TOP TEN Robert De Niro

04 Nov

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L’altro giorno, amici, ho stilato una sorta di campionario del De Niro peggiore. Una carriera artistica non è un campionato e non sempre s’imbeccano capolavori, recitativi e non.

Diciamo che De Niro, prima del crollo degli anni duemila, abbastanza inspiegabile, ma forse voleva far soldi… di film ne aveva sbagliati assai pochi. E anche in film minori come Innamorarsi, L’assoluzione e Lettere d’amore, aveva sempre dimostrato una classe ragguardevole. Una caratura notevole.

Ora, di solito, in queste classifiche, si parte dalla decima posizione per arrivare al primato. Invece, essendo io uno scombiccherato, partirò dal primissimo posto per arrivare all’ultimo.

La migliore interpretazione di De Niro in assoluto è quella ovviamente di Travis Bickle in Taxi Driver. Un uomo del sottosuolo che vive un’inquietudine esistenziale da vampiro solitario. Un uomo incarnato nella sua estraniazione. Qui è luciferino, enigmatico, sofferente al massimo, febbricitante, magrissimo, nervoso, pazzo al punto giusto.

Quindi Toro scatenato. Fosse solo per il tour de force fisico. Lancinante, scarnificante, mostruoso.

Al terzo posto, sempre sul podio, il suo Sam Rothstein di Casinò. Inquietante, perfetto in ogni mimica facciale, un uomo che pensa di aver capito tutto e invece si lascia fregare come un pollo fritto al limone della rosticceria cinese sotto casa mia.

Magnetico, impressionante, titanico.

Dunque, Don Vito Corleone del Marlon Brando ringiovanito. Prima impaurito dal mondo, schivo, taciturno, ombroso. Quindi asceso a capo mafia con un’imprendibile cattiveria allucinante. Una metamorfosi repentina sostenuta dal suo sguardo di ghiaccio e dai suoi zigomi tirati a lucido.

Poi, Noodles di C’era una volta in America. Ora, attenzione, un attimo. Le riprese del capolavoro leoniano dicono che siano durate due anni. Non è vero, è una diceria, una leggenda metropolitana per mitizzare il film. Perché De Niro era reduce da Re per una notte dell’anno prima e lo stesso anno di C’era una volta in America, il 1984, uscì anche, appunto, con Innamorarsi e l’anno successivo col cammeo di Brazil. E in questi due ultimi film mostra un look assai diverso dal suo Noodles. Quindi, come avrebbe potuto, se le riprese fossero durate due anni, farsi crescere i capelli per Innamorarsi?

È altresì vero (riguardate scena per scena il film) che il suo Noodles a volte sembra più grasso in viso e poi più smunto. Ciò significa che Leone ha girato molte scene a distanza di tempo l’una dall’altra. E forse De Niro, a Roma, deve averci dato dentro coi bucatini all’amatriciana.

Al sesto posto, e qui vi sorprenderò… il suo Mendoza di Mission. E non starò a dirvi perché.

Dopo di che, due ruoli da non protagonista, sì, ma ipnotici. Il suo Al Capone de Gli intoccabili e il suo splendido Louis Cyphre di Angel Heart.

E siamo arrivati a quota otto.

Cosa manca? Altra sorpresona. Ci metto il suo Sam di Ronin. Basta guardarlo nelle scene con Sean Bean per rendersi conto della sua grandezza.

Al decimo posto, Neil di Heat. Un lupo, un calcolatore, un temporeggiatore, a suo modo un romantico sempre “ronin”. Al servizio della sua filosofia machiavellica.

Vi stupirete delle mie scelte. Come? Non ho messo Il cacciatore, Risvegli e Cape Fear per i quali ha ricevuto la nomination all’Oscar?

Sì, avete capito benissimo. Grande ma non così straordinario. E in Cape Fear carica spesso troppo così come in Risvegli.

Nemmeno Quei bravi ragazzi. Il protagonista è Ray Liotta. La locandina originale è ingannevole perché Liotta non era pressoché nessuno all’epoca. O perlomeno poco conosciuto. Quindi la Warner Bros doveva mettere al centro del trio De Niro.

Lui è bravissimo, ma il leone è Liotta. E il suo Jimmy non è niente di così eccezionale. Ottimo, ma questo si sa…

Re per una notte meriterebbe un discorso a parte…

De Niro, chiariamoci, non sa recitare Shakespeare, non è un granché nei monologhi, e in Re per una notte l’ho trovato spiazzante. Perché alla fine si esibisce in un monologo, appunto, comico… inaspettato da uno come lui.

De Niro è un “terragno” della recitazione, non sa piangere molto bene (quando c’è una scena di pianto, si mette la mano davanti agli occhi per camuffare questo suo limite, vedi Stanno tutti bene, ad esempio, tranne in Mission), non è sofisticatissimo, è anche abbastanza lento e ha molti “tic”.

Se ve lo dico io, lo saprò, no?

Adesso, per piacere, datemi una matita. Devo dipingermi un neo. Già ce l’ho come Bob. Ma è sulla guancia opposta alla sua. L’avevate mai notato questo particolare? Sì, io sono l’altra faccia della sua medaglia.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico, cioè il sosia di Bob

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