Archive for June, 2018

Desidero quantomeno, come minimo e anche quanto mai che la gente capisse che abbiamo una sola vita, non sperperiamola


08 Jun

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Sì, la giornata non è partita benissimo. Anzi… alle 8 e 30 esatte di codesta mattina, ero in superstrada, imbottigliato in una coda del diavolo. Al che, mi distraggo un attimo e quello davanti a me caccia una brusca frenata. In men che non si dica, sebbene con un po’ di ritardo, freno anch’io di colpo. E riesco a non tamponarlo. Arrivando a 10 cm dal suo “posteriore”. Ma, neanche il tempo, l’istante infinitesimale di godere di quella miracolosa frenata, che subisco un trambusto pazzesco. E la cintura di sicurezza mi protegge da un urto schiantante contro il parabrezza. Io ero riuscito a frenare, ma quello dietro di me no. E mi ha tamponato e, per via della potenza del colpo subito, la mia macchina ha conseguentemente tamponato la macchina davanti. Insomma, due macchine tamponate e una macchina tamponante. E dire che in quella superstrada c’è tanto di cartello Attenzione: rischio tamponamento.

Ah, per molto tempo la mia vita stessa fu tamponata e, appena sentivo troppo il fremito vitale, ecco che succedeva qualcosa che interrompeva il mio cammino esistenziale. Sì, un cotton fioc dettato spesso dalle cattiverie altrui paralizzanti, questo “pericoloso” bastoncino di ovatta che addolciva troppo il mio timpano uditivo verso il cuore e, di tosto tampone, mi rendeva insensibile ai suoni melodiosi della beltà. Perché la vita è bella, anche quando è brutta.

Ma comunque non mi sono fatto niente. Io non mi faccio mai niente, anche quando corteggio sterminatamente una ragazza che mi attrae per un anno intero e poi scopro che ha inserito su Instagram la foto di lei nelle braccia di un mentecatto. E tutto il mio amore va a farsi fottere nello strazio più indicibile.

Sì, viaggiare, evitando le buche più dure… e i “buchini” che non riesci a “tamponare”.

 

Eh sì, anziché assicurare il culo come Jennifer Lopez, dovevo sottoscrivere la polizza di Burt Young di C’era una volta in America. L’assicurazione du’ caz ché, quando non ti funziona, pigli l’indennizzo e fai subito l’assegno…

Sì, invero funziona benissimo ma spesso non è funzionante, la causa non è mia ma di quelle che son troppo difficili. Difficili, poi, un par de palle. Vanno pure con Beppe Guagliarolo, butterato malfamato che però tiene i “baiocchi”.

A parte gli scherzi. Fatte le constatazioni amichevoli, ho ripreso il viaggio. E, dopo aver fatto ridere tutti per via delle ammaccature, ho sostato a un bar. E ho visto una nonnina con suo nipote, già bello che vaccinato, con cui faceva colazione. E ho compreso sempre più che gli affetti sono importanti. Sì, basta con le acerrime rivalità, le prese ideologiche, il sangue amaro, le rabbie, le vendette, le malignità e le bassezze. Potreste svegliarvi un giorno e sapere che i vostri genitori sono morti in un incidente stradale, la tua ragazza potrebbe aver perso una gamba, e via dicendo. Ci avete mai pensato? Come sarà la vita quando mancheranno le persone che ti vogliono bene? Un deserto, ecco cosa sarà.

Ad esempio, il figlio del mio ex allenatore di Calcio è stato un ragazzo molto sfortunato. Stava per sposarsi ma poi, assieme alla sua donna, ha fatto un incidente terribile. Lui è miracolosamente rimasto illeso ma la sua ragazza è finita sulla sedia a rotelle. E lui non ha avuto la forza di sposarla, queste cose succedono d’altronde solo nei film di von Trier. Al che, dopo qualche anno, si è messo assieme a un’altra donna. Ma lei si è ammalata di Cancro ed è morta. Questo per dire, amici, che la vita è appesa a un filo. Perché continuare nei giochi al massacro, nelle stupide competizioni, nelle gare fra chi è più bravo e figo? Un giorno non ci saremo più. Teniamolo ben a mente. Non rompiamoci e tamponiamo il cazzo a vicenda. Comunque, hanno telefonato quelli dell’assicurazione: dicono che devo sborsare di tasca mia!

