Addentriamoci in questa stagione e inoltriamoci anche nella testa di questo Rust Cohle, ovvero il Falotico sottoscritto, oddio mio, Stephen Dorff, il troione per antonomasia.
Sì, appena vedo Stephen Dorff ho dei rigurgiti. Poi l’avete visto come sta combinato in questa serie? Con capelli posticci, un mezzo parrucchino impresentabile.
No, non sono un parruccone ma odio i parrucchieri. Sì, il mio barbiere, Franco, con me c’impiega cinque minuti a tagliarmi i capelli. Gli dico soltanto di farli più corti. Un’acconciatura decorosa senza look da bambocci.
Sì, Stephen Dorff è la nemesi del sottoscritto, il Falotico. Rappresenta la quintessenza d’un pornoattore che, un tanto al chilo di suoi addominali a tartaruga, grazie al suo stronzo agente cinematografico, riesce a incappare in qualche buona produzione.
Immagino sempre quando i produttori devono scritturarlo.
– Per questo film, si è candidato Stephen Dorff.
– Ma no. È un puttaniere conclamato. La qualità del film ne risentirebbe. Non ha l’allure di un uomo di classe.
– Lasciamici pensare. Uhm, be’, non abbiamo di meglio. Jude Law è impegnato al momento, McConaughey ha già girato True Detective, De Niro è troppo vecchio oramai, ci sarebbe quello lì disponibile. Sì, mi risulta che in questi giorni sia libero. Viggo Mortensen.
– No, Viggo chiede troppo. Dai, prendiamo Stephen.
– Ma fa schifo al cazzo.
– Sì, ma non vuole una grossa cifra. Tanto che te frega? Fa la parte secondaria. Poi non è male. Piace alle donne, alza l’audience. Sì, a tutte queste bimbette con gli ormoni a mille, malate di serie televisive, non interessa nulla della diegetica della storia e della messa in scena. A queste zoccoline in erba interessa solo un bel faccino. Le visualizzazioni aumenteranno.
– Mah, non sono convinto. Dorff non ha niente di affascinante. L’unica parte davvero adatta a lui è stata quella in Somewhere, cagata micidiale premiata da Tarantino a Venezia. Ma come cazzo ha fatto Quentin a premiare un film beceramente idiota come questo? Sì, Stephen è accettabile però, qui. Interpreta sé stesso, il burino arricchito, scambiato per star, che passa le giornate a fare il voyeur e a farsi spompinare da Laura Chiatti, andando a dire che ha recitato con Meryl Streep, tanto Simona Ventura di Telecaz’ è andata sempre avanti, lo sapeva bene Stefano Bettarini. Pezzo di marcantonio, un marcatore a zona delle palle nella mentecatta catodica simpatica come il culo.
– Be’, sappiamo che Quentin ha premiato quel film perché si scopava Sofia Coppola.
– Ammazza che orrore. Non sarei stato nella loro camera da letto manco se mi avessero dato venti milioni di dollari. No, Stephen Dorff è un bel ragazzo e come attore è una merda, ma vedere i freaks che s’accoppiano è roba da pervertiti.
– Guarda che Quentin è stato anche con Uma Thurman. Tanto brutto non deve essere. Un certo fascino ce l’ha, diciamo, un qualche ascendente sul gentil sesso.
– No, non è mica brutto. Sembra solo Boris Karloff di Frankenstein ma possiede una testa ottima. Comunque, Uma è stata con Quentin perché le ha dato il ruolo della Sposa in Kill Bill. E Uma, per ringraziarlo dall’averla salvata quando a Hollywood se l’inculava soltanto Ethan Hawke, ha ricambiato il favore in termini carnali. Quindi, quest’altra Uma la finisse di fare la femminista che ce l’ha con Weinstein. Se non era per Harvey, non avrebbe mai recitato in Pulp Fiction. Ah, tutte queste bagasce!
– La Thurman è stata anche con De Niro.
– Sì, aveva venticinque anni o giù di lì. Doveva pur succhiare l’uccello del più grande attore del mondo per fare carriera e spacciarsi come una “talentuosa”, no? Ah ah.
Ma torniamo a Dorff. Sì, nel suo carnet può vantare scopate e flirt da Soul Asylum, ah ah, proprio un “Religiavision”.
È stato con la bombastica più puttana di tutti i tempi, Pamela Anderson. M’immagino le loro giornate assieme. Stephen tornava a casa. Lei, con foglie d’insalata fra i denti, gli sussurrava che si era annoiata a fare la ceretta e gli preparava la “cenetta”.
Una vita elevatissima. Di salsicciotti e pollo arrosto. Con Pamela che, mentre glielo menava, stava attenta a non rompersi le unghie.
Sì, Stephen Dorff, l’incarnazione del tamarro par excellence diventato attore perché, fra una Lela Star fottuta dietro scontrino fiscale e una sua bevuta di s… a, no, di birra, guardava i neri dell’NBA che facevano canestro mentre stava già pensando a come far il bucaniere con un’altra gallina che l’avrebbe spennato.
