Archive for April, 2019

Perché questa generazione aspetta in maniera febbricitante il Joker con Joaquin Phoenix?


19 Apr

fleck joker

La risposta è facilissima.

Ora, sappiamo invero ancora poco, nei dettagli, della trama. Il Joker con Phoenix, diretto da Todd Phillips, è esplicitamente ispirato alla graphic novel The Killing Joke.

Molto vagamente però. In questa storia fumettistica, si narra che il Joker, prima di diventare tale, cioè il Principe del Crimine, era uno standup comedian di bassa categoria, costretto a esibirsi in bettole e locali di quart’ordine.

Ora, lo sceneggiatore Scott Silver è troppo in gamba perché possiamo pensare che abbia copiato alla lettera il fumetto.

Infatti, già dal trailer e, peraltro, come già anticipato da precedenti rivelazioni, siam venuti a sapere che il Joker si chiama Arthur Fleck e vive con la madre. Che lui cura da un brutto male. Almeno questo è ciò che abbiamo inteso.

Non abbiamo però compreso se la madre sia malata di tumore, di depressione grave oppure d’invalidanti turbe psichiche.

La madre è interpretata da Frances Conroy. Attrice notevole dai lineamenti inquietanti.

Già maniaca religiosa in Stone con De Niro.

Ed ecco che Silver inserisce proprio Travis Bickle di Taxi Driver, Rupert Pupkin di Re per una notte. Per omaggiare De Niro stesso e il suo anfitrione Martin Scorsese. Scorsese, che inizialmente veniva accreditato come producer di questo Joker, invece adesso è scomparso dai credits e non sappiamo se verrà annoverato come finanziatore della pellicola. Staremo a vedere.

Todd Phillips… uhm, è un autore? Troppi pochi film per poterne essere sicuri. Sicuramente è un regista abile e comunque di talento. Uno che in questo progetto vi crede molto. Fermamente.

Poi, abbiamo Murray Franklin/De Niro nei panni di un Mike Bongiorno misto al David Letterman più bastardo.

Per inciso, The Comedian di Taylor Hackford, appunto, con Bob De Niro perché nessuno lo distribuisce in Italia?

Guardate che, a dispetto della media recensoria assai bassina della Critica statunitense, è un signor film. Una commedia dolceamara in stile Woody Allen. Anche se meno acuta.

Voi mi chiederete… Dove l’hai visto? Io vedo tutto. Ho anche il Blu-ray acquistato da Amazon.

Ora, De Niro in questo film pare che incarnerà e rappresenterà, involontariamente, la causa scatenante della pazzia del Joker.

Insomma, un personaggio televisivo paragonabile al Jack Lucas/Jeff Bridges de La leggenda del re pescatore. Con una piccola, importantissima variante. Bridges, in preda al gigionismo, nel suddetto film di Terry Gilliam, aveva incitato un radioascoltatore a spararla grossa.

L’uomo, travisando (torniamo a Travis…) le sue parole scherzose, in una distorsione interpretativa assurda, compiva realmente una strage. Uccidendo a sangue freddo la moglie del professore interpretato da Robin Williams. Il quale, in seguito alla tragedia, impazziva.

Insomma, Bridges era stato l’indiretto responsabile della follia di Williams. Cioè aveva reso Williams un interdetto.

Franklin/De Niro, invece, chiama nel suo talk show Arthur Fleck. E, dopo averlo ripetutamente umiliato con battute sprezzanti di dubbio gusto, Arthur crolla.

Uhm, troppo presto per dire se De Niro sarà la sola causa della follia di Arthur. O se, invece, come quasi sempre accade in questi casi, sia stata solamente la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Se cioè, oserei dire invero, Arthur già soffriva di forti fragilità psicologiche e, dinanzi all’ennesima batosta potente, abbia perso il cervello completamente.

Un uomo buono, Arhur. Ma non credo affatto tonto. Premuroso e speranzoso, semmai.

Uno che, parafrasando Loredana Bertè, ci credeva, sì.

Credeva, nella sua utopia sognante da eterno adolescente, che davvero in questo mondo chiunque potesse e avrebbe potuto vivere felice, lontano da una realtà squallida, volgare, violenta e misera.

E poteva accontentarsi della sua forza fantasiosa, della sua poesia malinconicamente dolce e forse finanche romantica. Struggente e un po’ patetica, certamente, ma meravigliosa.

Il mondo invece è crudele. Non lascia scampo. Perseguita chi non sta ai patti sociali fatti di competizione, suprematismo e, diciamocelo, orribile edonismo.

Quelli della mia generazione ne sanno qualcosa.

Ha sempre impazzito, no, impazzato l’osceno termine sfigato.

Per sfigato, genericamente parlando, s’intendeva e ancor s’intende una persona iellata, di scarsa fortuna. A cui non ne va dritta una.

Secondo invece il modus ragionandi degli adolescenti, ahinoi anche di molti adulti deficienti, sfigato è colui che non possiede una vita sessuale e affettiva. O, se ce l’ha, è comunque molto esigua e frustrante.

Dunque, quest’appellativo, spesso tutt’ora lanciato a destra e a manca, soprattutto dai destrorsi, con bacata, arbitraria, scriteriata, microcefalica faciloneria balorda, con stoltezza incommensurabile e vanagloriosamente cretina, oserei dire ripugnante, già la dovrebbe dire molto lunga su che razza di società noi abbiamo vissuto e, purtroppo, continuiamo a vivere. Mi stupisco che anche voi, voi che vi dichiarate colti e intelligenti, ancora abbocchiate a questi idioti luoghi comuni.

Una società filonazista da Benvenuti a Marwen.

Una società senza valori.

Che basa i rapporti interpersonali, appunto, sul primato di grandezze superomistiche assai effimere.

Una società di primati, scimmiesca.

Una società bruciata come un fiammifero.

Porca, lercia, puttanesca.

Per questo le persone migliori di questa generazione aspettano con ansia, forse anche con attacchi di panico, eh eh, il Joker.

