Avete visto Che vita da cani!?
Di quel genio di Mel Brooks. Sì, Mel è un genio, io invece sono il Genius.
Mentre Goddard Bolt, il suo personaggio nel film, è l’uomo più ricco del mondo.
La trama di questa pellicola è molto semplice: Goddard fa una scommessa con un altro uomo i cui soldi escono dalle orecchie. Scommette che riuscirà a sopravvivere per un mese intero, senza una lira, come si suol dire, anzi, senza un misero dollaro per le strade di Los Angeles, in mezzo ai barboni.
Perché vuole dimostrare che non è un caso se è diventato un uomo così potente e dal fiuto infallibile. Ché si è meritato questo privilegiatissimo posto d’onore grazie alla sua scaltrezza, al suo talento per gli affari, grazie alla sua innata perspicacia, alla sua invidiabile destrezza inaudita.
Insomma, non ha avuto solo del culo nella vita. Tutto quello che ha ottenuto, sostiene Goddard, è stato dovuto al suo Genius…
Ecco, negli ultimi anni, mi son successi, anche se non avuto tanti successi, dei fatti demenziali ai limiti dello sfrenato grottesco più inconcepibile.
Dovete sapere che, per molto tempo, un tempo immemorabile, la gente attorno a me non capì un cazzo riguardo alla mia persona.
Io decisi, molto prematuramente (e non parliamo di super-cazzole con scappellamento…) di esiliarmi dal mondo di tutti i giorni. Perché già stufo a quattordici anni dei miei coetanei, esseri alquanto rivoltanti, attratti solo dal sesso più lercio, indaffarati a spom… arsi con qualche oca mentre ai loro genitori volevano attestare di esser dei bravi figlioli, ottemperando a studi noiosissimi per ricevere un giorno un diploma, una laurea e qualche altro insulso attestato che a livello istituzionale potesse acclarare, in maniera ciclostilata, burocraticamente certificata, di aver adempiuto ai loro compiti…
Io invece, con enorme coerenza, con puntiglio cristologico, prediligendo la mia indole dannatamente metafisica, come detto, da tal porcile mi estraniai anzitempo. Preferendo la compagnia di molti buoni libri e di grandissimi film. E, se proprio dovevo render vivida, estemporaneamente, la mia carne fresca per attimi di piacere, placidamente, in totale comodità e anche pomposità, libero da sguardi indiscreti, con estremo pudore mi davo a soavi masturbazioni da asceta ambiguo, ascendendo al paradiso della bellezza, non solo femminile, in virtù… del mio farmelo tutto nel far un dolce c… o da mattina a sera.
Per via di questo mio atteggiamento, giudicato vile e antipatico, in quegli anni mi affibbiarono le patenti più ingloriose. Così, da viziato capriccioso come Macaulay Culkin di Mamma, ho perso l’aereo, la gente, tanto invidiosa del mio principesco stile di vita esistenzialmente lussurioso, frutto di un onanismo perenne e impunito, anche impudico, volle ingannarmi. E mi lanciò addosso infamanti accuse, trattandomi da malato di mente, sostenendo che soffrissi di disgraziati, invalidanti disagi psichici alienanti e, con screanzata villania, m’indusse a credere che davvero di qualche patologia fossi inguaribilmente afflitto. Che esseri ammorbanti!
Colpendo a muso duro per ridere di me da dietro le (s)palle, beandosi della mia tenera ingenuità romantica così postmodernista da uomo, qual sono, dadaista, delle mie fantasie cubista, costruttivista e immane, unico, amabilissimo, elevato surrealista. Tanta fu l’invidia e la cattiveria che alla fine crollai, dilaniato nel mio amor proprio per colpa di ricatti così bastardi. Mi dissero che dovevo amare di più l’umanità. E dire che io andavo matto solo per il seno di Melanie Griffith in Lezioni di Anatomia. Sì, credo di esser sempre stato un gerontologo. Soprattutto gerontofilo.
Quelle della mia età le reputavo sciocchine e non adatte alla mia già portentosa virilità matura. Adoravo le quarantenni, quelle donne inguainate in calze lisce dalle cosce accarezzabili e godibilissime.
Soccombetti dinanzi a tanto odio pusillanime e ogni stramba peripezia accadutami negli ultimi anni è stata da me finemente narrata nel libro Dopo la morte. In vendita sulle maggiori catene librarie online.
Una sorta di Arancia meccanica condita con frecciatine indirizzate alla cattiva coscienza di massa.
