Archive for June, 2019

Elogio della follia, siamo troppo vecchi per morire giovani!


25 Jun

erasmo lentigginoso miles teller

Uomini, diciamoci la verità!

Allora, state guardando o no la serie di Nicolas Winding Refn, Too Old to Die Young?

Macché! Voi bevete sempre il mojito in queste triviali movide.

Ebbene, pischelli, se Erasmo da Rotterdam scrisse L’elogio della follia, io dico che vi sarà sempre uno dell’Erasmus, forse Bill Mumy di un famoso film con James Stewart, che a Brigitte Bardot preferirà una mora di Bordeaux. E Bill Murray poteva sposarsi con Scarlett Johansson di Lost in Translation ma le disse solo qualcosa nell’orecchio, miei ricchioni, con estrema signorilità. Sparendo nel traffico della sua melanconia da volpone.

Ah ah!

Sì, Miles Teller in questa serie è un gigante. L’episodio 5 si apre con un’altra scena sconvolgente. Un ragazzo timido in minigonna, dalla sessualità discutibile o forse non ancora del tutto svelatasi, infatti costui si dichiara vergine, timido eppur svergognato, dichiara a un pornografo maniaco sessuale che vuole essere violentato “in diretta”.

E il pornografo, dopo averlo psicanalizzato, ordina a omaccioni con giubbotti da Village People di stuprarlo.

Agghiacciante.

Quindi, Martin/Miles s’intrufola nel sottobosco di questi uomini sporcaccioni ove forse, di cammeo invisibile, vi è anche Manuel Ferrara con qualche bagascia di Brazzers, oppure Marc Dorcel.

E qui ci starebbe una famosa battuta del mitico Paolo Villaggio.

La conoscete, no?

Credo, se non vado errato, come si suol dire, che al Festival di Sanremo del 1972, Paolo Villaggio disse al direttore d’orchestra Franck Pourcel:

– Sa, Frank, se fosse nato a Bologna, cosa le avrebbero detto? Che lei è il più grande pursel’ della città!

Cosicché, Miles si fa amici questi motherfucker viscidissimi, poi il produttore pornografico gli chiede se vuole girare una scena a luci rosse senza neppure la biancheria degli Intimissimi.

Miles pare che ci stia. Non oppone molta resistenza, lascivo, abbandona la sala da biliardo con le palline e, assieme a una stangona coi boccoloni e al pervertito producer cazzone, entra a passo felpato, di soppiatto, nella cameretta ove vengono filmati gli accoppiamenti dei bestioni.

Al che, il produttore è tutto eccitato, in quanto voyeurista irrecuperabile, la stangona già scombussolata poiché pregusta di accoppiarsi con Miles il palestrato ma Miles spiazza tutti e ammazza sia lui che lei in modo inaspettato.

Grande!

Sì, un folle mai visto questo Miles. Uno che sa cosa vuole dalla vita. Nell’episodio 1, ad esempio, una bella patatona gli dice che vorrebbe farselo subito e lui, dinanzi a quest’offerta a cui pochi uomini avrebbero detto no, appunto dice NO.

Lei, sconvolta, ci rimane malissimo. Non le era mai successo di essere rifiutata in questo modo. D’altronde è una bellissima donna, sebbene drogata marcia.

Miles però, senza battere ciglio, malgrado lei continui a insistere, la saluta e, sottovoce, la manda a farsi fottere in maniera spinta. Senza risparmiarsi in sottili prese per il culo.

Tanto che gli fotte? Sta con una diciassettenne che s’è fatto quando lei ne aveva 16.

E suo padre, un grandissimo William Baldwin, il messia liberale par excellence, anziché denunciarlo, gli fa pure i complimenti.

Come dirgli… ah, non so che fare con mia figlia. È matta, mezza schizofrenica, per fortuna sei arrivato tu a sbloccarla.

 

Sì, ragazzi perduti nelle vostre ipocondrie, non fatevi fottere il cervello da gente neo-romantica falsissima come Tiziano Ferro. Uno che, cazzo, lo guardi e ti sembra un tuo coetaneo, quindi apre bocca, cantando come un maiale scannato, e la sua voce pare quella di un vecchio di novant’anni col vinello.

Per non parlare di Ligabue. Leccaculo delle donne da competizione.

Uno di Correggio a cui io offro sempre e solo le mie scoregge. Un troione da bettole.

Ed evviva Laura Betti!

Tutto ciò, ragazzi, mi ricorda le parole sagge di quella buon’anima di mio nonno:

– Nonno, ma quell’uomo è disoccupato, non fa un cazzo da mattina a sera, sta sempre assieme alle donne mentre gli altri della sua età sono medici, avvocati e si fanno il mazzo, provando a educare i figli e a mantenere moralmente saldo il loro matrimonio.

Quell’uomo è una merda.

– No, affatto. Mi pare giusto che gli altri si fottano la vita dietro onori e gloria e lui invece se ne fotta.

È un uomo vero, non un ipocrita del cazzo.

– Nonno, ma che dici?

– Stefano, è così. Gli altri sono dei coglioni. Quell’uomo va elevato in santità. Va beatificato. Sì, sì, sì.

Anzi, sai che faccio adesso, nipote? Vado dal parroco del paese e gli chiedo se domenica può dedicare a quest’uomo una predica.

Se la merita.

 

 

di Stefano Falotico

Un grande attore è nato, forse, Miles Teller


23 Jun

Miles+Teller+Old+Die+Young+Photocall+72nd+Ueiz_JYOHzblNon so se state guardando la serie tv, si fa per dire, di Amazon Prime, Too Old to Die Young.

Una serie che, invero, serie non è, così come ho scritto nella mia recensione. Inizia in maniera turbolenta, con una scena alquanto disgustosa che può ricordare, più che Il cattivo tenente di Abel Ferrara, la versione remake di Werner Herzog con un Nicolas Cage viscido da fare schifo.

La scena in cui il corrotto Cage ricatta i due ragazzini fuori dalla discoteca e poi scopa la ragazza del tipo davanti a lui, cazzo, è veramente vomitevole, moralmente parlando.

Ecco, nell’incipit diToo Old to Die Young non assistiamo a uno stupro “legalizzato” bensì forse a qualcosa perfino di peggiore. I due sbirri, fra cui il protagonista, ricattano una ragazza. Il nero macho osceno le dice che lui e il suo collega chiuderanno un occhio se lei acconsentirà a dar lui un bel gruzzoletto.

Altrimenti, con l’accusa di detenzione di droga nel bagagliaio, la ragazza sarà spedita per direttissima in carcere, avrà la fedina penale indelebilmente macchiata e potrà immantinente dire eternamente addio ai suoi ambiziosi sogni da reginetta della città.

Un patentato motherfucker mai visto. Ma anche il suo amichetto, l’apparentemente innocente Martin, eh già, non gli è affatto da meno, è infatti parimenti al bastardone suo collega, cazzo, un lurido figlio di puttana porcellone da denunciare per criminosa umiliazione inflitta gratuitamente, previo mancia onorevolissima per disonore di oltraggio al pudore più intimo, alla castità emozionale dell’incastrata, ingenua sprovveduta, molto figa ma in tal contingenza sfigatissima.

Chiariamoci, una ragazza viziatissima, probabilmente non tanto affetta, ah ah, diciamo da immacolata verginità, una sciocchina che sta rincasando da una calda, scalmanata sera di bagordi. Dopo suoi amplessi con ragazzetti insetti molto balordi, dopo opportune sue precauzioni per non venire, in maniera venerea, infetta. Però, sebbene lorda, non meritava quest’illecito affronto virile davvero netto e poco lordo, figlio degenerato dei marci abusi di potere di una polizia merdosa e soprattutto assai vile da farci rivoltare la bile.

Cosicché, incassati i soldi che la ragazza, da loro tenuta psicologicamente in ostaggio, ha elargito ai falsi tutori dell’ordine, i due manigoldi col manganello si spartiscono il bottino, abbandonando la poveretta in mutande… economicamente parlando.

Succede un casino, un macello ed ecco che assistiamo, episodio dopo episodio, alla scalata al potere di Martin, alias Miles Teller.

L’attore spettacolare della serie è però William Baldwin. Qui, sorprendentemente, alla sua migliore prova recitativa di sempre. Sebbene appaia po’ imbolsito con una pancetta ottimamente dissimulata in camicie di manica larga… eh sì, è un riccone e il suo maggiore scopo nella vita è proteggere la figlia minorenne dalle violenze e dalle crudeltà di un mondo oramai andato a troie. Regalandole ogni lussuria, no, lusso e privilegio.

