Archive for November, 2018

Attori rinati: Danny DeVito


20 Nov

Un gigante!

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Eh sì, stavolta andiamo a parare proprio su questo “piccolissimo grandissimo uomo”, il mitico Danny DeVito.

Lo stiamo vedendo in una particina spiritosissima e molto buffa da medico gnomo che cura la prostata di Michael Douglas nella serie Netflix Il metodo Kominsky, e nei prossimi mesi lo attendiamo nel Dumbo del suo fido Tim Burton.

Quale occasione migliore dunque per soffermarci su di lui?

Quest’uomo all’apparenza insignificante, bassissimo ai limiti del nanismo, goffo, tarchiatissimo, cicciottello, appunto un freak da circo, una creatura burtoniana per antonomasia. Ma anche un grande attore coi fiocchi.

Di qualche giorno fa, peraltro, la notizia assurda secondo cui in un college americano sarebbe stato trovato un segreto santuario eretto in suo onore. Ah ah.

Danny è un uomo che, se non sai chi è e lo vedi camminare in giro per strada, indubbiamente attrarrebbe immediatamente la curiosità di chiunque per via delle sue alquanto anomale fattezze fisiche.

È invece un factotum geniale del Cinema. Oltre che attore, è tra i più intuitivi e fini produttori di Hollywood, e a mio avviso anche un bravissimo regista. Insomma, proprio un bel personaggio.

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Nato a Neptune il 17 Novembre del 1944, Danny, nonostante i suoi appena enunciativi difetti fisici perfino un po’ imbarazzanti, è uno che ha voluto da sempre fare l’attore. E con enorme coraggio, senza sprezzo del pericolo, come si suol dire, s’iscrisse giovanissimo all’Accademia americana di arti drammatiche di New York.

Un po’ per le sue marcate stranezze corporee e un po’ anche per il suo indubbio, spiccato talento, Danny viene subito notato.

Al che esordisce con enorme successo, al fianco del geniale Andy Kaufman, nella famosa sitcom Taxi, sul cui set conosce anche Christopher Lloyd.

Appare dunque ne Il dittatore dello stato libero di Bananas di Woody Allen ed è fra gli interpreti de La mortadella del nostro compianto Mario Monicelli.

Al che, girando sempre assieme a Lloyd il celeberrimo, epocale ed oscarizzato Qualcuno volò sul nido del cuculo, diviene presto amico del suo grandioso protagonista, Jack Nicholson.

Jack dirigerà Danny in Verso il sud, i due sempre più affiatati gireranno Voglia di tenerezza e Mars Attacks!, poi Danny sarà il regista di Hoffa – Santo o mafioso?

E a proposito di Michael Douglas, peraltro produttore di Qualcuno volò sul nido del cuculo, DeVito stringerà via via anche sempre più una collaborativa, fruttuosa amicizia con quest’ultimo.

All’inseguimento della pietra verdeIl gioiello del NiloSolitary Man, il già succitato Il metodo Kominsky e naturalmente La guerra dei Roses, diretto come sapete dal nostro Danny.

Ma Danny dimostra comunque di non essere l’ombra di nessuno e secondo neppure a divi molto più belli e fascinosi di lui.

Diventa lo straordinario protagonista de I soldi degli altri e nel corso degli anni continua a incrociare enormi cineasti. Brian De Palma con Cadaveri e compari, ovviamente Tim Burton col suo indimenticabile Pinguino di Batman – Il ritorno e con Big Fish, Curtis Hanson in L.A. Confidential, Francis Ford Coppola per L’uomo della pioggia.

I gemelli assieme ad Arnold Schwarzenegger diventa un hit mondiale e Danny gira con Jim Carrey, per la regia di Miloš Forman, lo stupendo Man on the Moon, ove chiarissimamente omaggia il mai dimenticato amico Kaufman nei panni del suo impresario Charles Shapiro.

Be’, mi pare inutile starvi a citare tutti i suoi film da interprete, finirò col dire che secondo me il suo ruolo più bello in assoluto… il nostro Danny l’ha avuto nello struggente, malinconico Kiss di Richard LaGravenese.

 

Insomma, si fa presto a dire nano. Danny DeVito è un gigante, altroché.

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di Stefano Falotico

TOP TEN Jack Nicholson


19 Nov

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Ebbene, quando sento dire che Daniel Day-Lewis è il più grande attore vivente, rabbrividisco.

Sì, verissimo. È l’unico attore della storia del Cinema ad aver vinto tre Oscar come protagonista.

Ma non lo considero affatto il più grande. Mi ero già espresso molto tempo fa in merito. Anzi, considero Day-Lewis perfino limitato.

Per giudicare appieno un attore nella sua totalità, dobbiamo badare a molti aspetti. Day-Lewis è certamente uno dei migliori attori drammatici che, con metodo Stanilavskij (anche se non credo abbia mai frequentato l’Actor’s Studio, e non mi va di approfondire a riguardo, eh eh, perché fra cinque minuti devo andare a cagare), forse alla Douglas/Sandy Kominsky, s’immerge nel personaggio con assoluta dedizione e mimetica capacità camaleontica.

Ma Daniel non è molto bravo come attore brillante, non emana molta verve comica, anzi, è un gentleman molto compassato, sì, molto simpatico e carismatico, ma poco versatile sul piano della poliedricità.

C’è un altro attore che ha vinto tre Oscar, Jack Nicholson. Due come protagonista e uno come non protagonista. Ci sarebbe anche Walter Brennan ma Brennan chi era se non un “caratterista?”.

Quindi il discorso per quest’ultimo non vale.

Ecco, in molti sono convinti che sia proprio Jack Nicholson il più grande attore, perlomeno cinematografico, di tutti i tempi. Anche su questa radicale, netta affermazione io ci andrei molto cauto.

Ma è altresì vero che Nicholson, se non erro e non erro affatto, fratelli miei, è l’attore con più nomination fra i maschietti. Le candidature alla statuetta dorata in realtà non possono misurare l’effettiva, superiore grandezza di un attore rispetto a un altro che ne ha ricevute assai meno. Ora, bestemmio. A proposito di Michael Douglas, che produsse giovanissimo Qualcuno volò sul nido del cuculo, beccandosi l’Oscar appunto come producer, il signor Mike detiene un solo Academy Award, peraltro discutibilissimo, e una sola nomination.

Eppure Douglas non ha nulla da invidiare a Jack. Anche come sciupafemmine, categoria nella quale Nicholson è stato maestro assoluto, non fosse stato per la guastafeste Anjelica Huston, della quale è stato sempre inspiegabilmente innamorato, che l’ha distolto per molto tempo da tante zoccole.

Eh sì, l’amore è cieco e Jack chissà che ci trovava di bello in Morticia Addams…

Comunque sia, Jack è un mito. E mi sa tanto però che la sua ultima interpretazione rimarrà quella abbastanza innocua di Come lo sai. Eh sì, ora Jack, un po’ molto rimbambito, afflitto probabilmente da demenza senile, guarda le partire dei Los Angeles Lakers con far pachidermico da pagliaccio della scena. E fra una patatina e l’altra scoreggia senza far rumore. Questa personale classifica è assai provvisoria e alla buona. Perché di Jack, ahimè, mi mancano le sue primissime prove nei film di Roger Corman e Monte Hellman, oltre a Cinque pezzi facili, lo so, grave lacuna, e Conoscenza carnale. E anche qualche altra pellicola.

