti delle caldarroste, dette anche castagne.
Comicità grottesca: è una vita che ti aspetto, dolce signora… della morte, sì, intanto attendo invano la morte sul divano, aspettando che escano altri godibili film malinconici
Rosemary’s Baby è risorto, andiamo di J’accuse e tutti quanti di nuovo in tribunale!
Tutti a raccolta, miei prodi. Voglio una baraonda con la folla che, in preda a un giustizialismo atroce, inneggi alla libertà. Basta con gli esili, con gli asili, con gli asini.
Ecco la persecuzione necessaria, tremenda, quella che v’andaste a cercare! Bifolchi, stallieri, stalloni, finti cavalieri.
È giunta l’ora che la tragedia sia risarcita, che ogni ammenda sia pagata e che anche colui che, vicino al semaforo, mendica, riceva l’assistenza pubblica di un medico.
Dov’è finito lo Stato? Dobbiamo subito costituire un nuovo statuto. Ora, scusate, permettetemi uno starnuto. Anzi, datemi anche della Sambuca.
Io nacqui a Bologna e sui suoi colli v’è la basilica di San Luca. Tu invece, donna sicula, suca…
Nacque il figlio del demonio e, appena partorito dall’utero, urlò:
– Basta, uccidetemi subito. Questa vita sarà solo un inferno!
Sì, da tempo immemorabile, la mia vita è distrutta dai miei demoni interiori. Pullulano, a volte cazzeggiano e si distraggono. Mi lasciano per un po’ in pace poiché vanno al bar a giocare a carte ma poi, dopo essersi svaccati anche con qualche prostituta raccattata nella bettola lì a fianco, rincasano e perseverano a darmi il tormento. Esistenziale ma soprattutto esiziale.
E non vi sarà mai cura cicatriziale! Basta coi punti di sutura. Basta, sono solo una fregatura. Tanto la pelle e le palle non torneranno come prima.
Basta anche con Scienze delle Comunicazioni, dell’Educazione e della Formazione. Bisogna, quanto prima, istituire Scienze della Fornicazione.
Convergenza di tutte queste materie. Basta con queste istituzioni della minchia che provocano solo ottundimento. Dobbiamo protenderlo con ardimento.
Sì, l’uomo primitivo divenne Neanderthal. Quindi, cominciò a comunicare. Unicamente per far capire a una donna che era più elegante se prima dell’atto sessuale, eh sì, le si poneva da distinto gentiluomo.
Tanto, l’istinto è quel che conta da che mondo è mondo.
La psichiatria è pornografica. Se uno è un diverso, ti sedano o ti castrano, ti lobotomizzano o ti fanno credere che la vita è bella anche se non sei, come gli altri, cioè un maiale, miei porcelli. Gli psichiatri vogliono non solo la parcella. Fidatevi, donne che usate il fazzoletto.
Appunto! Dov’è finito il carabiniere appuntato? Prenda appunti.
Il demone sotto la pelle di Cronenberg, Diavolo in corpo e La visione del Sabba del Bellocchio sono stronzate. Ah ah.
I demoni di Dostoevskij…
Sono nefasti, io sono Faust di Goethe in mezzo a questi spiriti interiori che, dalle viscere del mio fegato amaro, estemporaneamente risanato, ribollono feroci per farmi incazzare in maniera ancora più profonda e irosa. È tutto un brivido caldo e corporeo, un ludibrio.
Al che, adocchio una donna molto succulenta e seducente dal fascino diabolico. Vorrei esserle adiacente, ficcante e bollente, dunque me la faccio, no, le faccio un’avance piccante che la bruci subito, inventandomi qualche diavoleria affinché me lo succhi al dente.
Lei è angelicata, pura, stupenda, pudica e forse anche vergine come Beatrice, invero una fottuta meretrice. Al che, i demoni infingardi, consiglieri fraudolenti da Divina Commedia della mia (in)coscienza, mi traviano, fregandomi quello che poteva essere uno scottante orgasmo anche in mansarda. Inducendomi a dirle che, dopo aver mangiato un pecorino sardo, vorrei metterla a pecora col formaggio:
– Vade retro, Satana. Sì, sei una donna che mi sta inducendo in tentazione malsana ma, nonostante tu sia una figa bona, ho una magnifica reputazione da Gesù Cristo da mantenere intatta e savia. E tu, Maddalena del cazzo, sarai crocifissa e non ascenderai in paradiso di nessuna comunione dei nostri corpi.
La tua bellezza è celestiale, sei una dea dell’olimpo ma io sono Michelangelo e non avrai la mia Cappella Sistina.