Anche se non gli fa né caldo né freddo che la sua ragazza dai capelli d’oro, ex enfant prodige come Dakota Fanning, sia stata trombata da nientepopodimeno che da Martin. All’inizio, il Baldwin non ha capito bene chi sia davvero questo Martin. Certamente non uno spiritualmente elevato come l’omonimo Scorsese. Questo Martin non sa neppure, peraltro, chi sia Jung.

Sì, è uno che bada solo a farsi il culo. Non si è mai posto domande esistenzialiste sulla vita, non ha mai psicanalizzato sé stesso per sviscerare l’escremento vivente, il verme solitario che vegeta nella sua pancia da testa di minchia. Al che Martin/Miles Teller incontra lungo il suo cammino, ecco, Freud, ovvero Mortensen di A Dangerous Method? No, John Hawkes, detto semplicemente Viggo, uno che deve aver imparato a memoria tutti i libri di Sartre e deve essersi immedesimato troppo nel cinismo della poetica pessimistica dei fratelli Coen di Non è un paese per vecchi.

Poi, in questa serie ne vediamo davvero delle belle.

Pezzi di gnocca inauditi come Cristina Rodlo. Nell’episodio 2, il regista Nicolas Winding Refn pare che voglia fare l’amore con lei attraverso la cinepresa. Vi è una scena interminabile in cui Refn inquadra Cristina semi-discinta in primissimo piano lunghissimo. Cristina in questa serie interpreta al top la parte di Yaritza. E a noi maschietti, vedendola così topa, diviene sinceramente lungo e rizz’.

In questa serie abbiamo anche la gnocca Jena Malone. No, non Gemma, Jena come Kurt Russell…

Jena Malone, da non confondere con Jim Malone/Sean Connery de Gli intoccabili.

Siamo schietti, signor Connery. Lei, nel capolavoro di De Palma, interpretò la parte di un metronotte integerrimo. Ma se, sul suo ponte, fosse passata Jena, non il ponte del finale di 1997: Fuga da New York, avrebbe abbandonato subito chiacchiere e distintivo per una serata da mezzanotte e dintorni, baciandola tutt’attorno. O no?

Dico! Siamo uomini o caporali?

Ebbene, questa serie è un noir, Miles Teller ha gli occhi chiari e io invece ce l’ho… come un nero? No, neri.

Sia il sottoscritto che il personaggio di Miles in questa serie, cazzo, spiccichiamo parola ogni era geologica. Roba da fare un baffo a Celentano, roba che intanto lo spettatore medio nostro interlocutore può finire in prigione, scontare tre anni per averci trattato da autistici e minorati mentali, poi può uscire con la condizionale, farsi pure un giro in tangenziale, riapprodare finalmente nella sua home sweet home e, solo allora, sentirà la nostra risposta.

Ma che carisma questo Miles.

Io e Miles, onestamente, siamo molto diversi. Lui è stato appena ingaggiato per recitare nel prossimo film di Sean Penn, Flag Day.

Di mio, tutti i giorni sono uguali con poche variazioni. Varie Jena Malone mi contattano su Facebook. Vorrei fotterle ma mi fotterei la vita.

A differenze di Martin/Miles, ho troppi sensi di colpa e scrupoli di coscienza.

La gente, da non confondere con l’agente, mi dice che dovrei fottermene. Ma è la stessa gente che di me, in fondo, se ne fotte.

Veramente una figata, cazzo.

Una situazione imbarazzante.

 

Miles+Teller+Old+Die+Young+Press+Conference+ZA7mnNLkgSvl

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2019+Vanity+Fair+Oscar+Party+Hosted+Radhika+FQqeefGTxB9l

 

di Stefano Falotico

I migliori film sull’istituzione scolastica – I soliti (ig)noti


22 Jun

prima notte di quiete delon

Il film Arrivederci professore di Wayne Roberts con Johnny Depp non è un grande film ma non è neppure così disdicevole e da buttar via.

Trattasi di operetta sorretta dal carisma di Johnny Depp.

E sul Depp vorrei finalmente chiarire un punto importantissimo che spesso ai più sfugge.

Stiamo parlando di un attore vero che non ha frequentato però nessun Actor’s Studio. È un talento istintivo immediatamente scoperto per fortuite circostanze e per la sua naturale, incontaminata intraprendenza assai coraggiosa. Sottolineata inoltre dalla sua iniziale carriera all’insegna di ruoli sdruciti come i jeans di un novello James Dean (Dean forse in vita sua mai lesse una novella), ruoli smaccatamente iscritti alla sua genetica fisiognomica da eterno adolescente, un po’ efebico e molto dionisiaco, simbolizzazione della rabbia tormentata del giovane, appunto, leggermente sbandato ma dall’anima intattamente romantica.

Fu istradato, come scrissi qualche giorno fa, alla carriera cinematografica nientepopodimeno che da Nicolas Cage. Sì. E se, da Nightmare alla particina incisiva in Platoon, da Kusturica a Tim Burton, il passo fu brevissimo più di un fulminante lampo, il Depp è uno dei pochissimi attori nella storia, oserei dire, che a soli trentatré anni, l’età in cui Cristo morì, ascese consacrato ad avere il nome del personaggio da lui interpretato, ovvero Donnie Brasco, nella bellissima pellicola omonima di Mike Newell, sceneggiata da un Paul Attanasio in stato di grazia. Uno dei pochissimi a cui fu dato il permesso di recitare con mr. Corleone e Scarface/Carlito in persona, Al Pacino.

Vorreste correggermi? Donnie Brasco è uscito nel ‘97 e dunque, essendo Depp nato nel 1963, aveva 34 anni all’epoca.

Sì, ma le riprese iniziarono molto prima e Depp, per questo film, per tale ruolo suddetto e sudato, sicuramente il copione l’avrà ricevuto, almeno, l’anno prima.

Quindi ho ragione io. Erano 33 come gli anni di Cristo. Tu invece hai ottant’anni e manco hai mai visto Donnie Brasco.

Fra l’altro, non vorrei infamarti, vecchiaccio della malora, ma secondo me non hai mai visto in vita tua neanche una Winona Ryder nuda. Nemmeno nei film con lei protagonista.

Su questo non posso obiettare. E dove potevi vedere Winona nuda? È l’attrice più pudica del mondo.

La massima scena di sesso che s’è concessa, in mezzo déshabillé castigatissimo, è stata in The Iceman.

Ma si rivestì subito perché Michael Shannon le fu appunto freddissimo. Eh già, come fredda lui Uomini e donne da De Filippi, cioè merde mai viste, nemmeno un cecchino.

Poi Winona, con estrema parsimonia, elargì qualche reggiseno di qua e di là ma Gary Oldman, ne il Dracula di Bram Stoker, in versione mostro-licantropo s’ingroppò l’amichetta ignuda.

Ma siamo sicuri che il Dracula di Coppola sia uno dei film d’amore più puri della storia? Forse sì, il Nosferatu di Oldman ci dà senza badare a fedeltà coniugali, spinge in forma, diciamo, maledetta.

Roba che Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi è un mon(a)co.

Peraltro, prima di sbarcare a Londra, se ne stette nel castello dei lupi da Frankestein Juniorlupo ululi lupo ululà con tre pezzi dell’Ubalda fra cui Monica Bellucci, una sempre andata forte a tette.

Sì, praticamente Hugh Hefner.

Detto ciò, Arrivederci professore vale il prezzo del biglietto anche per Rosemarie DeWitt. Donna spesso racchia ma che, in questo film, coi suoi tailleur finissimi in più di un’occasione me l’ha fatto diventare ritt’.

Dunque, arriviamo a Scent of a Woman, film iper-retorico che, a differenza di quello che potrebbe sembrare dal titolo, non è incentrato tanto sul profumo femminile, bensì sulla castrazione psicologica di un ragazzo buonissimo, lo studente in erba di una scuola prestigiosa mentre gli altri coetanei del suo paese stanno solo a cazzeggiare in cortile, fra porchette e parchetti in eterne pause molto cretine più che ricreative, fumando l’erbetta con le sciocchine.

Al che, ad Al Pacino girano i coglioni e fa piazza pulita di tutti gli imbroglioni. Ecco, davvero vogliamo che i Philip Seymour Hoffman della situazione, questi futuri panzoni pieni, oltre che di carne di maiale nel cervello come in Onora il padre e la madre, nel fegato marcio, si arroghino il diritto, un domani, di essere dei porcellini in parlamento?

Questi qua sono delle serpi. Sono quelli che oggi, sotto profili anonimi, si scatenano sotto i video sexy di YouTube a scrivere oscenità triviali e pazzesche alle donne scosciate più sensualmente allucinanti, eppure fra solo un paio d’anni saranno rettori di una cattedra universitaria.

Ho detto tutto.