No, non sarà una top ten. Affatto. E, se avete letto sin qua, vi ho fregato. Ah ah. La dovete smettere di dire che Jack interpreta solo parti da pazzo. Semmai lui è sempre stato il simbolo ribelle dell’anticonformista cazzuto e fuori dagli schemi. Posso comunque dirvi che la migliore interpretazione di Jack in assoluto degli ultimi trent’anni è quella in 3 giorni per la verità. Per il resto, io so quali sono le sue dieci migliori performance ma non ve le dico. Sì, perché mi tira il culo così. Sono proprio un Joker alla McMurphy.

Per il resto, a molte donne io faccio drin drin da postino che suona sempre due volte. Loro non aprono la porta e nemmeno qualcos’altro, anzi, spesso i loro compagni me le suonano più di una volta.

Finito che hanno di suonarmele, faccio l’amore con Campanellino.

Campanellino ha un ottimo paio di cosce, possiede le ali e io la possiedo come Peter Pan senza paura che mi possa chiedere il divorzio o costringermi a un lavoro di merda perché vuole pane oltre che pene…

 

Ce la vogliamo dire?

Questo Jack è proprio uguale al Falotico. Con tanto di berrettino, sguardo da lupo e giacchetta di pelle.

Insomma, avercene di pazzi come me e come Jack.

Rendono la vita più gustosa, meno lagnosa, e sanno dire stronzate con classe inaudita.

Un po’ cazzeggiano, un po’ folleggiano, sostanzialmente sanno…

Io faccio miracoli, ragazzi. Con me, amico, non devi fare l’indiano.

Vuoi scoparti quella lì? Eh, capirai. Perché tutte queste inibizioni e formalità col sottoscritto?

Scopatela pure, sai quanto cazzo me ne fotto. Ho da scopare a terra, adesso. Poi, una volta finito, mi mangerò il gelato Indianino.

Morbido, con tanta cioccolata, aspettando altre scopate…

 

 

di Stefano Falotico

A proposito, a un anno di distanza dalla porcata immonda che gli hanno combinato, che fine ha fatto Kevin Spacey?


19 Nov

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Eh sì, povero Kevin, che tragedia. Si trovava a una festa a ritirare uno dei tanti premi di cui veniva insignito, tutto sorridente, col solito sguardo da volpe e di sottecchi, lumacone, osservava tutti quei bei guaglioni in prima fila coi lisci cocktail frizzanti, mentre già immaginava di sorseggiare, finito il party, le loro cannucce…

Ma in men che non si dica e oramai disse, a Kevin cadde un tegola in testa da lasciarlo tramortito, inebetito, totalmente distrutto. A sangue inculato.

Sì, pochi giorni dopo, gli arrivò una notifica tremenda. E su di lui piovvero denunce scabrose.

I carabinieri bussarono insistentemente alla sua porta in piena notte e Kevin, sorpreso da tanto inusitato, inaspettato trambusto, rimase scioccato.

Lo additarono come pedofilo e Kevin, dapprima, ridacchiò con la sua proverbiale, signorile superiorità, ma le accuse, a quanto pare, eran assai fondate. Kevin dal suo avvocato si fiondò ma un’altra denuncia, di punto in bianco, fioccò.

E Kevin fu prelevato con la forza da casa sua, nonostante cercò di divincolarsi dalla presa degli oscurantistici nazisti, per un po’, liberatosi che ebbe dall’assalto alla sua incolumità, in mutande nel bagno sgattaiolò. Facendosela però sotto nel corridoio. Fra le macchie escrementizie della sua involontaria defecazione, la polizia scivolò ma fu Kevin, metaforicamente, a prendere una bella capocciata.

Al che la polizia sfondò la porta del bagno e Kevin, oramai denudato di ogni dignità, fu deportato con violenza inaudita in un centro di riabilitazione per maniaci e pervertiti sessuali.

Nel tragitto, gli cucirono la bocca perché Kevin, ancor ardimentosamente ribellandosi contro tal criminoso, osceno abuso, disperato tentò di emettere alcune parole in sua difesa. Ma tapparono ogni sua resistenza col potere ricattatorio dei distintivi. E adesso Kevin, poco distinto, a causa dei suoi incontrollati, impuri istinti, sopravvive in un’allucinante resilienza.

Ficcato a dovere in uno squallido residence.

Sì, ove riguarda la clip in cui, nella notte degli Oscar del ’95, talmente contento e in preda all’euforia più smoderata per aver appena vinto l’Oscar come migliore attore non protagonista con I soliti sospetti, senz’alcun motivo, se non appunto quello derivato dalla sua gioia incontenibile e contagiosa, quando Nicolas Cage ingiustamente sconfisse Anthony Hopkins di Nixon, assieme a quella figa incredibile di Elisabeth Shue, spronò Nicolino a darci dentro, alzandosi in piedi e incitando i presenti a una collettiva, festosa standing ovation ingiustificata.

Nicolas gli fu riconoscente e gli produsse The Life of David Gale… ho detto tutto.

Sì, da The Usual Suspects, Spacey in un batter d’occhio divenne come Mikkelsen del film Il sospetto.

Dapprima fu guardato con aria circospetta e dunque assai presto fu interrogato senz’aver diritto di parola da un malvagissimo ispettore.

Ora, sfatiamo quest’idiozia. Kevin Spacey non è mai stato pedofilo. Anzi, mi sembra il classico tipo pieno di joie de vivre che sicuramente avrebbe portato i suoi nipotini a vedere Dumbo di Burton.

Spacey è semplicemente un uomo maturo, adulto e vaccinato come si suol dire, che di tanto in tanto peccava… con ragazzi un po’ immaturi. Come in Mezzanotte nel giardino del bene e del male

Ora, volete criminalizzarlo per questo? Innanzitutto, in questo film Jude Law è molto giovane ma già maggiorenne e poi, se voi foste froci, non vi fareste Jude Law? Non c’è law ipocrita che tenga dinanzi a un judge, no, Jude così figo!

Altro che The Young Pope, Jude è sempre stato un bel pappone! Mica un papetto, mie pappemolli, miei Cicciobelli.

Sì, n’era conscia benissimo e di gran coscia Ludivine Sagnier. Lei grida al miracolo ma in verità sa, poco santa, che Jude s’intrufolò di notte nella sua casa, eludendo la sorveglianza dei Lanzichenecchi e, lontano dall’esserle checca, regalò a Ludivine una scopata che fu una chicca.

Tanto che ne venne… un bel bimbetto da negozi Chicco.

Sì, l’ex di Jude Law, Sadie Frost, una donna dal seno esagerato, deve aver “misurato” più e più volte, dal suo balconcino, la potenza di questo Law, uomo stempiato, forse adesso tinto eppur Michelangelo della sua Cappella Sistina.

E ancora Sadie, nonostante le molteplici confessioni e tremila Ave Maria, implora San Pietro di darle altre chiavi così… per il Paradiso…

Va be’, ci siamo persi in Jude e in quella passerona di Sadie.

Torniamo A Kevin.