Perché, come Arthur Fleck, hanno capito che quasi tutto ciò che ci avevano insegnato, ovvero l’educazione civica, il reciproco e solidale rispetto, i valori come l’amicizia, l’amabile convivenza fraterna, l’amore e il romanticismo sono oramai concetti ridicoli e superati, anacronistici in questo mondo d’imbecilli stronzissimi.

E che la cultura non è niente se non è finalizzata ai soldi e al procacciarsi la carne da mangiare…

Un mondo ove tu puoi essere Dostoevskij ma devi sapere che un pornoattore analfabeta con un fisicone da toro se la gode da matti. Alla faccia tua. Tanto bellina.

Perché è nato ricco. Oppure semplicemente non gliene frega un beneamato c… o di nessuno.

Questa è la base del tradimento del comunismo. Il bacio di Giuda…

Dunque, in una società di farfalloni straviziati e viziosi che dicono agli altri pagliacci, mi pare giusto che, dirimpetto a tali sorrisi falsi, qualcuno non si sia adattato all’andazzo.

Che abbia avuto il coraggio di dire, no, non cresco… poiché sono io quello cresciuto, siete voi invece i nani buffoni. E andreste tutti internati in manicomio.

Sono personaggi come Balboa di Rocky V.

Uno che accetta tutto. Accetta ad esempio che dei bambagioni gli dicano fallito e coglione.

Ma non accetta che si vadano a toccare persone che non c’entrano niente con queste sozze bassezze.

E allora lì diventa una furia.

Sono personaggi come Viggo Mortensen di A History of Violence. Come si suol dire, teneroni, buoni e cari perché portano rispetto. Signorili e gentiluomini.

Ma tu, bifolco, sei entrato in questo bar per fare un macello, hai toccato la mia famiglia, e mio fratello non lo sarai più.

Mai più.

È una lezione di vita pesantissima, atroce.

Sacrosanta.

La lezione di vita che questa disturbata società ha prodotto. Una società schizofrenica, marcia, malata.

Dobbiamo riscoprire i nostalgici nostri sentimenti forse non del tutto perduti.

di Stefano Falotico

Come dice il grande Mr. Black/Victor Wong ne Il signore del male, esistono fenomeni inspiegabili


19 Apr

wong signore del male

Sì, più passa il tempo e più mi convinco che Il signore del male sia davvero il capolavoro assoluto e inarrivabile di John Carpenter.

Qui, il Master cos’ha fatto?

Ha girato uno degli horror filosofici più belli di tutti i tempi. Metafisica pura. Genio immane.

No, mi spiace deludervi. Io potrei essere l’incarnazione del liquido verdognolo contenuto nella teca del sotterraneo?

E dunque rispondere alla lapidaria frase di Donald Pleasence: colui che dormiva si sta svegliando?

No, io sveglio lo sono sempre stato.

Ma, si sa, l’ignoranza regna sovrana e le persone trascendenti vengono spesso offuscate dalla cafoneria di massa, dalla visione superficiale della realtà.

A maggior ragione, se è una visione della vita ipocrita e catto-borghese.

Da coloro che insistono con la teoria che i buoni saranno premiati ai cattivi puniti, agli scienziati del 1930 che elaborarono con loro orrore una teoria che dice che non tutto può essere dimostrato, noi abbiamo cercato di mettere ordine nell’universo. Ma abbiamo scoperto una cosa molto sorprendente: anche se esiste un ordine nell’universo, non è affatto quello che noi avevamo in mente!

Sì, per quanto riguarda, ad esempio, il sottoscritto non è, non sarà mai spiegato precisamente da nessuno psichiatra e scienziato dei fenomeni neuronali, questo miracolo impressionante.

Sono stato accusato d’inattendibilità e infantilismo.

Peraltro, fu tale e sbalorditivo l’improvviso risveglio che fu più comodo asserire che delirassi.

Non è vero.

Ciò a cui spesso di me assistite, miei stolti, sociali assistenti soltanto dei vostri cervelli nani che amano darsi delle spiegazioni plausibili, non corrisponde alla realtà dei fatti?

Purtroppo, è la versione più fedele alla realtà che possiate minimamente immaginare.

Per farla breve, se un metafisico viene scambiato per meta-scemo, non scriverà mai una monografia su John Carpenter.

Se invece comincia a ragionare con la sua testa, può diventare straordinariamente gigantesco.

Portare la realtà a un altro livello spirituale e concettuale.

Ora però voglio farvi ridere.

In radio, impazza una pubblicità: stare troppe ore davanti al pc, può rovinare la vista.

E io aggiungo: stare per troppo tempo coi piccini, può rovinare la vita.

Insomma, non allarmatevi. Non c’è niente di anomalo e preoccupante. Qualcosa d’illuminante, però, sì. Così come ne Il signore del male si afferma che Dio e il Diavolo potrebbero essere la stessa creatura, perché mai non credere che io possa essere sempre stato uno che davvero ama vivere così e in fondo del sesso e dello squallore quotidiano poco m’importi? Ne Il seme della follia, d’altronde, viene esplicitamente esposta un’atra incognita assai veritiera.

Se il 90% per cento della gente crede in una realtà oggettivistica, è gente soggettivistica.

L’ho già detto. Ah, mi fate ripetere.

Il Cinema di Kubrick è grandioso. Ma non m’interessa più.

Gli preferisco Clint Eastwood, forse l’ultimo dei viventi umanisti.

Il Cinema di Woody Allen è molto bello. Ma, a parte un paio di film, tre probabilmente, veramente perturbanti e bergmaniani, come InteriorsSettembre Un’altra donna, sono stanco dei suoi drammi leggeri.

Così come penso che la saga de Il padrinoLa conversazione e Apocalypse Now siano dei capolavori intoccabili ma non possiedono quella splendida anima di Peggy Sue si è sposata.

Che scena quella del finale. Quando Peggy/Turner si risveglia dal suo coma.

