Archive for March, 2019

Perché Rami Malek ha vinto l’Oscar per Freddie Mercury e Val Kilmer per Jim Morrison assolutamente no


11 Mar

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Io avevo profetizzato, in tempi non sospetti, la vittoria di Malek. Era ovvio e prevedibilissimo che avrebbe facilmente vinto lui, diventando uno degli attori più giovani, anche se non giovanissimo, a vincere la statuetta, checché se ne dica, ambita da ogni Actor, appunto.

È stata una vittoria a furor di popolo, come si suol dire. In parte immeritata perché, se vogliamo essere obiettivi, senza lasciarci trasportare dal fanatismo, credo doveroso, verso il mitico Freddie Mercury, l’Oscar doveva intascarselo Christian Bale.

Ciò non è successo e invece, come tutti noi sappiamo, l’Academy Award è finito nelle mani di Malek.

La sua, più che un’immedesimazione nel personaggio, è stata un’interpretazione vincente sui generis.

Malek è magrolino, possiede un viso infantile e quei denti posticci da castoro che gli son stati appioppati sono spesso ridicoli, soprattutto nella prima mezz’ora della pellicola. Ove, sì, Malek, più che assomigliare a Mercury, assomiglia a Bugs Bunny.

Però il film poi, pur romanzando e semplificando la complessa personalità di Mercury magnificandola oltre il necessario, si lascia vedere amabilmente. Perché Malek, malgrado sia dissimile nella forma fisica rispetto a Mercury, bisogna essere altrettanto oggettivi, ha saputo infondere una tenerezza commovente al suo Freddie, reinventandolo in maniera stupefacente. E le scene del concerto finale sono state girate in modo prodigioso. Semmai, nel video originale della storica performance di Mercury, il cameraman aveva ripreso un campo largo e invece nel film vediamo un primo piano. Ma poco importa. L’effetto sortitone è stato di sicuro impatto. Emozionale ma anche attendibilmente veridico rispetto alla realtà. Una “cover” cinematografica che ha eccome il suo perché.

Bohemian Rhapsody, no, non è affatto un grande film. Ma nessuno avrebbe preventivato un successo simile. Spiegabile per il fatto che Bryan Singer, fregandosene altamente delle iperboli romanzate e retoriche, ha realizzato un film palesemente così “fake” da diventare paradossalmente un bijou. Io la penso così.

E io me lo sono accattato in Steelbook. Sì, sì, sì! Ah ah.

Perché me lo rivedrò al PC, con le gambe comodamente accavallate, sorseggiando le mie memorie adolescenziali tra una sigaretta liscia e un caffè buono, cazzo, davvero buono.

Invece, mi sa che sin al giorno della mia morte non vedrò mai più quella schifezza di The Doors del signor Oliver Stone. Una vaccata tremenda.

Morrison, dalla sua leggendaria tomba, spesso di notte, al pallido plenilunio, come dice il Joker, cioè il sottoscritto, ah ah, ripensando a questa monnezza di film, bestemmia e poi spacca tutto, resuscitando come Jan Valek/Thomas Ian Griffith di Vampires. Sì, come Marilyn Manson nei suoi temp(l)i d’oro.

Cammina poi tutto lercio col giubbottone di pelle nera sin ad arrivare a un motel ove Sheryl Lee, anziché riguardarsi Twin Peaks, ha messo su appunto il film di Stone.

E lì parte il morso del vampiro. Con Jim che le urla:

– Ehi tu, biondina, che stai facendo?

– Oh, sei Jim. Big Jim.

– Sì, ma tu non sei la mia Barbie. No, non sei Pamela Anderson e neppure la mia ex, Pamela qualcos’altro. Stai diventando uguale a quella smorfiosa di Meg Ryan. A forza di rincoglionirti con questa robaccia.

Sì, il film di Stone è stato sbagliato fin dalla scelta degli attori. Partiamo da Meg. L’attrice più stupida e stronza del mondo. Insopportabile, tutta moine e smorfie. Roba che quando voi, adulti maliziosi, andate da una bimba-minchia a dirle che deve crescere, costei vi dovrebbe rinfacciare la vostra ipocrisia, gridandovi:

– Ehi tu, lurido, C’è posta per te. Non sei simpatico come Billy Crystal di Harry ti presento Sally, e non sei un uomo buono come Tom Hanks. Sei un figlio di p… a da Bugie, baci, bambole e bastardi.

Dunque, se vuoi dare regole di vita a me, diverrò molto femminista come In the Cut, non ti donerò nessun French Kiss e cresci semmai tu. A San Valentino, anziché accontentare tua moglie, nel guardare assieme a lei City of Angels, ché aspetti solo che finisca per esserle Insonnia d’amore, invero di poco cuore ma di frustrato calore, sparati Wim Wenders. Su, mascalzone, abbi Il coraggio della verità!
Detto ciò, Meg Ryan secondo me aveva poco a che vedere con la compagna del Morrison. Ma soprattutto Val Kilmer è stato vomitevole nei panni di Jim.

Ma che è?

Aspe’, ci torneremo con calma. Ora passiamo a Oliver Stone. Regista indiscutibile dal talento magistrale. Ma anche quanti film orribili nel suo carnetPlatoon è una stronzata, JFK, diciamocela, un documentario bellissimo, girato da Dio e montato da un extraterrestre, ma col Cinema vero ha da spartire ben poco.

E naturalmente il suo film peggiore in assoluto è appunto questo biopic a c… o di cane su Jim.

Io conosco benissimo Jim. Ho tutti i suoi album.

Jim era un pazzo conclamato ma anche un’anima pura, talmente pura da essere trasgressiva. Angelica e demoniaca allo stesso tempo.

Stone invece lo trasforma in un puttaniere debosciato con tanto di scena raccapricciante con la giornalista interpretata da Kathleen Quinlan che fa gridare allo scandalo. Ma non perché sia sessualmente abbastanza spinta. Semplicemente perché Jim Morrison, appunto, viene trattato come un ingordo assatanato maniaco.

Jim faceva sesso, sì, come tutti. Ma qui Oliver Stone lo dipinge come un ubriacone delirante, un guitto d’avanspettacolo. Da Alexander.

Val Kilmer… Cosa? Mi dite che somiglia a Morrison? Ma de che?

Innanzitutto Jim Morrison aveva i capelli castani, non biondi tinti sul corvino finto. Jim non era un parruccone, Val qui lo interpreta, appunto, come se non fosse stato dal parrucchiere, Jim aveva il viso affilato, smunto, quasi malato. Val Kilmer invece, oh, guarda che parrucchino e che belle gote. Sembra Marlon Brando de Il padrino.

Ma non ha classe questo qui! Val, ma vai! Mai avuta. Ripensiamo a Heat. È manesco, irruento e manda a farsi fottere Ashley Judd. Ci rendiamo conto? Ma questo è un burino da bettole, dai. E alla fine Ashley Judd lo perdona pure. Adesso capisco perché Ashley sia andata con Harvey Weinsten. Sì, devono esserle sempre piaciuti gli uomini che non hanno rispetto per niente e nessuna!

Poi, Val era già abbastanza cicciottello all’epoca.

Val Kilmer, attore mediocre, ma in The Doors è stato davvero pessimo.

Oliver Stone non ci ha capito nulla. Il messaggio di Jim era chiarissimo. Voleva liberare le coscienze dalla schiavitù borghese della cosiddetta vita tranquilla, invero soltanto triste e noiosa.

Stone invece lo eleva a santino del puttanesimo, del pervertimento, infilandolo in una storia da figli dei fiori più finta di un orto botanico da Blade Runner 2049.

E quindi, se amate questo The Doors, non dovete poi lamentarvi se, dopo una giornata di lavoro spossante che, oltre ai soldi, non vi ha dato niente nell’anima, vi sfogate su Facebook coi vostri patetici mal di pancia.

Volevate “normalizzare” il mondo e livellare tutto.

