E ora la sparo fenomenale!
Sì, mi piacerebbe essere eiettato dal Gullfire al centro della Grande Mela di questo mondo ghettizzante che esclude e dunque reclude, recrudescente, coloro che non si adattano facilmente ai suoi parametri fascisti e parafrasare, traslare questo celeberrimo incipit di uno dei capolavori del grande John Carpenter all’interno di tal folle società imprigionata, lobotomizzata fra le sbarre edonistiche di Instagram ove la regola basilare, adesso, per avere follower, anzi, con la s plurale che fa tanto unanime imbecillità poco pluralistica bensì omologata alla cretina grammatica scolasticamente più elementare per procacciarsi fan, cioè perfetti sconosciuti semianalfabeti a cui tu metti like e loro parimenti corrispondono di altrettanti cuoricini stupidi, recitando e declamando in piena notte, turgidamente cupissima e infettata dalla luna più barbaricamente tetrissima, con la mia voce narrante, un devastante monito contro quest’umanità a dir poco costernante e oramai sprofondata nell’idiozia altissima, cioè nella più miserabile, pusillanime, egoistica celebrazione folcloristica di manichini esibizionistici:
«2019: l’indice di deficienza non solo negli Stati Uniti raggiunge il 400%. Quella che un tempo fu la libera città di New York e l’umanità ellenica diventa il carcere di massima sicurezza per l’intero globo terrestre. Un muro di cinta di 15 metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l’isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all’isola. Non vi sono guardie dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più».
Sì, una regola ferrea che non vale solo per Nuova York.
Una volta iscrittivi su Instagram, siete fottuti.
Ma soprattutto chi non s’iscrive appartiene di diritto anticostituzionale al mondo degli emarginati e dei vinti.
Sì, oggi per vincere e avere amici, peraltro virtuali e soltanto voyeuristici, dovete farvi cento autoritratti al giorno come dei pirla, inserendo i seguenti tag irrinunciabili:
#love, #photooftheday, #followme, #like4like, #instadaily, #summer e stronzate varie.
Sì, anche se sarete in pieno inverno al Polo Nord, anzi, al Polo Sud come in The Thing, se non volete rimanere soli come dei cani al pari di Kurt Russell e Keith David, guardandovi negli occhi, pensando… ci siamo salvati dall’omologazione che tutto assorbe ma ora che facciamo, c’inculiamo a vicenda, ecco, ficcate… la foto di voi sul cesso al buio con l’hashtag: #chicagodinotte.
Come in una celebre, pessima battuta di Pierino/Alvaro Vitali.
E vedrete che, pur essendo delle merde d’uomini, tutte le donne più fisicamente bone ma più vuote di un water di un albergo senza clienti, appunto, vi cagheranno.
Che bellezza di mondo, eh?
Come abbiamo fatto a sputtanarci così?
Quando è partito questo delirio escrementizio?
In quale superomismo becero da Essi vivono?
La gente non legge più i libri e pensa perfino che Il seme della follia sia una malattia genetica tramandata per colpa di un commento sbagliato.
Sì, oggi, se sbagli intonazione in un commento, ti arrivano addosso altri commenti molto nobili:
ammazzati, ritardato.
Oppure: sparati in bocca ché non sei Iron Man, seguito da #avengerssupercool.
In tale Fog crescente, in questo The Ward allucinante di morti viventi, fra questi Vampires ridicoli, in questo Grosso guaio non solo a Chinatown, mi tengo stretto il mio Distretto 13.
Il mio isolazionismo pop. So che mi accerchierete, voi, brigatisti della morte disumana, voi, edonisti con le vostre macchine infernali come Christine, voi bimbi insensibili da Villaggio dei dannati, so che le mie saranno le Avventure di un uomo invisibile, parecchio inviso, ma ci tengo alla mia “diversità” da Starman.
In un mondo senza più religione, io sono ancora fra quei pochi che si pongono dubbi teologici, cosmogonici. Ovvero se dio e il diavolo siano la stessa persona come ne Il signore del male.
Mi domando perché vivo e perché noi tutti viviamo così.
Mi domando se siamo solo dei Fantasmi da Marte di una società ridotta peggio d’un martire, alienata, disintegrata come ne La Fin Absolue du Monde.
Sì, è per questo che John Carpenter è uno dei più grandi geni non solo della storia del Cinema.
E questo libro, me ne frego delle vostre invidie, è forse il migliore, a livello mondiale, sul Maestro.
Compratelo e ricordate:
tu leggi Sutter Cane?
Ah ah!
di Stefano Falotico
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