Forse questa vita è stata solo un sogno, un incubo, forse solo una realtà ultraterrena, un giorno, potrà dirci chi siamo.

Noi tutti.

Forse io sono nessuno. Tu anche. Siamo tutti fratelli di quest’infinto tempo senza spazio e viceversa, di questo mondo a cui comunque dobbiamo essere eternamente grati.

Perché, anche se non dovesse esistere dio, ci è stato comunque concesso il privilegio di un sospiro, di un attimo incantevole.

Sì, lo so, se mi provocate, la prendo malissimo e poi impreco, bestemmio. E dico cose orribili.

Ma sono umano, purtroppo.

Una volta, già tanti anni fa, dissi al mio psicologo che, arrivato a quel punto, volevo farla finita.

Lui mi disse:

– Soffrirai moltissimo. In maniera devastante. Ma non farlo. Vale la pena vivere. Anche per te.

Potrebbe essere qualcosa di veramente magico.

 

Non so se avesse ragione, non ho la presunzione di definirmi un messia. Questo lo fanno gli schizofrenici e lo fa Alice Cooper, appunto, di Prince of Darkness.

So che lo specchio potrebbe riflettere l’incommensurabile. E io stesso ho paura di toccarlo.

 

di Stefano Falotico

I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

irishman falotico

Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

L’uomo che c’era e Rusty James vanno dal barbiere, video cult


18 Apr

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Sì, mentre a Cannes assisteremo ai soliti noti, esiste nelle periferie bolognesi un uomo che, invero, ha sempre avuto poco a che vedere col Billy Bob Thornton di The Man Who Wasn’t There dei fratelli Coen.

Qui, potete vederlo in tutto il suo barbarico splendore. No, prima con la barba e i capelli arruffati, quindi con un’acconciatura tra lo sfigato, l’elegante Matt Dillon di oggi, lo sguardo stralunato da Nicolas Cage, il fascino ermetico di un Marcel Proust lungo le scalcinate vie felsinee un po’ rustiche.

Un uomo che, molti anni or sono, fu selvaggio proprio come Matt Dillon di Rumble Fish.

E adesso ha una voce roca da Tom Waits. Da cui, miei zombi, il film The Dead Don’t Die.

Un uomo che, chetamente, senza dare nell’occhio e senza imitare Marco Bellocchio, fotografa la vita meglio di Terrence Malick.

Guardando film a tutt’andare, leggendo riviste e libri altissimi con estrema concentrazione purissima. Corteggiando le donne con una finezza sottile come i suoi baffi ben rasati. Come la sua glabra gentilezza smodata.

Insomma, un personaggio monumentale.

Perché un tempo la mia vita, depressasi e mortificata per colpa di tanti ragazzi più sboccati di quelli del capolavoro di Coppola, si arenò a letto.

Ma colsi fra le ombre dei miei esistenziali reumatismi, oh sì, una bionda molto dolce.

Lei toccò le corde giuste e la musica cambiò. Dal lagnoso piagnisteo passai soltanto ad amori di ritmo “pianoforte”.

E da allora, dal b/n triste alla Roger Deakins, la mia vita virò al Technicolor.

In formissima e in formato Panavision, tutto vibrò.

Ce la possiamo dire? Senza se e senza ma?

Sono veramente un Genius.

Uno a cui non daresti una lira.

Infatti non me ne faccio nulla, oggi ci sono gli Euro.

Anziché suonar la lira, strimpello la chitarrina con voce dura da uomo che fuma sigarette a iosa e, col morbido catarro della sua gola profonda, ha mostrato che nella vita non servono le virilità competitive da idioti, bensì occorre il carattere maturo d’una mente immersa eternamente nei sogni lievi come ieri, come la vita nel suo dipanarsi flebile e poi tostamente grintosa.

Sì, la vita è come una scatola di cioccolatini. Non sai mai quello che ti capita.

Semmai, pensate di avere una vita magnifica e, come fanno gli strafottenti, prendete in giro le persone melanconiche. Perché vi paiono tristi, miserevoli e inesistenti. Una vita, la vostra, da illusi sognatori come in Bianca, con tanto di lezioni cattedratiche e battutine sul Mont Blanc. Da sachertorte di sfottò. Poi, la situazione si ribalta di colpo. In un batter d’occhio. Per i bastardi professorini, ora, in ordine di graduatoria primeggia La stanza del figlio.

Mentre per altri la vita è brillante in un battibaleno con tanti arcobaleni. Una vita imprendibile come Moby Dick contro tutti gli invidiosi Achab.

 

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di Stefano Falotico

Disastro a Hollywood: non è un film con De Niro, benvenuti nel FIGHT CLUB e in BIRDMAN


17 Apr

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Sì, avete presente il film di Barry Levinson con Bob De Niro? What Just Happened?

No, non ce l’avete presente perché questo film assai sottostimato l’ho visto solo io e forse Michael Wincott.

Il più grande cinematografaro del mondo, ah ah, colui che è stato il villain de Il corvo e il cugino sfigato dello sceriffo di Nottingham nel Robin Hood con Kevin Costner.

Insomma uno che ha una faccia da ergastolano ma lo prende in quel posto più di Fantozzi.

Sì, lui vuol editare il film Fiercely con Sean Penn come dice la sua testa. Convinto di essere il nuovo Orson Welles. Ma la direttrice dello studio Catherine Keener, specializzata in ruoli da t… a, e anche qui è stronza alquanto, gli cassa quasi tutto. Perché pensa solo agli incassi.

Wincott distrutto, apparentemente crolla e abdica alle richieste della Weinstein in gonnella. Ma poi a Cannes stupisce tutti, presentando sotto banco il suo director’s cut.

Un finale che farebbe arrabbiare tutti gli animalisti. Anzi, li fa proprio incazzare.

Bob De Niro, il produttore della pellicola, ascolta i fischi sonanti, rimuginando e mugugnando con la classica smorfia congeniale all’attore de Gli ultimi fuochi.

