Una persona morta dentro la riconosci subito. In verità, non è morta clinicamente parlando ma, da tempo immemorabile, ha rinunciato a vivere, adeguandosi allo squallido conformismo becero, impiegatizio, sacrificando i propri desideri intimi, veritieri, annichilendo i suoi slanci liberi e selvaggi, a favore dell’andazzo generale.
Perché, come succede ai più, ahinoi, ecco che chiunque, arrivato a una certa età, si è trovato un lavoro per tirare a campare, si è semmai pure sposato e dunque, non avendo più molte ambizioni da portare avanti, essendosi castrato nell’anima, facendo sesso (che poi manco quello fa) soltanto con sua moglie e, può essere, qualche volta con la tristissima amante o, peggio, discretamente viscidissimo con una mezza zoccola (sì, cosa gravissima, manco intera è, almeno fosse figa, invece è una super negrona pachidermica), libero dalle grinfie della consorte, ha smesso di leggere libri, di guardare film. Perché tanto non gli servono più a nulla. Non ha più ideali e, anche se ce li ha, che val la pena continuare a perseverarli? Tanto, appunto, lo stipendio a fine mese gli arriva, la vita sostanzialmente è un grande schifo collettivo, questo pensa, nessuno crede più a niente, le ideologie son scomparse e chi ancor ne aderisce è solo un emerito coglione… E allora evviva lo svaccamento totale da Homer Simpson. Con birretta in mano, panza all’aria sul divano e le partite di Calcio!
Abominevole!
Un uomo, sì, devastato da oneri lavorativi inderogabili, smontato che ha dal suo turno, non vede l’ora di sbracarsi davanti alla tv. Acclamando delle scimmie in mutande semi-analfabete che guadagnano mille volte più di lui, tirando a calci una palla. Eh, va così, inutile cercare di cambiare il mondo! Così è e così sarà. Ah, poveri fessi!
No, non è mero, basso populismo il mio, e non è retorica stantia e superata. E neppure una critica alla società. Anche se lo è, ah ah.
È semplicemente l’evidente, impietosa presa di coscienza di questo mondo di cosiddetti adulti mostruosamente deficienti. Di un’umanità aberrante.
Oramai, già a trentacinque anni, forse pure meno, lasciatasi andare.
Ma quel che è più triste non sono questi morti viventi. Facessero, in fin dei conti, quello che vogliono. La cosa triste è che costoro si prendono la briga di giudicare, stigmatizzare, sfiancare le giovinezze, soprattutto quelle belle, floridamente ribelli, piene ancora di sogni, di voglia estrema di libertà.
Trattandole a pesci in faccia.
Ogni potenzialità giovanile viene deteriorata e abdica ai precettivi schemi asfissianti e demoralizzanti di adulti fantomatici che, a mio avviso, sarebbe meglio se tornassero all’asilo.
Questi adulti ridacchiano, sono sentenziosi, dogmatici, non vogliono sentire ragioni, non vogliono ascoltare alternative. Perché, nonostante in cuor loro disprezzino la loro vita, per quanto sappiano benissimo che è senza senso e inutile, a loro sta bene così. Non vogliono più soffrire. Poiché la ricerca continua induce alla sofferenza. La verità è sempre scomoda, costringe a interrogativi profondi, a riflessioni introspettive non da poco. A rivedere i propri errori di valutazione, a far dietrofront dinanzi ai propri sbagli e, come dico io, sbadigli.
Uno dei grossi problemi della società occidentale è il culto della carnalità. Superata la maggiore età, molti vivono solo per fare sesso. E, per ottenere maggiori favori sessuali, edonisticamente si vendono.
Mercificano la propria anima pur di rimediare una scopata. Tutti palestrati, esteticamente perfetti, impeccabilmente di ottimo aspetto. Ma sostanzialmente delle merde.
Degli ignoranti mai visti. Cultura per loro fa rima con nozionismo. Il nozionismo non è mai cultura. È solo aver imparato a memoria il giorno della morte di Napoleone senza sapere chi è stato Napoleone.
Che poi, anche se non lo sapete, è meglio. Era uno stronzo guerrafondaio.
Se invece di morire il 5 Maggio, Napoleone moriva il 9 Maggio, che differenza faceva? L’unica differenza è che Alessandro Manzoni avrebbe dovuto cambiare la data del suo celeberrimo poema…
E se De Niro, anziché vincere l’Oscar nel 1972 per il Padrino parte seconda, lo vinceva nel 1973 perché l’uscita del film di Coppola era stata rimandata di dodici mesi? Sarebbe morto qualcuno?
In me, invece, è avvenuta una splendida regressione matura.
Anziché essermi imborghesito, sto diventando sempre più giovane e scemo, in senso positivo.
Allora, vado da una e, senza peli sulla lingua, le dico sfrontatamente che vorrei leccarle la figa.
Perché io sono una testa di cazzo, non cambio.
Potete picchiarmi, sodomizzarmi, obbligarmi ai lavori più umili, così potrete credere che mi sia normalizzato nella stupidaggine dolciastra di massa.
Ma io continuerò a rompervi i coglioni.
Perché voglio che non raccontiate più cazzate.
A partire dal nuovo anno.
Anno nuovo, vita nuova. E buttate via le maschere. Bruciatele!
E tu, sì, dico a te, che continui a fare il moralizzatore, dai, lo so benissimo che, la sera, prima di andare a dormire, ti guardi i filmetti porno sul tuo cellulare. E poi vai a dare il bacio della buonanotte a tua figlia.
Svegliandoti il mattino dopo e dicendo al tuo collega: – Ah, come siamo caduti in basso. Visto che schifo? È diventato un mondo di troie.
Vedi di ammettere i tuoi vizietti, non c’è niente di male. Il male è rinnegarli e fare i santi quando santi non siete proprio.
Io non me la bevo più. Adesso, donna, bevitelo tutto.
– Ma cosa sei schizzato?
– Sì, completamente. Infuocato. Lecca e non rompere le palle. Attenta, lecca morbidamente.
– Ehi, ti proibisco di parlare a quel Falotico. È solo un porco.
– Migliore e più sincero di te, babbeo ipocrita. E ora te le suona, demente.
. Ehi, bello! Ti stai contraddicendo. Prima hai detto che il sesso è qualcosa di edonistico.
– Non ho detto questo. Il tuo sesso è edonistico e falso. Se non hai capito cos’ho detto, beccati questa. E dammi tua moglie. Tanto con te non serve a un cazzo.
di Stefano Falotico
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