Jim Morrison non era livellabile, era di un altro livello. Non era il tipo che si accontenta di fare il bidello, di tornare a casa, stare con la moglie e riscaldare i fornelli, non era uno che voleva mangiare un buon tortello, lasagne con la besciamella e poi a letto far il “torello”.

Non sapeva che voleva dalla vita. Come dovreste non saperlo voi. Finché vi è curiosità e alterità vi è bellezza e infinità, quando la ricerca finisce, tutto diventa una squallida routine di cazzate e idiozie in quantità.

Ora, vi racconto questa.

È verissima, com’è vero iddio che io sono ancora vivo.

Una quindicina di anni fa, andai a giocare a calcetto con degli amici. Una tizia, che allora mi aveva conosciuto, si autoinvitò per vedermi giocare…

– Siamo sicuri che tu sappia giocare a Calcio?

– Perché?

– Mah, mi dai l’idea di essere un pachiderma.

– Ah sì? Stasera ti passo a prendere…

 

Al terzo mio palleggio, mentre sudavo in campo, di sfuggita incrociai il suo sguardo sudatissimo. Stava già, in cuor suo, pensando a come palleggiare con me…

La riaccompagnai a casa. Era notte fonda.

– Be’, non scendi?

– Sai, è ancora presto. È una bella serata, c’è una luna meravigliosa. Oh, guarda le stelle. Facciamo due chiacchiere, su. Hai fretta?

– No.

– Sai che assomigli a Tim Robbins di Mystic River?

– Non è quello che si dica propriamente un complimento.

– No, non lo è. Ma assomigli anche a Sean Penn dello stesso film. Guarda che pettorali, che sguardo da lupo solitario…

Ecco, sai che significa per una ragazza trovarsi sola in macchina con uno così? Timido, spaurito come Tim e col fisico di Sean?

– No, che significa?

– Bello mio. Ho visto che giochi a Calcio davvero bene. Sono rimasta estasiata. Ma non devi conoscere altri giochi…

– Che vorresti dire?

– Credo che tu sia poco consapevole di quello che sei.

– Ah, cosa sono? Un pazzo come Jim Morrison?

– Eh no, credo proprio di no. Sai, ti sento molto giovane, in realtà ti sento e basta.

 

Dopo tre secondi, nel buio più totale, sentii la sua mano impudica e tremolante carezzarmi le gambe, ancora in mutandoni da calciatore malandato.

La sua mano, delicatamente, scivolò sul ginocchio e poi su. Sempre più su.

 

Fu in quel preciso istante topico che capii di essere un uomo.

E impazzii del tutto.

Comunque, nonostante la crescita… continuo a conservare questa faccia da pirla.

 

 

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Insomma, ce la vogliamo dire?

Sono veramente un Genius.

Sono uno che, A prima vista, lo ammetto, ne sono cosciente, sì, sembro proprio un bel deficiente, ma ho il mio perché.

Quale sarebbe il perché? No, non sono John Holmes, ci mancherebbe, ma non sono nemmeno un Saint.

Questa vita non è Wonderland e non sono Alice nel paese delle meraviglie.

A volte sono un bianconiglio, a volte mi piacciono le conigliette alla Jessica Rabbit, a volte le conchigliette come in Demolition Man, uh, Sandra Bullock, a volte mi fate ancora brutti scherzetti ma non sono una facile ochetta né un maghetto, nemmanco un orchetto o un cretinetti, quando inizio a parlare io, tutti si ammutoliscono.

E forse è giusto così.

 

di Stefano Falotico

Essere uno scrittore significa essere un tennista, essere un regista, uno sceneggiatore o un attore significa giocare a football


09 Mar

rourke wrestler

Sì, so che è una metafora sportiva alquanto banale. Ma è anche veritiera.

Scrivere è bello, piacevole. Può iniziare, come inizia d’altronde per tutti, per una sorta di memoriale diaristico in cui si scrive per far chiarezza dentro sé stessi, cercando di arrivare a verità profonde del proprio animo. Nel tentativo di esternarle al prossimo e cercare di entrare in empatia col vissuto altrui, per condividere delle esperienze emotive, cerebrali, intellettive, metafisiche o persino carnali che possano trovare, nella specularità del confronto con l’eventuale lettore, una qualche ragione di esistere, oppure semplicemente la propria strada. Nel reciproco scambio. Ah, si può anche inciampare. Cazzo, dite al sindaco che qui ci sono delle buche.

Non vorrei apparire retorico nell’affermare quanto ora dirò, e infatti tale apparirò.

Ma chi scrive, a prescindere dal risultato, lo fa, al di là anche dei possibili introiti derivati dalle vendite, per puro piacere personale. Sebbene io attribuisca un significato particolarmente specifico, in tal caso, alla parola piacere.

Si tratta infatti di un piacere, sì, emozionale, viscerale se non filtrato soltanto, appunto, da logiche affaristiche e da furbe strategie promozionali, eppure anche di un piacere che provoca molto dolore.

Perché scrivere, soprattutto con onestà morale, non abdicando ai mendaci ricatti del possibile guadagno, obbliga a trivellarci il cuore, a denudarci, a spiare le profondità arcane, misteriose, perfino imperscrutabili a noi stessi, prima di allora mai avvenute, dei nostri meandrici spazi bui.

Misticamente ancora inesplorati. Ci costringe, insomma, a rivelarci. E non è quasi mai una rivelazione studiata e programmatica. Bensì un’auto-rivelazione stupefacente, a costo pure di essere, appunto, dolorosa, addirittura, oserei dire, esiziale per il nostro cuore. Ché, così facendo, divelliamo, scarnifichiamo, pugnaliamo per sputare il sangue della nostra passione per l’arte ma soprattutto per la vita.

Ma, a lungo andare, per quanto stratificato, complesso, periglioso e minuzioso questo nostro pur lodevole lavoro di scavo possa risultare catartico, diventa stancante, in una parola frustrante.

Come dice il grande Bob De Niro/Capone ne Gli intoccabili:

Guarda, lancia, acchiappa, corre ma è solo parte di una squadra. Battono per sé stessi tutti i grandi campioni che applaudiamo allo stadio. Ma, se la loro squadra non funziona, che cosa sono? Mi seguite? Nessuno! C’è un bel sole, le tribune sono piene di gente. E lui che cosa può dire? Vado là fuori e gioco per nessuno? Mah… Non arriverò a niente se la mia squadra poi non vince!

Be’, a dire il vero, Bob lo dice per un preciso scopo. Per dare poi una micidiale mazzata “in capa” a un suo scagnozzo traditore.

Ma il discorso comunque regge a un livello anche, diciamo, più umano e artistico, toutcourt.

Be’, amici, e se non mi siete amici non me ne sbatte un cazzo, siete allora solo degli stronzi, in questi anni ho scritto davvero tanto. Ma davvero tanto.

Ed è stato bellissimo passare molte serate in compagnia del mio valentissimo correttore di bozze. In un affiatamento produttivo estasiante e fortemente creativo. A controllare e ricontrollare parola per parola tutti i singoli testi. A impaginarli, a mettere, come si suol dire, apposto le virgole e i puntini.

Sì, cazzo, anche i puntini di sospensione. In un testo, fatto come dio comanda, devono essere tre e poi bisogna cliccare INVIO per “restringerli”, altrimenti la battitura diventa esteticamente brutta, editorialmente impresentabile.

Cioè, vi faccio un esempio: … vs

UNDERSTAND?

Ma il lavoro dello scrittore è spesso autoreferenziale anche quando in cuor suo non vorrebbe esserlo.

È come, appunto, giocare a tennis. Uno può essere bravissimo, anzi, il più bravo di tutti.

Ma vincerà solo per sé stesso.