Inforcando gli occhiali in stile Battiato, occhiali di sintomatico mistero. Eh già.

Wincott invece ridacchia sotto i baffi. Probabilmente, dopo una mossa del genere, non gli daranno i finanziamenti neppure per girare un Super 8 millimetri (no, non il film di J.J. Abrams) di suo figlio alla prima Comunione.

Ma lui se ne frega. Tanto un altro lavoro lo troverà. Al massimo, s’iscriverà alla lista di collocamento de I soliti ignoti. O no?

Ecco, Disastro a Hollywood non è un grande film ma è godibile. Con molte scene deliziose.

I protagonisti di Robert Altman è certamente superiore ma noi non dobbiamo partire dai maestri assoluti.

Dobbiamo farci la gavetta. Altrimenti saranno soltanto gavettoni in testa.

Per realizzare anche un cortometraggio degno di nota, bisogna procedere con meticolosità poderosa, oserei dire puntigliosa.

Intanto, imbastire una sceneggiatura d’una certa rilevanza, originale ed enigmaticamente sottile. In una parola, sfiziosa. Lasciando stare tutti i furbetti ammiccamenti libidinosi e le puttanate varie di presa subdola.

No, nessun nudo, al massimo un tocco di femminilità elegante e sensuale nell’impasto del cortometraggio speciale. Mescolata a una virilità cazzuta da pensatori liberi.

Nichilistici, narcisisti, giammai solipsistici o classisti. Insomma, uno script da veri equilibristi delle parole e delle atmosfere che spingono…

Sì, in pochi minuti, bisogna allestire un pregevole lavoro, tecnicamente ben realizzato. Altresì è doveroso, per onestà intellettuale, sintetizzare la propria poetica in un tempo così stringato, limitato. Senza essere limitati.

Senza schiacciare la potenza dell’assunto con sbrigativi effettismi e subdoli escamotage, come si suol dire, ruffiani e da paraculi.

Bisogna cioè creare il proprio piccolo gioiello, conservando un personalissimo stile incisivo. Senza mai vendersi e leccare… Altrimenti beccheremo soltanto dei frontali e ci spaccheremo gli incisivi.

Mica facile. C’è poi lo storyboad, gli attori da scegliere, gestire e dirigere, tutto il comparto tecnico e le location da selezionare accuratamente dopo profondi spogliatoi, no, sopralluoghi. Al che, ti accorgi che ciò che appariva un gioco da ragazzi, ah, non solo è dispendioso perché occorrono numerosi soldini da investire, bensì è semplicemente più complicato del previsto.

Ma io e il mio amico ce la faremo. Senza farci nessun film, facendolo.

Ci siamo quasi. Incrociamo le dita.

Finita Pasqua, passerà qualche giorno e partiranno i ciak. Possediamo la cultura per fare questo. Il coraggio. E, come si suol dire, il carisma.

Gli allibratori non accettano scommesse. Vincere e vinceremo!

E se invece perderemo? Gireremo un altro corto. Noi non ci demoralizziamo.

Mentre voi passerete tutta la vita a brindare che la Juventus è stata eliminata dalla Champions League.

In faide e sfottò barbarici. Napoletani contro piemontesi e donne umbre contro uomini siculi.

Continuando nella vostra vita di bassezze, indignitose, truffaldine vite misere. Anzi, miserrime!

(S)fatte di gelosie, oscene battute sempre coi doppi sensi sessuali, che voi definite “piccanti”, ripicche, filippiche, della serie oggi amo Filippo ma lo tradisco con un filippino, tanto Filippo non può sospettare che la sua amante sia la mia donna delle pulizie.

Sì, un’Italia di cornuti, di uomini miopi senza cornee e senza cuore ove gli ipocriti pregano con le coroncine e poi comprano i libri di Corona. Sarete mazziati!

Sì, continuate così. Poi non vi lamentate… se arriveranno, sempre da parte mia, mazzate!

Così è.

Sono presuntuoso.

Mi pare sacrosanto.

E cammino con aria disinvolta, adocchiando di qua e di là con indubbio charme.

Perché mi comporto in questa maniera volgare?

Come dice il mitico Christian De Sica:

ah, buzziconi, ma vedete d’anna’ …

 

Ecco, ci siamo capiti.

Adesso, scusate, devo andare al negozio dei giocattoli.

Una tizia, essendo da me stata rifiutata, va consolata con un Big Jim.

Sì, sinceramente, ah, n’è passata di acqua sotto i ponti. Ove io non finirò per vostra delusione somma, somari.

Sì, voi avete fatto gli stronzi a pontificare, qui in Italia sono tutti i pontefici, mentre io, non scordatelo mai, rimango il più cinico.

Mi pare ovvio.

Detto ciò, senza rancore, eh?

Sì, nella mia vita commisi un errore sesquipedale. Al pari di Jack Nicholson de La promessa.

Cioè, ho sempre avuto ragione io. Ma non sono mai esistite, sussistite le prove della mia ragione.

E allora dicevano che andavo assistito.

E dunque era più facile credere che fossi un delirante mezzo matto, un personaggio da Jodorowsky, sì, da La montagna sacra.

E di me fu equivocato tutto dapprincipio. Son solo un principe. A volte pure solo e basta. Ah, chi se ne frega del Sole? Poi ti scotti!

Perché, se uno non adatta il suo genio a dei principi, a dei principianti di ordinarietà e non riesce mai a dimostrare la sua superiorità, il gigante diventa un nano e i nani prendono per il culo il gigante.

In un capovolgimento pazzesco e ipocrita di verità ribaltate.

Sì, non ho mai avuto bisogno di amori adolescenziali e di ragazzine piccoline. Così, mi son beccato nel corso del tempo anche l’appellativo d’impotente. Perfino di maniaco.

Perché la gente ha pensato: ah, questo ti piace però non ti piace. Questo lo fai però non lo fai. Allora devi essere un semi-pervertito.