Ci vorrebbe Sean Connery di Scoprendo Forrester… Sean, il protagonista de Il nome della rosa.

Da cui, ragionando di semantica da Umberto Eco, il parallelismo con la celeberrima poesia di Walt Whitman, Carpe Diem, recitata sino allo sfinimento da Robin Williams de L’attimo fuggente:

Cogli la rosa quando è il momento ché il tempo, lo sai, vola e lo stesso fiore che sboccia oggi, domani appassirà.
Infatti, Robin Williams vinse l’Oscar per Will Hunting ma poi cadde in depressione.

Anziché fare la fine del suo personaggio ne La leggenda del re pescatore, si rifiutò di seguire le cure farmacologiche, a base di neurolettici immondi, prescrittigli dai nuovi lager nazisti, ovvero i pedagogici, come no, centri di salute mentale.

Fece benissimo, quando una vita è distrutta, le compressioni e i buonismi consolatori non servono a nulla. Se non a renderti più rimbambito del demente che la vita, con le sue botte tremende, ti rese. Meglio la resa alla resistenza, fidatevi.

Peraltro, io non ho capito l’incoerenza del personaggio di Depp, Richard, in Arrivederci professore.

Prima va nel pub con pubescenti che, se non realizzeranno i loro sogni, diverranno materia di studio per un film di Todd Solondz, beve birra in loro compagnia, fa l’occhiolino alla barista sfigata e dopo un minuto se la fotte in maniera screanzata e villana nel bagnetto.

Dunque, gli vengono i sensi di colpa moralistici e, prima di morire di cancro, recita l’ultimo predicozzo ai suoi allievi.

Dicendo loro che la vita è tutta un porcile, una puttanata.

Infatti, non essendo questi ragazzi figli di giornalisti affermati o figli d’arte, cazzo, saranno fottuti.

Questa è la verità.

Il resto è retorica.

Prendete ad esempio Paul Giamatti de La versione di Barney. Diventa Innamorato pazzo come Adriano Celentano per la sua Rosamund Pike. Lei però lo tradisce con tutti, pure col miglior amico.

E Giamatti, dopo mille poesie leopardiane, dopo aver ammirato la sua Rosamund leopardata, perde ogni grinta leonina, nessuna pecorina con lei fa più ma viene messo a pecora dall’inculata bestiale.

E da Giamatti diviene matto e basta. Bastonato!

Che poi… anche se non sei esteticamente fantozziano come Giamatti ma un figone come Ben Affleck, la Pike ti combina lo stesso casini della madonna.

Basti vedere L’amore bugiardo – Gone Girl.

Mah, a me non convincono neanche quei maschi critici di Cinema che si dichiarano, oltre che ben pagati, felicemente sposati e appagati. Non sono mai soddisfatti, diciamocela.

Sì, nelle loro recensioni inseriscono sempre battute piccanti sulle Edwige Fenech di turno.

Dunque, non sono credibili in merito alla loro esegesi non solo cinematografica, bensì rispetto a quella… riguardante il loro sguardo oggettivo della vita.

Detta come va detta, sono uomini che hanno fatto flop.

Quindi, se il critico della minchia sostiene che Kubrick sia universalmente, imperituramente superiore a Cronenberg, lo ficchiamo subito all’Overlook Hotel e poi mi dirà…

Sì, Cronenberg è un genio, Kubrick era solo un misantropo.

Di mio, che posso dirvi?

Sto antipatico a tutti, soprattutto a me stesso.

Io non mento mai, nemmeno se fossi Alain Delon.

Ah che guaio se un giorno lo diventassi.

Avrei l’anima spaccata in due. Allora davvero non ci capirei un cazzo.

Sapete la verità?

Questa disgrazia è successa e sarà La prima notte di quiete…

Parola di Michael Douglas di Wonder Boys.

Che poi… anche quel brutto detto italiota… ah, se non studi, farai il camionista.

Non c’è mica niente di male a fare il camionista.

Prendiamo Stallone di Over the Top. Un filmetto e in questo filmetto Stallone, indubbiamente, non interpreta la parte di uno laureato alla Bocconi. Ove peraltro i professori imboccano le studentesse più ingenue.

Però, uno come Stallone, uno con la faccia da zotico camionista, come dicono i grandi acculturati del cazzo, non si sarebbe mai sognato di commettere e perpetrare bassezze oscene, a differenza di quello che nonnetti radicalchic sono invece capacissimi di combinare. Speriamo non più, eh eh.

Ah, il nonnismo!

E mi pare giusto che Lincoln Hawk, il falco… della notte, abbia a codesti impostori dato una lezione di vita da spezzare loro il braccio e anche qualcos’altro.

Sì, siamo stanchi di questi tromboni che vanno a dire in giro che sei un ignorantone come Stallone, da costoro reputato un uomo e un attore di merda, gli stessi che esaltano la “folle” classe recitativa di Jack Nicholson ma hanno sempre avuto un piccole problema di comprendonio.

Loro nella vita non sono stati né Stallone né Nicholson. Capisc’?

Semplicemente non sono stati nulla. E la finissero pure di esaltare I soliti ignoti. Sì, grande film ma poi questi nella vita vogliono essere notissimi, danno al prossimo perennemente delle note, giocano di super-cazzole da Amici miei pericolosissimi.

Che tristezza di gente, ragazzi.

 

di Stefano Falotico

L’idiotismo romantico di un uomo poetico e cinematografico, di una balena bianca nell’oceano degli ingordi e degli invidiosi, evviva il Boss


21 Jun

Netflix+FYSEE+Opening+Night+Celebrating+Springsteen+w_8u9ucZXF3l

jokerspringsteenSì, gli anni sono passati.

Ma Bruce Springsteen rimane il mio cantante preferito. Posso stimare il compianto David Bowie ma il Duca Bianco era anche un cazzone troppo esuberante e damerino per far sì che io possa lodarlo più di quanto, spesso, riascoltando i suoi hit, mortalmente mi annoi e mi abbia sinceramente in passato annoiato, rotto le palle a morte, diciamo.

Tom Waits è sempre stato un gigante ma anche lui sovente m’induce a un’eccessiva ruvidezza che, in fondo, mi scontenta.

Non (ne) parliamo poi di quel frocio di Eddie Vedder. Le sue canzoni fintamente grunge in verità sono piagnistei per ragazzine col ciuccio in bocca, per sessantenni frustrate che sognano scopate selvagge nell’America che hanno visto col binocolo, sono adatte, calzano a pennello per quei vomitevoli bifolchi fighetti che se la tirano da anticonformisti rozzamente affascinanti.

Merda pura, passabile solo perché Sean Penn seppe suonargliele per Into the Wild. Contenendone gli eccessi insopportabilmente melodrammatici.

In tanti hanno cercato di dissuadermi dal perseverare a cavalcare la mia strada, spesso solitaria, innervata nella malinconia che voi, superficiali e avari, reputa(s)te amara e invece io ritengo l’unico attracco cheto per la mia anima diversa e non ancora (s)consacrata al puttanesimo sempre modaiolo e soprattutto civettuolo.

Io ho cercato ostinatamente, zigzagando alla meno peggio nel frastuono, nel ciarliero cicaleccio dei vostri malvagi pettegolezzi lerci, di disancorarmi e disarticolarmi, perfino disamorarmi, dunque innamorarmi, disconoscendo la mia autostima, dell’immagine di diverso che mi appioppaste in tempi non sospetti quando la mia emozionale alterità poteva essere scambiata per patetica timidezza, per fobia sociale da in(s)etto, per carenza di palle da allev(i)are a botte di machismi fascisti, per ritrosia vigliacca incapace di accettare le responsabilità di un mondo che, giustamente, tuttora perlopiù disgusto con sentita visceralità menefreghista. Sì, dal ventre caldo delle mie profonde vene oserei dire arcane, non voglio più stare ad ascoltare il vostro abbaio codardo, ché voleste sempre la vostra visione del mondo inculcarmi coi ricatti e la più capziosa suggestione falsamente pedagogica, invero ampollosa e figlia delle vostre pecche psicofisiche, bensì desidero, a tamburo battente e a spron battuto, inseguire l’onda del vento emotivo del mio ventriloquo e interiore, impercepibile monologo da apparente sordomuto. Sì, dal rombante silenzio mortifero, dal frastuono iper-spettrale delle vostre giornate anonime, vi odio, mi perdoni iddio, e odo riemergere in gloria il mio fantasmatico essere lunatico che s’incanta ad auscultare il cardiaco battito del mio taciturno bisbiglio, il mio crescente, esplosivo latrato repentinamente innalzatosi a melodia cangevole dei miei mille umori immutabili, alcuni sostengono che si possa dire anche immutevoli, incastonati nella mia anima oggi piangente eppur senza rimpianti, a differenza di voi, ritardati immutabilmente deficienti ché sublima(s)te le perdite con la retorica nostalgica più alla buona, in quanto nessuna scelta rinnego, anzi erigo a monumentale basamento granitico del mio spirito intimamente adamantino, immacolatamente felino in mezzo alle cattiverie permanentemente vostre da tristi volponi senza coglioni. Eppure rimanete, in parole povere, degli emeriti coglionazzoni.