Anzi, che tu sia eternamente maledetta. E che tu arda, strega mentecatta, squagliandoti come una megera medioevale. Sì, con te sarò oscurantista e bestiale. Devo dimenticarti quanto prima e dunque obliarti. Mi stavi la mente obnubilando, donna dai piedi caprini. Amasti, da quel che so, non solo Leonardo DiCaprio ma anche tutti gli altri biondini, compreso il mio vicino di casa, l’anziano signor Cecchini. Te la facesti perfino coi bovini e con quel ragazzo così giovane che è quasi un bambino.
Sì, volli inizialmente oliartelo affinché, tu sciolta a me, potessi slegarmi da ogni inibizione asfissiante. Pur di averti, mi svenai, quasi venni… al dunque e tu quasi cedesti, accettando il mio appuntamento al buio malgrado tu mal cenasti e il mio dolce ti sarebbe risultato indigesto. Tu, bastarda che mastichi anche quelli di Asti.
Ma volesti sorbirti lo stesso il mio sorbetto, cara la mia mignotta che è grossa di tetta ma, in quanto a cervello, non vale un etto… di salame. Inetta.
Sì, eri dolcissima come Cristina D’Avena e i miei corpi cavernosi s’ingrossarono subito di vene così infermabili che avrei dovuto esserti davvero venale, avrei peccato di venialità ma chiamarono solo il pronto soccorso per prelevarmi i globuli rossi d’eccesso a causa d’una esagerata, arrossata virilità che sfogai nel cesso.
Questa è la verità. Adesso, pur non avendo fatto sesso io con te, sebbene quasi mi provocasti un infarto, col mio sangue in sovrappiù, stanno praticando la trasfusione a una donna che partorì per artificiale inseminazione e, da allora, si sente in colpa per aver messo al mondo un figlio di nessuno. Un povero cristo.
Questa qui ora crede di essere pure, sì, la Madonna. Sì, mi avresti soltanto trascinato nella notte nera e, lupa, avresti divorato la mia immacolatezza più linda, fottendomi l’anima da poeta con far maligno e lurida lingua. Sì, desiderai incularti in maniera sanguigna ma poi riflettei e preferii andare in cucina e prepararmi una gramigna. Pene d’amore non mi merito, pensai. E così sia scritto. Così tu sia fatta da altri. Non isperate mai veder lo cielo, uomini come me d’inviolabile uccello, traghettatori alla Caronte delle anime perdute di tali peccatrici invereconde ché vogliono solo l’anaconda, non insabbiatevi in queste viscide che si pareranno dinanzi a voi come la Gioconda ma sono malafemmine oramai annegate nella perdizione irredimibile dei loro mefistofelici inganni a noi sporcamente orditi con ipocrisia lorda. Poiché, dopo che c’avranno fottuto, alzeranno a noi il medio dito e quindi domani sarà un’altra giornata soltanto di lavoro duro. Tutto oramai è perduto, questa vita ci trombò in modo dogmatico e assoluto.
Ma continuo a vivere come cazzo voglio io senza rotture di palle. Senza Chiesa e chicchessia, abbasso la borghesia. Se mi va, anche se non tanto va, faccio il dissoluto. Tu, non pensare a me, pensa alla salute. Fottetevi, io me ne fotto.
Invero, quando concepii e cagai questo scritto, scoreggiai e ne venne una stronzata.
Tanto, anche se non mi fossi spremuto le tempie, per lo sforzo, sarebbe uscito solo il mal di pancia.
Sì, conobbi una e scopammo.
Ma lei, dopo un po’, s’accorse che preferivo guardare i porno.
Da allora, rimase traumatizzata.
Sì, nessuno psichiatra riuscì a curarla, forse però ce la fece a incularla.
– Non ti preoccupare, non è morto nessuno.
– Dio è morto.
La caduta degli dei e andate tutti a fare in culo. Compreso te, babbeo. Vai messo nel loculo.
Uno mi scrive che dovrei fare l’impiegato comunale e da me riceve solo pugni allo stomaco in modo fenomenale. Gli spacco pure le mani e gli rompo il cranio.
Così, anziché dare le regole agli altri, non potrà neanche scrivermi porcate dietro una tastiera.
Ufficiale e gentiluomo?
Ma per l’amor di dio. Le donne non valgono un cazzo, gli uomini oramai sono delle donnette e son stufo delle mezze calzette.
Finale col botto e con le botte: sono Augusto Aguilera di Too Old to Die Young, detto il Principe!
Macellazione totale.
di Stefano Falotico
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