 

Come passa ora la sue giornate, Kevin? Sì, sta in pantofole e accappatoio a bordo piscina dell’ospizio dei rincoglioniti e pensa: volevo essere ricordato per sempre come la divina Greta Garbo e invece peccai di troppi “sgarbi”.

Sì, Greta. Eccola là, anche lei fallita e nella merda, qui come me in questo posto. Greta Scacchi. Oramai non la caga più nessuno e, caduta in depressione, l’hanno spedita fra questi impasticcati.

Ora le propongo di giocare a dama e le ricorderò i tempi in cui, con quel suo culo magnifico, si faceva leccare il seno da Harrison Ford in Presunto innocente e, quando ancora ero etero, mi rendeva un “duro” come Tom Berenger con Prova schiacciante.

Sì, adesso vado dalla vecchia Greta e le chiedo un po’ di Sale sulla pelle, con Ardore. In fondo, sono solo un Coca Cola Kid.

Mi hanno rovinato per un Misfatto bianco.

 

 

di Stefano Falotico

Quando un refuso, una sola consonante può renderti un attore porno in pochi secondi


18 Nov

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Sì, è bello dialogare con donne molto belle parimenti al mio fascino bestiale. Ed elargire loro perle d’inaudita galanteria. Così, mentre lecco il tiramisù, loro me lo rendono cremoso. E scucchiaio di gran succhiarmi tutto il cioccolato.

A parte gli scherzi… io ho varie foto personali che non mostro a nessuno. Foto affatto hard ma nelle quali esibisco il mio torso ignudo, i miei bicipiti tosti e i miei jeans sdruciti che potrebbero indurre a toccatine prelibate per irrobustire altri muscoli…

Al che, incuriosita, una di queste damigelle, attratta dall’uomo misterioso che sono, con educazione da principessina del Galles, mi scrive:

– Non fare troppo il gallo. Abbassa la cresta. Siimi più diretto. Voglio che tu ti sbottoni, spellati quando parli con me, sei troppo freddo, distaccato. Con me, devi aprirti. E mostrarti per quello che sei. Con me non devi avere inibizioni, non farti delle seghe mentali, spogliati di ogni falso pudore. Dai, cazzone.

Ecco, giusto per iniziare, puoi mostrarmi delle foto tue intime? Sicuramente, nascoste da qualche parte, ce le avrai.

Su, caccia fuori le palle. Fammi vedere… quanto ci sai fare. Espelli la tua personalità.

, moderiamo l’avance. Mi sembra, ma forse è una mia impressione, che tu stia spingendo oltre il consentito. Consentimi di donarmi a te in totale rilassatezza, in souplesse, non mi piacciono le donne un po’ indelicate che mi spingono ad “atti impuri” con inusitata durezza. Adoro la lentezza, la ficcante lietezza.

– Che cosa? Che cazzo dici?

– Insomma. Vuoi vedere il cazzo? Qui non ho cazzi miei da mostrarti. Al massimo, se proprio stasera ti senti sola e hai bisogno di una “mano”, beccati questa foto. Sono senza canottiera.

Uhm, la sto vendendo.

– La stai vendendo? Io non sono vendibile a nessuno.

– Scusa, volevo dire che la sto vedendo.

– L’hai vista solo tu?

– No, anche la mia amica. Adesso la mando anche alle altre.

– Che cazzo fai, zoccola maledetta?!

– Ma dai, non si vede niente. Stai qui come Tarzan in mutande e la faccia di Richard Gere. Non ti sputtano mica.

– Ah no? Non violare la privacy.

– L’ho già violata e ora ce l’ho violacea. Presto sarà molto rossa. Non ti dico altro, sennò arrossisco subito.

– Ti blocco, mignotta.

– Sì, puoi anche farlo. Ma l’ho già data in giro a tutti.

– Ah, su quello non avevo dubbi.

 

Insomma, credo all’amore? La canzone 9 primavere di Ermal Meta fa schifo. Credo al sesso? Sì, quando nessuna mi rompe le palle.

Sostanzialmente, torno a mordermi un ghiacciolo.

 

di Stefano Falotico

Blasfemia del giorno, vera: Clint Eastwood è il più grande regista di tutti i tempi, toglietemi dalle palle Kubrick, Fellini, perfino Cronenberg e Scorsese, Nolan uccidetelo


18 Nov

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UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992

UNFORGIVEN, Clint Eastwood, 1992

No, non credo che The Mule sarà un capolavoro, ne dubito fortemente. Credo che apparterrà, sin da subito, all’Eastwood “minore”. Minore, personalmente, per Eastwood corrisponde comunque a grande film.

Ecco, la prenderò molto larga.

Innanzitutto. Credo che abbiate frainteso il Cinema e, più in generale, la vita stessa.

Quello che fanno molti di voi, semmai dopo tante tribolazioni, percorsi esistenziali frastagliati, confusioni momentanee, cervellotiche riflessioni probabilmente anche assai ponderate o addirittura esageratamente soppesate, dopo che avete con accuratezza scandagliato, analizzato, vivisezionato i vostri demoni interiori, dopo che avete trivellato la vostra anima, ponendovi delle incognite che avete con tutta probabilità risolto con teorici teoremi perfettamente allineati alla vostra coscienza, non lo nego e non ardisco a esser così tanto presuntuoso dal voler vagliare le ragioni che hanno sotteso i vostri complessi ragionamenti, la complicatezza svelata delle vostre intimità divelte nell’averle voi giudicate con metodo, attraverso meditazioni trascendentali e ginnastiche neuronali, ecco, fate questo…

No, non mi permetterei mai… Invece, mi permetto.

Ciò che fate è esattamente. essenzialmente quanto da me qui esplicatovi.

Dopo che vi siete inoltrati, inabissati nelle emozioni riemerse del vostro vissuto, dei vostri mille subconsci, abbracciate un’ideologia il più possibile affine alla vostra visione del mondo, vi effondete in essa e la baciate, la coccolate, senza battere ciglio, vi radicalizzate in convinzioni soggettive maturate dal vostro relativismo.

Questo si chiama anche narcisismo, egocentrismo, più che altro solipsismo.

Allora abbiamo colui che idolatra John Carpenter. E, anziché essere oggettivo riguardo al singolo valore intrinseco delle sue opere, lo magnifica più del dovuto ed eleva in gloria qualsiasi suo film. Perdendo di vista, appunto, l’oggettività. A differenza di come ho fatto io nel mio libro monografico dedicatogli senz’agiografie di sorta, senza elevarlo a santino, a guida spirituale, bensì cercando di essere coerente, distaccato, in una parola obiettivo, tanto che mi sono azzardato, con molto coraggio, ad affermare fermamente che Villaggio dei dannati e Christine sono senz’ombra di dubbio film molto eleganti, parimenti d’altronde a tutte le pellicole di Carpenter, maestro comunque indiscusso della finezza stilistica anche laddove è gore e sanguinolento, truculento e rude, opere ammantate di un classicismo persino commovente, ma sono film inferiori rispetto agli altri.

Sì, un Christine non può essere messo sullo stesso piano de Il signore del maleIl signore del male è il suo capolavoro assoluto. Molto di più de La cosa, un gradino sotto.

No, suvvia, non fate così. Non strumentalizzate il Cinema e i registi, adattandoli alla vostra “poetica” del vivervi quotidianamente.