Se non vi piaccio, a me il Boss piace.

Se non ti sta bene, ti asfalto.

 

di Stefano Falotico, uomo che non cambia manco se Patti Scialfa gliela dà.


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È arrivata l’estate: STRANGER THINGS accadranno fra trailer completi e Sleepy Joe’s Café springsteeniani


21 Jun

Fra mari a cui non andrò, preferendo l’afa bolognese, uomini a petto nudo che porteranno il cane pechinese a ferragosto dal veterinario thailandese, nudi in spiaggia di donne che era meglio se avessero continuato a mangiare a casa, lontane dai nostri sguardi indiscreti, il grissino torinese col marito milanese più magro di un’acciuga, patate fritte con la maionese e nuovi falò delle vanità trascinanti fra oceani emozionali, occhiali da sole da Blues Brothersdrivein in periferie palermitane per anteprime mondiali di cagate bestiali, mafie di ragazzini a Rimini che si scanneranno a vicenda per farsi il bagno con la più racchia del reame, ballate entusiasmanti e la mia vicina di casa sempre in ciabatte anche al Louvre di Parigi.

Ove puntualmente, ogni estate, va a vedere la Gioconda che non è mai stata.

Sarà un’estate estatica, oserei dire estasiante. Che è la stessa cosa.

Ricordate: domani potremmo morire.

In verità, anche oggi fra 5 min. Sì, è capace che la tua lei ti ha reso troppo euforico, credevi di essere nel tuo attimo esistenziale più topico, coccolato dal caldo eccitante della sua bellezza rovente e, invece, sei stato colto da un infarto controcorrente. Non l’avevi previsto. Hai solo quarantatré anni e pensavi di vivere ancora il doppio. Sei stato inondato da flussi cardiovascolari peggiori di uno tsunami e quindi non più la ami. Eh già, come fai? Lei lo farà con uno messo meglio di cuore. Anche di portafogli e qualcos’altro.

Eh sì, di professione, il suo amante fa il cardiologo. Lo stesso che ti ha salvato la vita ma ti ha fregato la f… a. Come no? Secondo me, sì. Ah ah.

Succede. Quindi, bando alle ciance, mangiate banane e lamponi, miei zucconi, leccate i meloni e via di prosciutto crudo, fra cocomeri e il nero che vende il cocco bello.

SLEEPY JOE’s caffettin’!

La pelle diventa da pallida sempre più rossettina.

Devo pulirmi gli occhi, vi è qualche caccolina.

 

di Stefano Falotico

blues brothers

Bentornato professore: being Johnny Depp


20 Jun

depp arrivederci professore

Sì, è uscito oggi nelle nostre sale Arrivederci professore con Johnny Depp. Un film discreto, non un granché. Un film assai simile all’Attimo fuggente.

Il messaggio di fondo, infatti, è identico: ragazzi, carpe diem…

Però, Arrivederci professore è annacquato in dialoghi retorici che, con la finissima retorica di Peter Weir, hanno poco a che vedere.

Come si dice in questi casi, un film dagli intenti nobili e mirabili, giammai miserabili, ma che a livello qualitativo non poco ha difettato nei risultati.

Film da me, ovviamente, già visto. Altrimenti che cinefilo sarei? Mica sono un cinofilo come La Russa.

Nicolas Cage è stato spesso invece un attore cane durante la sua carriera ma fu lui a regalare a Johnny Depp uno dei primi ruoli importanti. Suggerendogli d’istradarsi pian piano a Hollywood ai tempi in cui condividevano la stessa stanza d’albergo. Erano entrambi giovanissimi. Il primo, Cage appunto, è nipote di Francis Ford Coppola, come sappiamo. E, sebbene nelle sue ultime interviste, abbia affermato che l’onere d’indossare un cognome così responsabilizzante l’avesse indotto persino a colpevolizzarsi, inizialmente a snaturarsi e ad assumere atteggiamenti innaturali per dimostrare al mondo che l’Oscar di Via da Las Vegas lo ottenne per l’intrepidezza d’aver rischiato con un personaggio ingrato, rifiutato da tutti poiché, appunto, gli altri attori l’avevano considerato lesivo della propria immagine, ecco, malgrado ciò, il signor Cage dovrebbe sinceramente ammettere che in Rusty il selvaggioCotton Club e soprattutto Peggy Sue si è sposata campeggia(va), correggetemi se sbaglio, eh eh, il suo nome in cartellone, come si diceva una volta.

I suddetti tre film mi pare che siano firmati dal regista del Padrino e di Apocalypse Now. Eh già, non mi sembra, a meno che abbia avuto le traveggole, che siano stati diretti, che ne so, da Sofia Coppola. La quale, ai tempi di The Godfather, aveva appena un anno, quasi due…

Vorrebbe, signor Cage, obiettare in merito alla veridicità, alla validità di questa mia affermazione?

Detto ciò, tralasciando nepotismi e leccate di culo, spintarelle e raccomandazioni, Johnny Depp è la simbolizzazione incarnata del bellissimo sognatore per antonomasia. Ultimamente, ha perso parecchi colpi ma è stata tutta colpa di quella baldracca che s’era sposato, Amber Heard. Donna assai figa e slanciata ma artisticamente poco elevata. Che Johnny Depp, con le sue infamie e le sue denunce smodate, forse un po’ ha rovinato.

Dovete sapere che, per un tempo immemorabile, mi dissociai dai miei coetanei in quanto già oltre il comune volgo adolescenziale di questi pubescenti starnazzanti.

A Bologna, città che mi diede i natali, calci nelle palle sesquipedali e ove m’innamorai, anche se solo per tre secondi, di Natalia la fioraia, quelli della mia generazione, dopo settimane di compiti a casa prescritti loro da insegnanti boriosi, barbosi, accademicamente noiosi e soprattutto ipocriti, andavano a gozzovigliare al pub Estragon.

Dunque, dopo sei giorni feriali di castighi scolastici a cui doverosamente si erano attenuti da fighetti ligi, canne permettendo e la musica di MTV a distrarli dal dolore insopprimibile di saper inconsciamente che non avrebbero mai avuto una notte con Alanis Morissette, peraltro una donna androgina tutta mossette, dopo aver accontentato, da bravi figli di papà e mammà, i precetti educativi dettati loro dalla genitorialità più pedagogicamente ruffiana, si precipitavano nell’Estragon suddetto per sabati sera sudati.

Scalmanandosi nei bagni scalcinati fra zampillii di birra scaduta e lingue copulanti in accoppiamenti perfino promiscui in mezzo a tutta la folle mischia. Godendo da matti nel putiferio di vodke lisce e della cantante guest star della serata, Mascia la bauscia. Esaltata di Milano scesa a Bologna per tirarsela da Annie Lennox. A me fu fatto credere di essere Johnny Depp di Edward mani di forbice. Sì, i fricchettoni amavano da morire maltrattarmi da freak monco. Mi proibivano subdolamente di voler toccare ragazze gnocche come Winona Ryder ma ora sono io, in questo personalissimo Ritorno al futuro, a recarmi nei pressi del maialino di turno, gridandogli… ehi tu, porco, levale le mani di dosso.

Al che, il buzzurro, esce dalla macchina e spera di suonarmele:

– Tu stai sognando, idiota. Tu dai ordini a me? Ma mi hai visto bene? Io ora ti smonto.

 

Non posso dirvi chi l’abbia prese fra me e lui. Sicuramente lui non l’ha presa e me la sono montata io? Non mi riferisco alla testa. Fui oggettivamente pazzo come Don Juan De Marco – Maestro d’amore ma mi salvai dal manicomio, salvando gli psichiatri. Da cui ora ho ricevuto perfino l’encomio. Una situazione, diciamocela, tragicomica. Dinanzi a me, questi strizzacervelli compresero di aver sbagliato tutto. Anziché perdere tempo a lobotomizzare i loro pazienti facilmente suggestionabili, invece di rincoglionirsi con le fredde teorie freudiane sull’Eros, rimpiansero di non essere stati come Mickey/Rourke di Barfly.

Ah, è troppo tardi. La vostra Faye Dunaway ora scambia Warren Beatty per Marlon Brando.