Quando si lavora nel Cinema, be’, parafrasando molto alla larga Samuel L. Jackson di Pulp Fiction:

forse il tuo metodo di massaggio è diverso dal mio, ma sai, toccare i piedi di sua moglie e infilare la lingua nel più sacro dei suoi buchi non è lo stesso fottuto campo da gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport…

Ecco, scrivere è come farsi una sega e giocar con le proprie palle. Che poi siano anche balle, cioè cose romanzate e frutto di fantasia, è un altro paio di maniche. Anche di mance se chi acquista, ah ah, ti dà un extra di buona manica. Oh, ci mancherebbe. Me la devi dare, donna. E, se non me la dai, sarà una delusione tremenda. Ah ah.

Scusate, i tennisti non sono dei segaioli?

Ecco, fare il regista presuppone discutere scena per scena con lo sceneggiatore, col direttore della fotografia, con gli attori. Eccetera…

Per un fottuto, grandioso gioco di squadra.

Come dice Al Pacino di Ogni maledetta domenica:

io non posso obbligarvi a lottare. Dovete guardare il compagno che avete accanto, guardarlo negli occhi. Io scommetto che ci vedrete un uomo determinato a guadagnare terreno con voi, che ci vedrete un uomo che si sacrificherà volentieri per questa squadra, consapevole del fatto che, quando sarà il momento, voi farete lo stesso per lui. Questo è essere una squadra, signori miei.

Perciò o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente.

 

Al momento, amici, sto lavorando a un progetto cinematografico di squadra.

Spero che tutto possa andare per il meglio.

Altrimenti, come voi, teste di cazzo, chiederò il reddito di cittadinanza e passerò le giornate a farmi le seghe.

Ma non sono il tipo. Non lo sono mai stato.

Be’, arrivi a un certo punto e capisci che devi inseguire sia te stesso che gli altri. Non sono il tipo che si accontenta di fare una vita grigia e aspetta il sabato sera per sciacquarsi l’uccello nel bidet dopo una scopatella con una che sta più a pecora di te. Oppure, ancora peggio, fare l’avvocato oppure il chirurgo, no, torni a casa esausto, col giramento di coglioni e metti su i Tiromancino.

Piccoli miracoli?

Che cosa? Senti, Zabaione, zampognaro, maionese, Zabaglione, bello guaglione, Zampaglione e dei miei stivali coglione.

I buonismi consolatori andranno bene per le massaie. Io ancora non sto messo così.

No, non sono un wrestler. Anche perché, se lo fossi, tradirei quanto appena scritto sopra, perciò, anzi, la mia vita sarà questa. Ah, però!

A proposito, chi dice che da Nebraska in poi Bruce Springsteen abbia fatto solo robetta, ah ah, andasse a prenderselo nel culo.

E io non voglio essere al posto suo quando lo prenderà.

 

di Stefano Falotico

Quanta retorica, quanta ruffianeria, quanto buonismo programmatico, ma anche quante emozioni


08 Mar

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Filmetto ma che finale #johnnydepp #vendettadisalazar #piratideicaraibi #orlandobloom #keiraknightley

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Basta, capolavoro Frankenstein di Mary Shelley #robertdeniro #kennethbranagh #maryshelley #masterpiece #frankenstein Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:

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Flight #robertzemeckis #denzelwashinton

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Basta, capolavoro #asgoodasitgets #jacknicholson #helenhunt #oscar Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:

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Col passare del tempo, mi sono accorto che le affermazioni di Gianni Canova sono quasi sempre vere. Cioè che anche i capolavori assoluti presentano delle inevitabili pecche e, di contraltare, anche i film non perfetti, semmai perfino oggettivamente brutti, hanno delle scene davvero straordinarie.

Pensiamo a quel polpettone de Il gladiatore. È innegabile che al di là dell’insieme, a mio avviso, retorico oltremisura, storicamente inattendibile, il film oscarizzato di Ridley Scott possa vantare un Russell Crowe magnifico. E possa fregiarsi di scene indubbiamente potenti, mastodontiche, in un aggettivo emozionanti.

Stesso discorso dicasi per queste quattro pellicole che menzionerò qui sotto. Perdonate se, nel “riversamento” su Instagram, abbia dovuto tagliare qualcosa. Ne son stato costretto per ovvie ragioni di copyright.

Partiamo da questo… la vendetta di Salazar. Che recentemente ho pure recensito.

Si tratta di un film bambinesco e fiacco. Figlio di una saga partita benissimo e poi incespicatasi nella ripetizione più scontata e priva di mordente.

Ma che scena! Commovente, amici.

E ne vogliamo parlare del Frankenstein di Branagh? Il tanto ridicolizzato… era mio padre, per via del doppiaggio un po’ ruspante del pur grande Ferruccio Amendola, è invece stupendo.

E Bob De Niro è Bob De Niro, anche sotto tonnellate di latex.

Il dottor Frankenstein, il padre “artificiale”, un mostruoso pazzo geniale che ha messo al mondo, anzi, ha rimesso al mondo un mostro. Rifiutato, emarginato, obbligato dalla cattiveria degli uomini a vivere eternamente nella sofferenza psicologica più inaudita.

Ma era suo padre. Senza questo padre sui generis, la creatura non avrebbe avuto neanche il magico, divino privilegio di respirare il profumo del vento, di sentire l’odore fragrante della rugiada e la capacità di amare secondo la sua alterità.

Che scena!

Poi Flight di Robert Zemeckis. Un film con molti errori, tanta retorica. Eppure, signore e signori, lui è Denzel. Che attore, ragazzi.

Qui interpreta un alcolizzato marcio, un puttaniere bastardo, un incallito stronzo.

Ma se quella mattina non avesse bevuto, l’effetto del drogante effetto alcolico dei suoi “gingerini”, nella sua impavida spericolatezza assurda, non avrebbe mai sortito il salvataggio di tante preziose vite umane.

Ciò naturalmente non lo salva comunque dalle pesanti accuse giudiziarie.

Il suo avvocato e il suo amico John Goodman provano a salvarlo dinanzi alla commissione d’esame. Lui sta mentendo per pararsi il culo e poter continuare quindi nella sua carriera di pilota.

Oramai è fatta, basta che Denzel dica sì e può tornare tranquillamente al suo lavoro.

Ma, appena sente che, al posto suo, vogliono accusare una brava donna, fa sorprendentemente dietrofront.

E confessa spietatamente la verità.

Sì, ho bevuto quella mattina perché io sono un alcolizzato. Io sono colpevole!

E, davanti ai detenuti come lui, racconta la sua storia.

Sì, vero, ho/a salvato la vita di tanta gente che quella mattina, se non fosse stato per la mia azzardata manovra pazzesca, sarebbe crepata.

Ma sono, malgrado ciò, colpevole.

Quindi, finiamo con quella che a mio parere è una delle scene più belle di tutti i tempi.

Qualcosa è cambiato, immenso gioco attoriale fra Jack Nicholson ed Helen Hunt. Entrambi giustamente premiati con l’Oscar.

Che classe! Che sottile recitazione fatta di sguardi complici, schivi, ritrosi dinanzi alle loro emozioni che poi si aprono all’improvviso a un sorriso. Alla lucentezza delle loro anime nitidamente rivelatesi.

Questo è forse il più bel complimento della mia vita…

 

Insomma, come dire… James Blunt è un fighetto stronzetto. Ma questi sono due capolavori, non si discute.

 

E poi…

Ma che scena è questa? Quando due “grandi” teste come quella di Michael Ironside e quella del “malato” Stephen Lack si scontrano in un duello all’ultimo sangue.

E Stephen, spiazzando il cattivone di turno, lo distrugge.

Capolavoro!

di Stefano Falotico

 

E se la nostra società, dalle fondamenta, fosse tutta sbagliata? Testardi fino in fondo come Eastwood… dobbiamo essere


07 Mar

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Sì, quest’idea sta assumendo in me, col passare del tempo, sempre più un netto, inequivocabile convincimento. Dettato dalle relazioni sociali che avverto, nel mio intimo, deludermi sempre più profondamente. Finte, basate sull’apparenza, mendaci e mentitrici della nostra essenza più lieve e armoniosa.

