Video cult: Francesco Alò e Federico Frusciante a confronto

31 Dec

frusciantealo

Federico Frusciante, che io sa che stimo molto e seguo sempre appassionatamente nelle sue cinefile scorribande ribalde, non lo definirei un “fenomeno”. Ché pare quasi spregiativo delinearlo e imbrigliarlo sbrigativamente in questo superficiale, limitante appellativo, come fosse un personaggio da tendone del circo. Questa definizione lo sminuisce perché, per quanto simpaticamente affibbiatagli, lo depriva della sua importante personalità. Fede è un uomo malato di coerenza, nel senso tanto ampio del termine da sconfinare nel radicalismo esasperato, anti-istituzionale e anti-democratico, al contempo umanissimo nella sua folle, quasi donchisciottesca virtù pregevole di perseverare a rotta di collo nei suoi ideali forse utopistici, irrealizzabili, perfino anacronistici. Perciò Alò lo accusa di passatismo e retriva adesione a una visione del Cinema forse troppo legata alla nostalgica magnificazione di quel che è stupendamente stato e purtroppo, travolto dal mercantilismo di massa, sta scomparendo, si sta tristemente estinguendo. Quindi Fede incarna tutto e il contrario di tutto nella sua accezione più positiva, perfino principesca, da autarchico che, ogni giorno, da quando si è lanciato senza sprezzo del pericolo in questa sua sorta di missione istruttiva, naturalissima e viscerale, si deve giocoforza scontrare con chi, semmai laureato al DAMS o cattedratico, sussiegoso e boriosamente certificato che sia un critico, persino lo deride e lo provoca. Ed è per questo che la gente, da me il primo, oramai quasi si fida più di lui che di un critico “attestato” tale. Con tanto di attestati e curriculum vitae noiosi e inutili. Perché, un po’ come faccio io nel mio canale e nelle mie recensioni online su vari siti, non è legato a logiche editoriali, non deve compiacere nessuno e non vien pagato per dire che un film è bello anche se non lo pensa. Nella sua ruvida, talvolta anche indisponente, ruspante schiettezza esplosiva senza filtri, arriva direttamente al cuore di ogni spettatore, dal più colto e competente a quello alle prime armi che, incantato dalla sua vistosa mimica esuberante e quasi strafottente, rimane piacevolmente ipnotizzato dalla sua toscanità verace e tonante, addirittura volgare nel suo significato (mi raccomando, non fraintendetemi) più calorosamente popolaresco, un uomo animato da una sconfinata, onestissima passione pulsante, ai limiti dell’imbarazzante per quanto è grandiosamente sentita e, appunto, non veicolata da interessi e logiche di mercato, da affaristici compromessi, da leccate di culo. Il suo percorso, per così dire formativo, no, non è stato canonico, cinematograficamente scolarizzato, universitario e dunque spesso solamente improntato al bisogno di fare il critico per essere critico col titolo. Non è un percorso che cerca la gloria o a scopo di lucro. Lui ha zigzagato da autodidatta onnivoro, ha letto mille libri e ha visto più film di Tarantino, a livello formale non può dimostrarlo, non ha niente che lo acclari, diciamo così, e quindi come un temerario continua nella sua avventura ammirabilissima, guidato dal fervore vero e anche romanticamente arrabbiato di un selvaggio cuore straordinariamente puro. Un intrepido.

Non è impeccabile, ci mancherebbe, per quanto, se leggerà questo mio pensiero, potrà adirarsi, certo, anche lui prende delle cantonate pazzesche e sbaglia clamorosamente su molti film, ha delle fisse incurabili e forse è troppo manicheo nel suddividere semplicisticamente il mondo fra comunisti contro fascisti.

Ma è comunque lodabile, anzi, forse ancora di più, proprio perché fermamente convinto che il Cinema, l’Arte e la Cultura non passino obbligatoriamente dalla via “principale” di un giornale “importante”, ma siano alla portata di chiunque voglia giustamente cimentarsi, senza presunzioni e superflui nozionismi sterili con la sua magia, e che ogni persona abbia il diritto, per quanto discutibile e opinabile, di dire la sua, di spararle anche grosse senza il bisogno squallido di mercificarsi o, appunto, istituzionalizzarsi per farsi, per crescere in lui.

Il Cinema è di tutti. E, pur con le sue inevitabili ingenuità, sorretto da un cuore magmatico e bruciante, Federico Frusciante insiste coraggiosamente, al pari di un personaggio di un’altra epoca e allo stesso tempo di un personaggio imprescindibile della nostra contemporaneità. Che, come lui, è piena di contraddizioni amabilissime.

 

Quando sostiene che lui non si emoziona perché, se si emozionasse alla prima visione di un film, il film lo avrebbe fregato furbescamente, in maniera ricattatoria, mente spudoratamente. E allo stesso modo dice il vero. Se non si emozionasse, non starebbe a guardare film da mattina a sera e a parlare di Cinema. Forse, avrebbe partecipato al Grande Fratello o si sarebbe candidato come futuro Presidente del Consiglio.

Il Cinema, invero, lo emoziona parecchio. Vive per quello. Però io ho capito benissimo cosa voleva dire. Anche voi. Cioè, Fede non è un tipo manipolabile che si lascia fottere. Più coerenti di così, si muore.

 

 

di Stefano Falotico

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