Archive for June, 2019

È morto Franco Zeffirelli ma io no e ieri sera a Ravenna è stato presentato il mio racconto Disturbo denirante


16 Jun

Anton Giulio Onofri, su Facebook, ha sostenuto che Franco (non) sia stato niente.

Sì, questo regista non era un granché. E chi lo acclamò prese un granchio.

Al suo Romeo e Giulietta, gli ho sempre preferito quello di Baz Luhrmann.

Al suo Gesù di NazarethL’ultima tentazione di Cristo.

Al suo Fratello sole, sorella luna, Massimo Troisi di Ricomincio da tre quando sostiene che la migrazione degli uccelli sia avvenuta per colpa di San Francesco.

Gli uccelli ne avevano le palle piene di questo qui che parlava loro. Le donne invece, a quanto pare, si riempiono quando migro in loro.

Sì, possiedo il fascino di Mickey Rourke nel biopic sul santo d’Assisi di Liliana Cavani.

E, a proposito di Chiara, Helena Bonham Carter è stata Ofelia nell’unico film, a mio avviso, bello di Franco. Perlomeno vagamente passabile. Il suo Amleto con Mel Gibson.

No, non ho gli occhi celesti di Gibson ma adoro viaggiare in tangenziale a tutta velocità neanche se fossi in Interceptor.

Quando sollevo i pesi, acquisisco anche un sex appeal bestiale da Tom Hardy di Mad Max: Fury Road.

La mia vita è stata tragica, una Callas Forever ma, nonostante le sfighe colossali e qualche figa amabile, nel senso che sarebbe stato possibile amarla tutta la vita ma sono troppo capa rossa per sposarmi, diciamocela, la tragedia non solo scespiriana è incarnata/s’incarnò in me.

Me ne incarnai, sono incarnito, ah ah.

Sì, ho i capelli rossicci da Rosso Malpelo, altro che Storia di una capinera, famoso volatile “passeriforme”.

Già, malgrado abbia perso molto in questa mia esistenza, non vado con la prima Traviata che possa capitarmi a tiro…

Ah, le donne vogliono un(a) Verga ma qui ne vedo poche di femmine vere.

Sì, la mia vita ha seguito un percorso introspettivo, formativo, sentimentale-erotico da fare un baffo a Jane Eyre.

Comunque, il mio amico Gennaro, di professione pizzaiolo, sta messo peggio di me.

Molti uomini, dopo la prima volta, si montano oltre a quella con cui l’hanno fatto, eh già, pure la testa. E diventano fascisti. Bevono insomma un Tè con Mussolini ogni giorno.

Di mio, per alcuni anni ho fatto la fine di Ida Dalser/Giovanna Mezzogiorno in Vincere.

Altro che Filippo Timi, soffrii di atimia.

Sostenni che fui rifiutato dai fascisti e fui accusato di soffrire di disturbo delirante.

Sì, fui scambiato per un personaggio manicomiale solo perché asserii che miei ex amici gelosi a morte del sottoscritto, degli Jago insomma, persone che cercarono nel pagliaio l’ago, non vollero che scopassi la mia Desdemona.

La mia donna non era una Ricciarelli, era una ricciolina molto più bona di Cicciolina.

Scusate, sono un bello e impossibile con gli occhi neri dal sapor medio-orientale come Otello o forse un incosciente che non ha fatto i conti con l’oste del sociale hotel, dunque un povero sfigato adatto a una racchia come Gianna Nannini?

Dico!? Si fanno questi scherzacci da bambini?

Sì, io amo Shakespeare, sono Il mercante di Venezia. Film mai girato da Zeffirelli che, in compenso, filmò La bisbetica domata.

E qui ci rifacciamo agli occhi di Mel Gibson. Sì, questa gente mi urlò come Celentano… chi non lavora, non fa l’amore.

Allora, da ragazzo della via Gluck, anche con in gola il glup o forse solo in bocca un chewinggum, non credetti in me stesso e fu tutta una personale svalutation.

Mi depressi e, mentre gli altri mi sfotterono e trombarono… pure le loro Claudia Mori, io rimasi solo un Moro senza morosa. Mi consolai, mangiando una Morositas e cantando… azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me, mi accorgo di non avere più risorse senza di te. Ma allora io quasi quasi prendo il treno e vengo, vengo da te, ma il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va.

Il treno di Giada Desideri nel treno di Luca Ward va!

No, non presi il treno. Il treno, dalla nascita, lo persi. Pigliai la macchina e mi feci un giro in cerca di qualcuna. Ma trovai solo trans che sapete benissimo dove lo prendono. O no?

Mi resero, dunque, un uomo invalido. Quasi muto, nonostante avessi e abbia una bellissima voce.

Mi fecero credere che nessuna Ornella Muti sarebbe venuta con me. Venne eccome. Io sarò pure un bisbetico domato a volte, oltre che misantropo, un po’ stronzo e misogino ma, basta che una donna mi pensi e va’ pensiero sull’ali dorate. E sicuramente lei viene a squarciagola.

Con me le donne divengono delle soprano anche se il mio stile di vita, detta come va detta, non mantiene un gran tenore.

Sono un Nabucco, un Verdi di rabbia come Hulk e appunto un uomo rosso che tutte le arrossa. Arrossiscono, certo. Appena mi vedono, provano imbarazzo. Non ho mai capito se sia perché sono attratte da me o per il fallo, no, fatto che mi prendano per un coglione.

Già, perché sbattersi una comune scema ché poi diventi nuovamente malinconico quando puoi battertela con Carmelina?

Sapete cos’ho scritto, nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness? Che The Ward non è un grande film ma…

Come diceva al solito illuminatamente Carmelo Bene… a sua volta citando Deleuze:

On n’échappe pas de la machinenon si sfugge da-alla macchina.

Chi sceglie la libertà, sceglie il deserto. Se la democrazia fosse mai libertà. Ma la democrazia non è niente, è mera demagogia…

Non si scappa. Uscendo dalla catena di montaggio, la macchina, la catena di montaggio si fa ancora più forte nella vostra strada che percorrete, poi nel tram, poi in auto, poi a casa, in famiglia… aumenta ancora, si fa sentire l’oppressione della catena di montaggio, si fa sentire il nulla della vita. L’oppressione… financo nell’amore, nella rivoluzione ancora di più e, soprattutto, l’oppressione si sente, si risente, nell’entusiasmo…

Dunque, mi pare giusto che il sottoscritto rimanga un Joker amante di Bob De Niro. Se pensate che sposarvi vi renderà persone felici, state freschi. Anzi, state al fresco.

Ogni istituzione serve solo a istituzionalizzarvi. Io credo che l’uomo sia una scimmia dotata della facoltà di credere a Dio. E, dai suoi credo, nasce la civiltà. Per il resto, è un film retorico da Zeffirelli.

Sono stato Re per una notte.

Anche Leonardo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Sì, non sto scherzando. Come già scrissi, il mio breve racconto intitolato Disturbo denirante è risultato fra i vincitori del concorso letterario indetto da RuleDesigner e inserito nel primo volume di un pregiato, nobilissimo libro della Historica Edizioni. Attualmente già in vendita. Racconto ch’è stato inserito assieme a quello di altri 19 autori-colleghi.

Negli altri volumi, sono stati inseriti gli altri vincitori.

Ora, la domanda d’uopo che vi sovverrà subito, lo so, è questa.

Stefano Falotico, autore del succitato Disturbo denirante, si è presentato alla manifestazione o ha dato forfait come suo solito e secondo il suo inappuntabile, discutibile stile?

Ça va sans dire, il Falotico incarna la parola schivo, è infatti talmente riservato da assomigliare ai migliori film intimistici di Nanni Moretti e, al momento, è molto simile al suo personaggio di Ecce Bombo. Infatti, a molti, per questo suo ritroso atteggiamento, Falotico risulta fastidioso, addirittura permaloso e a tratti odioso. Insomma, ad alcune persone fa schifo, essendo lui schivo. Ma del giudizio di chi non ci vuole bene non dobbiamo divenire schiavi. O no?