Raddrizzati! No, ce l’ho sempre più rizzo!
Ma, come dice il proverbio, non tutto il male vien per nuocere.
In questi anni, ho conosciuto davvero gente folle. Gente che strilla da quando si sveglia alle prime ore dell’alba sin a notte inoltrata, che ha chiesto l’assistenza sociale ai centri di salute mentale perché non riesce a reggere allo stress delle loro patetiche esistenze quotidiane. E abbisogna di stampelle psicologiche, di alibi consolatori, di assegni di mantenimento. E, a proposito di s-commesse, spera che dalle piccolissime vincite, derivate dalle puntate (non soltanto quelle di Beautiful) alla SNAI, possa rimediare qualche spicciolo in più a fine mese.
Alleviando le loro giornaliere sfighe nell’inneggiare a un populismo tristissimo, utopistico e a mio avviso controproducente, deleterio e squallidissimo. Piangersi addosso non serve a nulla! Se non a commiserarsi!
Ora, sperano nei 5 Stelle, per rivalersi di tutta una vita di merda. Ah, dopo aver passato l’esistenza fra le nuvole, ammirando il cielo appunto stellato, mi par obbligatorio che andassero a parar su Di Maio. Di Maio, no, di mal in peggio! Che pioggia! Piaggeria!
E poter brindare, alla mezzanotte di San Silvestro, con lo zampone e un babbo natale sotto braccio con la zampogna, maledicendo tutte le scalogne al fine di dimenticare, per pochissime ore di festeggiamenti ridicoli, la loro umana condizione di uomini messi alla gogna. Dovreste smetterla di metter in piazza le vostre vergogne!
Io invece, dopo tanti patimenti ingiustamente inflittimi, ho finalmente scoperto i valori veri della vita?
NO!
E allora? Ah ah.
Eh sì, nelle prese per il culo sono molto più bravo di voi.
Un po’ in tutto, sinceramente, eccello. E che uccello.
Sostanzialmente, ci rido sopra, su una bella donna ci schizzo anche altrove.
Eh sì.
Comunque, ho visto Roma.
E dire che mi aspettavo chissà cosa.
Mah, sono rimasto perplesso. A parte i grandangoli e i piani-sequenza, la fotografia in bianco e nero molto arty, è abbastanza una palla questo film. Una sontuosa mezza cagata.
L’unica cosa bella è il poster di Mexico 70 che fa molto Italia-Germania 4-3.
Sì, mio padre mi narrò di questa semifinale storica, avvenuta appunto in Messico in quel mondiale dell’anno suddetto, definita la partita del secolo.
Peccato che poi L’italia, qualificatasi in extremis per la finalissima, ne prese quattro dal Brasile, col grande Pelé che volò in cielo e insaccò di testa.
Secondo me, è stata molto meglio la semifinale Germania-Italia 0-2 con telecronaca di Caressa e Bergomi. Andiamo a Berlino!
Tornando a quella del ’70, mio padre, che di anni ne ha ora 69, me ne parlò come di qualcosa da infarto, col suo amico Gigi che ospitò lui e un altro coglione casa di sua madre. E loro che non potevano urlare perché Concettina, la madre del Gigi, stava dormendo e non era in ottima salute. In realtà ha campato a lungo quella donna.
Sì, son piacevoli ricordi amarcord, paterni di quel paese da Pater Noster. Ove suona ancora la banda come in Roma, ove le donne rimangono incinte del primo campagnolo che le porta al cinema a vedere Louis de Funès. E dove i dottorini arricchiti vanno a farsi un giro in Cinquecento… per scappare dalle possibili rivolte di un paziente totoiano senza pazienza che vuole ficcar loro il bisturi per esser stato operato male.
Mah, non c’è quasi niente di appassionante in questo film di Alfonso. Se non la protagonista molto simpatica che sembra mia nonna a trent’anni. Io non ho mai visto mia nonna a trent’anni. E come potevo? Ma sono un fisionomista delle giovinezze mai avute, anche della mia. Comunque, manco mio nonno ha visto mia nonna a trent’anni. La trombò prima, mettendo al mondo mio padre e mio zio. Ma, da allora, preferì dar da mangiare alle sue galline.
Ah, io disprezzo profondamente Paradiso perduto. Molti hanno paragonato l’epica di Roma a quella di David Lean. Che ha tratto l’unica trasposizione degna di Grandi speranze del mitico Dickens.