L’avevo già scritto. Quando dite, e ciò lo asserisce anche Wikipedia, prendendo un abbaglio colossale, che Carpenter è un regista “proletario”, bestemmiate. A parte Essi vivono, film oserei dire propagandistico, apertamente schierato, e il Jack Burton di Grosso guaio a Chinatown, dove avete visto che i protagonisti dei suoi film appartengono alla classe proletaria? In quale vostro tripdistorsivo, allucinato e appunto solipsistico?

Se siete degli “hater” e pensate che il mondo sia profondamente ingiusto, che il sistema capitalistico sia Satana, forse non avete tutti i torti. Anzi. Ma per piacere, non affidatevi a guru cineastici, che plasmate a vostra immagine e somiglianza, per avallare e sostenervi in questo bacato vostro pensiero filosofico e anche politico. Smettetela, quanto prima.

Sì, molti di voi, e lo facevo pure io sino a qualche anno or sono, fa questo.

Scegliamo i “maestri” sempre più simili a noi, per le cosiddette affinità elettive, un regista o uno scrittore, per fare delle loro opere omnie un monumento alla nostra personale forma mentis.

Ma che cazzo state facendo?

Ecco, ragionando come voi, senza dubitare un istante, come mio scrittore preferito sceglierei Dostoevskij. Credo di essergli praticamente identico. Ombroso, cupo, disperatamente pessimista tanto da essere un enorme realista. Tormentato, eternamente combattuto, un po’ santo e un po’ ambiguamente ermetico. E anche insanabile.

Le persone perfette non esistono. Cosicché non esistono i “messia” registici.

Ad esempio, se il vostro regista preferito è Fellini… forse non è che vi siete riconosciuti nei suoi vitelloni, nella sua poesia di strada, nella sua barocca e visionaria misoginia conclamata, e guardate le donne come a delle creature di un quadro di Botero?

Forse è così? Sì che è così.

Adesso bestemmio ancora con più forza. Stanley Kubrick a me non piace. Ma per niente proprio!

L’unico suo vero capolavoro è Arancia meccanica. E sapete meglio di me perché.

Anche gli altri lo sono. Ma sono capolavori di un ciccione che ha sempre odiato il mondo, un malato, sciroccato, folle misantropo pieno di paure, complessato, perfino sessuofobo, moralista incallito. Un povero stronzo. Pure ipocrita!

Ho già detto la mia su Kubrick in altri scritti. Se ne siete interessati, cercateli sparsi in rete.

Shining? Ha ragione, checché ne diciate, Cronenberg. Kubrick non sapeva che cazzo stava facendo.

È un film algido, magistrale, sì, esteticamente altissimo. Ma non è un horror, non fa paura, non perturba, Nicholson è troppo sopra le righe e gigioneggia a briglia sciolta. Insomma, barman, dammene un altro. Ah ah.

In tv passa Shining… uff, che palle.

A proposito di Cronenberg. Un genio. Un genio però autoreferenziale. Che ha poco da spartire con la realtà.

E arriviamo a Scorsese. Ora, chiariamoci molto bene. Scorsese è un figlio di Little Italy. Lui è Mean Streets.

Scorsese ha firmato solo due capolavori assoluti, che sono Taxi Driver e Casinò.

Quei bravi ragazzi? E basta, dai. Molto bello, simpatico, un Amici miei fra gangster scemi, un film dal ritmo strepitoso, pieno di situazioni grottesche, assurdo, goliardico. E poi?

Scorsese è come Fra Cristoforo de I promessi sposi. Uno che, se non avesse fatto il regista, forse diventava davvero un criminale. Ma si sente ossessivamente nei suoi film il suo bisogno quasi tenero e pietistico di volersi emancipare da quel ragazzo timidissimo, diverso dai suoi coetanei, cresciuto in una famiglia di mangia-spaghetti, educato al cattolicesimo più imbarazzante, castrante, ridicolo, che ancora lo strugge, lo asfissia e lo induce, di tanto in tanto, a farsi assalire da cristologici dubbi religiosi afflittivi e martorianti.

Scisso fra il desiderio di essere Mick Jagger e sapersi, sinceramente, un adoratore di Orson Welles con l’anima quasi bigotta di sua nonna.

Scorsese caro, ti benedico, adesso vai a farti far una pompa da tua moglie. Su.

Uh, che bestemmia! Cazzo. Ma verissima.

 

Christopher Nolan? Oddio mio. L’ultima mezz’ora d’Interstellar credo sia peggiore di una barzelletta di Francesco Totti. Ah ah.

 

Ebbene, i grandi capolavori intoccabili di Eastwood sono tre. Come? Solo tre? Sì, solo tre. Ovvero Gli spietatiUn mondo perfetto e Gran Torino.

Million Dollar Baby e Mystic River? Anche. Ma capolavori per dizionari da stellette.

Million Dollar Baby è in fin dei conti prevedibile e strappalacrime. Mystic River ovviamente troppo ovvio.

Forse, sì, c’è un altro capolavoro di Eastwood.

È Debito di sangue. Il film più sottovalutato di sempre.

Sì, mi spiace per Scorsese. È stato il mio regista preferito per una vita.

Clint Eastwood è più grande, molto più grande di Scorsese.

Scorsese non ha mai girato due scene così. Che grandangolo, che sguardo panoramico… sulla vita.

 

 

di Stefano Falotico


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Le migliori serie televisive e il mio video cult da fantasma di Bob


17 Nov

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Stranger Things

Stranger Things

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Ebbene, devo ammetterlo, sebbene qualche insegnante di semantica-semiotica cinematografica del DAMS o scuole affini mi rimprovererà tosto. Le serie televisive mal le digerisco.

Perlopiù la maggioranza di esse.

Sono profondamente convinto che, nonostante molte di queste, invero assai poche, possano essere ottimamente costruite, con sceneggiature perfino ingegnosamente architettate, e farcite di personaggi carismatici, affascinanti o solamente interessanti che, senz’ombra di dubbio, attraggono la nostra curiosità, siano allestite inconfutabilmente al fine di un solo, primario scopo. Quello d’intrattenere. E basta.

Non vi è Arte.

Basti vedere il nuovo format adottato ad esempio da Netflix. Ieri sera, ho visto con molto piacere, divertendomi da matti, il primo episodio de Il metodo Kominsky. Una serie che, se manterrà il ritmo dolceamaro dei suoi primi trenta minuti, scanzonato, nostalgico, leggerissimo, potrebbe ascendere presto tra le mie preferite. Ma questo lo saprò soltanto a visione completata delle sue dieci “puntate”.

Ecco, ogni episodio de Il metodo Komisnky dura appena, appunto, mezz’ora. Alcuni, dando io un’occhiata veloce ai minutaggi dei singoli “spezzoni”, non vanno addirittura oltre i venti minuti. Roba che non fai in tempo a guardare i titoli di testa che già sei arrivato a quelli di coda con un brevissimo intermezzo di qualche sketch fra Michael Douglas e Alan Arkin.

Gli episodi invece di Maniac durano singolarmente non più di quaranta minuti.

Ciò per dire che il livello di attenzione dello spettatore medio, quello a cui punta Netflix, si è notevolmente abbassato.