– Faye, Marlon è morto.

– Anche Warren non lo vedo benissimo, diciamo sul giovanissimo.

– Brava, andata del tutto non lo sei…

 

Sì, Faye riesce sempre a non farsi internare perché, nonostante la demenza senile oramai galoppante più di come, negli anni settanta, faceva cowgirl in tanti letti e divani ruvidi e sessualmente strafottenti, rimane una donna dal fascino spiritoso, sempiterno. Anche se nessun uomo, oggi come oggi, vorrebbe entrarci dentro.

Di me, invece, che si può dire?

Sono Johnny Depp di Finding Neverland. Faccio leggere le prime pagine dei miei libri al mio editore.

Puntualmente, succede sempre la stessa cosa:

– Falotico, che razza di stronzata è mai questa? Si rende conto della cazzate immonde che ha scritto in queste prime dieci pagine?

– Il libro ha ancora 190 pagine. Lo legga tutto.

– Già. Guardi, lo leggo sino alla fine ma, se il registro non cambierà, lei in ospedale psichiatrico finirà. Questo almeno lo sa?

– Lo so, lei legga.

– Va bene.

 

Insomma, la vita è una sola, spesso una sòla. Spesso ancora sono solo ma fuori oggi c’è il sole.

 

 

di Stefano Falotico

neverland depp

William Baldwin è un genio con le palle


19 Jun

baldwin too old to die young

Bambagioni e pappagalli, recitate a memoria questo pezzo prima di andare a dormire, anziché contare le pecorine, no, volevo dire le vostre smarrite pecorelle.

Io non mi vedo come tu mi vedi, proprio non mi vedo, non mi sento: post serissimo sulla follia umana

Parlerò di quello che leggerete per cognizione di causa.

Oramai sono esperto di psicologia più di uno psichiatra laureato a Cambridge. Sono la cartina tornasole di ogni disturbo psichico da me vinto, combattuto, ostinatamente annichilito. Insomma, sconfitto con tante fitte. Fritto.

Perciò ora mi sento svuotato e non tanto rizzo, no, ritto. Come un corridore, un maratoneta che ha percorso mille miglia, spingendo troppo a sciolta briglia. E, anziché esultare per aver tagliato il traguardo della sua vittoria personale, invece s’è dissanguato nello scontento più costernante e atroce. Sparendo nel vento, sparando a vuoto, eclissandosi ancora dopo tanto venoso, cardiaco battito esageratamente violento ché, per superarsi, ha ecceduto necessariamente di un impegno, di una concentrazione, perfino di un’elevazione impressionante per sé stesso. Soprattutto steso.

Come se a sé stes(s)o, sottovoce, nel ventre ventricolare dei meandri della sua anima straziata da tanta psicofisica fatica disarticolata, una volta raggiunto l’obiettivo prefissatosi, non credesse ai suoi occhi e rimanesse paralizzato da una sensazione di paradossale amarezza sterminata. Tumefatto, sfatto, putrefatto da un’universale disfatta, pervaso e allo stesso tempo imbrogliato, no, imbrigliato nello scioglimento emotivo più tremendo, addirittura stravolto nello “scoglionamento” sessuale così incredibile da lasciarlo spossato, senza fiato così come le gambe di Sharon Stone da farti prendere un infarto.

Ah, un tempo, Sharon fu fatata femme fatale e me n’infatuai. Ora la ripudio, malgrado io sia adesso sul podio.

Una per cui, appunto, dovevi superare mille scogli se desideravi approdare alla paradisiaca scogliera del suo Triangolo delle Bermude. E, quando valicasti mari e monti, dopo patibolari, sesquipedali fatiche da moderno Sisifo, distruggendo ogni hater con la svastica, passò troppo tempo e lei or è invecchiata. In spiaggia non si mette in topless e non le vedi nessun bikini da ex provocante birichina, è rugosa e affogata in un costume intero che non lascia nulla all’immaginazione calorosa. Sì, perché se immaginassi la sua nudità ardimentosa, preferiresti bambinescamente stare a moscio, no, a mollo con far innocentemente smorfioso.

Sono un uomo dissoltosi nella penombra rosa e nerissima, nella penosità e nella continua peluria, no, esistenziale penuria, vago come un lupo mannaro nella brughiera e, dinanzi a me, osservo pianure di scimmie che s’accoppiano nella radura, nella selvaggia natura.

Al che accendo una sigaretta e la bruciacchio nell’apoteosi della sua forza essiccante ogni mia residua, viva speranza, privo anche di ogni stimolo iroso, son ora barboso, barbuto come un lupo cazzuto, prosciugato nei polmoni dallo sforzo aspirante di essere cosciente, oramai, dell’inghiottimento perpetratomi da una società animalesca e porcellesca. Forse solo fottuta. Steso, stirato, completamente andato, disidratato, neanche me la tiro. Passeggio sconsolato, pigliando in giro le anoressiche che non vogliono mangiare nemmeno l’insalata, infliggendosi pene terrificanti, costipando, castigando, mortificando la beltà ridente dei loro cor(pi) invero ancora bisognosi di calor(i)e. Non sono dementi ma non hanno voglia semplicemente di qualcosa di ardente e al dente.

È tutto un carnaio, uno svaccamento collettivo fra uomini toreri e donne tornite, fra ragazzi taurini e adolescenti spaurite. Tra milf rifatte e nerd strafatti. Che (dis)umana frittata ch’è stata questa società, un’immensa cagata.

Così ancor sparisco, inabissandomi nell’equinozio invernale della mia depressione an(n)ale. Sì, ancora mi fotto da solo, preferendo l’’onanistica ammirazione del mio ombelico dinanzi a questi nudisti che fanno i fighi, invero sono soltanto nell’anima finiti.

Il naufragare non m’è dolce neppure al mare poiché odio la luce del sole come un vampiro avaro.

Tutti questi uomini in mutande sarebbero da spogliare del tutto. Queste donne senza dignità sarebbero d’appendere al chiodo del loro tamarro non tanto di qualità.

E così va.

Non va.

Ricordate:

molti uomini hanno una vita del cazzo e non hanno tempo per prendersi cura di vite altrui di merda.

Molte donne si/li consolano e, in questa consolazione buonista di massa, cammino a testa alta, pavoneggiandomi un po’ e subito oltremo(n)do.

La mia prima ragazza pensava di farmi del pene, no, del bene, scopandomi.

Questi sono i risultati.

Fidatevi.

William Baldwin di Too Old to Die Young è un genio.

Sua figlia diciassettenne è stata a letto col più stronzo di tutti. Lei glielo riferisce. Al che va dallo stronzo per antonomasia, il suo attuale boyfriend, e gli dice che suo padre vorrebbe conoscerlo.

Lo stronzo enorme è impaurito, preoccupato che il padre Baldwin possa farglielo a striscio, addirittura denunciarlo in modo tale da non fargliela passare liscia.

L’essere escrementizio si presenta a casa dell’eventuale, futuro suocero, un riccone annoiato a morte, il Baldwin. E chi sennò? Il ritratto vivente del pappone.

Baldwin, l’interprete di Sliver e Fuoco assassino, quello a cui hanno sempre detto che, anche se recitò con Kurt Russell e Bob De Niro, non varrà mai l’unghia del fratello maggiore, Alec.

Fissa lo stronzo nella pelle, nelle palle degli occhi senza battere ciglio, poi gli parla discretamente in privato con severo cipiglio. Lo stronzo è terrificato dalla possibile reazione del Baldwin stizzito. E lo stronzo rimane impassibile, in una parola zitto.

Baldwin gli si pone pressappoco in questi termini:

– Ti sei scopato mia figlia minorenne. Be’, che possiamo fare? A lei è piaciuto? Sì. A te pure? Sì. Tanto prima o poi doveva succedere. Lei è felice, tu sei un bel ragazzo come Elvis.

Dove sta il problema?

 

Una scena scioccante. William Baldwin è un grande.

Sì, il suo personaggio dev’essersi fatto un culo della madonna per arrivare dove è arrivato.

E a che è servito?  Il mondo è sempre uno schifo, la figlia una pazza viziata. Era meglio forse se fosse stato un caso umano.

Almeno avrebbe avuto la solidarietà penosa e compassionevole del novanta per cento dell’umanità, formata da irriconoscenti ritardati, da egoisti maniaci, da pervertiti mascherati dietro una facciata perbenistica da falsi e ipocriti dei miei coglioni.

E questo è quanto.

Il mare a me non piace, preferisco le rocce.

Anche le mie cosce.

di Stefano Falotico

I peggiori film del prossimo anno saranno certamente meglio dell’ultima pellicola di Tarantino


18 Jun

pitt hollywood tarantino

Eh già, tutti fanno previsioni sui possibili film migliori della prossima stagione.