Ora, credo che i nani vadano zittiti una volta per tutti. Anche per tutte…

I nani sono trasgressivi nel vestiario, nelle pose ma nella mente e nell’anima sono dei pelandroni nullafacenti.

Parlano, spettegolano, giudicano, favellano ma poco combinano. Perché, messi di fronte al salto di qualità, si chiudono come sempre nei moralismi, nella retorica, nell’esaltazione cioè della stoltezza.

Della loro tristezza.

E del vivaio porcellesco quotidiano.

Meglio essere tosti, duri, cupi.

Si rischia di essere emarginati e picchiati a sangue dal mondo.

Sì, ovvio. Meglio che rimbecillirsi.

Io adoro Nietzsche.

E dovreste adorarlo anche voi.

Evviva il titanismo!

Sì, altrimenti si finisce a fare i medici e gli avvocati.

Bravissimi, ma non sono artisti.

E, fra una parcella e un onorario, un paziente e una causa, aspettano che la Juventus vinca la Champions.

Se a voi questo mondo piace, a me no.
fiercely sean penn

 

 

di Stefano Falotico

Il Cinema e la nostra vita risiedono in uno sguardo, puro trip lynchiano a base di Heat


16 Apr

velluto blu rossellini

 

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

Una delle lezioni principali di Psicologia (se non mi credete… non mi credete e basta) è questa:

il futuro psicologo deve immediatamente, dimenticandosi del suo modo di ragionare, cancellare sé stesso e imparare a entrare in empatia col paziente.

Soltanto una volta che avrà scandagliato a fondo la sua anima, dopo che il paziente gli avrà rivelato il suo inconscio, può avvenire il transfert. Che può essere istantaneo o succedere dopo cento sedute.

Se invece lo psicologo, dapprincipio, ragiona con la sua mente nel giudicare l’anima a lui esterna, cioè quella del paziente, lo psicologo è pessimo, cioè da manicomio. E necessita di un trasferimento.

Ah ah.

È così.

Tutti noi abbiamo vite diverse. Uno entra in coma, che ne so, a 25 anni e si risveglia dopo trent’anni.

La sua vita, la poca rimastagli peraltro, sarà giocoforza diversa da chi a 25 anni aveva realizzato Quarto potere. Perché Orson Welles a venticinque anni era solo all’inizio del suo rivelato prodigio. E anche del suo pancione che sarebbe cresciuto a dismisura.

E forse Orson invece ha accusato acciacchi e sintomi quasi da demenza senile a età decisamente avanzata.

Mentre tuo fratello è diventato schizofrenico a 13 anni e a cinquanta si è risvegliato dal suo torpore.

Una donna ha dieci figli e un’altra donna sua coetanea invece è lesbica. E non ha adottato nessun figlio.

Un altro non ha affittato neppure un film a noleggio.

Tu sei un operaio che ama Shakespeare mentre quel professore universitario ama Michelle Hunziker. E fa solo i cruciverba. Perché è laureato in Fisica e della Letteratura non gliene frega nulla.

Tu invece sei letterato ma non conosci Mishima.

Mishima era un genio. Questo è poco ma sicuro, assodato.

Così com’è conclamato che, parimenti a Kurt Cobain, si sia suicidato. Mishima si è ammazzato con un suicidio rituale, Cobain invece solissimo. Forse nello scantinato.

Non era uno scantinato? Allora era un uomo fortunato che però era tormentato più di uno scalognato.

La domanda che dobbiamo porci è perché si siano entrambi suicidati.

 

Maramao perché sei morto?

Pane e vino nan t’è mancate…

La ‘nzalate sté all’uerte

Ninghe Nanghe, peccé sì muerte?

 

Già, Mishima perché sei morto? Eri da tutti acclamato come un bell’uomo e soprattutto come scrittore di alto borgo.

Cobain eri belloccio, se non ti andava bene l’amor di Courtney Love, sai quante altre stronze a cui potevi “suonarle?”.

Ah ah.

Sono morti perché, arrivati a un certo punto, hanno capito che qualsiasi cosa avessero fatto e ottenuto, già, la loro vita non aveva più senso.

Avrebbero potuto vincere cinquemila premi ed essere osannati da chiunque, avendo gioie a bizzeffe, soldi a palate (che già comunque avevano) e perfino tante “patate”.

Ma la loro anima si era spenta.

E non vi è rimedio alcuno quando si giunge a questo stato o stadio. Insomma, due uomini poco ultrà! Ah ah.

Come forse non v’è soluzione per noi tutti. Solo una squallida continuazione…

La vita è una perenne illusione. Finché esiste questo sogno, trasfigurato semmai nelle arti, nella Musica e nel Cinema, esiste l’orizzonte, lo sguardo oltre il quotidiano mondo invero tanto immondo.

Finita l’illusione, spentasi l’anima, puoi avere anche tutto il mondo ma il tuo stesso mondo non ha senso di esistere.

 

Morale della favola: siamo tutti fottuti dalla nascita, siamo vivi solo perché continuamente illusi.

Illusi che domani lei s’innamorerà di noi, illusi che invece lei andrà con un altro perché non la sopportiamo più ed è meglio che s’innamori di quell’altro. E ti chieda il divorzio. Sennò è un casino.

Illusi semplicemente che la vita non sia Mulholland Drive.

O forse lo sia perché c’illudiamo appunto che sia un capolavoro indiscutibile e unanime.

E invece è solo Twin Peaks 3, un profondo, straordinario incubo pazzesco.

Ugualmente un capolavoro.

Per me lo è, per altri no.

Per te la tua vita è bellissima, per me no. Per te la mia vita è bruttissima, per me è Isabella Rossellini di Velluto blu.

Insomma, spesso deliro più di Lynch.

Ma il bello è questo. Non posso essere davvero De Niro. E nemmeno vorrei esserlo. Fra qualche giorno inizia il suo Festival. Sai che palle…

Da cui il famoso delirio denirante.

Anche pacinesco.

E, in queste dune di elucubrazioni da Strade perdute, ecco, ci sta il netto, assonante andate a…

Comunque, per farla breve, secondo voi in questo preciso istante a cosa sta pensando il signor Lynch?