Un tempo, come da me già detto, la gente si piazzava sul divano e, su RAI 3, ai primi di Gennaio, quando spesso lo programmano, si guardava per intero C’era una volta in America, col solo spazio pubblicitario fra il primo e il secondo tempo in cui andava a dissetarsi e si fumava una sigaretta, oppure recandosi in bagno a fare un po’ di “acqua”.

La gente era abituata alla contemplazione, alla splendida “lentezza”.

Oggigiorno invece i ritmi troppo frenetici giocoforza impostici dalla società non ci permettono di soffermarci troppo sulle cose. Ché poi bisogna guidare la macchina nel caos cittadino.

Dunque, si è adottato questo formato, appunto, velocissimo, d’immediato consumo. Tanto per farci passare un po’ il tempo libero.

Le serie televisive, in generale, fanno esattamente questo. Sono storie che, a mio avviso, potevano essere sintetizzate, senz’assurde digressioni superflue e onestamente noiose, senza siparietti poco funzionali alla vicenda narrata, al fulcro sostanziale della trama, in due ore e mezza, al massimo.

Questa regola vale per ogni serie televisiva. Anche per quelle migliori.

Ecco, non essendo un patito di serie tv, appunto, non ne guardo molte. Ma le scelgo oculatamente in base ai miei gusti. Vado d’istinto. Decido di sorbirmi tutti gli episodi di una serie, semmai uno o due a sera, dopo aver vagliato scrupolosamente.

Posso dunque dire che il mio sguardo è “limitato” e forse avete ragione voi a sostenere che le serie televisive siano oramai il futuro non solo della televisione ma del Cinema.

Detto ciò, sono soltanto cinque le serie televisive degli ultimi anni che mi hanno quasi del tutto appagato e reso fiero di averle viste. Quelle per cui ritengo di non aver buttato del tempo prezioso nel visionarle.

Partiamo dal quinto posto per arrivare al primo.

5) Stranger Things. Sì, tutto vero. Non inventa niente, ricicla il sincretismo culturale anni ottanta, soprattutto, e ripesca da Spielberg, Joe Dante, perfino da Wes Craven, e chi più ne ha più ne metta.

Ma la miscela è ottima, commovente, è una serie che davvero ti riporta indietro nel tempo. Come Ritorno al futuro di Zemeckis.

Promossa appieno.

4) Marvel’s The Punisher. Oh, finalmente Frank Castle, dopo tante trasposizioni orrende, e mi riferisco a quelle con Dolph Lundgren (!) e Thomas Jane, trova nel volto roccioso di Joe Bernthal la sua mimesi perfetta.

La serie è violentissima con tanto di scena in cui The Punisher sfonda gli occhi del suo eterno torturatore e finale in cui macella il cranio dell’amico traditore figlio di puttana.

Ma, a parte qualche eccesso, funziona a meraviglia.

3) Mindhunter. Gli episodi di Fincher sono stupendi. Zodiac incontra Il silenzio degli innocenti.

Qualche luogo comune di troppo sui serial killer rovina l’amalgama ma la serie spinge, eccome.

2) True Detective, prima stagione. Non è assolutamente perfetta. Anzi, più la riguardo e più i monologhi di Rust, che tanto mi avevano impressionato la prima volta che li vidi, mi paiono costruiti, artefatti, e Pizzolatto mi sembra un tizio furbissimo, bravo ad accattivarsi, con pessimistico maledettismo, le simpatie dello spettatore hater del mondo.

Come per tutte le serie televisive, ribadisco, la storia poteva durare molto meno e se ne poteva fare un film. Semmai di tre ore. Molti risvolti e molte parentesi sono esagerate, la serie è dispersiva e alla fine ciò che resta è appunto la forza interpretativa di un McConaughey nel suo ruolo della vita e gli ultimi venti minuti.

Con la discesa nel covo di Carcosa, la resurrezione cristologica di Rust e i due amici di tutta un’esistenza che meditano su questa brutta faccenda. Da lacrimoni.

1) The Night Of. La perla per eccellenza. La prima puntata è qualcosa di magnifico. Abbiamo Fuori orario di Scorsese che incontra la penna di Richard Price. Sin alla lenta, mostruosa esplosione di un equivoco giudiziario spaventoso.

Ma anche in questo caso, come The Guardian disse bene, sebbene The Night Of rimanga a mio parere un capolavoro, la serie si perde un po’ per strada con una storia processuale abbastanza convenzionale da Perry Mason e John Grisham e smarrisce molta della carica della prima puntata.

Il finale però è da brividi e salva i pur minimi difetti enunciativi.

 

Ecco, personalmente, per quanto riguarda Gomorra, Narcos, Westworld in particolar modo, come dice il vecchio Jack Burton… basta, adesso.

Mi hanno scassato u’ caz’.

Ovviamente, ho trascutato apposta Twin Peaks Il ritorno. Che non è una serie televisiva… è la storia della mia vita. Soprattutto quando Laura Palmer torna a casa…

E urla di paura perché questa sua vita è stata tutta un immane incubo terrificante.

Sì, come la mia vita. Ve ne avevo già parlato di questo?

Sì, a un certo punto, similmente a The Night Of, chi mi stava attorno mi ha fissato negli occhi.

E, allucinato da quel che vide, urlò fra il meravigliato, lo sbigottito, l’incredibile materializzatosi ancora.

Sì, qualcosa di tragicamente lynchiano.

 

 

di Stefano Falotico

Questa lunga, lunga, lunga, interminabile notte, lontana dai grillini parlanti


16 Nov

Naz-Andrea-The-Night-Of

Non vi preoccupate quando do di matto e mi assalgono i 5 min da fuori di testa, perdonatemi, mi succede quando non scopo, cioè praticamente ogni secondo, ah ah

Sì, a volte ricasco nei soliti vizietti ed ecco che spunta la mia indole inguaribile da Frank Castle/The Punisher.

Cosicché, assediato da una vita che mi sta stretta, rivendico le mie ragioni e punto il dito, sfracellando le palle a chi non è colpevole delle mie sfighe. Invero lo è, siamo tutti colpevoli. Ma in fondo non lo è. Non è colpa degli altri se in passato fui mangiato vivo da fortissime crisi depressive e mi tirava poco l’uccello. Mica i miei amici, o pseudo tali, potevano darmi il loro cazzo in cambio della mia benevolenza. Eh no, non funziona così. Ognuno ha problemi grossi e deve star dietro ai cazzi suoi. E, se questa vita non tira, devi tirartela. Non puoi sperare che qualcuno reciti per te la parte di DiCaprio e si possa sostituire alla tua testa di minchia.

No, no, no. Anche perché io son fiero della mia testa e non voglio quella di DiCaprio. L’ho scritto, recentemente, DiCaprio è un testone. Sì, il suo cranio pesa almeno trenta chili. È abnorme, sproporzionato e, secondo la matematica delle proporzioni, la sua gigantesca testa sarà inversamente più grande del suo piccolo uccello.

Vi ricordate la pubblicità dei pennelli Cinghiale? Per dipingere una parete grande non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello.

Sì, DiCaprio non ha un grande uccello ma un uccello grande perché il suo conto in banca, nonostante le proporzioni da poco dotato, lo rende appetibile a tutte le modelle più in gamba…

A queste modelle non interessa tanto la lunghezza e potenza del suo pene, bensì la grandezza del suo portafogli. Anche perché, essendo modelle, avranno certamente uno con un pennello più grande che dipingerà a piacimento i loro schizzi… ma questi sono cazzi loro, non me ne fotte!