E questo discorso vale anche per il Cinema. Nelle scorse ore, in maniera anche colorita, pindarica, giocosa e beffarda, mi son espresso in termini molto radicali su Stanley Kubrick. Potete trovare i miei scritti qui e ravviserete che non mento.

No, Stanley Kubrick, a eccezion fatta di un paio di film, lo trovo sopravvalutato. E poi mi par davvero noioso che si celebrino sempre gli anniversari della morte dei cosiddetti geni.

Incominciate a ricordare le morti, innanzitutto, dei vostri cari. Anche se erano uomini e donne stupidi. Chi se ne frega? Forse vi hanno dato più di questo Kubrick.

La gente guarda Shining alla tv e semmai ha aspettato questo momento da mesi eppure è abbonata pure a Netflix. Ove Shining è stato aggiunto ben prima della sua ennesima, insopportabile, nuova, perentoria messa in onda.

E, con estremo orgoglio, ben conscio di ciò che dico e penso, senz’alcun pentimento o vaghi ripensamenti, affermo qui, così come ho asserito puntigliosamente, che Stanley Kubrick, dinanzi a Clint Eastwood, sfigura e non poco.

Il Cinema di Kubrick è moralistico, pedante, misantropo, pessimista, un’ecatombe filmografica delle sue mai sopite e curate ansie.

Non voglio con ciò dire che bisogna essere retorici e sentimentalmente ruffiani. Ma, appunto, spietati eppur romantici come l’insuperabile Eastwood.

Lui, sì, davvero maestosamente poetico, liricamente perturbante, sempre in lotta con un mondo per il quale, con sacrosanta idiosincrasia, sfacciatamente si è accanito e ancor si schiera apertamente contro senza andarci per il sottile. Secco, essenziale, magnificenza nitidamente vivente. Non so ancora quanto vivente ma fa niente…

Kubrick invece va oramai bene solo per i passatisti di un Cinema superato, didascalico, questo Cinema che vorrebbe insegnarci a stare al mondo. E trovo sempre palloso e osceno quando uno si eleva a maestro demiurgico e a educatore cineastico delle coscienze… anche cinefile.

Ciò va bene per le donnette che insegnano alle scuole per bimbetti. Un autore deve essere al di sopra di posizioni cosiddette discutibili e apodittiche. Non dev’essere un assolutista della vita ma un inventore di nuove traiettorie visive, emozionali e perfino di rivoluzionari punti di vista.

Kubrick è stato un rivoluzionario? Macché? Orson Welles lo era. Kubrick, tutt’al più, era un attento osservatore e un trombone.

Che poi i peggiori sono proprio i cinefili. Tocca loro i film “intoccabili” e vanno su tutte le furie.

Allora ha fatto bene, coraggioso all’ennesima potenza, Francesco Alò a dire la sua nella recensione di Cocaine quel che ha detto. In barba al corretto…

Sostenendo che Scorsese, in alcuni gangster movie, è stucchevole.

Sì, lo è. Nobilita i mafiosi e li fa vestire perfino da Armani. Anche De Palma l’ha fatto. Ma in maniera diversa.

Grande film Quei bravi ragazzi ma quante assurdità. I mafiosi sono persone cupissime, sole, folli e invece Scorsese ce li ha tratteggiati, sì, come dei farabutti figli di puttana e viscidi, ma anche come compagnoni da birre in compagnia e facciamoci du’ spaghi.

Quindi, sono sempre più convinto di abbandonare molte certezze della società occidentale, in particolar modo di quella italiana. Borghese, vecchia, legata a schemi e valori vetusti come il cucco.

Valori che, anche nelle sfere apparentemente più altolocate, paiono quelli appunto di cosche mafiose.

E infatti, ogni giorno che passa, ringiovanisco a vista d’occhio.

– Stefano? Hai sbattuto la testa e te la sei rotta per arrivare a dire che Shining è un film mediocre?

– No, mi ha proprio rotto.

 

In fondo, mi ha proprio stancato il mondo in generale.

Tanto io cambio ma il mondo no.

E questo gioco del vivi e fattela piacere anche se il mondo fa schifo… a lungo andare è più falso dei film di Kubrick.

Credo altresì fermamente che Bob De Niro di Cape Fear avesse e abbia ancora ragione da vendere.

Così come dice a Nick Nolte.

Questi qui s’impegnano… nelle loro professioni, per far carriera, per far soldi, per vestire bene. Ma non s’impegnano nelle cose più vere e schiette.

– Ci sei stasera? Devo parlarti di una cosa.

– Di cosa devi parlarmi?

– Sai, sto pensando seriamente di suicidarmi.

– Macché. Smettila. Fatti una passeggiata e una buona dormita. Vedrai che tutto si aggiusta. Ci sentiamo sabato. Ché usciamo, ok?

 

Tanto, arriva sabato e chissà quale altro film di Kubrick trasmetteranno e tutti staranno in casa a “goderselo”.

Forse, per quanto non lo abbia mai avuto in auge, aveva ragione pure John Lennon.

Continuate pure a guardare le vite altrui e un bel giorno, quando starete per morire, capirete che forse quel sabato sera dovevate solo farvi una bevuta.

Da veri ubriaconi, senza sovrastrutture, senza nulla.

Come i grandi saggi. Come forse solo Bukowski e i geni come lui.

 

E questo è proprio tutto.

 

 

di Stefano Falotico

Secondo Paolo Mereghetti, gli Oscar andavano assegnati a questi anziché…


07 Mar

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Nel suo consueto editoriale, il celeberrimo Mereghetti, trovandosi molto in disaccordo con le ufficiali decisioni dell’Academy, ha espresso la sua.

Sostenendo che il miglior film, dunque da premiare, è stato Vice e Christian Bale è stato decisamente superiore a Malek.

D’accordo invece con l’Oscar dato alla Colman. Asserendo ciò… mi sembra incontestabile il premio dato a Olivia Colman per la sua regina Anna in La favorita: anche qui, grande lavoro di trucco, ma senza una grande attrice il risultato non sarebbe stato così perfetto e convincente (e a chi dice che «bisognava» premiare Glenn Close per le troppe delusioni ricevute in passato, vorrei ricordare che il premio le andava dato nel 1989 per Le relazioni pericolose e non quest’anno per il mediocre Wife: gli Oscar devono premiare la bravura, non essere riconoscimenti tardivi, come è toccato sopportare a Paul Newman o Martin Scorsese).

Qui, ha ragione, l’Oscar a Newman per Il colore dei soldi di Scorsese e l’Oscar stesso a Scorsese per The Departed sono due contentini stupidi.

Poi però se ne saltato con questa… ovvero che Andy Garcia di The Mule andava premiato al posto di Mahershala Ali.

Ma come? Innanzitutto non è stato candidato e poi compare dieci minuti.

Ah Paolo!

 

di Stefano Falotico

Bestemmia del giorno, fino a un certo punto: il Cinema di Clint Eastwood è superiore, per classe e sentimenti, a quello di Kubrick


07 Mar

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Come detto, mi son già espresso su questo misantropo sovrastimato che è stato Kubrick.

So che fa figo dire che Kubrick è il meglio. Stilisticamente impeccabile, eccentrico, visionario, avanguardistico e cinico come siete voi.

A me è parso sempre un mezzo panzone pieno di fobie. Non guidava la macchina perché aveva paura d’impazzire durante la guida e si faceva trasportare dall’autista. Se ne stava barricato nella villa a bere tè e a filosofeggiare, giorno e notte, puntualmente ostile verso l’umanità tutta, senz’eccezione alcuna, scolandosi semmai il vino e andando poi nel cortile a coltivar le ortiche. E giocando, di nascosto, con la sua oca.

Insomma, un orco pieno di sé, un trombone che sparava a zero su tutto. E l’unica cosa che gl’interessava era, in fin dei conti, morire con la nomea di genio.