Ma è troppo facile puntare sui registi di qualità, sui cosiddetti cavalli di razza vincenti.

Ora, chiariamoci, C’era una volta a Hollywood di Tarantino, secondo me, come già profetizzai, sarà una delle solite, ultime gigionate anemiche e poco emozionanti di Tarantino.

Tarantino è un bel tipino. Ha da sempre impostato la sua carriera, girando film pieni di citazionismi che a loro volta omaggiano film del passato da lui idolatrati e adorati, quindi shakerati secondo la sua visione spesso volgarmente pulp o pacchianamente grindhouse.

Ripeto, ciò aveva un senso per i suoi primi tre film, ovvero Le ienePulp Fiction e Jackie Brown, perle che non si toccano.

Le perle non vanno assolutamente toccate. Così come le gambe di Catherine Zeta-Jones, donna ora sposata a Michael Douglas, il quale le regala tuttora collanine d’oro neanche se fosse Bob De Niro di Casinò con la sua bagascia Ginger, dunque dovete tenere ben a mente il comandamento… non desiderare la donna d’altri.

Io la desidero eccome ma Michael Douglas non lo sa perché è rincoglionito. Catherine invece sa tutto.

E non mi spingerei oltre.

Torniamo a Tarantino e non perdiamoci in freddure da Clint Eastwood di Per qualche dollaro in più.

Sì, diciamocela, Kill Bill 1 e 2 valgono solo per la scena finale del capitolo uno quando un ispirato Michael Madsen recita cimiteriale, con soffice farsela nelle sue mutande, la celeberrima… merita la sua vendetta.

Sì, una battuta di dieci secondi in un film che dura quasi due ore.

Il capitolo due invece dura quasi 140 min ma non ha neppure dieci secondi di gloria.

Quindi, secondo voi questo dittico sarebbe un capolavoro?

Se la pensate in questi termini, David Carradine deve prepararvi un panino con le sue mani lerce e servirvelo con tenerezza così come fa con sua figlia ancora innocente e incosciente.

The Hateful Eight è una spossante esibizione di attori che vogliono dimostrarci di saper recitare monologhi interminabili.

E perfino la scena finale che dovrebbe risultare rivelatrice e dunque emozionante, cazzo, non sta in piedi neanche ad attaccarla con la colla.

Scusate, uno riceve la lettera di Abramo Lincoln e, anziché conservarla come la reliquia di San Gennaro, la illiquidisce nel sangue più purulento e gore?

Il bifolco Samuel L. Jackson dovrebbe prendere lezioni d’igiene da Al Pacino di Danny Collins. Il quale, a differenza sua, coccola l’epistola recapitatagli da John Lennon neanche fosse Yoko Ono.

Sì, l’accarezza con estrema delicatezza, eccitandosi come Lino Banfi di Al bar dello sport quando, contando le banconote della vincita della sua schedina miliardaria, pare che stia massaggiando arrapatissimo le cosce di Milly Carlucci dei tempi di Pappa e ciccia.

Eh, Milly è invecchiata ma all’epoca attizzava ogni uomo pugliese di verace Calore! E anche froclen, come diceva Pasquale Zagaria, dinanzi alle gambone di Milly aveva attimi assai dubbiosi riguardo la sua senile omosessualità.

Detta come va detta, la Carlucci è sempre stata una bella donna moralmente discutibile. Sì, prostituitasi a filmacci pecorecci pur di arrivare un giorno a una vita da Ballando con le stelle.

Contenta lei, contenti quelli che son stati nel suo letto per farla ascendere ai primati dei massimi ascolti della Radiotelevisione Italiana. Scommettiamo che… andò proprio così?

Sì, so che Milly è sposata da anni.

Sì, da qualche anno, da un decennio. Da un ventennio? Da un trentello? Sì, se me lo passasse su PayPal, non avrei bisogno di partecipare ai telequiz di Mediaset. Un tempo patrocinati da Mike Bongiorno, da una vita sostenuti invece dal peso extralarge per eccellenza, soprattutto nel portafoglio, cioè Gerry Scotti.

Capisco, ora Milly è sposata. Perfetto, non ci proverò, Tanto adesso è pure rifatta.

E qui alla mia vita è stata (s)fatta una frittata! Ah ah.

Sì, sono l’unico uomo della storia che, anni addietro, finì nei centri di salute mentale. Dopo che tutti appurarono che non necessitavo di alcuna Cura da Franco Battiato, ho capito che non mi piaceva manco la filosofia sempliciotta di Lucio Battisti.

Ah, ma è tutto un battistero. Sì, prima mi chiesero di recarmi ed entrare in chiesa a confessare i miei peccati, poi vollero sconfessarmi. Qui viviamo di baci di Giuda come ne Il padrino – Parte II.

Non va bene, eh? V’è un’ipocrisia dilagante, figlia appunto della moralità piccolo-borghese di cui è, ahinoi, intrisa la falsa cultura radicalchic nostrana da farisei Pater Noster e fasulle Bibbie come se fossimo in Cape Fear di Scorsese.

L’Italia, l’unico Paese al mondo ove primeggia negli incassi Checco Zalone, ove andavano forte i film banfiani, una nazione di Cornetti alla crema, di Ciccio perdona… io no!, un posto malfamato di religiosissimi mafiosi ove tutti ammiccano e provocano con pessime, equivocabili battute scontatissime sul sesso manco se ci trovassimo, appunto, nello studio dentistico della pellicola Vieni avanti cretino col compianto Gigi Reder nella stravista, abusata parte d’una spalla fantozziana di Luciano Salce.

Tarantino è figlio della nostra peggiore italianità. Non è come il grande, succitato Scorsese, appunto. Uno che in Mean Streets ficcò in colonna sonora Renato Carosone non per fare, come Tarantino, il citazionista piacione molto cazzone, bensì perché in quei bar fetidi di Little Italy nei jukebox passava davvero il Carusone. Il suo vero cognome.

Statem’ buon’, a casa tutti bene? Come ti sei sciupato. Hai mangiato? Vuoi ancora un po’ di polpette?

Sì, le madri italiane amano i figli e i loro picciotti come se fossero bravi ragazzi…

E tu invece? Stai sul timiduzzo? Henry, perché non parli mai?

Sì, in Goodfellas passa, nella stupenda scena della presentazione dei vari personaggi, Il cielo in una stanza poiché i piccoli manovali della criminalità adoravano realmente Mina.

E può darsi che su un barcone di sballati sia andata on air veramente Gloria di Umberto Tozzi così come si vede in The Wolf of Wall Street quando Margot Robbie, scatenata e smutandata, qui sembra Sharon Tate e nel film di Tarantino no.

A proposito, secondo voi, Roman Polanski, prima che Sharon fosse oscenamente trucidata dalla banda di Charles Manson, cantò mai alla sua Tate Ti amo?

Mah, secondo me vi può fornire una risposta esaustiva in merito, eh già, Brudos di Mindhunter.

Ecco, a mio avviso i peggiori film del prossimo anno saranno dei capolavori in confronto alla super porcata mai vista di Tarantino.

Quentin, hai davvero rotto il cazzo col tuo Cinema autoreferenziale, leccaculo, auto-imbrodante.

Ha ragione l’attuale moglie di Polanski, Emmanuelle Seigner. O fai un film alla David Fincher incentrato esclusivamente sulla tragedia di Sharon Tate, oppure, se devi ficcare la storiella di contorno per altra carne al fuoco, vai a fare in culo.

Scorsese ha fatto solo una scelta sbagliata in vita sua.

Ha avuto ragione Nick Nolte a non applaudire Elia Kazan nella notte degli Oscar in cui, al regista di Fronte del porto, consegnarono l’Oscar alla carriera.

Certamente, immenso regista, Elia, ma non dovevi fare il maialino.

Sennò sei (stato) solamente un figlio di puta peggiore di Clint Eastwood de Il buono, il brutto, il cattivo.

Ve lo dice Wallach Eli.

Ora, se non ero a Cannes, se C’era una volta a Hollywood non è neppure uscito ancora negli Stati Uniti, chi sono io per dire questo?

Be’, sono il padrone di un mulo a cui non piace la gente che ride…

E soprattutto i puntini di sospensione nel titolo, cazzo, Sergio Leone non li avrebbe mai usati.

Fanno proprio schifo.