Falotico appare, scompare, vede gente, fa cose, poi si isola, ama la solitudine eppur non tanto non regge, malgrado voglia distinguersi dal gregge, la mancanza troppo protrattasi nei mesi di compagnie, anche di una bella, dolce compagna. Questo lo manda in fasi mentali di scompenso. Al che in lui si alternano momenti di gloria a frangenti oserei dire st(r)ingenti, vi si accavallano crisi depressive, malinconie galoppanti che lui cura coi film di Bergman e con Silence di Scorsese. Ah ah.

Insomma, Falotico ci è o ci fa? Ci è andato o no?

Non vi svelerò l’arcano. Dovete indovinare voi. Secondo voi, quindi, ha preso su il microfono sul palco e, come Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street, ha dato sfoggio del suo istrionismo, facendo il gigione, imbrodandosi sopra le righe, oppure al pari di Woody Allen, proverbiale (in)giustificato assente agli Oscar, è rimasto in casa a scrivere, semmai, un altro racconto?

Non posso rispondervi e fornirvi delucidazioni in merito.

A volte, non so nemmeno io dove mi trovi. La gente meschina mi calunnia, dicendomi che non esco mai dal mio guscio come Tim Roth de La leggenda del pianista sull’oceano e invece, proprio in quell’attimo in cui la maldicenza viene espulsa da esseri calunniosi, in verità soltanto gelosi, ah, fottute malelingue, sto usando la mia lingua con un’amante di Baricco.

Quello che posso asserirvi con certezza scientifica è che non sono ricco come Baricco, nemmeno come De Niro. Che ora, a quanto pare, deve dare all’ex moglie ben 500 milioni di dollari di risarcimento.

Ma risarcimento di che? Questa donna, Grace Hightower, non era nessuno prima di sposare De Niro. Ma che vuole?

Anche io non ero nessuno prima d’incontrare Bob.

Da quando sono coniugato, di affinità elettive, ai suoi migliori personaggi, posso affermare orgogliosamente di essere migliorato molto come persona.

Sì, prima di adorarlo e venerarlo, idolatrarlo in Taxi Driver, ero davvero solo come Travis Bickle.

E passavo il tempo a credermi Sylvester Stallone di Rambo. Ridendo coi film con Christian De Sica.

Anche ora non ho tantissimi amici, a esservi proprio sinceri. Ma è colpa mia. Sono molto introverso anche quando me la tiro… da duro come Max Cady di Cape Fear.

Comunque, Disturbo denirante, a mio avviso, altrimenti non l’avrei scritto, è un ottimo racconto.

Dato che ne detengo appieno i diritti d’autori, posso pubblicarlo quasi integralmente anche qui.

Se vi va, leggetelo. Se vi va di sapere come va questa storia, compratelo.

Disturbo denirante

Ecco, ho necessariamente l’impellenza d’alleggerirmi la coscienza e sgravarmi dal gravame stesso di assidue preoccupazioni che, da tempo immemorabile, mi stanno affliggendo infinitamente, inducendomi in un imperterrito circolo vizioso di resilienze emotive assai dannose.

Sì, da tempo infinito, son assillato da perenni, turbolente, assillanti incognite che, strisciando e aleggiando angosciose nella mia anima, disossandola e scarnificando il mio cuore, ininterrottamente mi tormentano. E m’han lasciato spossato, svilito, svuotato. Essiccato come se fossi completamente arso e denudato, totalmente inerme dirimpetto al crescente, strozzante lor martellarmi dentro irrefrenabile, morboso, ferente. Come se, non potendo io contrastare questo lor salirmi nel cuore in maniera ardentemente focosa e crudamente nodosa, mi stessi dissanguando e sciogliendo vivo, strangolato da lancinanti, infermabili dolori interiori.

Come se all’improvviso, questa mia vita, rimanifestatasi in tutta la sua slanciata e poderosa, dinamica irruenza portentosa, ancor la temessi e, impaurito dal troppo esperirla d’emozioni tanto violentemente gioiose quanto avidamente conturbanti, col suo carico di spine inevitabilmente taglienti e maliziose, pregna di delusioni sempre latenti e tremende, non la sapessi vivere nuovamente.

Come se, per sopperire a quest’ansia ciclopica, per rifuggirla codardamente, perennemente mi trascinassi in un malinconico delirio sognante dentro cui, immaginando una realtà più serena e soave, poi danzassi nel suo immaginifico ventre, lasciandomene felicemente trasportare, irradiato di fulgida, illuminante estasi che, da tanta straziante angoscia e quotidiana vita livorosa e feroce, mi consola.

Un delirio piacevole, certo, sebbene illusorio.

Anzi, a essere più precisi un De Niro.

Sì, avete letto bene. Non è un lapsus. Ho scritto De Niro. Robert De Niro.

Io credo di essere suo ammiratore sconfinato e impareggiabile da tempo insuperabile.

Sì, divenni suo fan e strenuo seguace moltissimi anni fa.

Quando, al tintinnare dei primi, ferali fremiti adolescenziali, allo scoccare nevralgico dei primissimi turbamenti ansiosi, egualmente acuminati ed efferatamente selvaggi, per caso guardai Taxi Driver alla televisione.

Il suo protagonista, come sapete, è Travis Bickle, un uomo del sottosuolo, interminabilmente insonne e pensieroso. Una sorta di straniero iper-nervoso. Schizofrenicamente forse pericoloso.

Un ectoplasma martoriato dal suo esistenzialistico, doloroso ed esiziale navigar nelle fluorescenti luci della più cupa notte di New York, una specie di Caronte macilento, un teschio vivente, uno zombi magrissimo ed emotivamente assai instabile e poi furiosamente incandescente, forse solo un diavolo innocente a traghettare anime dannate lungo la dedalica capitale mondiale dei disagi metropolitani per eccellenza.

Un angelo infernale, un tassista cherubino che, nella sua anima, distrutta e flagellata da mille demoni, sta indubbiamente male.

Ecco, all’epoca, subito in lui m’identificai. Perché, parimenti a Travis, in quel periodo così emozionalmente complicato che è l’adolescenza col suo ineludibile, frenetico accavallarsi di purezza rabbiosa, mi sentii tanto similmente speculare alla sua anima spettrale.

 

Detto e fattovi leggere ciò, amici, nemici e anche emotivamente anemici, andiamo tutti quanti al cinema a vedere The Irishman appena uscirà di casa? No, scusate, volevo dire se non lo proietteranno, in versione da pochi pollici, solo per visioni casalinghe da Netflix ma lo distribuiranno in grandi sale per un super pollice SU?

Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

bisbetico domato celentano

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Doctor Sleep sono io, un tempo fui anche un grande calciatore ma lessi Stephen King e divenni Ewan McGregor di Big Fish


14 Jun

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Indubbiamente, nel mio passato vi è un carnet di trofei mica male. Non ho molte donne da esporre però di campionario, diciamo. Nel sessuale campionato, ho giocato sempre in panchina.

Sì, da ammiratore sconfinato che sta seduto in mutande e applaude gli altri che ficcano le palle sotto le traverse di donne che sanno come marcare a zona i mediani dei sensuali giochi balistici. Li spompano. Queste qui stanno inizialmente in difesa, adottando la strategia delle terzine. Invero, in cuor loro, vogliono la tua doppietta, anche la tripletta ma, appena si sentono attaccate perché, semmai, le brami con troppa foga, dribblano ogni tua avance e frenano ogni tua tattica seduttiva troppo spinta.

Io sono uno che non ama troppo fare il centravanti di sfondamento con queste. Mollo subito. E chiedo il cambio.

Sì, io sono sempre stato un tifoso delle fighe altrui. Campione del mondo, dunque, della mia sfiga.

Ho sempre inneggiato al mio fuorigioco in quel campo… lì.

Mi son salvato però in corner. Anni fa incontrai una che mi fece del pressing. Sì, da parte sua ricevetti un corteggiamento sfiancante più degli allenamenti di Zeman.

Voleva che le corressi sempre dietro anche se, di mio, avrei preferito guardare una partita alla tv. Lei di me era patita, partitissima.

Adorava i miei quadricipiti. Che aveva adocchiato in un video ove, incazzato nero, mi strappai la maglietta, mi denudai e fui da me stesso ammonito poiché mi colpevolizzai di aver rovinato una divisa costosa quasi quanto il cachet di Cristiano Ronaldo.

