Sì, tre anni fa iniziai un libro su Mickey Rourke.
In stile Chuck Palahniuk. Poi lo interruppi perché, dopo essermi soffermato sulle sue migliori interpretazioni, non sapevo più che scrivere. Poiché Rourke, devastato da chirurgie plastiche, da donnette slave che gli son gravitate attorno, di ucraine e polacche, ha perso completamente il cervello e anche…
Ecco, io sono un fan mai visto di Mickey Rourke.
Mickey Rourke è un uomo cronenberghiano, un body horror vivente, un camaleonte della sua ex bellezza incommensurabile travolto da questo mondo odiosamente incentrato sul sesso.
A cui lui, abdicandone ingenuamente, offrendo il suo visino angelicamente diabolico, Angel Heart docet, Francesco della Cavani pure, si è donato in totale, magnanima offerta della sua potenza sensuale a pelle, diciamo.
Nel 2005, circa, un mio amico di Este, dopo avermi conosciuto, mi disse che assomigliavo sia appunto sia a Mickey Rourke che a Sam Rockwell.
E io:
– Io? Mickey Rourke? Cos’avrei di Mickey? Di mio, sono piuttosto sfigato.
– Questo è quello che credi tu. Perché vivi da semi-eremita, sei un mezzo monaco di clausura. Mi spiace confutare la percezione che hai di te stesso. Tu non appari affatto così. Ti sarò sincero. Fai veramente schifo. Sì, metti soggezione, è difficile fissarti per più di cinque secondi di fila. Hai pure gli occhi neri come Matt Dillon. Ma tu di questo non ne sei cosciente? Sei come cieco… non ti accorgi degli sguardi di quel tipo… vero?
Per questo, sei anche come Sam Rockwell. O meglio come alcuni suoi personaggi stralunati ed eccentrici.
– Ah sì? Quindi, ah ah, mi hai dato del pazzoide belloccio.
– Abbastanza, sì. Totalmente inconsapevole di sé stesso. Per questo gli altri di te che non capiscono niente. E neppure tu.
Sì, il povero Mickey è stato distrutto, divorato vivo dalla sua grandezza magnetica.
Mickey, figli cari, è un grandissimo attore. Pensate che bestemmi? Non credo proprio.
In Rusty il selvaggio, L’anno del dragone, Angel Heart appunto, anche Homeboy è impressionante la naturalezza carismatica con cui ha girato le scene. Puro istinto da Actor’s Studio a cazzo suo. Un genio.
Soltanto in pochi secondi di Rusty il selvaggio, nella scena in cui lui e Matt Dillon passeggiano, conversando fra loro, per le strade festose, illuminate dalle fluorescenze delle insegne e degli addobbi, oserei dire briosi e accesamente luccicanti come i loro rispettivi sex appeal malinconicamente gioiosi, il signor Mickey Rourke ha “steccato”, ha avuto un piccolo, impercettibile attimo di esitazione spaventosa.
Ma, essendo un piano sequenza molto lungo, Francis Ford Coppola ha lasciato correre. Pensando, fra sé e sé: Mickey, no! Va be’, non possiamo rifarla.
Sì, avete notato? Mickey non sa che fare con le braccia, poi le riporta attorno al petto, come uno ieratico saggio semi-ascetico e un po’ scemo, forse soltanto come un Marlon Brando ancor più bello.
Sì, io ho sempre schivato il sesso. Sempre, puntualmente.
Se fosse stato per me, sarei stato l’uomo con più ragazze della storia.
E dire che ero stato molto attento a non cascarci. Mi ero cautelato, mi ero volontariamente ammalato di metafisica e trascendenza per non frizionarmi negli erotismi, soprattutto di massa, di questa società laida e carnale.
Ma, ahimè, fu tutta colpa dell’ignoranza.
La gente non poteva più accettare un ragazzo di sana e robusta costituzione, vaccinato eppur scalognato che non voleva giocare di limonate e scaloppine.
E m’invogliò oscenamente a quello che avrete inteso.
Da allora, è stato veramente un incubo.
Telefonate in piena notte da parte di donne di ogni età, pedinamenti sotto casa da Glenn Close di Attrazione fatale, foto proibite inviatemi privatamente, denudazioni meschine e sfrontate, impavide e letali, una sciroccata che mi circuì e tentò d’adescarmi. Perché, se avessi accettato di andare a letto con lei, mi avrebbe raccomandato alla casa editrice Guanda.
Da me ebbe solo una portiera della macchina sbattuta in faccia.
Sì, nonostante tutto questo casino, di mio sto con la gamba accavallata sul divano e mi sparo un altro filmino.
Questo potrà farvi incazzare, ma io sono un diverso. Lo sono sempre stato.
E quello che voi avete fatto è stata una vergogna da poveretti maniaci.
Da dementi.
Come il mentecatto bavoso che, dietro il ridicolo nick di Brando, anni fa mi scrisse:
sei un coglione con una madre grassa e brutta e un padre idiota. E non sai che, mentre ti prendo il culo, sono con una bella guagliona a spassarmela. Fottiti!
Invero, scrisse ben di peggio.
Questa è stata comunque la frase di un ritardato che se l’andata a cercare.
E quello che gli è successo gli è stato solo giusto.
Un criminale ignobile, un mostro a cui ha buttato malissimo.
Perché a volte si può credere che dall’altra parte ci sia Tim Robbins di Mystic River e invece hai a che fare con uno dei più grandi amici di Rourke, Sean Penn.
Uno che si sdraia su una panca degli addominali alle 6 di mattina e, dopo cinque milioni di flessioni, si alza da essa a mezzogiorno.
E ti distrugge, piece by piece come Denzel Washington di Man on Fire.
di Stefano Falotico
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