In fondo, dei soldi che gli dava la Warner Bros non gliene poteva fregare di meno, a differenza di Nolan, a cui lo paragonate. Tanto, appunto, non sapeva che farsene e piuttosto li utilizzava per farsi abbonamenti alla tv via cavo dei canali a luci rosse. Sputtanando un patrimonio in seghe vere, non quelle mentali con cui s’è fottuto il cervello da quando, dopo il primo film, qualche critico gli ha detto che era un genio e lui, per non tradire le aspettative, s’è imbrodato nella misantropia più autoreferenziale che, come scritto, secondo il vostro modo bacato di ragionare, rende l’uomo affascinante ed elevato.

I suoi film sono algidi, freddissimi, la sua è la poetica di uno che stava male e vomitava cerebrale i suoi dolori di pancia ombelicali. Sublimando ogni sesquipedale malessere nella tronfia prosopopea finto-altolocata da depresso incurabile.

I suoi film sono tutti pamphlet e grosse metafore sull’uomo e le sue scelleratezze. Arancia meccanica è un capolavoro assoluto e ha centrato appieno il bersaglio, con la sua letale mescolanza di satira cupamente macabra, col suo umorismo nero, terribile e dolente, con la sua requisitoria significativamente violenta, un j’accuse tremendo contro un mondo più violento, appunto, di Alex. Che, non perdonandogli lo scempio da lui commesso, lo stupra mille volte di più in maniera meno carnale ma più lobotomizzante, distruggendogli la coscienza completamente.

Un film radicale, nettissimo, un manifesto politico ineludibile. Ove Kubrick, senza mezzi termini, ha denunciato con straordinario coraggio lo schifo del mondo. Senza sottilizzare troppo in panegirici e buonismi consolatori.

Tutto il resto è sinceramente robetta. Ma il tema di fondo è sempre quello. 2001 vorrebbe essere un film che, mascherandosi da fantascienza, ha avuto l’assurda presunzione di riprodurre Nietzsche sul grande schermo. Come per dirci, sai che roba, che il super-uomo altri non è che un feto galleggiante, uno Starman carpenteriano.

E, fra l’altro, Dark Star… mi pare decisamente superiore. Sì, è venuto dopo. E tu invece non sei venuto neanche una volta.

Barry Lindon? Leggetevi un libro di Paolo Crepet sulla mediocre, malsana educazione genitoriale e capirete che Paolo guadagna soldi a iosa, campando sui significati reconditi e psicanalitici di questo film propedeutico e pedagogico. Mentre Kubrick, avendo paura di non essere un buon padre, anziché rivolgersi a qualche pediatra, ha esorcizzato nella sua pellicola ogni sua colpa genitoriale. Dilatando poi quest’esorcizzazione spaventosa, quasi da Rosemary’s Baby, nell’immedesimarsi in Jack di Shining.

Sì, Kubrick era pieno di paure. E la sera, prima di andare a letto, davanti allo specchio si domandava:

– E se domani impazzissi e sterminassi la mia famiglia? Ah, è uscito questo libro di Stephen King. Ora me lo accatto.

 

Quindi, dopo averlo letto, pensava:

– Adesso ci cavo un film. Ma sì. Questo fa al caso mio.

 

E quell’altro? Full Metal Jacket? Sempre la solita solfa. Gli uomini sono bastardi, è tutta una guerra e un gioco al massacro.

Sì. E quindi? Ha scoperto l’acqua calda.

Per non parlare di quell’altro film “psicologico” per coppie in crisi, Eyes Wide Shut.

Sicuramente meglio Mariti e mogli di Woody Allen. Almeno Allen allenta la tensione drammatica con qualche battuta. Sdrammatizza le cause di divorzio. Mette pepe alle corna.

 

Quindi, non voglio più sentire puttanate.

Sono vent’anni che è morto Stanley?

Ottimo, direi. Se non nasceva era tanto di guadagnato. Ci ha solo ammorbato!

Ah ah.

 

Sì, voi non dovete credere sempre a tutte le stronzate che dico.

Le mie sono freddure eastwoodiane.

Come questa:

La casa di Jack del von Trier è in realtà il remake di Shining. Un rifacimento sui generis ancora più egomaniaco, autocentrato, solipsista e narcisista del Kubrick del cazzo e dei suoi tiramenti di culo.

 

Voi mi prenderete anche per pazzo e scemo. E a me non sbatte una minchia.

Perché come dice Clint:

le opinioni sono come le palle: ognuno ha le sue.

Quindi, pigliatevi le vostre bagasce e fuori dai coglioni.

E poi scusate. Vogliamo mettere la faccia da bambagione di Stanley col Clint? Suvvia, mi pare ovvio che non ci siano paragoni.

Sarebbe come dire che Woody Allen è più figo di Alain Delon poiché è più intellettuale di Alain.

E la sua testa è migliore di quella del francesone. La testa…

Al che Massimo Troisi risponderebbe così: sì, certamente…

Molte donne purtroppo sono convinte di questa scemenza.

– Il mio uomo ideale è Woody Allen. Geniale, spiritoso, autoironico, iper-creativo, stimolante.

 

E Clint risponderebbe al solito tagliente…

– Sullo stimolante avrei dei dubbi, comunque.

 

di Stefano Falotico

 

Kubrick è sopravvalutato, ha ragione Cronny su Shining, ve lo dice Jack Torrance


06 Mar

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Ebbene, il mio pezzo su Christine nel mio libro su Carpenter inizia così:

Il suo film non è affatto brutto, ci mancherebbe, ma non poteva e non può competere, anche a tutt’oggi, con adattamenti da King decisamente superiori. E mi riferisco a Carrie di Brian De Palma e al quasi suo contemporaneo Shining di Stanley Kubrick.

Due capolavori contro i quali Christine, pur con tutti i suoi evidenti e rimarcabili pregi, sfigura non poco.

 

Premesso questo e dunque appurata la mia natura imbattibile da Pinocchio ante litteram e letterato e basta, andiamo avanti.

Allora!

Vi state infoiando con la saga su Kubrick. Ma ne parleremo dopo.

Piuttosto, leggo su Facebook che vi siete fissati col nuovo fidanzato della Bellucci, tale marcantonio scimmiesco simile a Jason Momoa più magro, e avete sfogato ogni vostra gossipara frustrazione, dando alla Bellucci, come al solito, della zoccola. Monica Bellucci è un’attrice di merda ma ha lavorato pure con Lynch. Sì, infatti David si è fatto fare da lei un signor pompino da veri segreti di Twin Peaks. David, dall’alto del suo potere, ha viaggiato sul velluto blu con tanto di doppio sogno virato in viola. E questa è Una storia vera.

Tale compagno di Monica è Nicolas Lefevbre. Mah, a me pare un uomo normale. Ma voi donne siete rimaste invece scioccate. E vi è venuta, dalla gelosia, la febbre!

Dicendo che non ha niente a che vedere con l’ex della Monicona, il Cassel. Vincent di che? Questo non ha vinto proprio nulla. È un semi-incrocio fra un Bob De Niro storpio e Mario, quello della merceria sotto casa mia. Si è scopato la Bellucci? E quindi? Io ho scopato con donne molto più belle ma meno pretenziose che non volevano da me l’allure dell’attore francese che fa molto chic ma abbisognavano solo di una pulita al pavimento. Sono state scopate facilissime. Loro mi davano 100 Euro e io usavo anche il Lysoform.

Mah, a dirla tutta Cassel non m’è mai piaciuto né come attore né come frocio. Sì, Cassel è frocio. Me l’ha confidato tempo fa quando cenammo assieme alla locanda L’olio.

E io:

– Ma allora perché lei sta con la Bellucci?

– Così la gente può dire che sono un bell’uomo. E non mi odia. Sai, Stefano, alla gente devi far credere di essere un tipo normale, sennò ti dicono che sei un disadattato schizofrenico dalla sessualità distorta e aggressiva come ne La Haine. E poi non è Kassovitz, ma solo cazzi e cazzotti.

– Ah, capisco.

 

Detto ciò, sono volati commenti come sempre maliziosi.

– Ma che ci trova di bello questa puttana in tale scarafaggio?