Lei non mi espulse. Anzi, ebbe fiducia in me e volle fortissimamente che cacciassi il mio fendente in mezzo alle sua calze per gonfiarla/o.

Così, in zona Cesarini, all’ultimo minuto scop(pi)ai. Non fui velocissimo come Marco Di Vaio ma come Francesco Totti a fine carriera. Sì, ebbi l’orgasmo dopo novanta minuti più recupero dei miei polmoni asfissiati. Lei desiderò i supplementari ma le dissi che dovevo per un po’ interrompere per riprendere fiato nello spogliatoio, cioè in bagno. Quindi, mi recai in cucina e bevvi un tè caldo. Non che con lei fossi rimasto parzialmente vestito ma necessitai di curarmi, intimamente, dal suo fallo di aver scorrettamente sgambettato senza fair play. Sì, mi tirò… dei calci durante la prestazione e dovetti chiamare un medico con la barella. Leggasi ambulanza.

A parte gli scherzi, fu una finalissima semi-fallimentare, appunto. Lei stravinse e io arrivai secondo. Sì, come detto, la mia eiaculazione fu tardiva e lei mi batté 4-1. La verità comunque è che mi sverginai a Porretta Terme. Ove le mogli degli allenatori, quando questi ultimi di domenica danno le direttive ai loro giocatori, praticano massaggi idratanti con la crema detergente di amanti per un riscaldamento extratime, molto anti-coniugale e poco sportivo.

Sì, io sono rimasto sostanzialmente un puro, il bambino di Shining. La maggior parte di quelli della mia età hanno trovato una moglie affettuosa come Shelley Duvall. Con la quale, per non avere rotture di attributi, si sono ritirati in qualche Overlook Hotel. Lavorando da casa, in solitaria. Sono quasi tutti impazziti. E ora li vedo di notte al bar a parlare da soli…

Sì, può darsi che mi sposerò una come Jessica Lange di Big Fish. Lei adorerà e adotterà la mia follia e io continuerò a inventare storie incredibili senza perdere la testa come Jack Nicholson.

Avevo visto giusto di luccicanza… del matrimonio… fottetevene. Siate, diciamo, fantasiosi.doctorsleepfalo doctorsleep

 

di Stefano Falotico

 

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BRUCE SPRINGSTEEN – WESTERN STARS (Unofficial video)


14 Jun

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Mickey Rourke è un grande, Western Stars di Springsteen è un album splendido splendente come la Rettore e Vincent Cassel non è solo l’ex marito di Monica Bellucci


14 Jun

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Finalmente è arrivato il 14 Giugno e ho comprato il cd del Boss, Western Stars.

Sì, io ho visto Bruce Springsteen dal video. No, dal vivo, molti anni fa. Quando allo stadio di Firenze, ove gioca appunto la Fiorentina, il Franchi, in una serena serata fresca del 2003, la gente cominciò lentamente ad assieparsi sul prato, riempiendo anche le tribune. Vi sarò franco. Prima dell’esibizione del Boss, molti non mangiarono delle succulente fiorentine ma, essendo venuti anche da Napoli, addentarono pizze più capricciose delle loro fidanzate di nome Margherita.

Calò lievemente il tramonto e pareva di essere a Piazza San Pietro. Prima del concerto, v’era appunto un magico silenzio religioso.

Quindi vertiginosamente il cielo, da imbrunito e rossastro, malinconico ch’era, s’oscurò nel buio sopraggiunto, frastagliato da nuvole turbolente. D’improvviso le luci del palco s’accesero di brutto, bellissimamente.

Ma non era un concerto dei Metallica, dei Guns N’ Roses o di Marilyn Manson. Uno che non si sa ancora che cazzo voglia dalla vita. È passato dal maledettismo appunto di Charles Manson ad Asia Argento, ha scopato Rose McGowan ma non sapeva che, nel frattempo, lei veniva trombata da Harvey Weinstein.

Sì, lui ammazzava i gatti “in diretta” e Rose elargiva la sua gattina al volpone nella segreta cameretta. Per poi denunciarlo parimenti ad Asia in un gioco scabroso d’ipocrisie da Ingannevole è il cuore più di ogni coscia.

Ho scritto coscia, non cosa. E la figlia del compianto Giuliano Gemma, il mitico Montgomery Wood di un Dollaro bucato, è davvero una femminile Vera Gemma secondo me ancora bucata e bona, comunque bucabile. Sì, è un po’ rifatta ma, bando alle ciance e alle balle, io me la farei. Qui parliamo di una donna dal fondoschiena profondamente amabile, liscio, sodo, pneumaticamente gonfiabile…

Mica una Scarlet Diva qualsiasi. Eh.

Non è una volgarità. D’altronde Anche gli angeli mangiano fagioli.

Le vere porcate sono altre. Come romanzare la vita di J.T. Leroy in un film per Melissa P. Al fine di guadagnare i soldi per poi tirarsela da intellettuale come Luca Guadagnino. Luca fu furbo, diede al popolo la puttanata per poi avere il potere di valorizzare, nel remake di Suspiria, la bella Dakota Johnson.

La protagonista della sega, no, saga più mercantilistica di sempre, quella delle sfumature di grigio…

Asia, ce la possiamo dire la verità? Questo tuo film è peggiore della Sindrome di Stendhal.

Secondo me, tuo padre, il leggendario Dario, ha cominciato a rimbambirsi da quando tu sei nata. Degenerando del tutto quando tu le confidasti delle tue nottate selvagge con Morgan.

Ma chi è questo Morgan? Per anni si è spacciato come il David Bowie de no’ a(l)tri ma poi è stato pure con Lucarelli Selvaggia.

Insomma, Selvaggia ha onestamente un paio di bocce che non si possono bocciare ma è l’incarnazione, appunto, di Joan Bennett del Suspiria originale di Dario.

Sì, di notte pratica fatture stregonesche in un collegio di marchettari e casi umani, relegati in una magione di Friburgo ove sono obbligati a leggere i suoi libri di merda.

Sì, se un suo allievo non impara a memoria ogni passo di danza della sua prosa sboccata, da autrice col calamaio strafottente che attacca ogni Calimero da costei ritenuto deficiente, lei gli appare in modo subliminale come la viscida Marta di Profondo rosso, sì, Clara Calamai.

Questa vuole sempre ascendere e aprire bocca. Facciamo subito una cosa. Tagliamo la testa alla t… a, al toro. Parimenti a David Hemmings, la decolliamo in ascensore con la sua collana… della Rizzoli.

Ma torniamo al Boss. Non perdiamoci in stronz(at)e e troniste. Sì, a quest’ultima parola potremmo togliere la parte di mezzo e il significato del valore, per modo di dire, di Selvaggia rimarrebbe immutato.

Come sostiene la matematica legge basica dell’algebra, cambiando gli ordini delle fatture, no, dei fattori, la somma delle sue minchiate non cambia.

Insomma, se 3 più 4 fa sette, 4 più 3 fa sempre sette ma lei, svendendosi, in quattro e quattr’otto esponenzialmente sale in classifica grazie alla sua f… ga nel letto di qualche editore corrotto che la mette a novanta.

È un’equazione lapalissiana. O no?

Avete letto la recensione di Western Stars su Rockol?

Sì, Bruce Springsteen, che vi piaccia o no, e se non vi piace ve lo faccio piacere a colpi di mazzate, ah ah, rimane il più grande cantante del mondo.

A proposito, che ci faceva Asia Argento in Last Daysbiopic sui generis di Gus Van Sant su Kurt Cobain?

Questo è un mistero di Fatima da Terza madre…

Come diceva l’imbattibile Antonio Di Pietro, detto Tonino: ma che c’azzecca?

Sì, cosa ne può sapere Asia del Trauma di Kurt, della sua vita da Inferno?

Asia, per caso, faceva colazione coi cavoli a merenda di Kurt?

Basta! Quest’Asia è una falsa come Marilyn Manson, appunto.

Che presto vedremo in The New Pope. Ho detto tutto…

Springsteen, autore della magnifica colonna sonora di The Wrestler.

Avete mai visto l’intervista di Fabio Fazio a Mickey Rourke a Che tempo che fa di circa dieci anni fa?