E che cazzo!

di Stefano Falotico

Il refuso è la bestia nera di qualsiasi scrittore, sceneggiatore, da me ribattezzato “refusum” peccatorum


07 Jun
Jennifer Jason Leigh at an Aug. 10 publicity event in New York City for the movie "Good Time." (Dia Dipasupil/Getty Images)

Jennifer Jason Leigh at an Aug. 10 publicity event in New York City for the
movie “Good Time.” (Dia Dipasupil/Getty Images)

Sì, scrivere è spesso un refugium e, quando capita il maledetto refuso, devi invocare in litania la Madonna, perché sei costretto a rieditare il testo (potevo reinserire devi ma sarebbe stata una ripetizione).

Ieri, ho pubblicato un post su Jennifer Jason Leigh. Perfetto, inappuntabile. Ecco, è sempre come nei temi scolastici. L’autore del testo, pur rileggendolo mille volte, sebbene sappia che quella parola o quell’espressione, quella frase sia grammaticamente sbagliata, non se ne accorge. E qualcuno giustamente gli segnala in rosso l’errore.

L’altro giorno, su chedonna.it, ho visto una che ha scritto un articolo intitolato Nicolas Cage sull’astrico.

Astrico si dice pure, ma in dialetto. E costei, su mio suggerimento, si è corretta. Per non finire licenziata e sul lastrico.

Ma, abominevolmente, son stato colto dagli spasmi quando, dopo aver pubblicato il post sulla Leigh, ho visto un mio errore immane. Anziché scrivere filmografia alla mano… ecco che compariva il terrificante ha la mano…

Terribile, al che ho fatto come Pacino/Dunkaccino con Adam Sandler, chiedendo immediatamente al mio capo di aggiustare senza aspettare un attimo.

Quello da me scritto, più che refuso, si chiama lapsus. Quando uno scrive qualcosa ma, essendo già concentrato sulla frase successiva, la mente gli gioca brutti scherzi di digitazione. Infatti, subito dopo usavo il verbo essere, e quindi, per facile associazione mentale, andai a parare sul verbo avere.

Vi garantisco, ad esempio, che quando si scrive un libro è un processo sfiancante. Sembra tutto lindo e immacolato, a prima vista, poi ecco che spunta un refuso, ne spunta un altro, lo correggi con una parola più appropriata ma a quel punto la frase non sta in piedi, perde del suo potente significato, e devi riscriverla interamente. Una volta riscritta si accorda col contesto? O stona? Cacofonie! Anacoluti! La metrica non scorre, è farraginosa, no, rifacciamo tutto daccapo.

Per i dialoghi dei film è ancora peggio. Sulla carta semmai sembra che funzionino alla grande, poi noti che se vengono recitati perdono in potenza espressiva. Allora devi aggiungere qualche tocco, limare le battute o estenderle, per intonarle al volto degli attori. Come dire… se buzzicona lo dice Christian De Sica funziona, se lo metti in bocca a Kenneth Branagh sortisce un effetto straniante. Ma potrebbe essere un film con Jon Belushi con Otello protagonista.

Come dire: se Ceccherini recita le battute di Grosso guaio a Chinatown, lo denunciamo, se vengono dalla bocca di un Russell così conciato ci stanno.

Come dire: si può scrivere tre volte come dire in 150 caratteri e dunque scriverlo quattro volte di seguito? Sì. Ah ah.

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo parte quarta: le donne la dovrebbero finire di arrabbiarsi se un uomo chiede loro l’età


06 Jun

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Una delle cose che le donne non sopportano è che si chieda loro l’età. Invece, è una delle prime cose che io chiedo, in maniera irriverente. Sì, perché vedo una di buon culo che dimostra trent’anni fisicamente ma la faccia non mi convince. Ed è giusto che indaghi a livello anale, no, anagrafico.

