Ho visto per ora soltanto l’episodio uno, da me opportunamente recensito. M’ha lasciato con l’amaro in bocca. Quel senso di studiata, sì, calcolatissima, sì, magia, altresì purissima, quell’alchimia reminiscente della nostra indole nostalgica da figli d’una generazione senza tempo, collocati nell’atemporalità, appunto, di una dimora evanescente, fluttuante in una sorta d’inter-zona neuronale ed emozionale non ben definibile, non l’ho captato, introiettato, sentito stavolta romanticamente battere nella mia anima.
Ora, i bambini di Hawkins sono cresciuti o, perlomeno, sono in piena fase teen da ragazzi irrequieti e già colmi, nei loro animi in via di growing up eppur ancora non corrotti dalla società adulta, di quelle pulsanti, inquiete e inquietanti, esistenziali incognite frementi per godere la vita pienamente.
Tant’è che i fratelli Duffer sembrano sempre più seguire una linea narrativa ispirata alle stagioni della vita da libro di Hermann Hesse. Sono dei Siddharta.
Ragazzi semi-uomini, semi-scemi che stanno seminando per il futuro a venire, che hanno superato la fase puberale e stanno iniziando a battibeccare coi loro conflitti emotivo-psicologici tipici della loro età acerba. Sono degli ibridi, feti adolescenziali che, dopo la pubescenza, si barcamenano alla bell’è meglio per sbarcare il lunario, osservando i pleniluni per ululare con qualche ragazza timidamente ignuda, per emanciparsi dai genitori, cercando la propria strada. Tant’è che il giovane Steve si è fatto assumere come improbabile gelataio forse perché nutre intimamente il sogno di comprarsi una Toyota Hybrid.
Di mio, mi ricordo che appena partì la mia adolescenza, m’immedesimai in De Niro di Taxi Driver.
De Niro che ora pubblicizza la Kia Niro.
Sì, di nome faccio Stefano e l’attore Joe Keery interpreta in Stranger Things la parte di Steve Harrington.
Quando la prima stagione uscì nel 2016, pensai che Joe fosse più vecchio di me. Solo ieri, andando a controllare su IMDb, ho scoperto che io sono più vecchio, in confronto a Joe, di tredici anni.
Cazzo. A 13 anni ero già un sexy beast come Billy Hargrove/Dacre Montgomery. Con una leggera differenza rispetto a Billy/Dacre. Lui è un burino che ascolta il metallo pesante, io invece a 13 anni ero già l’incarnazione di Montgomery Clift. E non ascoltavo musica, essendo un batterista afono eppur rumoroso delle mie apatie, delle mie afasie, delle mie ipocondrie.
Comunque, che afa qui a Bologna in questi giorni. Fa un caldo micidiale. Sì, gli uomini e le donne hanno molto caldo anche d’inverno comunque quando, dopo settimane lavorative durissime, il sabato sera danno vita a tutti i loro ardori castigati nei giorni feriali.
A me urlavano: oh, questo ragazzo non gliela fa…
Il Clift, da non confondere con Eastwood Clint. Clint ha 89 primavere portate da dio e sta girando il nuovo film. Montgomery invece…
Attore morto troppo presto, specializzato in ruoli melanconici. Cioè Falotico.
A 13 anni ero indubbiamente molto piacente. Tutte le Cara Buono, cioè le mie insegnanti borghesi più maledettamente frustrate ma milf altolocate, un po’ nel cervello tocche e forse dal marito non tanto più toccate, mi facevano l’occhiolino. Poi, facevano cadere apposta la matita dalla cattedra. Per chinarsi e lasciar intravedere qualcosa come quella cosa misteriosa di Sharon Stone in Basic Instinct.
Più volte chiesi loro, parimenti a Billy, se volevano prendere lezioni orali di tutte le lingue del mondo, essendo io già un precoce poliglotta. Amante di Babele e con un’indole da Lupo Ezechiele.
Invero, i porcellini erano gli altri. Io conoscevo l’arcaico, pure l’arabo, cioè un mio compagno extracomunitario di banco, e un portoricano, sì, uno della classe accanto, fratello di Benicio Del Toro di Escobar. Futuro capo pusher del quartiere extracomunitario della bassa Bologna.
No, non sono razzista né odio la società multietnica. Ho solo una forte etica. E chi spaccia non è, a mio avviso, un uomo degno di nota.
Non so perché, comunque, la mia insegnante alla Cara Buono, quando interrogava questo portoricano, lui le rispondeva alla buona e lei gli dava tante note. Forse di notte, lui le dava una dose di eroina per non frasi bocciare e lei, dopo aver trascorso la mattina a parlare dell’eroe dei due mondi, ovvero il Garibaldi, faceva la garibaldina appunto, sniffandoselo…
Il giorno dopo insegnava a noi studenti la Rivoluzione francese.
S, questo portoricano non era molto dotato mentalmente parlando, da altri punti di vista doveva essere un premio Nobel come Hermann Hesse.
Ah ah.
Il regista di Escobar della pellicola con Benicio fa di cognome… di Stefano. Io di nome faccio Stefano. Il massimo del vizio che mi concedo è una cioccolata calda della Ciobar.
Sì, ho commesso molti errori nella mia vita. Ma sono un criminale da strapazzo come Woody Allen.
Sì, criminale non lo sono proprio. Forse, a causa di troppi bullismi, persi la testa e, dopo essere stato strapazzato, impazzii e spaccai tutto, soprattutto il mio cervello.
Fui sedato, sin troppo calmato e acquietato. La libido andò a puttane in senso figurato, venni sfigurato e non solo il cervello fu compresso. Anche qualcos’altro.
Insomma, fui incompreso e compromisero il mio futuro. Comprimendo quel che non compresero.
Comprendete?
Vari psichiatri cercarono di capire come avessi fatto a perdere la testa a mo’ di Will Byers della stagione 2.
Fui fermato, per via delle mie escandescenze irrefrenabili, quasi da ebefrenico, perfino da un poliziotto giunto a casa mia per placarmi. Un tipo con una faccia da schizofrenico come David Harbour.
In verità, da adolescente ero amato da ogni Winona Ryder del quartiere. Ero il Johnny Depp della situazione.
Sì, ma mi chiusi sempre in casa. Anche le mie possibili amanti, comunque, non è che uscissero molto, anche se facevano entrare tutti dentro di loro. Le uniche volte che uscivano, per appartarsi e anche arraparsi nei parcheggi coi loro veri amanti, non lo sapevano neppure i loro genitori.
Figurarsi che cazzo ne potessi sapere io.
Sì, fui risucchiato dal Nightmare come il Johnny Depp. Mentre, nel profondo della notte, le mie coetanee praticavano i succhiotti.
Il massimo vizio che mi concedetti, a tarde ore, era un succhino di frutta.
Tornando invece a Stephen King, i suoi migliori libri sono quelli alla Stranger Things. Vedi Cuori in Atlantide e Joyland.
Sì, di me non è stato capito molto. Nemmeno da me stesso. Pensate che ho un tizio che mi odia da tempo immemorabile.
Per lui, sono sia Macaulay Culkin di Mamma, ho perso l’aereo che il vecchio visto da Macaulay, nel suddetto film, come un mostro.
Sì, per questo mio hater, sono il pagliaccio di Pennywise.
Mah, di mio so solo che il sole in questi giorni sta battendo troppo forte.
Va detto: nonostante tutto, sono sempre il numero uno.
di Stefano Falotico
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