Sicuramente un’intervista studiata per emozionare e commuovere lo spettatore, un po’ retorica, ma Mickey mi è comunque parso sincero in più di una risposta. Da mettere i brividi.

Dopo The Wrestler, invero, non ne ha azzeccata, come sempre, quasi più una. A parte il suo ruolo folle in Iron Man 2 e il suo Re Iperione in Immortals.

Ma ciò fa parte del personaggio. Uno amico di Springsteen, amico di Liliana Cavani e uno dei migliori amici di Michael Cimino.

Ma è un grande. Indiscutibile!

Così come è un grande Vincent Cassel. L’ho visto ieri sera in Black Tide. Film che presto recensirò.

Che attore, ragazzi!

Voi invece, invidiosi a morte, quando stava con Monica Bellucci, faceste perfino fatica a cagarlo.

Ora che se n’è separato, gli date pure dell’impotente.

Se dunque viviamo in una società di hater come ne L’odio è perché spesso stimate gli idioti e le sceme e, se invece c’è qualcuno che merita di stare dove sta, lo schifate e gliene dite peste e corna.

Non va bene, sapete?

Sì, siete fatti così. Io non sono invece invidioso e geloso di nessuno.

Di mio, se un amico mi dice che s’è scopato Monica Bellucci, non gli stringo la mano perché non è vero e se l’è appena tirata. Invero, se la sta ancora tirando.

Poi devo sciacquarmi le mani pulite…

Come già scrissi, farò la fine di Elvis Presley.

E questo è quanto.

Sculettando, ballo.

 

di Stefano Falotico

profondo rosso calamai suspiria

 

Potrei essere Mickey Rourke di The Wrestler o essere affetto da disturbo denirante?


13 Jun

Film Title: The WrestlerIl tempo è passato. Hanno cominciato a dire… non ha futuro. È un perdente, non ce la fa più.

Ma sapete che vi dico?

Gli unici che potranno dirmi quando non sarò più all’altezza siete tutti voi.

È per tutti voi che vale la pena di continuare a combattere.

Sabato sera presenterò a Ravenna il mio racconto Disturbo denirante. Ne ho i diritti d’autore e, dopo la presentazione ufficiale, lo renderò pubblico. È inserito in una raccolta antologica di Historica Edizioni.

Secondo me non è male, no?

Sì, ho scritto denirante. Non delirante.

Trattasi di soave, lievissima presa per il culo contro chi mi accusò di soffrire di deliri complottistici?

No? Potrebbe essere di sì? La seconda che hai detto…

Datemi una poesia e ve la reciterò. Datemi un ruolo da Mickey Rourke e sarò più bravo di lui.

Datemi un film di Clint Eastwood e sarà un’altra storia pazzesca come The Ballad of Richard Jewell.

Oh, gli anni passano, è vero, ma sono questo, adesso.

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Se voi invece siete brutti, il chirurgo plastico potrà fare poco.

Se siete dei cessi nelle vostre anime, nessuno psichiatra vi salverà.

Nemmeno l’idraulico che vostra moglie si fa quando ve la tirate sul lavoro.

Potrebbe essere così?

È così.

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di Stefano Falotico

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The Mule di Clint Eastwood inviatomi col Corriere e ho fatto la fine di Thao di Gran Torino o di Kowalski?


12 Jun

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Sì, oggi è prevista la consegna ubicata in loco della mia casa del super film del Clint Eastwood, The Mule.

Film che ritrae la quintessenza del Falotico qui sottoscritto, sino a pochi mesi fa in me incarnato e auto-inculato al pari della lapidaria, oramai leggendaria espressione incagnita del suo protagonista che, rivolgendosi alla cinepresa da lui stesso diretta, non dice niente ma ci lancia uno sguardo altamente eloquente. Come per dirci… ora sono veramente fottuto e spacciato. Presto robustamente inchiappettato e imprigionato per colpa delle mie involontarie scelte sbagliate.

Ma il Falotico è come il diavolo. Quando pensi che sia finito e bruciato, ecco ch’è soltanto un po’ annacquato, ammaccato e, di lì a poco, ancor rigenerato, sì, sebbene molti detrattori e malfattori gli augurarono che di ogni bene venisse denudato, tranquillamente passeggia in macchina sul litorale, ammirando e perdonando la miseria umana con lungimirante onestà morale mai in cuor suo rinnegata.

Sì, dopo anni interminabili di patimenti, strazianti logorii che avrebbero distrutto anche John Rambo, alla faccia degli invidiosi e dei calunniatori, il Falotico è stato da lui stesso, grazie al genio inaudito che lo contraddistingue e soprattutto in virtù della sua poetica destrezza imprendibile, reso imprenditoriale d’illuminanti viaggi nella vita sua doma.

A tutti i superficiali parse che lui se la dormì. Invece il Falotico, fregandosene delle cattive occhiate, degli spergiuri, delle stregonesche fatture, di ogni tentata, bullistica cattura, di ogni iattura lanciatagli addosso affinché, avvilito, costernato, a sangue umiliato, disonorato, nell’anima spellato, definitivamente si arenasse nello scontento eterno, probabilmente nel mortale buio suicidario, puntualmente n’è uscito lindo e illeso. E impeccabilmente rinato. Ancor più bello. Rinnovato nell’ardore e integerrimo nel mai da lui stesso sputtanato pudore giammai sconsacrato. Molte cattiverie gratuite subì nel suo percorso esistenziale. Per molti anni, infide malelingue malfidate tentarono di abbattere la sua purezza dimostratasi fiera e infrangibile, resistente a ogni urto e urlo scagliatogli contro da malati di mente e di bile. Per estorcergli la ragione, lobotomizzarlo nella suggestione del fargli credere di essere un incapace, un diverso, addirittura un invertito, uno sbandato, un debosciato o solo un povero derelitto assai sfigato.

Qui, la corte d’appello ha emesso il suo finale, insindacabile verdetto:

Il Falotico, in questi anni di crocifissione psicologica che gli è stata inflitta ingiustamente a causa dell’ignoranza e del pregiudizio più miserrimo, possiamo vivamente attestare che, per meriti della sua elevata testa, ve l’ha messo in culo con dolcezza. Altre idiozie a riguardo non faranno più testo. Potete sbraitare e chiedere procedimenti d’ingiunzione per voler ottenere ragione. Sperare in una castrazione ma in verità vi diciamo che gli unici senza palle vi siete dimostrati voi, enormi coglioni che non avevano previsto il Falotico revenant come il mitico William Munny de Gli spietati. Aveva ragione lui e ce l’ha… anche profumato. Chiedete in giro alle donne e vi diranno che non hanno bisogno di comprare più Chanel n.5 poiché Falotico sa cospargere di unguenti piacevolmente odorosi tutte le f… e più calorose e ardenti, piccanti e frementi. Da Chantal a Michelle, da Valentina a Sara, siete voi ora nel Sahara. Sì, i cretini che al Falotico perpetrarono crudeltà immonde, va ammesso, sono rimasti a secco. Non solo di infamie.

Il Falotico ora aspetta solo un altro paio di offese sul suo canale YouTube per farlo ancor di più al deficiente stalker che, dopo aver rimediato una figura di merda epocale, essendo stato da tempo immemorabile scoperto, otterrà per direttissima pure la pensione d’invalidità poiché giudicato pericoloso in quanto ostinato, recidivo figlio di puttana pernicioso.

E dire che il Falotico, già an(n)i addietro, avvertì il demente ma lui continuò e a noi tutti pare giusto che tal ignobile babbeo sia stato nel sedere ficcato potentemente.

 

di Stefano Falotico

RoboCop: la situazione raccapricciante del Cinema e della società odierna


11 Jun

lambrenedetto

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Premetto questo: non voglio sembrare disfattista e misantropo, oppure misogino.

Io credo eccome nell’amore e nei rapporti umani.

Sono molto romantico. Non mi credete? Sì, ero innamoratissimo della mia lei. Così come Silvio Pellico, con Le mie prigioni, scrisse col sangue sulla carta igienica, io scrissi la mia lettera amorosa sulla carta degli affettati da banco.

In quelle righe, vergate mentre mangiai in contemporanea una salsiccia, tra la forchetta e una fine stilografica, v’era contenuta tutta la mia mascolinità sanguigna. Tutta rosolata, fra l’altro. Da spedire a lei e offrirgliela in un elegante piatto d’argento.