Forse sta pensando che deve aprire il frigorifero e bere una Coca-Cola. Potrebbe essere…

Mentre credo che voi stiate pensando che io sia pazzo. Forse l’avete sempre pensato. Io ho pensato la stessa cosa di voi. Credo di sì.

Da cui il celeberrimo Una storia vera.

In questo scritto mi sono superato.

Se non mi danno il Nobel stavolta, vado a farmi un viaggio col trattore. Fermandomi anche a una buona trattoria.

 

 

di Stefano Falotico

La cattedrale di Notre-Dame si ricostruirà, abbiate fede, se invece venisse bruciato Taxi Driver? Addio anche a Ronin, chiamate Ombra di Fuoco assassino


16 Apr

notredame

Sì, Vittorio Sgarbi ha calmato gli animi. Son altre le tragedie che dovrebbero allarmarci. Molte parti della cattedrale andata in fiamme saranno ricostruite e restaurate.

È una chiesa molto antica ma al contempo abbastanza contemporanea.

Quindi, tutto questo fervore, quest’accaloramento va subito spento da Kurt Russell di Backdraft.

Vero pompiere che si accende come un fuoco quando subisce uno sgarbo. Diciamo che è un uomo di viva combustione. Energico, possente, che dà heat anche a Robert De Niro. Due che non sono mai spompati. Semmai…

Bob, un’ombra nella notte. Che, in Taxi Driver, s’immerge fra i diseredati come un Victor Hugo ante litteram– Ma alla sua sibilla Cybill non regala uno smeraldo. Non ha i soldi per donarle una vita da favola.

Ah, che perla, Taxi Driver.

Bensì Travis/Bob la conduce in un cinema porno in mezzo alla fauna peggiore del sottobosco metropolitano d’una New Tork infernale.

Un poeta dell’underground, un “gobbo” in mezzo a persone apparentemente più alte di lui, forse un Quasimodo, anche Salvatore.

Un esteta dell’ermetismo di pallida ipocondria della luna come uno dei migliori miei libri.

Taxi Driver, film immortale del quale dovete assolutamente avere tutti voi, sì, una copia deluxe.

Così come Ronin.

Sì, Ronin è ambientato a Parigi? Direi proprio di sì.

Placate dunque il dolore dei parigini, dando loro un bacio Perugina come le labbra dolci di Natasha McElhone.

Sì, a parte gli scherzi.

È un incendio rimediabile.

Decisamente peggio è quando vi riducete come Nerone. E, odiando il mondo, solo perché una Jennifer Jason Leigh da quattro soldi non vi si fila, diventate dei piromani come Donald Sutherland.

Pazzi irrecuperabili.

Dunque, spengiamo subito i bollenti spiriti. Ma quale gioventù bruciata!

Quindi, quando qualche stronzo vi vorrebbe far credere che la vostra vita è oramai disperatamente un’Apocalypse Now da The End di Jim Morrison, voi ballate attorno a tale malfattore con movenze da Re Lucertola.

Con sottile dileggio, cantategli poi questa:

backdraft de niro

 

di Stefano Falotico

I migliori film sulla boxe: scritto dedicato a ogni uomo BOMBER


16 Apr

wrestler rourke

Sì, l’altro giorno ho visto Hands of Stone. Film da me anche recensito. Nell’ultima mezz’ora il film emoziona ma oramai è troppo tardi. Comunque non del tutto disprezzabile.

E, sulla base delle emozioni suscitatemi, ispirato, come spesso accade, dal fascino muscolare di tale storia grintosa, ho deciso di scrivere tale pezzo.

Sì, io di film sulla boxe ne ho visti tanti. Compreso proprio Boxe. Uno dei peggiori film con Gene Hackman. Che c’azzecca in questa pellicola pessima uno dei più grandi attori di tutti i tempi?

Va be’.

Sì, facendo un po’ di promemoria, credo di aver visto tutti i massimi film sull’arte nobile.

Ma nobile di che?

La boxe è quanto di meno nobile possa esserci. Gli uomini sfogano rabbiosamente tutti gli istinti più bassi e animaleschi per primeggiare sull’avversario. Massacrandolo.

Chiariamoci, infatti. Oggi, questo genere di sport con tutte le sue varianti, kickboxing e jujutsu, è praticato da gente esibizionista che vuol mostrare i suoi fisici bestiali. Uomini che fanno sfoggio edonistico delle loro virtù atletico-combattive per aver presa su donne culturiste, spesso di scarsa cultura, che vanno matte per questi uomini palestrati che, anziché mangiarsi un bel piatto di maccheroni, curano la loro asciuttezza, soprattutto del cervello amorfo, in diete a base di proteine e Gatorade.

Insomma, uomini che potrei smontare soltanto col montante di un mio neurone ambidestro.

Un tempo, invece, la boxe era perlopiù praticata da gente povera. Gente morta di fame proprio come il mitico Roberto Durán.

Ecco, ora vi racconto questa. Il mio leggendario, ah ah, zio Nicola, prima di fare il muratore, fece per qualche mese il pugilatore. Eh sì.

Perché onestamente Nicola non era particolarmente acculturato. E, prima di rimediare il lavoro appunto di muratore (e già gli andò grassa perché nel Mezzogiorno il lavoro ha sempre scarseggiato), per sbarcare il lunario, pigliava la gente a pugni.

Un uomo pugnace, come si suol dire, Nicola.

Con un fisico della madonna. Senza paura di niente.

Andò anche a lavorare in Germania. Prima di rincasare nuovamente nel suo paese.

Fra quei crucchi, si ubriacò e scoppiò una rissa. Nicola, testa calda, prese a sberle chiunque. Poi, i suoi sfidanti, ripresisi dalle batoste devastanti, in massa lo inseguirono per i viottoli tedeschi. In segno di accesa vendetta.