 

E io:

– Può darsi che Nicolas abbia un bel ciddone. E, dopo giornate dure, Monica non ha bisogno di uno che mal sopporta le misantropie di Kubrick bensì di uno che le sia shining, come diceva Totò, di “stiratura”.

Sì, questo Nicolas deve avere fra le gambe qualcosa di pura “luccicanza”. Brillantissimo! Sì, sì. Ve lo dico io. Sono esperto in materia. Invero, sono spirituale. Ma mi piace saper di sapere quel che solo poche donne di me han saputo. Tutto salito con tanto di sputo.

Parliamo di una faccia che non mente. Qui il Tarzan c’è tutto. Le donne amano Jeremy Irons dei film di Cronenberg, elegante, sexy e colto, ma in verità vi dico che sono inseparabili da quello animalesco.

Le donne vogliono solo un bananone. Gli uomini desiderano Monica, un figone.

Due razze da giungla. Oramai alla frutta.

Che poi anche Monica ha i suoi anni oramai. Forse la verità è che Nicolas non ha un granché lì ma sa cucinare a Monica delle pietanze saporite. Quando le donne invecchiano, basta che magnino buono e se ne fottono se uno è a letto bono. Poi, le donne scelgono gli uomini sulla base di pochi fattori. Se sono ricche, a loro basta uno che le renda rizze e gliele arricci, se sono povere uguale, tanto quello ricco non le caga. E dunque amano la retorica di Bernardo Bertolucci e darci dentro in maniera bestiale. I soldi non ci sono. E se la godono da matti fra stoviglie che volano, schiaffi in faccia e poi orgasmi ove, con ancor più foga, si sputano addosso le peggiori schifezze. Come si suol dire, alla faccia del cazzo.

Premesso questo, passiamo a Shining. Io già lo dissi più volte. È uno dei film più sopravvalutati del mondo. Quasi pari alla stronzata di von Trier, La casa di Jack. E ho detto tutto. Fra poco avremo pure il seguito. Di mio, accavallo le gambe e me ne fotto delle vostre folli(e). Detta seriamente, Shining è un capolavoro? No, meglio Arancia meccanica e la banana bionica di Nicolas, un uomo Falotico. Tutte queste storie di matti, fidatevi, vi stanno dando al cervello. E ora capisco perché state tutti a pecora.

Ma che fa quell’altra? Visto che non tromba, ora mi si è data alle letture psicanalitiche “incitanti”, molto da Cheeta frigida, di libri da titoli così: Il monologo della vagina per l’arrugginitaIl ruggito della resilienza selvaggia di una donna denudataLa cassa integrata vuole un’altra limonataLa cassiera s’è incazzata e non fa più scontiVivi e ama te stessa e il suicidio è vicino ma non mollare, mollala qui.

Ah ah.

Detta ancora più onestamente, io sono un tipo cronenberghiano. Sì, uno Spider che diventa Tom Stall di A History of Violence e riceva a casa sua sia il Blu-ray di Scanners che un porno con una di cognome Summers.

Ora ve la dico tutta! Una delle mie fighe preferite dei primi anni duemila è stata Sammie Rhodes. Parliamo di una che potrebbe battere la Bellucci, eh.

Ah ah.

Sì, oramai di voi, uomini e donne, non so che farmene.

Fatevi le corna e le lotte a vicenda.

Io tanto non mi sparo. Ma qua bisogna spararselo/a. Ah ah.

E questo, come diceva Nanni Moretti, è pus underground da Naked Lunch. Ah ah. Detta senza peli sulla lingua, sia Cronenberg che Kubrick mi fanno un baffo. So che ciò vi appare buffo, invero è solo un demone sotto la pelle. Ah ah. Sto scherzando sul valore di Shining? No. Kubrick ha travisato Stephen King e ha fatto male a scegliere Jack Nicholson. Inizialmente, sapete che aveva pensato a Bob De Niro? Poi disse che, dopo averlo visto in Taxi Driver, non l’aveva convinto. Ecco, ora capisco perché faceva film misantropi. Uno che non ama Bob De Niro, si merita quella moscezza di Eyes Wide Shut e il suo voyeurismo ipocrita. Diciamocela! Eyes Wide Shut è una cagata pazzesca. Banalità su banalità, orge da carnevale di Venezia, come se non sapessimo, come vi ho detto, che i ricchi “cazzeggiano”. Una noia mortale. Tutto questo bordello solo perché Nicole confida a Tom Cruise la fantasia erotica di lei col marinaio? Cazzo, Tom. Da una così, ti aspettavi che ti confidasse che aveva sognato te? Ti aveva sposato solo perché eri un bell’uomo ricco e potessi lanciarla. Una volta arrivata, ti ha mandato a fanculo in maniera più veloce degli aerei di Top Gun.

Sono un uomo triste che non crede più a nulla? Non è vero. Credo che, domattina, mi sciacquerò il viso e berrò un caffè. Poi, non so che cosa succederà. Son sempre gatte da pelare. Ma comunque andrò al al bar.  E il barman:

– Come va?

– Non ce le beviamo più, eh, io e lei. Vero?

– No, nessuno oramai ci fotterà più.

– Ottimo. Così si fa.

– E che si fa?

– Che vuole fare?

– Non so. Lei adesso ha da fare?

– Perché? Mi vuole inculare?

– No, io non la fotto mica, sa? Ce lo siamo appena detti. Ce ne fottiamo. O no?

– Possiamo fare altro?

– No, sinceramente no.

– Vedo che lei è abbastanza lucido. Circolava voce che fosse pazzo.

– E lei crede a tutte le stronzate che la gente dice? Se fossi pazzo, starei qui a bere con lei?

– No, infatti. E se invece anche io non fossi pazzo e mi tocca invece dar bere a quei cretini che ballano? Come la vede?

– Eh, mi sa che lei non la vede proprio da parecchio. Se ne fotta.

Scemo e più scema

Scemo e più scema

di Stefano Falotico

 

SCANNERS: d’ora in poi, nessuna compassione per i dementi sia nel Cinema che nella vita reale


06 Mar

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Ebbene, giriamoci attorno per arrivare poi alla sparata micidiale. Nel mio consueto stile che oramai, giustamente, non chiede più perdono a nessuno dei suoi azzardi, anzi, con veemenza inaudita, irrefrenabile, sguaina la spada e infilza altri imbecilli. Facendo saltare per aria le loro budella marce e poi picchiando loro furentemente in testa con ancor più ampio vigore.

Fulgore!

Sì, beccatevi questa clip e ammutolitevi. Ne abbiamo le palle piene di queste borghese altezzose. Con le loro profumerie, i loro bon ton, le loro buone maniere fintissime, laccate e soprattutto leccate.

Leccate da qualche bauscia che consola i loro momenti di frustrazione, regalando a queste i soldi per shopping di altri cazzi. Sì, quelli degli amanti gigolò che, nel loro ambientino, il loro “habitat naturale” di finzioni, di lor feste orgiastiche da Eyes Wide Shut, si trastullano da scambiste obbrobriose, repellenti, anzi, di pelli puzzolenti.

E questa è pura Arancia meccanica dura, cazzo.

Sì, siamo stanchi oramai delle prese per il culo. Imperterrite, impietose, abominevoli, sfacciate, di queste plateali derisioni da imbroglioni col culo parato e la facile parlantina… ché tanto hanno sempre i soldi per altra carta da parati.

Sì, hanno attestato di carte bianche la loro presunta, oserei dire untissima superiorità altolocata solo nel comprare un altro panno sporco da biancheria Intimissimi per nuove stronze, sporcizie e volgari malizie segretamente ripulite dietro tangenti e corruzioni avvocatesche grazie a qualche lercia tresca oziosa.

Sì, questi prima peccano e sporcano, quindi si smacchiano grazie a mance che presto dimenticano i loro bassi colpi mancini.