Ah ah.

La dovreste finire di definirvi uomini carnali oppure, peggio, leopardiani. Al massimo, se proprio vi andrà grassa, potrete essere venduti assieme a quell’altro coniglio del vostro amico che continua a magnare lo speck, fumandosi il crack, facendo la bella figa che non ha mai guadagnato una coppa.

Più che Silvio Pellico, nonostante vi siate imprigionati da soli per colpa delle vostre inibizioni, vi occorre il pronto soccorso. Be’, non esageriamo, basterà un po’ di penicillina e allieveremo ogni pene d’amore.

Ah, scusate, ho scritto pene, non va bene. Volevo scrivere… pena. Quella che fa l’umanità. Quella lì invece se li fa tutti e non si accontenta mica soltanto dei comuni terroni, no, terreni e terragni. Ah, vuole l’intero universo.

In tutta franchezza, la spedirei nello spazio.

Sì, non sono un moralista ma un uomo (im)morale. Ostilmente incaponito a inseguire i miei sogni. No, non sono insaponato nelle vostre lobotomie da pulizia mentale. Anzi, polizia.

I miei sogni non verranno più macerati, macellati e infranti, infangati da criminosi fascisti e fangosi (s)mascherati dietro la perbenistica parvenza della rispettabilità sociale di una fasulla, innocua acquiescenza.

Questa è la gente peggiore. Gente che si nasconde nel folclore. A cui io do il mio cloro e il fosforo poiché queste persone, sì, costoro paiono fosforescenti ma sono, in verità, solamente impostori e dementi. Io sono una voce fuori dal coro e dai tonici corpi. Miei daltonici.

Io sono un uomo distonico, il quanto falotico e distinto. Non mi abbasso ai vostri beceri istinti e non coloro i capelli con le vostre un(i)te tinte.

Credo davvero che abbiamo toccato il punto più basso e disumano della nostra civiltà.

Una spropositata vetrina animalesca di esibizionismi edonistici, di persone egoistiche che incorniciano i loro successi solipsistici in selfie magnificanti la loro apparenza di plastica più sconsolante.

È una società di svastiche. Anche di mucche. Vacca troia.

Sono un adoratore della bellezza femminile e m’entusiasmano queste gambe lunghe, iper-chilometriche che, inguainate in collant attizzanti, sguinzagliate in abiti succinti, volteggiano ribalde nel pullulante fiorire di donne fisicamente perfette che espongono, senza vergogna, le loro vergogne e, disinibite, le loro grazie armoniose in pose statuarie e arrapanti. Ove glutei sodi e marmorei si accordano leggiadramente a seni esorbitanti, strizzati in body sudati onestamente eccitanti che svettano nel perlaceo splendore di palestre toste e sfiancanti. Per amori ficcanti!

Queste donne so’ proprio tante…

Caviglie lisciamente sottili a prolungamento… di piedini smaltati con dolcezza e la levità venosa di cosce depilate con rasoi avvolgentemente elettrici si stagliano nel panorama glabro d’un mondo vano e avaro.

Evviva Vitali Alvaro!

Qui sembro il mitico Giuseppe Simone…

Uomini impettiti, effeminati in vanità offerte al ludibrio carnale di occhi ingordi delle sconce carnalità invereconde, parimenti a queste donne apparentemente impeccabili, inappuntabilmente c’elargiscono sorrisi di finta felicità. Ove la serenità smodata, vivandata, sputtanata pare il motto pronunciato dalla mono-espressività robotica dei loro (al)lineamenti affilati. Ché vorrebbero essere raffinati e invece pacchianamente sono soltanto leziosi e affettati. Come prosciutto servito in macelleria dal garzone da cui loro si riforniscono, mangiando a sbafo sulla sua dignità poiché gli urlano che non deve farsi il fegato amaro se è sfilacciato e sfigato mentre loro divorano costolette di maiale e mortadelle magrissime come i loro addominali piattissimi. Ma soprattutto come i loro cervelli prosciugati da deficientissimi.

Essi vivono… si fotografano bellamente e imbellettati assieme a compagnie che sembra che si divertano un casino, gironzandolo in spiagge caraibiche e città straniere ove le guglie gotiche stonano dinanzi a tanto barocchismo volgare da cubiste intonate alle discoteche dell’allegria mortifera.

Ecco, tutto questo prologo, quest’arrabbiato, screanzato, urlato preambolo incazzato da uomo di/a voi scazzato, m’è servito a introduzione di un discorso esegetico-cinematografico ancora più infoiato e sbandierato. Sì, quest’enorme, destrorso, distorsivo paese dei balocchi nasconde invero, ha ragione Vittorino Andreoli, insanabili disagi psicologi al cui confronto il morbo virale-antivitale, da evitare ed evirare, de L’ombra dello scorpione è solo una macchia d’olio sulla gamma delle vostre foll(i)e camuffate da ilarità spedita a tutta velocità, come un buco nella gomma pneumatica di una station wagon nel deserto dei vostri buonismi da film per famiglie di risma.

Che significa quello che ho appena scritto? Un cazzo. Non significa nulla, è un lessicale, forse dislessico, epilettico e oserei dire ellittico divertissement, un calembour quasi identico al vostro sterile carnevale di burle e bulli, di pupe e poppe.

Siamo sprofondati nell’idiozia più profonda. Immonda!

Mi auguro di non sbagliare nel credere che il Joker con Phoenix sarà un tonitruante pugno allo stomaco scagliato veementemente contro questa società all’apparenza intonsa, invero sbagliata e stronza. Una società che è una puttanata mille volte più oscena della miglior puntata platinata di Beautiful. Un’enorme, interminabile cagata.

Altro che società progressista e liberale.

No, io non credo al consumismo ma neppure al comunismo e non sono iscritto al Partito Radicale.

È tutto uno schifo, diciamocela.

Vittorio Feltri parla da nababbo ma sembra una scimmia, una mummia, Salvini onestamente è spuntato dall’utero di Nonna Papera, Salvini è un down sovrappeso.

Sì, aveva ragione Totò. Salvini non può essere un onorevole.

È un ignorante e si deve informare riguardo al fatto che, nel suo DNA da decerebrato, vi è una terza copia del Cromosoma 21. Anche la seconda copia di Elisa Isoardi. Sì, visto che non riesce più a scoparsela, quest’uomo lardo ha chiamato Robert De Niro di Godsend. Elisa l’ha rigenerata in vitro.

O forse l’ha ricreata come Kenneth Branagh del suo Frankenstein. L’è venuta fuori un mostro come Helena Bonham Carter nel finale.

Ogni giorno, Salvini clona troiate a tutt’andare. E la gente abbocca a questo panzerotto deforme e mal sfornato. Sì, Salvini è un panzerotto. Non lo sapevate?

Se andate a Ferrandina, cittadina lucana ove i panzerotti vanno forte, sopra ogni panzerotto scaduto, i baristi, certamente meno bari di lui, ed evviva anche Lecce, mettono sopra Matteo la scritta:

svendiamo di saldino per pochi soldini un Salvini. L’involucro è delizioso ma la sua panza, soprattutto mentale, è solo formata da mozzarella filante da povero cazzone puttaneggiante.

Dopo aver deglutito Salvini, salvatevi.

Pensate alla salute, salvemiei burini.

Abbasso i tortelloni come Salvini, uomo vomitevole peggio del burro con l’ammuffita salvia.

A proposito di cibi stomachevoli e di ricette culinarie, adesso Vittorio Sgarbi, anziché recensire un’opera pittorica, gira video per il suo canale YouTube ove sta a capotavola nelle trattorie degli agriturismi, celebrando il ragù.

Viaggia per tutta Italia. Da Palermo a Siracusa, da Torino e Domodossola, lui dice che nessuno adesso potrà più dargli addosso. Poiché è in pensione e non ha da chiedere scusa alla Chiesa e a chicchessia.

Dunque, scoreggia ignominiosi escrementi ideologici, stando seduto sul cesso. Ma soprattutto continuando a stare a tutti sul cazzo.