Nicola allora se la vide brutta. Era tarda notte. L’appartamento, in cui alloggiava, distava miglia dal bar ove era avvenuto il tafferuglio.

Al che, Nicola si dileguò in un cimitero. Scavalcò il muro di cinta, non quello di Berlino, ah ah, e si nascose fra le lapidi.

Era però, come detto, sbronzo. E si addormentò. Di lui, i suoi inseguitori persero ogni traccia.

E Nicola passò tutta la notte, cullato da Morfeo, in compagnia dei morti. Roba da film di Romero.

Dico questo per farvi capire che la boxe era all’epoca un modo per riscattarsi socialmente.

Certo, avevi solo la quinta elementare e non ti assumevano neppure al banco dei salumi come Mickey Rourke di The Wrestler.

Mitico Mickey. Uno degli attori più belli del mondo, secondo me anche uno dei più bravi e carismatici.

Ma Mickey non poté più accontentarsi delle sue grandi interpretazioni nei film di Coppola e di Michael Cimino, allora divenne un homeboy.

Uh uh ah ah.

Divenendo, per un po’, anche pugile nella vita vera. Eh sì, dopo gli schiaffi di gelosia sferrati a Carré Otis, Mickey capì che, a differenza di Mike Tyson, non doveva maltrattare il gentil sesso ma sfogare le sue corna con stronzi più bastardi di lui.

Vinse perfino qualche incontro, peraltro più truccato della sua attuale chirurgia plastica e del suo odierno makeup.

Uh uh ah ah.

Ora, bando alle ciance. I più bei film sul pugilato sono questi:

Lassù qualcuno mi ama con uno forse più figo di Mickey, Paul Newman, Città amara – Fat City di John Huston (film che però vidi cinquemila anni fa e dovrei rivedere), ovviamente Rocky, Toro scatenato, The Boxer di Jim Sheridan con uno strepitoso Daniel Day-Lewis e Ali di Michael Mann.

Ce ne sono altri? Sì? Scusate, se non mi sovvengono. Suggeritemeli voi perché non ho voglia, adesso, di rammemorare tutto. Uh uh ah ah.

Sì, c’è anche The Fighter.

Film però come Rocky, Toro scatenato e The Boxer non sono propriamente film sulla boxe. Bensì film su personali storie difficili di uomini che, rispettivamente incasinati, trovarono la loro salvezza, il loro fuoco vitale nella gloria del ring.

Be’, Jake LaMotta non è che fece però una bella fine come il Balboa. Ma questo è un discorso sul quale potrebbe illuminarvi un altro campione assoluto. Però di Calcio. Diego Armando Maradona, forse più autodistruttivo di Jake.

Uh uh ah ah.

Comunque, amici, il più bel film sulla boxe è naturalmente, non ci sono dubbi, Bomber di Michele Lupo con Bud Spencer, Jerry Calà, Mike Miller detto Giorgione e Valeria Cavalli, una delle mie donne preferite della storia. Quando non era ancora una milfona.

Sì, epico!

Cinematograficamente davvero bassino. Ma altro che Stallone che le suona a Dolph Lundgren.

Qui parliamo di emozioni mille volte superiori.

Quando Bud guarda il suo ragazzo, lo rimprovera e poi capisce tutto.

E allora Bud diventa una furia scatenata, distruggendo Rosco con Gegia che incita la folla!

Apoteosi!

Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi!

 

Infine, qual è il vero nome di Mike Miller? Potrebbe essere uguale al mio?

 

 

di Stefano Faloticohomeboy bomber spencer

Quando pensi di essere Dustin Hoffman di Rain Man e invece sei Tom Cruise, video antologico, epico!


15 Apr

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Forse, non vi siete accorti dei mutamenti cronenberghiani avvenuti nel Cinema e nella vita di tutti i giorni con l’avvento dei social

Be’, chi della mia generazione non ricorda piacevolmente la canzone leitmotiv di Lucio Dalla per Lunedì Film di Rai 1?

Sì, so che voi sbarbatelli, se la doveste ascoltare oggi, riproposta in qualche programma nostalgico, pensate e pensereste:

ma chi sta cantando? Mario Biondi?

 

Peraltro, Lucio si limitava a una sorta di grammelot onomatopeico abbastanza incomprensibile ma di sicuro effetto, come un cantante jazz di New Orleans. Tra Dario Fo e un pazzo di Firenze.

Sì, per noi il Cinema rappresentava un appuntamento fisso il lunedì sera. Quando, vivaddio, l’assurdo Canone Ordinario (ordinario di che?) aveva motivo d’esistere. Mediaset era agli esordi e I Bellissimi di Rete 4 erano solo ai loro albori.

Poi, si sarebbero affinati, involgariti nel seno debordante, nel portentoso décolleté piccante e nei collant fenomenali della mitica Emanuela Folliero.

Che di Cinema ne sapeva quanto mio nonno di astrofisica. E, per introdurre il filmone in programmazione, recitava a pappardella i testi che le davano da leggere. Peraltro, erano quasi sempre estratti estrapolati dallo stesso dizionario dei film di Mereghetti o addirittura sintesi ricavate proprio dall’affiliata rivista tv Sorrisi e canzoni.

A Lunedì Cinema, avranno dato almeno cinquemila volte Lo squalo di Spielberg.

Sì, Lunedì Cinema chiudeva i battenti con l’approssimarsi dell’estate. Stagione di Spiagge alla Fiorello e di bagnanti italiani a Ibiza a esaltarsi con la radiolina che riproponeva Miami di Will Smith.

Sì, Fiorello, persona di rara ignoranza che prese Giosuè Carducci e, senza vergogna, se ne saltò con La nebbia agli irti colli…

Mitico!

Fiorello, davanti a quella donnona di Katia Noventa, oca da Karaoke, per fare il figo, le disse che conosceva il teorema di Pitagora. E, dinanzi a milioni di spettatori, lo enunciò da Bruno Sacchi de I ragazzi della 3ª C.