E quell’altro panzerotto? Che fa? Guardatelo come cammina e poi sfila in macchina tutto in tiro con tanto di giacca e cravatta stirata e linda per merito della varechina di una che lo mantiene, una valchiria. Sì, è un semi-analfabeta ma ha ereditato una fortuna dal padre e ora, nonostante si presupponga che debba mantenere lui la puttana tedesca con cui sta, incassa perfino altri maritati, no, “meritati”, ammogliati guadagni da magnaccia che mangia alla nostra faccia. Ammollandoglielo di tanto in tanto grazie ai suoi contanti.

Chiariamoci molto bene, puttanieri, filibustieri e cazzoncelli vari.

Io lavoro più di voi, giorno e notte elevo il cervello e non solo l’uccello per distaccarmi da questo mondo di bei coglioncelli. Ma guadagno assai poco, caro il mio porcello.

Ma non accetterò, d’ora in poi, altre reprimende, altri pugni e che tu mi dica che non valgo un cazzo, dandomi della vile, vivente pugnetta nullafacente. Sennò, da me riceverai solamente altre salviette. E dovrai metterti in ginocchio, sì, genuflesso davanti al Muro del Pianto, mio mulo. Cosicché, anziché prendere per i fondelli gli ebrei e i diversi, caro fascistone-nazistoide dei miei stivali, col tuo infrangibile, ottuso muro di gomma, dall’alto del tuo edonistico, materialistico culto io ti piscerò nel luogo del tuo culo. In modo qualunquistico. Sì, ove piscio piscio. Senza sottilizzare in modo sofistico.

E non ti cago!

Mi dirai che sono un tipo cuculo e io te lo piazzerò ancora e ancora più a novanta. Stanne sicuro! Finché non la pianti nel dirmi che devo soltanto piangere di rimpianti.

Ora, ai tuoi neuroni predisponiamo un sofisticato impianto. Questo è quanto.

E quella troiazza? Che cazzo fa? Insegna ai bimbetti e ai pappagalli, con la sua grinzosa pappagorgia, sempre le solite pappardelle, ovvero moralistiche lezioncine leziosissime su come si sta al mondo nella scuola magistrale della sua pippa e schiappa e poi va a rinfrescarsi le chiappe “in formissima” a Ibiza?

Basta, non faccia le bizze. Ora le serviamo una bella pizza! Chiaro, pazza? Se non ti è chiaro, altra pummarola ’ncoppa e in capa a questa capra con la sua cima di rapa, una campagnola che vuol pure spacciarsi per gran signora e invece desidera, intimamente, sol che qualcuno le spazzi l’aiuola. Ecco, la vedi questa suola, falsa suora? Ora arriva in testa.

Le zoccole non meritano coccole. Essendo caccole, è tutto grasso e merda che cola.

Che cosa? Devo tornare a scuola? Ehi, troiona? È così? Allora ora ti sbatto nel sottosuolo.

E quel bambagione che fa? Ancora sfotte gli anziani e gli omosessuali? Quelli sulla sedia a rotelle? Gli manca davvero qualche rotella. E ora ha finito di far il bello con le sue ciambelle. Sfotte pure i bidelli! L’unico buco che verrà bene non sarà quello che questo farabutto si fa con le sue amichette, con la sua siringa sterilizzata dietro il titolo igienicamente pulito, bensì la voragine che ora gli si aprirà nello sfintere grazie al mio clistere.

E d’ora in poi portate rispetto e pigliatevelo ove vi siete meritati di prenderlo a causa della vostra demenza.

No, la mia non è buona creanza. È solo avervi spappolato la panza.

Senza rancore, un uomo che si è stancato di esser trattato davanti da gentile signore di gran cuore e poi, da dietro, inculato a morte.

Andate a farvi fottere e bruciate con enorme calore!

Altrimenti, vi friggo le teste di cazzo che siete e anche quel coso che avete fra le gambe esploderà. Ma non più di goduta, fottuta ilarità.

Eh già. Mi sa che proprio questo accadrà. Ah ah.

Super disturbo psichico da vostri iper-disturbati con tanto di sturbo e turbo.

 

In fede,

uno che di questa società è orgogliosamente un disadattato infedele.

Infelice no.

Gli infelici, vi ho detto, siete voi, infetti e dalla nascita insetti, miei stronzetti

 

 

di Stefano Falotico

Prince of Darkness è l’opera magna di Carpenter e voi vi siete giocati tutto il cervello, anche qualcos’altro, a mettervi contro un mago


06 Mar

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Ebbene, il capitolo 3 del mio libro su John Carpenter inizia così ed è indubbiamente un pezzo straordinario.

E me ne sbatto il cazzo che siate invidiosi.

Ecco il pezzo che spacca il culo:

A volte la nostalgia s’impossessa di me e la mia anima viaggia nel tempo, addentrandosi nei ricordi che si oscurarono nel caravanserraglio ch’è la vita nel suo avanzar di baldorie e pensieri torbidi, e addento con vividezza bruciante tempi che, vivificandosi nella memoria ritornata, granitici ancor si stagliano adamantini a risorgimento di mie emozioni così vivamente resuscitate in gloria.

Ecco allora che rammento e rivedo un film di cui m’era sfuggita memoria, che vidi a noleggio, quando ancora imperavano le magnifiche videoteche a custodia di un mondo remoto eppur giammai perduto, esimie biblioteche di VHS mastodontici, da riscoprire nell’intimità sobria e afosa di una serata estiva. Assieme ad amici o ancor meglio da soli, per gustare e inalare ogni terrorizzante paura da lor emanata e rabbrividirmi incantato.

 

Ora, come vi sto dicendo, sto allestendo la versione per il mercato mondiale, vale a dire in inglese.

Un lavoro certosino, di sofisticato intaglio. È pressoché impossibile riprodurre perfettamente, nella traduzione appunto, ogni più sottile sfumatura poetica. Ma sto realizzando comunque un lavoro più possibilmente aderente all’originale.

Avevo chiesto in giro, a qualche traduttore professionista, una mano, come si suol dire. Ma mi hanno tutti proposto delle cifre esagerate.

E, a differenza di quello che possiate pensare, non sono il figlio di Berlusconi.

Quindi, come ho sempre fatto, da autodidatta, sgombrando la mente da fighe e figotte che potrebbero non poco distrarmi da questo preciso, pregiato lavoro che richiede attenzione meticolosa e non può permettersi morbose pause “pubiche” che m’indurrebbero a perdere di vista non “quella” e l’erezione bensì l’impaginazione eretta a simmetrico coronamento di qualcosa di mistico e assolutamente intoccabile, mi son dato alla metafisica assoluta.

Non voglio sentire voci di vicini. C’è quella vicina del mio appartamento, ad esempio, che fa un casino pazzesco sempre verso mezzogiorno con le padelle. E io faccio drin drin alla sua porta.

 

– Allora, gliel’avevo già detto ieri. Ma lei, a quanto vedo e sento, soprattutto, è tarda di comprendonio. La deve finire di fare questo rumore pazzesco. Comunque, ora mi faccia assaggiare il ragù. Sì, è buono. Scusi, le frego anche le lasagne.

 

Quindi, sgattaiolo con tanto di besciamella e una leccata sotto i baffi da Victor Wong su occhio malandrino, semi-strabico.

Detto ciò, per fortuna un mio amico mi è stato sincero. Molti invece, infingardi e rosiconi, hanno mentito sulla portata sesquipedale di questa mia opera, oserei dire, enciclopedica, ciclopica. Dicendomi, stizziti dalla maestosità della sua bellezza inviolabile, pari forse alla venustà della cinesina con gli occhi verdi di Grosso guaio a Chinatown, che è buona ma non eccelsa.

Qui mi pare che abbiano fatto gli stronzetti. Basta, adesso.

Sì, questo mio amico, fottendosene delle gelosie, mi ha sfacciatamente detto che è un capolavoro.

– Hai davvero scritto un grande libro. Inattaccabile. Flawless. Meravigliosamente editato, senza una sola sbavatura e neanche un refuso. Masterpiece.