I critici cinematografici invece non sono critici dell’unica cosa che dovrebbero (ri)guardare con oculatezza e maggiore oggettività: la loro vita.

Sono passatisti, esaltano solamente il Cinema di quarant’anni fa visto che, in effetti, Quel pomeriggio di un giorno da cani è una spanna sopra l’episodio 2 di Black Mirror 5Un mondo perfetto rimane sempre imbattibile e ogni speranza di rinascita, in questa società marcia che non perdona ed è diabolica nel perseverare dell’ancora ottusamente errare e commettere orrori devastanti, si rivela puntualmente un’infinita utopia marcescente contro cui non può niente nemmeno la più sofisticata scienza. Figurati, scema.

Sì, ve ne siete accorti? Il Cinema e le serie tv contemporanee sono quasi tutte incentrate sui problemi di anoressia, bulimia, sulle psicosi, sulle depressioni galoppanti di un mondo che, a prima vis(i)ta, pare che vada a gonfie vele e invece è scoppiato da un pezzo. Un mondo pazzo di pupazzi.

Quindi, non voglio sembrare Adriano Celentano. Ma tutta questa contentezza io non la vedo. Pregherò per te e per voi.

Si rimane circoncisi, scusate, volevo dire circoscritti nella canzonetta, nella retorica da mezze calzette, nel populismo d’accatto(ni). Oppure, di contraltare, nell’idolatria di quell’altro ritardato di Harmony Korine col suo The Beach Bum.

Ad Harmony Korine preferirò sempre l’intramontabile Trettré, trio comico che dinanzi a questo Harmony e ai romanzetti rosa, dirimpetto a tale suo film falsamente scandaloso e hipster, avrebbe(ro) detto: a me me pare ’na strunzata.

 

Sì, anni e ani di evoluzione ma è oramai Estate e siamo comunque sempre (im)mobili alle galline che sculettano in bikini a Gabicce, allo zoo scimmiesco di bombastiche cretin(at)e televisive ove le bagasce, da prendere a colpi di robusta ascia, mettono in mostra solo le bocce per una società dolciastra da miele di acacia. I ragazzi bocciati si tirano su, segandosi da soli, marinando ancora.

I maniaci sessuali son sempre a caccia.

La donna, laureata al Politecnico di Milano con super specializzazione in trigonometria spaziale della sua figa galattica, ecco che dimentica ogni Enrico Fermi ed esibisce il perizoma per maschi come Christian De Sica e Vieri, detto Bobo che tutte le bomba, che non sanno chi sia Peter Weller de Il pasto nudo e, spingendo a torso nudo e pet(t)o in fuori, cantano:

sotto ’o sole la pelle brucc’

Beach on the Beach

quante signorine very nice

fanno uscire pazzi tutti i boys

Con Sabrina Salerno che è in mutande, no, immutabilmente bona.

No, non è cambiato nulla.

Bruce Springsteen rimane la migliore rockstar di tutti i tempi, Clint Eastwood il più grande e tua madre la solita esaltata che, dopo cinquemila libri filosofici, non se l’incula nessuno ma continua a spacciarsi per donna superiore che ha insegnato alle superiori e che tutti vuole trombare. Ah, per forza, visto che è più racchia della signorina Silvani, l’ha buttata sulla cultura della minchia.

Ho detto tutto.

La vita è una dura avventura. Lo sa bene il pornoattore Bruce Venture.

Marco Montemagno magna e straparla, dicendo ai disoccupati che devono quanto prima inventarsi un lavoro. Lui l’ha fatto.

Certo, non lavora e i poveretti lo riempiono di soldi, credendo ai suoi consigli per l’acquisto del suo libro.

Il panzuto youtuber lambrenedettoxvi urla allo stesso mo(n)do che il lavoro è soltanto sfruttamento. E con le migliaia di visualizzazioni, ottenute grazie ai clic dei miserabili, mette nel suo canale lo sfondo principesco dei castelli della Loira.

Mentre Beppe Grillo rimane la versione clownesca e fake di Linda Hamilton di Terminator 2- Il giorno del giudizio.

Sostiene che i robot sostituiranno gli uomini e quindi la gente non sarà più costretta, appunto, a lavorare.

Ma si fa scarrozzare con la Mercedes.

Ho detto tutto.

Io sono cambiato, voi no.

Che continuate a guardarmi così…

Alla prossima smorfia compassionevole, coglione, ti sparo nelle palle.

 

di Stefano Falotico
robocop

Il principe cronenberghiano vive al di sopra dei comuni mortali


10 Jun

racconti emiliani romagnoli

 

Sì, io sono un personaggio cronenberghiano, anche bergmaniano. Una metamorfosi kafiana oserei dire incarnata e non mi fregherete più poiché ora son anche maestro del fregolismo e me ne fotto…

Sono io l’autore del saggio monografico David Cronenberg – Poetica indagine divorante.

Capolavoro letterario-meta-cinematografico che, più che essere un saggio, rappresenta la mia poetica saggezza. Leggerete e finalmente mi crederete.

Fra pochi giorni, ovvero sabato sera, sarà presentata a Ravenna un’importante racconta antologica.

Ovviamente, in questa raccolta è contenuto un mio racconto, intitolato Disturbo denirante.

Plateale presa per il culo agli psichiatri che, essendo ciechi, addussero, eccome se dissero che soffrii di disturbo delirante.

Gli psichiatri non sono come Freud e Jung. Questi, sì, dei veri geni e degli attendibili luminari.

Gli psichiatri odierni sono dei fascisti. Si pigliano la laurea, imparando a pappardella due teorie della minchia, eh sì, son fissati con l’Eros, dopo di che sono distruttivi delle giovinezze in divenire, applicando loro il Thanatos. Anche farmaci chiamati Prozac, Atreios (famoso figlio di Troia) e Superbos.

Non vorrei fare di tutta erba un fascio ma loro si drogano di orge da Eyes Wide Shut e criminalizzano i giovani se non si vogliono adattare alla loro visione ammorbante di questo mondo ove pare che sia importante classificare ogni anima.

Li ho annichiliti. Esausti, hanno compreso, dopo avermi represso, che i malati di mente sono loro. Sì, a forza di stare coi matti, per deformazione professionale, si sono ammalati di grave depressione.

Essendo rincoglioniti e vecchi tromboni, colpevolizzano i giovani che trombano e accusano chiunque di soffrire di qualche patologia del cazzo.

Sì, loro stanno fermi immobili dietro una scrivania, simmetricamente monomaniacali a espellere con facilità sesquipedale diagnosi allarmanti ma, nell’altra stanza, la moglie riceve il porcello, no scusate, la parcella di un cliente più in gamba…

Sì, Stephen Lack di Scanners mi fa un baffo. Se uno psichiatra vorrà ancora fare con me lo strizzacervelli, stavolta non accetterò più nessuna compressione farmacologica ma diverrò molto cattivo come Michael Ironside. E il suo cranio esploderà come il teschio ambulante del suo morto demente.

Sì, chiamate per tutti questi capoccioni l’ambulanza. Li ricoveriamo di trattamento sanitario obbligatorio in quanto codesti saranno pure ricchi ma sono altresì ignobili. E vanno educati. Peccarono di squallida arroganza.

Vomitando idiozie da schizofrenici con troppa panza.

Christopher Walken de La zona morta mi stringe la mano. Tom Stall di A History of Violence è Madre Teresa di Calcutta in confronto a me.

Da quando do retta solo al mio cuore e alla mia mente, la vita va ch’è una bellezza, grandi donne mi vogliono ma, scusate, adesso devo mettermi calmo.

Donne, vi darò un tranquillante e anche una camomilla se esagererete con le richieste. Non sono James Spader di Crash.

Insomma, son sempre stato un prodigio della natura. I miei coetanei erano invidiosi a morte. E cercarono in ogni modo di farmi incazzare perché così, se avessi dato di matto, mi avrebbero continuato a trattare come il bimbetto-enfant prodige di Maps to the Stars. Ridendosela da matti, appunto.

È sempre piacevole assistere a come ora se la fanno nelle mutande neanche se avessero visto Viggo Mortensen de La promessa dell’assassino.

Ora, in tal mondo formato perlopiù da ritardati, mi pare giusto che frequenti gente con più sale in zucca e soprattutto donne con più cervello.