Non fa una piega, ma biancheria sporca.

Sveglia!

Ma come dico io: meglio accanirsi sul capro espiatorio che illudersi di essere DiCaprio, anche se io sono molto più bravo e bello di Leo, mi pare ovvio, ah ah.

Credo che l’Italia sia afflitta da un problema grosso. Anzi, da un grosso problema.

Siamo tutti finiti nella merda ma la colpa non è del sistema, non è colpa del nostro amico che ci ha tradito, non è colpa neppure delle nostre scelte sbagliate, la colpa è della vita tragicomica…

I grillini sono il male e pensano che lo Stato delle cos(c)e, come dico io, voglia infinocchiarli

I grillini sono persone spesso disperate. Tutti siamo disperati se dotati di coscienza pensante. È la condizione umana. Ma certa gente che pensa che, con le chiacchiere e gli slogan, possa risolvere le cose in maniera utopistica e rivoluzionaria, mi fa indubbiamente ridere. Parlano di massimi sistemi che non posso capire io, e lo ammetto, figurarsi gente che ha aperto due libri in vita sua e crede che il cambiamento possa nascere con i discorsi da bar. La realtà è una e trina, immutabile, non si scappa mai dalla realtà con le bugie, le scorciatoie, le stronzate. Sono persone assolutamente ridicole. Prima di gridare e sbraitare, dovrebbero sinceramente guardarsi allo specchio. Io lo faccio ogni mattina, sapendo che soffrirò molto e sforzandomi minuto dopo minuto. Non si va in giro ad accusare delle nostre sfighe questo o quello, dicendo che fa tutto schifo e che ci sarà la “guerra civile”. Ma per piacere. Se le cose non vanno bene, i grillini sono esattamente coloro che hanno permesso che l’Italia sia diventata questa. Sono il prodotto dell’Italia che hanno costruito con le loro sciocchezze, le loro vigliaccherie e le loro piccinerie, con le loro oscene urla da ossessi, da mercato ortofrutticolo.

Ho sentito da gente “grillina” cose immonde e assurde. Che il problema dell’Italia sarebbe addirittura la lingua italiana. Colpevole, a loro avviso, di essere distorsiva e creata apposta, coi suoi doppi sensi ambigui, a fregare la gente. Ma roba da matti. L’italiano è una delle lingue migliori del mondo, se non la migliore. Possediamo una gamma espressiva sconfinata. Da qui l’idea del deficiente grillino secondo cui la vastità nostra linguistica è a suo avviso un altro complotto studiato ad hoc dallo “Stato” che dalla nascita ci avrebbe corrotto con le sue ambiguità lessicali. AH AH AH. Oddio, sto morendo.

– Be’, amico, non pensare male. Nessuno vuole infinocchiarti.

– Ecco. No, no, dico. Hai detto proprio infinocchiarti. Ti rendi conto della macchina sodomizzatrice della Lingua? Infinocchiarti! Cristo santissimo! Che significa? No, no, dimmi che significa?

– Significa fregarti.

– No, no, manco per il cazzo. Infinocchiarti significa che qualcuno ti vuole rendere finocchio. E fotterti!

– Mi pare la stessa cosa.

– E allora perché non dire fregarti ma infinocchiarti? Vedi, la gente è brava con le parole a incularti!

 

Ah ah.

 

In realtà, sono già morto o altrove, come un santo che combatte

Non so se avete notato. Adesso, molti trailer, compreso l’ultimo, Gloria Bell con Julianne Moore, nei canali ufficiali YouTube sono stati bloccati per il nostro Paese.

Stessa sorte è capitata a The Night Of. La HBO ha bloccato i suoi video per l’Italia.

E perché avviene questo? Ve lo siete chiesti? Perché l’Italia non accetta certe storie, potrebbero turbare le coscienze collettive di massa. Storie libertine o storie troppo vere che il grande pubblico catto-borghese nostrano le respingerebbe. E griderebbe allo scandalo.

Io ho lasciato i link sui miei siti. Apposta. Anche se i filmati sono oscurati.

Film o serie televisive che comunque tutti possono guardare. O comprare in dvd. Ma dev’essere uno ben informato…

Uno che vuole vederci chiaro e non venir ingannato dalla RAI o dai canali di regime che diffondono la “cultura” come pare e piace a loro.

Così come potrebbe essere un libro di Storia delle superiori, scritto evidentemente da uno con idee politiche chiarissime, che vuole raccontarla a modo suo.

Sì, poi ognuno può farsi la sua idea, maturare le sue convinzioni ma meglio, pensano questi qua, “educare” in modo che attecchisca alla base un certo pensiero comune. Ché in seguito è difficilmente estirpabile.

Ed è per questo che a catechismo t’insegnano a scindere subito il bene dal male. E ti costringono a credere che, se avrai una brutta vita, piena di sfortune o disgrazie, patimenti e strazi, Dio ti accoglierà a braccia aperte lassù, per ricompensarti di tutti i torti o le ingiustizie subite. E per l’eternità te la godrai sin alla notte dei tempi e oltre.

Non è così.

Torniamo a The Night Of. È magnifica questa serie televisiva.

Perché? Perché la vita è precisamente questa…

Questo ragazzo, un po’ ingenuo, immaturo, con tanti sogni nel cassetto, incontra per caso una ragazza. Si piacciono all’istante. Fanno sesso. Lui si addormenta e, al risveglio, scopre che lei è stata massacrata.

Al che inizia il suo calvario.

Dapprincipio è solo un indiziato, quindi un colpevole di stupro e omicidio colposo, dopo di che viene processato e, nell’attesa che il processo finisca, viene sbattuto in custodia cautelare all’inferno, in un carcere durissimo ove gli omoni si fanno spompinare dai ragazzini e dove i detenuti bruciano vivo chi sta a loro antipatico.

Il ragazzo viene dunque giudicato innocente.

Ma la sua vita è rovinata per sempre.

Non si torna più innocenti nell’anima dopo l’orrore…

Una serie televisiva potentissima, cattiva, brutale, spietata. Come lo è la vita.

Può darsi che tu sia un genio, una brava persona ma basta una fatalità, un evento imprevisto del destino, uno scivolone, una cazzata, un equivoco, un disguido, un brutto alterco con qualcuno, basta mezzo litro di birra in più o venti chilometri oltre il limite di velocità, metti per sbaglio sotto un passante, perdi la testa, commetti un’ingenuità “imperdonabile”.

Ed è la fine.

O forse solo l’inizio.

A quel punto, la vita ti appare nella sua nudità. E non hai più paura di nessuno.

Ma solo dei tuoi fantasmi.

Noi tutti abbiamo fantasmi e demoni. Che ci perseguiteranno per tutta la vita.

Sono i nostri spettri, non quelli degli altri.

Quindi, se lo so io, dovreste sapere anche voi come si sta al mondo.

Domani o solo fra un secondo potremmo tutti morire.

Noi siamo già tutti morti, noi siamo vivi.

Non esistono altre balle. Non esiste il Paradiso. Non esiste il diavolo.

Esiste la verità.

Ed è questa.