Molto pressappochista, il Fiorello disse sfacciatamente che, in ogni triangolo isoscele, il quadrilatero costruito su Siracusa è equivalente all’unione dei rettangoli dei due cateteri.

Sì, è questo secondo voi il Teorema? A proposito, voi, che fate tanto i trasgressivi e gli anticonformisti, avete mai visto l’omonimo film e letto il libro di Pasolini con Terence Stamp?

Rosario Tindaro Fiorello, non di Siracusa, bensì di Catania. Idolo!

Ah, ma avete allora proprio bisogno di una stampella. Più che uomini da Noventa, siete oramai a novanta, diciamocelo, dico, senza infingimenti e libretti di giustificazione con l’alibi della vostra indisposizione psicofisica dovuta allo stress di una vita febbricitante che vi ha fatto ammalare di qualunquismo, retorica e populismo a iosa.

Ma non perdiamoci in nostalgie da Stranger Things, in passatismi scolastici. In esaltazioni del Cinema degli anni settanta quando invece siete nati appunto nei seventies ma eravate troppo piccoli per poter aver visto Un attimo, una vita di Sydney Pollack.

Vi dichiarate degli espressioni astratti ma, più che al pittore Pollock, sinceramente assomigliate, molto realisticamente, solo ai polli che appunto allevava mio nonno. Pollon!

Sì, dopo l’avvento dei social, chiunque si professa attore e regista di livello e carica video in cui ha filmato una vedova che beve il caffè al bar di Zio Nino, gridando di essere il nuovo Paolo Sorrentino.

Sì, estetizzanti idolatrie di voi stessi da peggiori Toni Servillo.

Il Cinema è cambiato, la vita è cambiata. Dovete aggiornarvi.

Essere uomini come il Falotico.

Classico uomo per il quale tu pensi di averlo finalmente inquadrato e anche inc… o e invece presto, con un suo amico, girerà un grande mediometraggio.

Sì, nei primi giorni di Maggio.

Vi lascio col fiato sospeso e anche col ciuccio in bocca.

A presto.

 

 

di Stefano Falotico

 

hoffman rain man

cruise rain man

Everything You Always Wanted to Know About SHARON STONE * But Were Afraid to Ask


15 Apr

sharon basic instinct

Sì, io mi considero il più grande fan di Clint Eastwood della storia.

Sì, io ho ricevuto vari inganni da parte delle donne nel corso della mia vita. Il Clint de La notte brava del soldato Jonathan, in confronto a me, è un principiante.

Sì, la mia vita, maschilisticamente parlando, è stata L’inganno di Sofia Coppola.

Sì, mia madre a volte assomiglia a quella dell’episodio, appunto, di Woody Allen di New York Stories.

Ma anche le madri degli altri non stanno messe meglio.

La donna è sempre iper-premurosa nei riguardi del figlio. Da cui il famoso complesso di Edipo.

L’uomo, anche quando anzianotto, semmai pure ricco e realizzato come Eastwood, viene visto dalla sua genitrice come la madre, appunto, di Clint alla notte degli Oscar. Trovate la clip sul canale YouTube degli Academy Awards. Forza, non voglio più imboccarvi. Canalizzatevi da soli.

Sì, il figlio per la mamma sarà sempre un million dollar baby.

Le madri sono gelose, possessive, il cordone ombelicale mai fra loro si spezza. E il distacco non avviene manco con lo strappo.

Neppure se, appunto, diventi un uomo saggio come Frankie Dunn.

Uno che non ha bisogno di vedere il film di Bellocchio, Bella addormentata, oppure You Don’t Know Jack con Al Pacino per capire che l’eutanasia è in alcuni casi l’unica scelta giusta e possibile.

Sì, quando si soffre in maniera immonda, bisogna staccare la spina.

Quando la malattia è purtroppo terminale, una vita deve essere subito terminata.

Teologi e filosofi della morale, non solo cristiana, vorranno persuadervi del contrario.

Fidatevi. Se tali baggiani avessero un figlio o una figlia a quello stadio, la finirebbero di mortificarci con le loro folli invettive. Con le loro idiozie e le loro dottrine.

Il dolore insopprimibile e irreversibile va quanto prima frenato.

Mi pare che non si possa andare avanti così. Le condizioni sono pietose, vi è uno strazio dinanzi al quale neppure Cristo saprebbe donare un alleviante miracolo, diciamo, propedeutico e salvifico.

Ecco, nella mia vita, ho sulla mia pelle imparato che le cosiddette pillole della felicità, sono soltanto dei palliativi.

Farmacologiche inibizioni di stati depressivi spesso incurabili.

Come cantava Eros Ramazzotti in Parla con me:

Non si uccide un dolore 

anestetizzando il cuore…

 

La vera cura non è neanche l’omonima canzone di Franco Battiato, neppure I giardini di marzo di Lucio Battisti.

Sì, può succedere che, se un uomo è troppo depresso, si chiuda nel mutismo e assuma atteggiamenti da apparente minorato mentale come in Parla con lei di Pedro Almodóvar.

Le donne non stanno messe meglio. Diventano ninfomani e isteriche a compensazione di un’angoscia di vivere enorme. Da cui il celeberrimo film Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Insomma, figlioli.

La felicità eterna è una cazzata messa in giro da Scientology e da qualche amante del buddismo new age.

Una vita sana e appagante deve essere anche una vita stressante.

Altrimenti, non vi è sostanza, sacrificio, combattimento ma solo alienamento e tante utopie sognanti da Il cielo in una stanza.

È una verità ineludibile.

Come questa.

stone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se volete dire che non è così, no, siete ficcati… e tamponati, impantanati e impegolati in un centro di salute mentale.

Sinceramente, siete già andati…

Oppure con una più figa di Sharon Stone siete impegnati.

 

In fede,

un uomo che ha conosciuto dal vivo Sharon Stone.

Su cosa sia successo, lo sa solo iddio.

 

Sì, per questo attualmente mi trovo fritto e impanato.
Detta come va detta, surgelato.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

allen sesso

Genius-Pop

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