E dunque nemmeno io li uso.banfi carlucci pappa ciccia

di Stefano Falotico

La critica moderna, guidata dagli youtubers Joker Marino, Federico Frusciante, victorlaszlo88, Lorenzo Signore, Mr. Marra vs la Critica accademica


17 Jun

james-deanOra, saltate questo lungo preambolo se non amate l’autoironia, la Critica sui generis e passate al capitolo 2 che verte sulla questione enunciatavi nel titolo…

Comunque sia…

Lo spettatore amatoriale che critica i critici veterani è triste quasi quanto Paul Schrader che girò un film con James Deen e più moscio di Richard Gere de Il primo cavaliere?

Sì, ho scritto James Deen, non James Dean.

James Deen è la nemesi di James Dean. Tanto Jimmy fu la simbolizzazione, per quanto mitizzata volgarmente, romanzata, empiamente stilizzata della gioventù bruciata piena di palpiti romantici, d’eterna inquietudine combattiva, d’incandescente purezza sentimentalmente travolgente, ovvero l’incarnazione della rabbia giovane quasi appunto malickiana, oscenamente mistificata però dai cultori e fautori bassamente giornalistico-giovanilistici, appunto, cioè adulti rincoglioniti idolatri e nostalgici delle giovinezze lor perdute nella panza e nella corruzione da riempire e infangare di triti luoghi comuni insopportabili ché, a loro squallido ardire, è bello ardere e identificare in modo pressapochista nella distorsiva nomea iconica d’una idealizzata, forte, eterna sindrome da Peter Pan e nella stupida magnificazione bambinescamente cazzuta de Il selvaggio, quindi a erezione, no, elevazione di nostalgie ed elegie brandiane e coppoliane, Rumble Fish docet, santificanti e dunque limitanti, al solo scopo… mercantilistico e superficiale, agiografico e banale, semplicistico e oserei dire scandaloso, scostumato, vergognoso di alzar in auge quella… che è invero l’emotiva complessità di un periodo importantissimo della vita di noi tutti, cazzo, dicevo… mi son perso fra anacoluti dal costrutto sintattico più articolato di un infinito rutto brutto… in parole povere, James Deen, il pornoattore osceno, è un misogino edonista mostruoso e marcio, un sodomita violento e ai limiti della legalità delle donne comunque più vicine alla femminilità animale, quindi di Dean ha solo il nome.

Deen è uno sgorbio e ha storpiato pure il fantastico cognome del protagonista della Valle dell’Eden.

E The Canyons è un film impresentabile non perché io sia un moralista che fatica/chi a digerire l’idea che lo sceneggiatore de L’ultima tentazione di Cristo abbia ficcato… Dean nella sua porcata per rendere Autofocus la sua bischerata, no, capisco benissimo che dietro questa sua scelta di casting via sia un’idea meta-cinematografica pari quasi alla metafisica di Taxi Driver, comprendo appieno che, così facendo, Schrader abbia voluto eccentricamente omaggiare appunto sé stesso, essendo lui un calvo cineasta solipsista e calvinista, ossessionato dalla carne, da temi come il peccato, l’irredenta natura ambigua del sesso e dell’amore in una società andata a puttane più delle clienti di Woody Harrelson di The Walker o del super figo Richard Gere di American Gigolo, no, non è questo il punto. Nemmeno G.

Il grande Cinema è splendida finzione. American Gigolo è un bellissimo film proprio perché non c’era John Holmes a interpretarlo. Non so se mi stiate seguendo. Bensì appunto v’era Gere.

Forza, sveglia, non dormite da ghiri!

Un sex symbol, certo. Che peraltro sarebbe divenuto totalmente tale soltanto dopo questo film. Richard Gere, un celeberrimo donnaiolo incallito che è stato sposato a Cindy Crawford, l’unico stronzo di classe che poteva permettersi la lussuria, no, il lusso di essere il protagonista della pellicola All’ultimo respiro, remake neanche tanto malvagio, a darla tutta, no, a dirla tutta, di Fino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard, recitando spesso semi-ignudo in piscina assieme a quell’ex Femme Publique immane e stra-gnocca di Valérie Kaprisky, donna impudica e pubica, senza far rimpiangere del tutto l’originale puro.

Evviva le guerre puniche!

Ma Gere è un attore coi contro-coglioni, non schizziamo, poveri idioti schizofrenici, e soprattutto… non scherziamo.

Guardatelo ne L’incredibile vita di Norman oppure ne Gli invisibili. E capirete che, oltre al sempiterno fascino virile da piacione, v’è sempre stato molto di più, miei cazzoni.

Richard Gere è uno che ha sempre saputo eccome il fallo, no, fatto suo. Un attore con due palle così.

E qui ci vorrebbe, a gridarvelo in faccia, Mario Brega di Un sacco bello, così come urla infatti al figlio scemino che Don Alfio è uno di Chiesa che la sa lunga.

James Deen è il peggio del maschio, roba che Bobby Peru di Cuore selvaggio, cioè Willem Dafoe, vale a dire uno degli attori preferiti di Paul Schrader, neanche a farlo apposta, se lo tromba più velocemente di un’eiaculazione precocissima senza neppure cagarlo di striscio.

Paul Schrader, che film merdoso che è il tuo The Canyons. Per fortuna, ti sei rifatto con First Reformed. Sennò ti avrei spedito a fumarti un cannone…

Sì, un tempo, ai due giorni di leva, chiedevano ai ragazzi se amavano i fiorellini. A me chiesero come mai mi piacevano i tortellini ma non gradivo molto le bolognesi.

Se qualcuno rispondeva sì ma, alla domanda se gli fosse piaciuto fare il fioraio, rispondeva che, altresì, amava la natura colorata e bella eppure al contempo non si sarebbe mai sognato di fare il giardiniere contento o di vendere rose rosse alle donne innamorate non solo di Richard Gere per una vita apparentemente felice, ecco, a questo qualcuno prescrivevano la visita dallo psichiatra.

Io sono il Joker, anche Matthew Modine di Full Metal Jacket.

Se costui si opponeva a questa sorta di castrazione psicologica assurda, lo riformavano. Ma non rilasciandogli la patente di uomo troppo dolce ed educato, dalle buone maniere sensibili non pronto a un mondo guerrafondaio manieristico di fascisti-filonazisti, bensì lo rispedivano al mittente con la patente discriminatoria di frocio assai prossimo alla demenza.

Sulla lettera, diciamo, di dimissione non v’era scritto esattamente frocio bensì eufemisticamente lo si mandava a cubiste, no, a cubitali lettere, a quel paese poiché non ritenuto macho abbastanza e dunque adatto, oddio sto morendo, a una vita da duro che tutti incula.

È questo che ci ha insegnato la nostra Italia. Complimenti, valori di “sana e robusta Costituzione”.

No, non ho nulla da dissentire in merito. Come no? Infatti io ho svolto il servizio di obiettore di cosce, no, di coscienza.

Detto ciò, non traviate le mie parole, non travisatemi.

Tutto quest’ambaradan, questo pen(s)oso panegirico per arrivare a una questione che mi sta sinceramente più a cuore.

Sì, tutti questi damerini, questi (ig)nobili figli di papà di vent’anni che non se lo sono mai fatto a dovere, mi stanno sul culo.

Se avessi detto che mi stanno in un posto simmetricamente perpendicolare allo sfintere, mi avrebbero pure tolto la possibilità di obiettare e dire la mia. Vi pare normale?

A noi, critici e figli della generazione X, forse con una Lancia Ypsilon, uomini “Smart” insomma, chi spezzerà delle lance in nostro favore? Ah, non ci disprezzerete e dunque l’anima non ci spezzerete.

Vi faremo a pazzi, no, a pezzetti, a pezz(ent)i. Paz e devi avere Pazienza, anche Andrea…

Dobbiamo mettere i puntini sulle i e anche forse su quelle greche, non siamo probabilmente dei latinisti e amanti dei peplum ma forse adoriamo i piedi femminili, siamo feticisti di e come Tarantino?

Siamo misogini come James Deen o come Stuntman Mike di A prova di morte?

Odiamo gli attori cani, dunque non siamo dei cinofili, bensì solo dei cinefili?

La domanda sarebbe da porre al mitico Ignazio La Russa. Vi ricordate?

Incorre in un frequente lapsus il candidato di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa mentre si rivolge a Luca Miniero, regista del film Sono tornato che ha come protagonista il Duce: “Un film troppo commerciale…”.

Alcuni sostengono che io meriti molto più successo E che i miei circa 370 iscritti al mio canale YouTube Joker Marino siano davvero pochi. E sul modello 730 abbia poco da recensire…

Ora, noi siamo bravissimi, in effetti. Spesso, lo dico orgogliosamente, siamo più intuitivi, colti e preparati di gente che scrive, dietro fior di quattrini, per quotidiani nazionali.

E mi riferisco naturalmente, oltre che a me stesso, ai succitati Frusciante, Victor, Signore, forse anche a Willy Signori e vengo da lontano.