Tempo fa, uno psichiatra m’indusse a scrivere la mia storia. E mi disse:

– A libro completato, ci confronteremo e vedremo se la versione da lei realizzata è quella attendibile, quella insomma reale. Oppure, se ha adottato un punto di vista, delirante, soggettivo, come in una delle storie di Rashomon, o una versione da apostolo del Vangelo, o se invece quello che ha scritto corrisponde per filo e per segno a ciò che è successo davvero.

 

Lo psichiatra ha letto il mio libro. E si è messo a ridere amaro.

Perché la mia versione è quella vera.

È stata la versione di tutti gli altri quella delirante.

Compresa la sua.

 

Avete mai visto, certo che sì, Senza esclusione di colpi?

Chong Li/Bolo Yeung sa che Frank Dux/Van Damme è molto più forte di lui. L’ha sempre saputo dall’inizio.

Allora gli dà “fumo negli occhi”. Per annebbiargli la vista. E rincoglionirlo.

Ma Dux ci vede meglio di prima.

 

Ora, la storia va avanti? Che cosa accadrà?

Non succederà niente. Come nel finale The Night Of.

 

Questo è quanto.

Good night and good luck…

 

di Stefano Falotico

TOP TEN Mickey Rourke


16 Nov

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Oggi vi parlo di Mickey Rourke, uno dei più grandi attori di tutti i tempi e senza dubbio una faccia da cazzo, infatti piaceva moltissimo alle donne, come pochi.

Un uomo sperperatosi, stupratosi da solo, uno che nella vita ha preso tantissimi pugni, infatti è stato anche un boxer. Nonostante gl’incontri truccati e le mille chirurgie facciali che l’han reso truccatissimo.

Qualche anno fa, con The Wrestler ottenne la sua prima nomination all’Oscar e ancor mi ricordo quando, Michael Douglas, sul palco, annunciò il vincitore, ovvero Sean Penn di Milk, e Mickey pensò fra sé e sé: ecco, il Golden Globe posso ficcarmelo nel culo. Ha vinto Sean, uno dei miei amici migliori che, ne La promessa, mi ha regalato un cammeo da Academy Award. Ora mi metto a piangere distrutto!

Sì, nonostante il Leone d’oro a The Wrestler e i plausi della Critica alla sua strepitosa interpretazione, Mickey pareva esser rinato. Ma Mickey è una capra, uno che ama troppo far le pecorine con le sue donnine, e va in giro per Beverly Hills vestito come un clochard.

E Hollywood dunque lo manda a cagare.

L’abbiamo visto da Paolo Bonolis ove, con coraggiosa sfacciataggine, ha ammesso che negli ultimi anni, oltre a sottoporsi a tremila operazioni di chirurgia estetica, appunto, è andato in cura da vari psichiatri. I quali non capiscono perché un uomo miliardario come lui abbia bisogno di usare il parrucchino argentato.

Mickey Rourke, che vi piaccia o meno e nonostante continui a sputtanarsi in film che non guarda neppure il suo cagnolino, è un grande.

Lo attestano le sue interpretazioni.

Ecco la mia classifica.

Al primo posto, Chinaski di Barfly. Un uomo ch’è una scoreggia ambulante, che beve come una spugna, trascurato, debosciato ma di gran cuore. Un uomo da Canzone dei folli.

Dunque Rusty il selvaggio. Qui, Mickey non ha niente da invidiare a Marlon Brando. Eh no.

Dopo di che, Stanley White de L’anno del dragone. Un film grandioso, d’altronde è del Cimino. Il film ha solo un evidente difetto. Mickey Rourke, in una scena ha i capelli brizzolati, poi neri, quindi bianchissimi. Ecco cosa succede quando il barbiere di un film è come Franco di Via Zanardi, ove vado io a tagliarmi il bulbo.

Angel Heart.

Ci metterei poi Homeboy. Sì, in questo film c’è la sua ex figa Debra Feuer. Una che ha recitato anche ne Il burbero con Celentano nei panni di Mary Cimino Machiavelli.

Sì, molti sostengono che Mickey sia andato a letto con molte cretine. Non si può dare torto a questa verità assoluta.

Vediamo un po’… The Wrestler. Inizialmente, il ruolo doveva andare a Nicolas Cage ma Nic rifiutò perché preferì girare Segnali dal futuro.

Ho detto tutto…

Francesco della Cavani! Sì, Mickey riesce a essere totalmente credibile nei panni del santo di Assisi nonostante il suo fisico da palestrato e la sua faccia da culo.

Non è da tutti. Ad esempio, molta gente, soprattutto in Italia, Paese di millantatori, si professa santa. E invece ogni notte va a zoccole. La mattina dopo accompagna i figli a scuola e alla domenica ascolta la Santa Messa.

Mickey invece è un uomo intoccabile. Lo si vede lontano un miglio ch’è un troione. Quindi, è perfetto nei panni di San Francesco, uno che parlava con gli uccelli e soprattutto con le passere.

Abbiamo dunque La vendetta di Carter. Mickey compare assai poco e interpreta come sempre la parte del porco.

Vestendo pellicce della Rinascente e attorniandosi, mi pare ovvio, di altre mignotte.

Un ruolo cucitogli su misura, come si suol dire.

Bene, abbiamo finito.

Ma come? Per arrivare a dieci ne mancano due.

Sì, ma Mickey è un attore da 8, dieci non se lo merita.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Il fatto che un uomo e una donna non possano rimanere solo ottimi amici è una balla messa in giro dai maniaci sessuali


16 Nov
FATAL ATTRACTION, Glenn Close, Michael Douglas, 1987, (c) Paramount

FATAL ATTRACTION, Glenn Close, Michael Douglas, 1987, (c) Paramount

ABOUT SCHMIDT (2002) Kathy Bates, Jack Nicholson Ref: FB Supplied by Capital Pictures *Film Stills - Editorial Use Only* Tel: +44 (0)20 7253 1122 www.capitalpictures.com sales@capitalpictures.com (f/sd013)

ABOUT SCHMIDT (2002)
Kathy Bates, Jack Nicholson
Ref: FB
Supplied by Capital Pictures
*Film Stills – Editorial Use Only*
Tel: +44 (0)20 7253 1122
www.capitalpictures.com
sales@capitalpictures.com
(f/sd013)

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Sì, esistono molte dicerie e luoghi comuni duri da sfatare. E molte fate che te lo fanno diventare duro, difficili da stantuffare.

Sì, è così.

A parte gli scherzi. Credo ad esempio che Pasolini fosse davvero un intellettuale molto avanti. Ma che sparasse molte stronzate. E la sua anima non è che fosse lindissima. Sì, in quelle brughiere, fra quei cespugli Pier Paolo rinnegava il suo porcile e diventava un porcospino.

Questo va detto per dovere (im)morale. Eppure, Pier Paolo, con viso smunto e cristologico, criticava aspramente la società borghese, scopandosi i ragazzini proletari.

Ecco, una delle più grosse stronzate, ahinoi attecchita nella testa della gente e nel testosterone, è che gli uomini non possano essere amici delle donne. E viceversa.

Sì, secondo la maggioranza della gente, un uomo e una donna non saranno mai davvero amici. E aggiungo io: perché non possono esserlo per la pelle? Ah ah.

Sì, mi trovavo l’altra sera, dopo aver succhiato un brodino coi passatelli, a discettare di tal tematica con una che voleva la imbrodassi e la farcissi come il ripieno dei tortellini.