Insomma, è credibile secondo voi uno con questa faccia da ganzo con a fianco la mignottona che gli sussurra nell’orecchio… no, non sei un ricchione, sei molto ricco però, tu sei il mio uomo, facciamogliela vedere. Scopiamo qui, davanti a tutti, come ricci, mio ciccio.
Sì, è identico a Pasolini, Dorff. Non credete, ah ah.
Tanto la madre delle baldracche è sempre incinta e va a nozze il lucky bastard. Ah ah.
Sì, non vi sopporto più. Avete la fissa del sesso. Lo mettete in bocca… dappertutto. Avete ribaltato tutto. I rockettari cafoni alla Tommy Lee sono dei grandi perché sanno di maschio zozzo, ruvido, porcello. E votate Salvini, continuando nei bullismi, nei più biechi fascismi, avete tutti la stessa faccia. Sembrate spuntati da Brazil di Gilliam, offendete chiunque, voi ve ne fottete, sapete come si sta al mondo.
Voglio ora parlarvi di un tipo di nome Calzolari. Uno sciroccato che incontrai, per mia disgrazia, molti anni fa. Dopo essere andati a vedere The Aviator di Scorsese, costui, in preda a un delirio co(s)mico, mi guardò con aria compassionevole. Mi chiese, a visione terminata:
– Cosa ne pensi, Stefano? Ti è piaciuto?
Gli dissi cosa ne pensavo con una disamina di circa trenta minuti mentre lui, non ascoltando nulla di quello che gli dicevo, stava a pistolare col cellulare, cercando di circuire una sgualdrina contattata in chat per “uccellarsela”, come diceva lui.
Al che, stufato dalla mia recensione “in diretta”, forse perché la tipa l’aveva mandato a farselo dare nel culo, mi vomitò queste esatte, lodabilissime parole da vero “studente” di Scienze Politiche e Amministrative.
– Mi hai rotto! Basta! La gente scopa, si diverte, va alle feste! Demente!
Ma costui in fondo è un poveraccio. Molto peggio quelli che per anni si son fatti scarrozzare, poi guardavano i peggiori blockbuster filo-fascistoidi di Roland Emmerich e puttanate affini. Sognando di farsi la guagliona puzzolenta dopo una settimana di genitori fustiganti e liberavano i loro alien(at)i in un cazzone Independence Day.
A canticchiarmi le loro derisioni nello sputarmi addosso il ritornello degli Jarabedepalo, Depende.
Sì, di solito, alle persone scambiate per Flavia Vento, si dice… ah sì, dipende dai punti di vista.
Peccato che anziché essere Flavia Vento assomiglio molto di più a Blade.
Vi sta venendo un forte dubbio. Avevate scambiato uno così per il Dorff di Cecil B. DeMented?
Credo proprio di sì. Non siete stati attenti a forza di pensare alle vostre donnette alla Melanie Griffith.
In Italia siamo messi male, abbiamo i romanzetti rosa, i gialletti, i galletti e Marco Giallini. Ho detto tutto.
Come dice il grande Lee Van Cleef in Per qualche dollaro in più: – Ragazzo, sei diventato ricco.
– Siamo diventati ricchi.
– No, tu solo. E te lo sei meritato.
– E la nostra società?
– Un’altra volta…
Che film ragazzi. L’Indio sta ammazzando Lee e spunta Clint.
Sei stato poco attento, vecchio.
Si alza la musica.
Colonnello, prova con questa. Indio, tu il gioco lo conosci…
Continua la musica e a Gian Maria scende la lacrima e gli tremano le gambe. Che si può dire di me, invece? Sono un rigorista. I portieri pensano che voglia piazzare la palla in un angolo e invece si trovano sempre spiazzati. Alle volte, gli arbitri mi danno del pazzo, mi ammoniscono, talvolta vengo espulso, sto in panchina e quindi rientro in gioco. Faccio il difensore, il terzino, il mediano, l’ala fluidificante poco ficcante che sei tu e il centravanti coi suoi colpi di testa. Ficco le palle in buca ma non mi buco. E, in questo spiazzamento collettivo, mangio un gelato un piazza. Dopo una buona pizza. Ah, guarda quella. Calze col pizzo. Chissà se le piace il mio pizzetto. Sì, vorrei da quella un pizzicotto ma di me non è cotta, andasse a bagnarsela nella fontana, lurida bigotta. Ma sì, non pen(s)iamoci, siam pieni di mignotte.
Ehi, Biondo, la sai di chi sei figlio tu?
Direi di finire con C’era una volta in America.
Sì, facciamoci un bagno.
Adesso, scusate, devo andare a pisciare.
Il Monco: – Colonnello, ma tu… sei mai stato giovane?
Colonnello Mortimer: – Mh, sì… e anche incosciente come te. Fino al giorno in cui mi accadde un fatto… che mi rese la vita estremamente preziosa!
di Stefano Falotico
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