Oggi, ad esempio, contatto una, appunto. Potevo contattarne tre, invece ne contatto una, senza molto tatto:

– Ciao, ho visto le tue foto. Sì, direi che ci siamo. Donna emancipata, che sa che cazzo vuole.

– Ciao, grazie caro.

– Quanti anni hai?

– Ma che domanda volgare e sciocca. Io sono senz’età.

– Senz’età de che?

– Cucciolo mio, l’anima non ha età.

– Le rughe sì, però.

– Come sei rozzo. Ma chi ti ha educato? Da dove vieni? Dalla giungla?

– No, nella giungla ci sono le lupe e tu invece hai una faccia da lucertola.

– Nella giungla ci sono anche le lucertole, screanzato.

– Sì, lo so. È per questo che sostengo che più grandi sono le città e più abbondano le lucertole. Sono a sangue freddo, spezzi loro la coda, e la muovono lo stesso. Sono invertebrate, viscide, insensibili. Poi, vanno dalla parrucchiera e se l’allungano.

– Cosa si allungano?

– La codina. E vogliono che i maschi faccian loro la coda. Son cose che si fanno? Già abbiamo le code del traffico, anche le code degl’ingordi? Suvvia, dobbiamo risolvere queste doppie punte socialmente esecrabili, dandoci un taglio netto. Rasatura a zero e strappo di ogni uccello. Basta con questi piccioni. Ma chi li caga? Cagano soltanto carinerie per rimorchiare.

– Tu sei pazzo.

– Tutti lo siamo. Solo che alcuni hanno avuto la fortuna d’incontrare persone più pazze di loro che li hanno eletti in Parlamento, e allora legiferano di loro follia “lecitamente” messa nera su bianco. E decretano assurdità. Prendi quel fascista di Salvini. Adesso vuole reinserire l’obbligo di leva. Perché ritiene che i giovani debbano essere subito responsabilizzati. A cosa li sta responsabilizzando? Al militarismo cameratesco, alla violenza fisica e psicologica, a renderli amanti dello squadrismo di Top Gun? Al nonnismo, alle regole fasce e stronze?

– Comunque, io sono una donna senz’età. Con la fantasia vado dove voglio.

– Coi soldi no, però.

– Che vuoi dire?

– Quello che ho detto. Dai, su, vai a far le fotocopie. E, stasera, mi raccomando, guarda l’ultima puttanata della tua telenovela du’ caz’!

 

Ah, come no? Jane Fonda è sempre bellissima, eterna, intramontabile, e Sean Connery affascinante, carismatico, magnetico. Sì, all’ospizio.

 

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo parte terza: gli uomini non amano le donne con le scarpe aperte e si chiudono


06 Jun

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Come non ricordarsi il famoso dialogo fra John Travolta e Samuel L. Jackson di Pulp Fiction sul massaggio ai piedi?! Ecco, Tarantino dovrebbe ricominciare a scrivere dialoghi così, cazzate “stronzeggianti” che valevano eccome il prezzo del biglietto. La dovrebbe finire di ammorbarci con trame pedestri, piene d’incongruenze e iper-sofisticate come in The Hateful Eight.

Il Tarantino che amo è quello che parte dal basso, dalle cose più terragne e immediate, e architetta dialogiche genialità.

Mi fa piacere che stiate apprezzando questi miei post. Scoprite, ogni giorno che passa, nuove cose su di me. E si creano istantanee affinità. Sinergie amicali insospettabili, anche possibili scambi “linguistici” con donne che adorano la mia sincerità cremosa come un gelato al pistacchio. Ah, io vado matto per il pistacchio. Sentite come suona bene quando lo snocciolate e leccate in profondità sin giù alla gola. Pistacchio! Stupendo. Questo gelato verdognolo come Peter Pan.