Ma non la intortai e preferii mangiarmi tre torte. Leccandomi i baffi.

Sì, lei sosteneva che un uomo, per quanto inizialmente o molto “a lungo…” possa sembrare amico di una donna, per quanto possa apparire sessualmente poco interessato a colei a cui confida i suoi intimi segreti, prima o poi, anche se tal lei è un cesso osceno, se l’inchiappetterà bellamente, tradendo ogni patto d’amicizia e trovandosi, da solo che era a tavola, con due piatti e forse anche di più, per via dei figli che potrebbero scaturire e venir partoriti dall’attrazione tardiva eppur fatale. Dunque, spermatozoica nell’ovularla fetale.

Ecco, chi partorisce queste troiate?

Io sono amico, ad esempio, di moltissime donne. M’intrattengo in interminabili conversazioni telefoniche con loro, quando la notte si fa dolcemente buia e, sdraiato a letto, apro a esse il mio cuore. E la patta dei pantaloni. O forse rovino il pigiama, ben stirato, sì, le lor amabili chiacchiere indubbiamente me lo rendono tirato, dunque me lo tendono di cavallo con mio adirato nitrito. Perché so che, mentre parlano con me, il marito ha la sua testa fra le loro gambe.

Sì, può esistere l’amicizia fra un uomo e una donna. Certamente. Posso giurarvelo. Posso mettere la mano sul fuoco che sia così. E anche le mie dita bollenti nei vostri buchi sacri, lo so, già ardenti.

Può essere! Soprattutto se il marito non sa che la sua donna ha un amico che la rende più felice di come sta a pecora con lui.

Comunque, sostanzialmente, io ho in verità una grande amica donna. È Kathy Bates, ma non l’ho mai incontrata dal vivo.

E le altre che non sono solo tue amiche? Nemmeno quelle. Ah ah.

E qui potrei anche mentire. Ma si sa, il mio naso si allunga mentre qualcosa forse s’ingrossa. Quando mi tradiscono. E m’incazzo.

 

di Stefano Falotico

È uscito il trailer di Dumbo ed è uscito anche qualcos’altro…


15 Nov

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Sì, è stato rilasciato il trailer integrale del Dumbo di Burton. Il maestro dei freak e dei “diversi”.

Aggiornamento liveaction del classico per antonomasia della Disney.

Una storia che sarebbe da mostrare a quegli adulti invidiosissimi e cinici, cattivi più strega della Biancaneve.

Nella mia famiglia, ad esempio, la famiglia Falotico, molti di questa stirpe sono, ahimè, afflitti da una malattia genetica, le orecchie a sventola. Io n’ero affetto un po’ da piccolo. Infatti, quando i miei genitori erano assenti per lavoro, mi faceva da balia la vicina di casa, Angela di nome ma non di fatto. Che mi pigliava per il culo subdolamente, mostrandomi tutti i giorni, appunto, Dumbo. Io mi emozionavo e ridevo e lei, sotto i baffi (sì, donna baffuta l’Angela, ma nemmeno al marito davvero piaciuta), si sganasciava. Sebbene non pronunciatissime, le mie orecchie, così come il mio naso aquilino, erano leggermente sproporzionate rispetto alla testa.

Col tempo, si sono normalizzate, adagiandosi alla perfetta simmetria dionisiaca del mio viso da Gioconda.

Non che ora siano “attaccate” come quelle di Nicolas Cage. Avete notato le orecchie di Nic? Oltre ad avere un impercettibile cicatrice sotto al mento, che secondo me è stata causata dai succhiotti di quella troia della sua ex, Christina Fulton (Intervista con la vampira docet), una che nei panni di Nico spompinò sin a disossarlo quel cavallone di Val Kilmer/Jim Morrison in The Doors in un ascensore che faceva “su e giù”, ecco…, Nic ha davvero delle orecchie un po’ deformi. Sembrano mangiate dai topi.

Mentre, non so avete osservato la testa di Leonardo DiCaprio. Sì, ai tempi di Titanic la sua testa era normale. Dopo essere diventato il pupillo di Scorsese, se la montò. Guardatelo bene.

Le fonti internettiane sostengono che sia alto un metro e ottantatré. E secondo me peserà ottanta chili.

Sì, settanta di questi appartengono al peso della testa. Una testa gigantesca. Pare quella della Luna quando viene ingigantita nell’ottica di un telescopio.

Sulla mia vita, gente assai spregevole, d’inguaribile indole malvagia, gelosa della mia esistenza autarchica, principesca, aristocratica e troppo “cranica”, sì, essendo un uomo di enorme cervello, per anni raccontò un sacco di balle sul mio conto.

Una delle mie peculiarità è la gentile riservatezza, il volermene stare appartato lontano dal porcile, dal circo quotidiano degli orrori, dallo zoo dei puttanoni.

Al che questa gente, invece costretta da genitori imbecilli a immiserirsi e lerciarsi nella comune massa inculata giornalmente da piccinerie pettegole e stolte, inventò a mio danno calunnie a iosa.

Dapprima, addussero che, per via della mia esagerata galanteria figlia di un’epoca assai più educata, non scopassi le ragazzine mie coetanee perché soffrivo di elefantiasi.

Dunque, non paghi di questa mostruosa bugia da Pinocchi giganteschi, ben scelleratamente fieri di perseverare nelle menzogne e negl’inganni per coglionare il troppo buono di turno, in tal caso alquanto eccentrico il sottoscritto, insistettero, rincarando la dose.

Si passò quindi ad accuse e addebitamenti di malattie mentali varie. Dalla semplice, innocua fobia sociale alla stronzata sesquipedale che fossi castrato e poco dotato sotto ogni punto di vista, sessuale e non, perciò si arrivò alla schizofrenia e ai deliri paranoici.

Dopo molti anni di tremende cattiverie e oscenità mai confessate, dopo appuratissime indagini perfino psichiatriche, si è addivenuti a una sola, irrefutabile conclusione.

Che peraltro era già stata ampiamente acclarata dalla mia prima ragazza, alla quale i malfattori affibbiarono sempre patenti alquanto ripugnati: poco di buono, psicopatica, sciocchina, donnetta, creatura puzzolente.

Per il semplice “fallo” che stava con me.

Insomma, la conclusione, detta come va detta, è che a differenza di Dumbo non ho delle orecchie mostruose ma un uccello che vola alto…

Sì, il signor Vandevere di turno, che si è sempre attorniato di gente debole psicologicamente che lui ricatta e tratta da comparse e marionette, ha rimediato una delle più grosse figure di merda di tutti i tempi.

Ecco cosa succede quando qualcuno ti vuol far passare per Danny DeVito e invece sei sempre stato Colin Farrell.

A proposito, a Eva Green gliela diamo una bella botta?

A Vandevere, invece, per Natale regaliamo una bambolina. Vediamo se, trombando una di stoffa e non la cretina che ancora gli dà retta, probabilmente crescerà e la finirà coi giochini…

E comunque: è tutto bene quel che finisce bene. E anche pene…

Invece, è tutto idiota ciò che finisce col mascherone di Michael Keaton in questo film.

Ma perdoniamo Keaton: ai mostri non possiamo togliere la dignità. E la faccia di merda.

 

 

di Stefano Falotico

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