 

Quando ci vuole ci vuole. E, talvolta, al fiorire del mattino, coi capelli scompigliati da una notte turbolenta e insonne, mi reco in bagno, faccio una pisciatona come questa…

 

E dunque mi guardo, specchiandomi orgoglioso.

So che siete invidiosi e, non capendo la mia altezza nobiliare, mi date del vecchio come Lo Pan.

Posso garantirvi che il mio pen’ invece è molto succulento e gradito dalle migliori assaggiatrici…

È un pene che s’impenna, infornato abbrustolisce come levitante pane aromatico, pneumatico sgomma calibrato e quindi, tutto eiaculato, esce dal guscio e cammina a testa alta, pavoneggiato.

Insomma, è un pene da vero Lupin. Ah ah.

 

– E che lei è un uomo molto pericoloso. Ora, se vuole proteggere Jack Burton.

– Le ho detto di lasciarlo in pace, Jack Burton. Perché noi siamo in debito con lui. Ha dimostrato un coraggio da leone.

– Uhm, va bene. Come crede. Però se vuole che io sia il suo avvocato, devo sapere ancora alcune cose che per me sono completamente assurde. Come… lei crede davvero alla magia?

– Parla della magia nera cinese?

– Sì.

– Oh, assolutamente sì.

– Dice sul serio? Quindi crede ai mostri, ai fantasmi, eccetera, immagino.

– Sicuro. E anche alla stregoneria.

– Quindi, devo supporre che lei si aspetti che anch’io creda alla stregoneria, non è così?

– Certo, naturale.

– E perché?

– Perché è una realtà.

– Ma chi me lo dimostra?

– Chi?

– Già. Chi? Ahahah. Me lo dimostri lei. Per favore, avanti.

– Visto? E questo è niente. Ma è così che tutto inizia sempre. Dal molto piccolo…

 

Dal molto piccolo tutto s’ingigantisce, fruscia, fermenta e striscia serpeggiante, sgusciante e inchiappettante, in calde zone pacifiche starnutisce e poi, fatto che s’è fatto quel che s’ha da fare, si rilassa e poltrisce, si diluisce ancor in piaceri lisci e, nuovamente, liso e giammai più reciso, dipinge il suo capolavoro michelangiolesco, pura Cappella Sistina da seme della follia. Per un’altra Creazione.

Abbeveratevi alle mie opere e introietterete la conoscenza grandiosa e amorosa, focosa e sanamente rabbiosa, quasi sabbiosa e di altre rose a iosa, lontana da ogni brutta senescenza ingloriosa e dai permalosi, da stupide, psichiatriche scienze della nostra anima golose.

La mia vita è stata un big trouble ma anche la vostra fa, diciamocelo, schifo al cazzo.

Elevazione!

E per Pasqua piazzerò questo mio libro sul mercato internazionale.

Scartate le uova e ovulate.

Voi invece che fate? Farneticate e nemmeno fornicate una fata?

Ed è questo il guaio.

Fidatevi.

di Stefano Falotico

I registi dementi che non voglio più vedere: Vincent Gallo, Lars von Trier, persino Spielberg, Luciano Ligabue e affini bovari


05 Mar

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Sì, partiamo con Vincent. Attore che non mi sento di discutere.

E vi racconto questa. Poco prima dell’anteprima veneziana dello sciapito remake di Werner Herzog de Il cattivo tenente di Abel Ferrara, ordinai un toast a una baracchina di hotdog. Al che, mentre lo stavo sgranocchiando, a un metro da me, ci credereste? Stava tutto in camuffa, con tanto di barbona e look trasandato per non farsi riconoscere, quel bell’uomo del Gallo. Proprio un Gallone a sessanta centimetri da me. Nessuno, combinato e acconciato com’era, l’aveva riconosciuto. Mentre io, ovviamente, sì. E cominciai a guardarlo di sottecchi. Come diceva Totò a Peppino, ne La banda degli onesti, guardi quello là, quel tipo, guardi ma non guardi. Insomma, guardi ma non faccia vedere che guarda.

Ma Vincent si accorse che lo stavo guardando in maniera trafelata e cominciò parimenti a fissarmi. Poi, ridacchiando sotto i baffi, mi annuì in silenzio, come per dirmi…

– Sì, sono io.

 

Dunque, si eclissò in sala, assieme a una bagascia di quart’ordine, forse raccattata al molo del Canal Glande, no, Grande.

Credo, se non sbaglio, che l’anno dopo avrebbe vinto la Coppa Volpi per la sua prova in Essential Killing.

E, fra l’altro, sapete che fine abbia fatto? Sono quattro cinque anni che non gira più un cazzo.

Ma sì, oramai ha dato. Vincent ora starà in qualche tugurio con qualche zoccola che gli lecca le sue palle da bowling da Buffalo ‘66. Qualche Christina Ricci che glielo arriccia e glielo rizza.

Ecco, questa sua regia è buona, molto bona.

Ma mi soffermerei piuttosto su The Brown Bunny. Film ove il nostro Gallo non ha lesinato in pornografiche vanità, facendosi succhiare tutto il caldo ciddone (leggasi uccellone) dalla Sevigny, un ottimo figone. Va dentro, no scusate, va detto.

Devo ammettere che l’uccello di Vincent è da competizione ma devo altrettanto essergli onesto. Il mio è molto più grosso (e qualcuna lo sa, può tangibilmente testimoniare e, da allora, è ricoverata in manicomio per l’irreversibile shock profilattico da crisi ninfomane molto anale, no, anafilattica) ma non mi sarei mai permesso di filmare un lungometraggio, presentato a Cannes (!), con tanto di pompino durissimo da bestione.

Non sono, come sapete, un moralista, anzi. Ma sono per la teoria di Orson Welles. Il sesso al Cinema non serve a un cazzo. Non è compito dell’arte mostrarci ogni minimo dettaglio, ingrossamento e attizzamento, indurimento, allungamento e succhiamento. Sono cazzi che non c’interessano.

Quindi, sia lui che la Sevigny andassero a fare, come dicono in Sicilia, i “suca-minchia” altrove. Questi due minchioni. Sì, anche la Sevigny lo è. Le sue gambe non si discutono ma la sua faccia sembra, alle volte, quella di un uomo.

Bannato lui e lei rimane una lecca-banane.

A proposito di altri idioti… voi dite che Lars von Trier è un genio.

Ma de che? Questo è sempre stato molto ma molto male. E, visto che sta male, ha preso a pretesto le sue psicopatologie per spacciarsi come provocatore geniale. Imbavagliatelo!

In verità vi dico che Lars provoca solo i suoi turbamenti. È un pazzo a cui non darei da girare, in Dogma, neppure il filmino della prima comunione.

Capace che poi rovini l’armonia innocente della festa con qualche sua alzata di testa.

Prendete i resti di torta che sono rimasti come avanzi e… ho detto tutto.

Spielberg se n’è uscito con la campagna anti-Netflix. Per forza, lui ha la Dreamworks e Netflix gli rompe i maroni.

Quindi, castrate anche Steven il prima possibile. Questi falsi non li vogliamo più vedere.

Su Luciano Ligabue non sarei impietoso. Dategli una piadina romagnola e ficcatelo fra i drogati della Montagnola. Famoso parco di strafatti e bolliti di Bologna.

Finirei con altri due bovari invincibili. Il primo è Russell Crowe. Che si è cimentato con la regia! Uno la cui panza aumenta a vista d’occhio, anzi, ad occhio di bue. Poiché Russell, da gladiatore della buona cucina, una vera Arena come l’omonimo pollo fritto, mangia tante uova e bistecche alla Bismarck.

E poi con Ben Affleck. Oscar regalati. Ma l’avete visto nel trailer di Triple Frontier?

E questo sarebbe un bove, no, un bono? Ma questo ha mangiato polpette a tutt’andare.

Ora, voi ci credereste che costui, nella foto immediatamente sotto, il 13 Settembre di quest’anno compirà quarant’anni?

Lo so, io sono sempre bello e giovane, voi sempre più rincoglioniti.

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di Stefano Falotico

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