Sì, la sofisticatezza fa parte di me. Io sono un esteta, un maniaco… delle forme muliebri perfettamente concordate in maniera geometrica, simmetrica. E odio i sandali che voi donne, ostinatamente, indossate ai primi caldi estivi. Non siamo nell’antica Roma! Che cos’è questo proliferare puzzolente, olezzante di alluci valghi, di mignoli grassottelli?

Chiariamoci. Io non sono un estetista, sono un esteta, e mi fa schifo il feticismo. Molti uomini adorano i piedi femminili e impazziscono per quelle dita oblunghe, sì, oblunghe, sgraziate di Uma Thurman. Una che se non la finisce di mostrare quelle zampe la denuncerò per vilipendio al mio pudore.

Sì, io sono l’incarnazione della pudicizia e anche della pulizia. E tutte queste donne che camminano per le vie del centro con queste calzature aperte mi disgustano. Ché hanno pure i calli! Figurarsi se queste donne callose camminassero così “scalze” in una calle veneziana. Qui toccheremmo proprio il fondo dell’offesa alla mia costumatezza. Sì, l’eleganza architettonica di Venezia a contrasto con queste donne da peplum, da film gladiatorii. Che orrore, che vergogna!

E, guardate bene, io aborro e ripugno anche i maschi con le infradito. Quando, ad esempio, in tale “tenuta” ho visto Josh Brolin in Sicario stavo vomitando.

Ora, vi racconterò un aneddoto. Nel 1999, ero in un cinemino a gustarmi il bellissimo film Il viaggio di Felicia con un grande Bob Hoskins. Verso la metà del film, a spettacolo inoltrato, ecco che entra in sala una bella donna, avrà avuto trent’anni, e si siede accanto a me. A un certo punto, comincia a strusciarsi, provocandomi. E, per provocarmi ancora di più, ha fatto shoeplay con le sue ballerine.

Io, con molta educazione, sussurrai lei che stava disturbando la mia concentrazione e il film era molto delicato e non poteva essere insozzato dalla sua puzza dei piedi.

Sì, voi donne continuate assurdamente a credere che non vi sia niente di più sexy di una donna che indossa i sandali. Vi sbagliate! Come vi sbagliate a continuare a inserire foto su Instagram ove mostrate i primi piani delle vostra dita e dei vostri zoccoli! Le caviglie ben affusolate sono sexy, non i piedi.

Mettetevelo bene dentro quella zucca. E mettetevelo anche in quel posto…

 

di Stefano Falotico

Russell Crowe, da tormentato Jeffrey Wigand di Insider a burino panzone, il gladiatore dei bucatini all’amatriciana


06 Jun

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Eh sì, mi ha lasciato basito l’apparizione di Russell Crowe che, stasera, celebrerà Il gladiatore, il film che gli diede l’Oscar, nell’arena più famosa del mondo.

Adesso che stiamo a Milano, finalmente, vogliamo andare a vedere questo famoso Colosseo?

Ah ah.

(Totò, Peppino e la… malafemmina)

Con la barba grigia, l’occhio ubriaco, una tshirt stretta e ombelico fuori, in “bella” vista di un addome da far invidia alle Tartarughe Ninja, ah ah, è arrivato a Roma Russell Crowe, l’idolo!

Che, su suggerimento della tifoseria romanista, da vero “lupo” ha innalzato la sciarpa della MAGGGICA Roma!

Ora, sia chiaro, Il gladiatore è un film orrendo. Un manifesto fascista-reazionario da Altare della Patria, pieno d’incongruenze storiche, che fa uso smodato di CGI e, secondo me, è uno dei film più sopravvalutati della Storia, non solo romana, romanica o romanaccia che dir si voglia. Qualche giorno fa è uscito il Blu-ray di questa robaccia e quelli della mia generazione ne andavano matti.

Infoiandosi come bestie da circo all’udire tonitruante della frase… al mio segnale, scatenate l’inferno!