C’è chi ha mille iscritti al suo canale e chi invece 100 mila. Chi invece ne ha tre, ovvero sé stesso e i suoi genitori. Io non sono invidioso di chi ha più di me. Chi fa da sé…

Dunque, lunga vita a Fede, nostri fedelissimi.

È meglio insomma Falotico, detto Falò delle vanità, oppure Francesco Alò?

È meglio Mereghetti o le sorelle Laura e Luisa, figlie di Morandini?

Chi è nato prima? L’uovo o la gallina?

E Falotico è una gallina dalle uova d’oro? Cioè, quasi (a) gratis, continua a fare le video-recensioni di film altissimi ma, se fosse andato, ogni santo giorno, al semaforo di Via Prati di Caprara, per elemosinare du’ lire, forse oggi avrebbe più soldi?

È un critico amatore pur non essendo un armatore, è un amante della più elegante Ars Amandi e un adoratore del Cinema bello, non bellico, quanto i migliori film di Elia Kazan? Oppure era meglio se fosse nato davvero come Antonella Elia?

O è invece un cazzaro, un casinaro, un coglione, per farla breve e sveltina?

Siamo tutti pirla in questo mondo?

E perché mai sfruttarono la virilità grandiosa del magnifico Richard Gere a uso e consumo delle donnette che hanno sempre utopisticamente sognato di vederlo nei panni di Lancillotto?

Tornando a La Russa, stamattina uno in radio, un lavoratore stacanovista e bravissima persona, a tale domanda fattagli, ecco, ha risposto così:

– Che cosa faceva nella vita jean-Jacques Rousseau?

– Russò.

 

Invero, non fu una domanda ma una barzelletta raccontata dallo stesso radioascoltatore che, finito di spararla, volle puntualizzare che lui, oltre che lavoratore duro, è un grande musicista.

Ci siamo capiti. Ho detto tutto. Noi siamo più bravi dei cosiddetti critici da cui tutti pendono dalle labbra ma forse ha fatto bene James Deen a buttarla in vacca.

Se proprio ci andrà grosso, no, grassa, potremmo pure campare con un mezzo stipendio ottenuto dalle visualizzazioni, ma non potremmo mai permetterci di avere la villa a Mulholland Drive.

Noi continueremo però, resilienza e Resistenza permettendo, ad amare alla follia Lynch, vedendo Naomi Watts e Laura Harring col binocolo e invece il Pinocchio Deen vedrà gnocche a tutt’andare, sgranocchiandosele, le gambe sgranchendosi, scrocchiandosi le nocche, pieno di balocchi, no, baiocchi.

Chi ha occhio, no, orecchie per intendere, intenda. Altrimenti, se non volete starci a sentire, c’è sempre la RAI.

Evviva noi, youtubers a cazzo loro, gli altri sono tutti troioni.

Perciò, arriviamo al punto cruciale, alla morale della fav(ol)a:

se James Dean interpretò Il gigante, se James Deen è un cane e La Russa un cinofilo, perché Falotico non può essere un cinefilo normale?

Dio can’!

 

di Stefano Falotico

01 Jan 1955 --- James Dean --- Image by © Sunset Boulevard/Corbis

01 Jan 1955 — James Dean — Image by © Sunset Boulevard/Corbis

Il Joker era a Castel San Pietro Terme assieme a un suo amico, forse Robin di Batman


16 Jun

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jokerSì, domenica assolata. Un caldo micidiale.

Al che, dopo una lavata bestiale, presi la macchina e m’infilai una maglietta, azionando la quinta, sollevando la leva del cambio e guidando come un dannato. Ah, sono un futurista-trasformista che odia i Transformers, l’edonismo e pure gli Avengers.

Sono il figlio delle mie mille metamorfosi, fi(si)che non, da uomo che fa del perenne cambiamento la sua filosofia a volte pure da demente.

Un uomo bracalone che odia il Dottor Balanzone, un uomo che incarna sia Gassman che Trintignant de Il sorpasso, è il mattatore de L’armata Brancaleone, uno insomma che detesta le persone ipocrite e venera Il monello di Chaplin. Di secondo nome faccio Pierrot, no, Piero, non sono un tipo da film di Pierino, conobbi però da piccolo un ragazzo di nome Pierre che si scopò molte P.R. Ora è sposato con una pura.

Di mio, non so che farmene delle pubiche, no, pubbliche relazioni. Amo isolarmi e gridare come Totò ne L’imperatore di Capriisolani, i solisti…

Ah, voi siete solo solipsistici. Quelli del PD raccontano balle e hanno la panza piena. Walter Veltroni ancora fa il Pinocchio e Beppe Grillo resta sempre un Mangiafuoco parlante.

Fra notifiche del cellulare che squillò, una squillo che adocchiai sul marciapiede, uno che mi strombazzò e un’altra con un gran didietro che, all’uscita nella quale svoltai, m’urlò che voleva trombarmi, continuai come sempre per la mia strada. Imboccando l’autoradio e ficcando il cd della colonna sonora di Lost Highway.

Sono oggi il Richard Farnsworth di Una storia vera e domani Sailor di Cuore selvaggio.

Cosicché, mi diressi in direzione di Castel San Pietro Terme. Cittadina amena con molti segreti di Twin Peaks al suo attivo. Una località intrisa di storie paesane condite da sindaci equivoci, da maestre elementari dal passato discutibile, piena zeppa di palazzi fatiscenti e posti degradati, di uomini deficienti e di altri molto abbienti, di abitanti che invero a Castel hanno solo la cantina ma stanno parcheggiati, poiché arrestati, alla Dozza di Bologna, d’un celeberrimo luogo termale ora colmo di formiche e termiti, non frequentato quando il caldo fa morire d’infarto la gente per colpa dell’ipertermia, un posto di donne scosciatissime, di biblioteche che furono ex macellerie, di distinte signore che mettono le corna al marito della prostituta più famosa che se la fa col parrucchiere, col commendatore e forse anche, appunto, con un qualsiasi puttaniere.

Uomo che non abbisogna della maschera sociale per esserle senza filtri ma comunque la ama a metà col preservativo.

Ah, questa gente che sotto Natale fa il presepe, va a messa di domenica e il lunedì mattina tifa per Salvini, io la metterei in ginocchio, genuflessa nel recitare il Mea Culpa.

Sì, gente che Fabrizio De André faceva bene a mettere alla berlina. Sì, sono persone che si dichiarano ecumeniche ma invero, oltre che fasciste nell’anima, sono senza cuore razziste.

Sì, questi qua, questi quaquaraquà vanno internati come quelli dello zoo di Berlino. La dovrebbero finire di demonizzare i giovani disoccupati quando l’unico lavoro che hanno fatto, cazzo, è stato guardare per otto ore le cosce della segretaria.

Dopo otto ore, costoro, talmente rincoglioniti dalla Juventus, non le hanno timbrato neppure il cartellino rosso.

Questa è gente peggiore di Antonio Cassano. Cassano fece solo casini e si divertì un casino con donne di bassa lega, simili a Nadia Cassini.

Donne che ebbero culo a non fare un cazzo, appunto, ma a essere più ricche di Cassano stesso.

Come fu possibile? Facilissimo. Essendo facilissime, oltre che con Cassano, andarono anche con l’intero Real Madrid.

Che posso dirvi?

Le persone religiose dicono di amare il prossimo come sé stesse ma molte di esse si suicidano per bassa autostima.

Gli psichiatri sono atei, non credono a Gesù ma vogliono salvare i lebbrosi nel cervello, pigliando parcelle da porcelli.

Sapete che vi dico? Mi comprerò il dvd di Marisa Tomei: Core & Curves.

Sì, io non sono un ipocrita.

Vi racconto persino questa.

Un mio amico venne a casa mia. Al che aprì, senza chiedere il permesso, un cassonetto ed esclamò scandalizzato:

– Cristo, ma questo è un porno. Stefano! Io pensavo che tu fossi un intellettuale. Hai un porno in casa tua.

– No, figurati. Ti sbagli. Ne ho cinquemila.

 

Ah, quante dicerie e maldicenze. Quanti esseri calunniatori.

Poi, diciamoci la verità. Non è vero che in un paese tutti sanno tutto di tutti. Questa dicasi massima popolare assai falsa. Non sanno niente, diciamo piuttosto che amano passare il tempo, spettegolando.

Potrebbe essere così?

Il mondo comunque è piccolo.

Anche a New York, il sindaco sostiene di aver fatto la scelta giusta ad arrestare uno di Harlem ma è maritato con la moglie di Martin Scorsese di Taxi Driver.

 

di Stefano Falotico

 

tomei core e curves

joker phillips

twin peaks

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

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