Sono Birdman e un uragano come quello di uno dei pochi premi Nobel più meritati di tutti i tempi.

Sì, sono un futurista, tosto come De Niro di Taxi Driver e sexy come Colin Farrell di Miami Vice.

Se siete invidiosi, sul canale uno stasera danno un film retorico di Bertolucci e un film tristissimo di Fellini.

Se non sarete soddisfatti, curatevi.

Se vorrete darmi un freno, io allora divento pure Bruce Lee.mortensen dangerous method

 

di Stefano Falotico

 

A distanza di 5 anni da Birdman, tornerò al festival di Venezia, ed evviva la nuova carne di Cronenberg


09 Jun

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Sì, quest’anno, se vuole iddio, se le troppe sigarette che fumo non essiccheranno i miei polmoni, se il pneumologo mi dirà che, nonostante il possibile cancro, potrò restare piuttosto in forma per fine Agosto, tornerò alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica del lido di Venezia.

L’ultimo film da me visto, visionato ma non vivisezionato in codesto luogo rinomato ove l’Hotel Excelsior ospitò Sergio Leone e Bob De Niro di C’era una volta in America, è stato Birdman, uno dei film della mia vita.

Ma, quando lo vidi per la prima volta al PalaBiennale, tendone da circo appositamente allestito per la kermesse veneziana e poi, tutto l’anno, smontato e forse adibito a baraccone ove la rediviva Moira Orfei, morta nel 2015 ma rinata grazie a un trucco digitale migliore dei suoi ex ceroni, gigioneggia pachidermica con far elefantesco fra trapezisti e Joaquin Phoenix di Joker, non mi piacque.

Per un ovvio, comprensibile motivo. In quel periodo, ero talmente rincoglionito che non mi accorsi di aver perso tre gradi all’occhio sinistro. Così, non munendomi di occhiali, vidi ben poco.

Avvistai da lontano un omuncolo di nome Michael Keaton che viveva come me.

Io sono un uomo del sottosuolo, amante di Dostoevskij e di Taxi Driver.

Un uomo che, nella vita, ha fatto una cosa simile al sottoscritto. Ovvero imbeccò, perfino un po’ sbeccato, l’imprevedibile virtù dell’ignoranza da vero Genius-Pop inaspettato.

Un uomo misantropo, sepolto vivo da questa marcia società, un uomo che sogna di essere una star di Broadway e brama di calcare il palcoscenico come Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio.

Un uomo che, nella sua esistenza rancorosa, timorosa, schiva e ritrosa, capisce che lo stronzo Edward Norton non è in confronto nulla rispetto alla merda schifosa di quella critica altezzosa e così ottusamente puntigliosa.

Decide di spararsi in testa per rendere la scena più reale, molto teatrale.

Superando Eleonora Duse e Antonin Artaud con una prova talmente veritiera e follemente istrionica da meritare l’applauso a scena aperta e, oserei dire, il visibilio della folla incantata, perfino lo stupore entusiasmante della boriosa critica esaltata eppur sfigata e frustrata che, impressionata da tanta arditezza alata, scriteriata e sinceramente umana, rimane talmente allibita da scappare a gambe levate.

Alla fine, Michael si ucciderà lo stesso, nonostante la protesi facciale e dopo (non) averci perso appunto la faccia.

O forse, come un falco elevato, guarderà la miseria del mondo dall’alto della sua grandezza obiettiva da Orson Welles de Il terzo uomo.

Io, dopo tante bastonate, inculate, fottute delusioni spropositate, ora scrivo per Daruma View e Ciao Cinema, due testate migliori, senza dubbio, di voi testoni che mi prendeste per coglione, avendo io ottenuto in passato pochi istituzionali attestati da dimostrare.

Sono invero un fine conoscitore di Cinema in ogni sua segretezza infinita e più raffinata. Anche se talvolta cazzeggio da Quentin Tarantino dei quartieri bassi.

Ecco, dopo quella visione, ne patii ancora. Dopo quel viaggio a Venezia, brutte news mi aspettarono.

Anziché leggere Variety, ricevetti a casa comunicati che vollero attestare se volevo commettere qualche gesto pericoloso. Fui indagato per essermi ancora incazzato in modo smodato contro esponenti irriconoscenti del mio eccentrico uomo esagerato eppur carismatico.

Così, da allora, non misi più piede a Venezia. Tantomeno nella mia sanità mentale.

In quel periodo mi affiliai a una testa di cazzo che si professò essere il mio talentscout. Lo conoscevo da anni e lui, al telefono, mi disse un bel giorno che mi aveva da sempre considerato un genio spaventoso. Insomma, per lui, io fui un colpo di fulmine. Ma 15 min dopo mi arrivò perfino la telefonata di Andrea Diprè.

– Buongiorno. Il signor Falotico? Un suo amico mi ha detto che lei è uno che si crede un artista migliore di Caravaggio. Sono qui per aiutarla.

 

Sì, un amico davvero speciale. Ma, si sa, io sono amico di tutti. E decisi, sciaguratamente, di recarmi con costui al Festival per vedere chi avrebbe vinto il Leone d’oro. Alloggiamo in un ostello gestito da preti. E lui per tutta la notte volle condividere con me la sua passione sfrenata e onanistica per Miriam Leone, l’ex Miss Italia, sì, lei.

– Stefano, quella donna mi fa impazzire.

– Cosa ti provoca?

– Appena la vedo, arrossisco più dei suoi capelli.

– Capisco. È solo un arrossamento dovuto all’’imbarazzo?

– No, mi diventa tutto rosso e rizzo.

– Capisco. Ora però dormiamo.

– Stefano, abbiamo letti separati.

– Perché avresti preferito una stanza matrimoniale?

– No, ma vorrei che, per stanotte, mi facessi capire che non devo più fantasticare su Miriam. Devo darmi a donne rosse come te. Sei il mio M. Butterfly.

– Perché io sarei una donna?

– No, però con questa luce solare di fine Agosto, i tuoi capelli, da castani, son diventati vermigli. Posso offrirti uno shampoo smacchiatore per rifarti il look?

– Tu vorresti farmi e basta. Non tirare in bagno, no, in ballo il balsamo. Mio bello.

– Sì, ti vedo un po’ imbalsamato. Facciamo una doccia insieme?

– Sì, questa è la doccia. Fredda però.

– Ehi, che fai?

– Vado a dormire. Vai nell’altra stanza e tirati una sega, pensando a Miriam. A me ci penso io.

– E chi pensa a me?

– Nessuno. Comunque, se dovessi avere mal di stomaco, ricordati che qui, a Venezia, molti turisti hanno il mal di mare.

Se proprio non ce la fai, basta che ti butti sotto un motoscafo e non devi soffrire più pene d’amore.

 

Sì, senza dubbio era un ragazzo alle prime armi con molti sogni nel cassetto e soprattutto nel fazzoletto.

Ma era simpatico. Era ossessionato da Cronenberg.

– Stefano, concordi? David è un genio. No?

– Sì, tu no, però. E secondo me hai travisato tutto il Cinema di Cronny a tiramento di culo e di uccello.

– No, io l’ho capito benissimo. E sono Tom Stall di A Histoty of Violence.

– Il bambino de La zona morta, no? Tuo padre non ti capisce, giusto? Vorrebbe che tu fossi un calciatore. Se lo fossi, non dovresti sudare sette camicie per avere Miriam. Mi sbaglio? Invece tu sei iscritto a Filosofia Teoretica. La vedo molto dura. Miriam te lo farà pur diventare duro ma ama gli uomini duri.

– Cioè, secondo te, è una zoccola? È dolcissima, invece.

– Sì, quando le dai diecimila Euro.

– Ma no! Lei è famosa perché è bellissima. È stata madre natura a regalarle il successo. Lei è purissima, un angelo.

Sai chi invece credo che sia una troia? Selvaggia Lucarelli. Guarda questa foto.

– Fa’ vedere, da’ qua. Cazzo, ma questo sei tu assieme a lei.

– Sì, l’ho scattata alla Feltrinelli di Padova. Lei stava lì presentare Che ci importa del mondo.

– E invece, visto che la consideri una troia, che ci facevi tu, lì?

– Mi trovavo da quelle parti.