Poi, nella versione appunto doppiata in italiano, è pure peggio. Perché lo storico doppiatore di Russell Crowe è Luca Ward, uno la cui voce da stallone del Road House va benissimo per Samuel L. Jackson dei film di Tarantino, ma che incarna, gutturalmente, tutto ciò che odio di un maschio. Tronfio, vanaglorioso, che se ti chiede un bicchiere d’acqua pare che voglia sodomizzarti con la tirannia dell’uomo malvagio.

’Sto qua sta con Giada Desideri, una biondona che soddisfa ogni suo desiderio. Luca è il suo Robin Hood e Giada la sua Cate Blanchett. E Giada lo aspetta, dopo una provante giornata in sala prove, nella lor casina, ove Giada lo avvinghia fra le sue cosce calde e vellutate come una piovra. E, dopo l’amplesso scalmanato, Luca va in bagno, si guarda allo specchio e sa che ha domato virilmente la sua concubina.

Sì, Luca Ward, con questo codino da cavallone, appunto, mi ha dato sempre l’impressione di essere un omone, uno coi testosteroni a mille, non vorrei dirlo ma lo dico… un troione da tra(ie)ttorie malfamate.

Uno col vocione da orco e da Mangiafoco che mangia i bambini a colazione, ridendo poi a crepapelle, come Samuel L. Jackson di The Hateful Eight.

Sì, genitori cari, non raccontate più ai vostri figli la favola nera dell’uomo nero che, se non fanno i bravi, li rapisce e se li magna di notte. Nel caso i vostri pargoletti siano troppo discoli, invitate a casa vostra Luca Ward e, quando spalancherà le fauci, ingurgitandosi in gola delle lasagne con besciamella fumante, emettendo suoni potentemente intimidenti su roco, pastoso rutto libero, i vostri bambini andranno a letto presto, urlando di terrore. Comunque, nel caso vogliate spaventarli ancora di più, oltre a Ward, chiamate anche Mario Biondi! Le donne dicono che Mario abbia una bella voce. Ma bella voce de che? 

Ma torniamo al Gladiatore. Massimo Decimo Meridio! Un nome che incute paura! Come no! Un uomo revenant che vuole la sua vendetta. Solo perché la figona popolana di sua moglie defunta, la vera moglie di Ridley Scott, Gianina Facio, detta anche Giannina, una che capì subito che recitare con Teo Teocoli e farsi sbattere da Fiorello non l’avrebbe resa una “leonessa”, è meno elegante di Connie Nielsen. La Facio, donna da mercato ortofrutticolo che vende i suoi “pompelmi” rifatti da spagnola… piccante. Caliente! Una donna succhiante… che, cucinata rusticamente, è la morte sua!

Infatti, diciamocela, Ridley Scott da quando sta con questa bagascia-matrona ha perso ogni raffinata malinconia à la Blade Runner.

E gira puttanate. Gli unici due film davvero apprezzabili di Ridley, fra i cinquemila che ha girato negli ultimi vent’anni, sono Il genio della truffa e American Gangster. Per il resto solo porcherie.

Eh sì, Russell Crowe è ora uomo da porchetta, uno che se viveva in Italia avrebbe apprezzato il “compianto” Gianfranco Funari!

Dai, Russell, vai nell’osteria n.1 in casin non c’è nessuno, ci son solo preti e frati che si inculano!

Alcuni, come gli ottimi vini pregiati e dunque come me, invecchiando migliorano e son più saporiti. Russell, invece, invecchiando è diventato solo un panzone!

Avanti popolo, alla riscossa!