Poche settimane fa, Cine Sony ha programmato Great Expectations di Alfonso. E qualcuno, pagato profumatamente da questo canale, ha scritto una recensione ove lo esalta, dicendo che surclassa quello di Mike Newell.
Ora, chiariamoci. Paradiso perduto è una delle più grosse, stomachevoli boiate di sempre. Un film patinato con un Bob De Niro che mangia come un bifolco, roba che, se mangio io così, mi cacciano una sberla e mi rispediscono all’asilo, si fa crescere il barbone e fa le smorfie con tanto di panzone.
Un Ethan Hawke che sembra il fratello gemello dello Hobbit, una Paltrow anoressica (e quando mai non lo è stata, d’altronde) che pare un’ebrea di Schindler’s List e un’Anne Bancroft che, visto ch’era già molto vecchia e Mel Brooks non se la inchiappettava più, incitava il virgineo Ethan a darci dentro. Insomma, non potendoselo fottere, lo stava corrompendo alla carne di Gwyneth. Per godere da matta. Che pedofila del cazzo. Per fortuna, anche Chris Martin l’ha mandata a farselo dare nel culo. Parlo adesso della Paltrow. La Bancroft è andata.
Il direttore della fotografia è Emmanuel Lubezki, tre volte premio Oscar. Ma all’epoca, nel 1998, era meglio Carmine Tricarico, un fotografo del mio quartiere basso. Specializzato a far le foto alle Escort per sbarcare il lunario. Sì, non si faceva pagare da codeste in contanti ma con cotanta gnocca sozza messa a novanta, anche a 360 gradi. E lui, di forti, goderecci scatti, premeva di gusto. Con molta sovraesposizione… Secondo la sua ottica, le zoccole non sono mai state poi tanto diverse dalla Paltrow. Un uomo obiettivo… adesso, infatti, la Paltrow gestisce un sito personale in cui vende sex toys.
E, fra una chiavata e l’altra, la vita di Carmine virava al negativo e veniva saturata di colori più rossi come una cartolina col tramonto. Un uomo di monta(ggio). Lui attaccava tutti i pezzi nella “camera oscura”.
Un uomo a luci rosse, da cinema Odeon, con tanto di “spada” laser fosforescente. Sì, la vita di Carmine è stata come Guerre stellari. Ogni mattina, dopo un buon caffettino, per non spararsi in testa, rimembrava la forza di Skywalker, per darsi coraggio. Non aveva però mai un soldo e adorava perciò la fantascienza sognante.
No, l’amore non fa per me. Molti pensavano che, una volta ingroppata una, sarei cambiato.
Sono peggiorato.
Sono diventato Frankenstein Junior. Purtroppo è così. E sapete la verità? Io sono un artista, il più grande, e non ho bisogno di benefattori come De Niro. Io sono molto più carismatico di lui.
Per fortuna, mi hanno creato Netflix. Per essere ancora più eremitico. Prima, almeno mi scomodavo per andare in sala, quella cinematografica, adesso mi guardo i film in cucina. Anche nel salone, con qualche salatino.
Ho detto tutto. Sono veramente il più invincibile “demente” del mondo.
Un uomo alla Mel Brooks.
E onestamente mi avete stufato tutti.
È un mio diritto fottervi con cinismo entusiasmante.
Comunque, Ethan, dopo che Gwyneth gli fece quello scherzetto nella fontana della limonata a sorpresa, divenne un maniaco sessuale e lo sa Uma Thurman. Quindi, rottosi i coglioni, si fece prete in First Reformed. Ma, amando Amanda, ora è inattendibile. Un uomo, come si suol dire, né carne né pesce.
Io invece divento sempre più radicale.
Tanto radicale che detesto i musulmani radicalizzati e amo metter le mie radici nel Bonsai.
Farò la fine di Mishima?
Quella degli scemi l’avete fatta voi.
E, soprattutto, borghesi maledetti come quelli di Roma, la dovreste smettere di credervi grandi uomini perché fate i medici e poi andate a vedere Boldi e De Sica.
Siete uomini senza fantasia, sempre lì in farmacia.
Con le pantofole, la colf, le partire di Calcio.
Io sono un cane che latra contro la vostra visione grigia del mondo e vi smerda.
Mi direte che deliro e mi darete 500 milligrammi di Torazina.
Mel Brooks è immenso.
E ad Alfonso preferisco il regista di Birdman. C’è sempre il Lubezki. E un Michael Keaton alla Falotico.
Un colpo talmente “ignorante” e mai visto che ha ribaltato tutto.
di Stefano Falotico
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