– Uhm, capisco.

– Stefano, a me è piaciuto da impazzire A Dangerous Method. Grande prova di Keira Knightley.

– Mi pare ovvio che ti sia piaciuto. Quello che non è tanto ovvio è perché tu dica… da impazzire. Sei già la Knightley del film, lo sapevi?

– Che vorresti dire?

– Niente, hai mai letto Freud e Jung?

– No. Dai, Stefano, piace anche a te Miriam, vero?

– No, le preferisco Emma Stone.

 

Questo mio amico molto “particolare”, dopo questa mia risposta ambigua come la fine di Scanners, è ancora, a distanza di cinque anni, rinchiuso in camera.

Non di quell’albergo. Di un manicomio.

Io invece volo sempre più alto. Tutte lo vogliono ma io sono troppo malinconico per tutte queste bagasce da festivalini.

E sono La mosca!

 

di Stefano Faloticobirdman falotico

Il sottoscritto intervista il grande Antonio Del Sorbo


09 Jun

Ecco una foto bellissima dal suo profilo Facebook.32929195_10155644914413284_820853041509957632_n

DOMANDA numero uno e poi tutte le altre: la visione cinematografica coinvolge lo spettatore su un piano razionale-cognitivo o emozionale-sensoriale?

– Dipende da come si fruisce del Cinema. Per molti anni il Cinema ha avuto una valenza popolare. Era una valvola di sfogo per i fermenti anche rabbiosi che scorrevano sottopelle, per esempio, fra i proletari incazzosi che, nella Settima Arte più fantasmagorica, sublimavano le loro esistenziali sconfitte quotidiane, proiettando i loro sogni sul grande schermo e, a loro volta, come in un rapporto quasi parassitario ma vivamente simbiotico, esperivano da questi sogni la voglia di vincere ed emanciparsi dai loro grigi o turbinosi malesseri quotidiano-sociali.

Quindi, in tal caso il Cinema coinvolge lo spettatore dal punto di vista sentimentale.

Quest’anno, agli Oscar sono stati premiati perlopiù film che hanno assolto a questa funzione. Puro, ottimo Cinema popolare nella sua forma migliore. Basti pensare alla storia di amicizia di Green Book. Un po’ indubbiamente retorica ma comunque di pregiata, indiscutibile fattura.

Poi, ovviamente esiste il Cinema artistico più elevato. Come quello di Lynch o Cronenberg.

Che agiscono a livello razionale e cognitivo, svelandoci la nudità del mondo nella sua verità più freddamente realistica. Sì, Lynch è paradossalmente realistico anche quando estremamente metafisico. Non è mai retorico nemmeno nelle storie più semplici come Una storia vera.

 

  • Il cinema deve assolvere anche una funzione pedagogica oppure deve solo rappresentare e non pretendere di educare?

– No, a mio avviso il Cinema non deve educare proprio a un bel niente. Questa visione scolastico-pedagogica è sbagliata. È adottata, che ne so, dai docenti di Storia che portano i loro alunni a vedere Salvate il soldato Ryan, faccio per dire, per far capire meglio ai loro studenti la Seconda Guerra Mondiale.

E invece non li portano a vedere La sottile linea rossa. Film ben più introspettivo delle spielbergate retoriche. Sì, di Salvate il soldato Ryan salvo la prima mezz’ora dello sbarco in Normandia. Per il resto è trionfalisticamente patriottico e falso.

Allora, a questo punto, è meglio leggersi, appunto, un libro di guerra. Pure questo ideologicamente schierato ma almeno privo delle lezioni moralistiche di Spielberg. Uno che quando faceva il Cinema che gli riesce meglio, cioè quello scacciapensieri, era molto più pedagogico, eh sì, di quando ha tirato fuori Amistad. Altro film palloso e bugiardo.

E ne vogliamo parlare dei genitori che portarono i figli adolescenti a vedere L’ultimo bacio? Ansiosi che i figli s’innamorassero della classica ragazza brava e in gamba?

Ma per l’amor di dio.

Un genitore sano e non bacato deve portare i figli, sin dalla più tenera età, a vedere un film con Edwige Fenech. Tanto il figlio è già più sveglio di loro e capirà che questo genere di film è una porcata. Solo allora, da sé si approccerà a Cuore selvaggio.

 

  • Il cinema è il veicolo privilegiato per la visione di un film o anche i mezzi di nuova generazione (piattaforme streaming) hanno la stessa dignità?

– So che, se dovesse leggere questa mia risposta Federico Frusciante, mi brucerà la casa.

Ma io qui lo affermo e non lo nego, lo sottoscrivo, firmato in calce.

Lo streaming è meglio. Sarò più preciso in merito. Il Cinema inteso come luogo di aggregazione non esiste più.

Sono stanco di fare la fila, sorbirmi venti minuti di pubblicità e non capire un cazzo di un film di Woody Allen perché una buzzicona, al mio fianco, scoreggia e mangia la sua patatina…

Ah ah.

Invece, nell’intimità della propria casa, posso fumarmi una sigaretta. Per aggregarmi a qualcuno, ci pensa la ragazza che ora sto corteggiando. Con cui condividerò emozioni in compagnia…

Così è. La seduta è tolta.

 

  • Quali sono le caratteristiche del genere noir?

– Il noir lo riconosci subito. Molti pensano, erroneamente, che in un noir debbano esserci per forza una donna seducente oppure un omicidio. Non è sempre vero. Femme Fatale di De Palma non è un noir, è un giallo hitcockiano. Così come Black Dahlia.

Gli spietati invece di Eastwood è un noir camuffato da western.

 

  • Un grande regista esplora aspetti nuovi in ogni suo film oppure può anche riprodurre lo stesso prodotto?

– Invero, i grandi registi “parlano” sempre delle solite tematiche, cambiando solo le trame.

Kubrick, per esempio, ha sperimentato quasi tutti i generi, ma ha fatto sempre lo stesso film. Incentrato sulla follia dell’uomo collocata in ambiti diversi.

 

  • Come si contempera l’aspetto commerciale del cinema con il non porre alcun tipo di paletti a una forma d’arte?

– Nella risposta precedente, ho accennato a Kubrick. Ebbene Shining, sul quale comunque io ho delle riserve, coniuga l’arte alla commerciabilità. È un film che puoi vedere a otto anni e rimanerne impressionato. E rivedere a ottant’anni per scoprire lati più profondi che da piccolo ti erano sfuggiti.

John Carpenter è maestro in questo. Infatti, lui s’è auto-definito un comunista-capitalista, eh eh.

Uno che cioè pensa alla grandissima qualità con l’occhio comunque al portafogli.

 

  • Cosa rende un film classificabile come prodotto d’autore?

– Un film può essere anche un porno o un film orribile ma lo stesso d’autore. Perché, pur nella sua sconcezza o nella sua estrema bruttezza, è d’autore in quanto chi l’ha girato, ha adottato il suo punto di vista. Il suo sguardo.

 

  • Lo spettatore è soggetto passivo o attivo dell’esperienza cinematografica?

– Lo spettatore è sempre attivo. Diventa passivo quando vede Sharon Stone in Basic Instinct e non si attiva qualcosa in lui di “coinvolgente”. Se è così, è passivo pure omosessuale. Ah ah.

 

  • Negli ultimi anni le serie tv hanno via via acquisito un maggiore spazio. Ciò è dovuto a un aspetto di puro intrattenimento oppure si lega, magari, alla migliore caratterizzazione dei personaggi e/o al miglior sviluppo della trama in un arco narrativo più prolungato?

– Non sono un grosso ammiratore delle serie tv. Anche le più belle peccano dello stesso difetto. Dilatano la trama, con digressioni e scene inutili, per allungare il brodo. Quando era tutto più risolvibile e migliore se avessero cancellato parti, appunto, superflue.

 

  • Il regista contemporaneo che ha maggiormente innovato il cinema e perché?

– Credo David Cronenberg. Prendiamo il successo di Black Mirror. Che comunque a me piace. Incontestabile il talento di Charlie Brooker. Ma non vi è un solo episodio di Black Mirror che non possa essere riconducibile alla nuova carne tecnologica di Cronny.

 

 

Grazie Antonio.

 

Intervista di Stefano Falotico

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