di Stefano Falotico

Jennifer Jason Leigh ha 56 anni, sono stupefatto e sconvolto


06 Jun

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 Oggi voglio parlarvi di un’attrice che sta tornando alla ribalta, uno di quei nomi comunque abbastanza prestigiosi di Hollywood e la cui carriera, filmografia alla mano, è già a suo modo leggendaria, un’attrice che vedremo presto in grande spolvero in Cocaine – La vera storia di White Boy Rick con Matthew McConaughey. Ovvero, la mitica Jennifer Jason Leigh. Un’attrice che, nonostante il suo carnet, non è mai diventata una diva da copertina, una star, come si suol dire. Perché quando la guardi sei irresistibilmente attratto dalla sua recitazione sopraffina, ma non sai mai con chiarezza se è bella, se è insomma figa o sensuale, oppure se è un’irresistibile bruttina affascinante. E in forse in questa magnetica ambiguità consiste il suo perverso fascino. E non c’è da stupirsi che sia divenuta famosa per questa sua atipica bellezza particolare, fine ma non volgare, tanto acqua e sapone da risultare persino quasi anonima, impalpabile. E che per la stessa ragione abbia interpretato spesso personaggi marginali, con vite disperate, in ruoli da donna pericolosa, borderline, psicotica o malata di mente. E basterebbe citare uno dei suoi ruoli celeberrimi, almeno per noi cinefili, quello di Hedra Carlson-Ellen Besch, la “doppia” donna di Single White Female di Barbet Schroeder, per inquadrarla.

Il suo vero nome all’anagrafe è Jennifer Leigh Morrow, lei comincia a recitare a soli quattordici anni, il cognome Morrow non le piace, lascia Leigh, però interponendo il maschile Jason in omaggio al vecchio amico di famiglia Jason Robards.

E infatti lei è sempre stata un maschiaccio. Come si suol dire. Piace da morire ai registi alternativi, Robert Altman la adora e le dà due ruoli potenti in America oggi e in Kansas City.

È stata la testarda amante di William Baldwin in Fuoco assassino, una pazzerella ostinata che fa di tutto per averlo, ma non solo.

Ci sono film cult nel suo percorso attoriale. Da L’amore e il sangue di Paul Verhoeven a Hitcher, pellicole nelle quali duetta con Rutger Hauer, o film fuori dagli schemi che non piacciono ai critici snob e troppo classicisti, come Ultima fermata Brooklyn, e poi Mister Hula Hoop e L’uomo che non c’era dei geniacci Coen, L’ultima eclissi di Taylor Hackford da Stephen King, eXistenZ di Cronenberg, Era mio padre di Sam Mendes, e la Leigh incrocia altri nomi pregiati e autori considerevoli come Charlie Kaufman, Noah Baumbach, Jane Campion.

Viene scandalosamente trascurata dagli Academy Award per la sua prova in Georgia, e in quasi cento credits all’attivo tra Cinema e televisione ha ricevuto una sola nomination agli Oscar come miglior attrice non protagonista per The Hateful Eight di Tarantino.

E di recente l’abbiamo vista anche in Good Time con Robert Pattinson, sebbene qui recitasse solo un cameo, e in Annientamento di Alex Garland.

Ma ciò che più m’impressiona è che costei sia nata il 5 Febbraio del 1962. Perché non sembra affatto, sinceramente, che sia vicina alla sessantina. Sconvolgente.

Le daresti al massino quarantacinque anni. O forse sono i miei occhi e la mia memoria a tradirmi. Perché appena la vedo mi torna in mente la sua splendida silhouette in Fusi di testa.

 

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo purissimo, parte seconda: ero a un mm da “lì” ma ho fatto il coglione


05 Jun

Victor Wong Prince of Darkness

 

Sì, ha avuto grande successo la sfacciataggine da me esposta del post precedente. È piaciuta molto agli uomini, e dunque continuo.

Sono anni che cerco di capire chi sono, molta gente non s’interroga mai su sé stessa, io invece sì. Indago talmente su me stesso da non capirci un cazzo. E proprio sul cazzo direi di far vertere i nostri dilemmi amletici.

L’altro giorno, come da recensione, ho rivisto quel capolavoro che è Il signore del male, ed empaticamente mi sono identificato in Victor Wong. Una sorta di Professor Occultis. Lo conoscete? È un mitico personaggio del fumetto Il grande blek. Esperto di stregoneria.

Sì, sono un provetto conoscitore dell’anti-materia. Mentre i bei biondini sono ossessionati dalle fighettine, io apro il loro cervello, dicendo loro che esistono realtà ignote ben più godibili. Più recondite di quelle gole profonde. Non mi danno retta e fanno i “satanisti” del sesso. Lercio, abominevole, da mezze calzette.

Poi, arrivano a una certa età completamente spompati, disillusi, e librano nel vuoto, giù dalla finestra, in suicidi molto “materici”, cioè si spappolano.

E dire che li stavo illuminando per ingigantire i loro piaceri, per offrire loro una prospettiva diversa, più metafisica. Invece cercano solo la loro metà, in poche parole la fica. Penando come dei dannati senza salvazione. E forse, un giorno, li metteranno in una teca di cristallo con tutto il loro liquido seminale malato. Affinché non possa spargersi per salvaguardare il bene dell’umanità. Perché le loro consorti partorirebbero dei mostriciattoli maniaci come i padri.

Fatto sta che, come detto, da qualche mese una donna bellissima, non so perché, s’intratteneva spesso con me in lunghe conversazioni. Donna davvero bella, credetemi, tant’è che un mio amico mi ha detto… e tu saresti lo sfigato? C’è gente che solo per ricevere un ciao da una figa del genere, venderebbe sua madre alla Montagnola. La Montagnola è un parco di Bologna ove c’è appunto il mercato.

Credo che le piacessi parecchio, non so perché. Anzi, mi stava quasi “violentando”. Condivideva ogni mia stronzata, ogni mia foto, e non vedeva l’ora di contattarmi. Svegliandomi pure alle tre di notte.

Al che, m’invita a Roma. Sì, lei è di Roma.

E io le dico:

– Ok, potrei anche venire ma non farmi vedere quelle facce di cazzo che di solito frequenti e con cui ti fotografi spesso.

– Che vuoi dire? Sono i miei amici.

– No, non sono i tuoi amici. Lo so io e lo sai anche tu.

– Non capisco.

– Sono quelli a cui cerchi di darla, e con tutta probabilità l’hai data per ottenere favori. Tu mi piaci davvero.

 

In trenta secondi netti, mi ha bloccato dappertutto. Su Facebook, Whatsapp, Instragram, dicendomi che se mi fossi azzardato a scriverle una mail di scuse l’avrebbe mostrata a quegli amici, che sarebbero venuti sotto casa mia a pestarmi a sangue.

 

Sì, io sono un uomo troppo sincero. Le donne vogliono essere prese sempre per il culo. Guai a dir loro la verità.

Comunque, ha ragione il mio amico. Sono “matto” in maniera leopardiana, sono una miscela metafisica di psico-magia, sociopatia benevola lontana dalla massa, ipocondria e testa di cazzo. Sì, non posso confutare queste definizioni.

Anche se spesso confuto la realtà troppo terrena.

Adesso, scusate, dopo questa donna stronza come il Diavolo, tentatrice come Satana, vado a scrivere un trattato teologico intitolato I finti preti se la godono di più.

 

 

di Stefano Falotico

 

White Boy Rick, prima di educare gli altri, educate voi stessi


05 Jun

2295796 – White Boy Rick

Ce lo spariamo questo film? Sì, quando uscirà, io me lo sparerò. Perché mi hanno sempre affascinato i film, perfino romanzati, sulle adolescenze difficili, essendo io stato l’apoteosi dell’adolescenza nella sua inquietudine più maestosa. Tanto maestosa che, per lungo e inesauribile penare, sto diventando precocemente Hermann Hesse e, non di rado, rifletto come farebbe un novantenne in fin di vita sulle stagioni della vita. Da non confondere con quelle di Battiato, personaggio a cui, per via del mio ermetismo, son stato sovente associato. Anche se a ben vedere mi sto trasformando sempre più in un brillante McConaughey, padre di quest’umanità allo sbando. Ridottosi a vivere nella povertà assoluta pur di dare un lascito supremo, sacrificale a un mondo che, smarritosi nella tetraggine mascherata da frivolezza, pare esser precipitato in un brutto Medioevo oscurantista.

Quello che non ho mai accettato della società che si spaccia per “adulta” è la sua rassegnazione mesta e impigrita, come se aver rinunciato a tutti i sogni adolescenziali fosse un sinonimo di crescita. Come se l’appiattimento e il metodico iper-controllare le loro emozioni la preservasse dalla sofferenza. Io vi dico che gioia vera non vi può essere se soffrire è un verbo che avete disconosciuto e cancellato dal vostro vocabolario emozionale.

Si soffre sempre, in maniera diversa e forse più matura, ma il dolore è insito nell’animo umano che, in quanto senziente, non può astenersene. Si gioisce tanto se si ha un figlio a cui tramandare i propri insegnamenti, sperando che forse abbia una vita più felice e appagante della nostra, e parimenti tragicamente si soffre se questo figlio si perde in strade tortuose ché, incosciente, non può sapere a cosa andrà incontro. Non può saperlo perché è giovanissimo e quindi, dopo la momentanea esaltazione, l’euforia folle, sarà giocoforza costretto ad adattarsi, e quest’adattamento sarà difficilissimo se non avrà provveduto, nel momento formativo importante, alla conoscenza, soprattutto dei suoi più umani sentimenti.

Perché, nel frattempo, nel bene o nel male, avrà già esperito molta vita e quel suo vissuto, complicato, perfino alle volte traumatico, distorto, diverso, “spostato”, non lo potrà raddrizzare, leggendo a trent’anni filosofia new age. Quei conflitti interni, prima o poi, ritorneranno furenti, il suo carattere e la sua istintività fuoriusciranno anche quando crederà di averli taciuti sotto una coltre d’ipocrita buonismo e asservimento al più impiegatizio e, apparentemente, comodo lavoretto. Ma io non sono un moralista, ed è in virtù proprio di ciò che vi dico che tutto il male non viene per nuocere. Mi son sempre battuto affinché ogni uomo fosse libero.

È celeberrima la frase di Fabrizio De André: scegliere o farsi scegliere? Diffidate da chi vi dice che vive in un certo modo perché ha deciso di vivere così, oppure, ancora peggio vi mente con l’alibi che, per sfortunate, dannose circostanze, non ha avuto alternative. In verità, non se l’è mai volute creare. Perché, tutto sommato, nonostante patemi e guai, casini di ogni tipo, la sua vita di merda gli piace e ci sguazza, perché è l’unica che sa vivere. E ha modellato la sua visione del mondo al ristrettissimo, solipsistico, utilitaristico interesse personale.

Le ingiustizie, chi più chi meno, le subiamo tutti dai quattordici anni in poi. Fa parte del gioco della vita. Non possiamo pretendere di essere belli come Alain Delon, di essere al contempo dei premi Nobel, di scoparci quattro donne a notte (a proposito, voi ce la fareste?), di essere presidenti della Repubblica, intonsi e col capello a posto, e intanto andare ai concerti della band alternativa-metal di sto par de palle. Insomma, non possiamo avere tutto. Dobbiamo fare delle scelte. Genitori cari, non vi preoccupate se vostro figlio, anziché divertirsi coi suoi coetanei scemi, guarda Henry – Pioggia di sangue. Non c’è niente che non vada in lui, è capace che i serial killer diventeranno invece quelli che ora guardano Avengers.

I vostri figli debbono subito, senza aspettare un secondo di più, entrare in contatto col mondo che per sua natura è anche violento, è fradicio, è marcio, fa schifo al cazzo, non è solo rose e fiori. Anzi, più acquisiranno coscienza di questo, più sapranno gestire la loro parte oscura. In un bilanciamento psico-emotivo meraviglioso.

È per questo che abbiamo i terroristi. Sono stati educati sin dapprincipio a una visione radicalizzata della loro religione, chiusi nelle loro bacate convinzioni, al che ecco che, se uno pesta loro i piedi, anziché dare un pugno a quello o rispondergli per le rime, facendo valere il loro comunque opinabile Credo, distruggono le Torri Gemelle, ammazzando migliaia d’innocenti.

Che io sappia, Bush è ancora vivo e vegeto…

Come voi, adolescenti, non diventatemi Elephant. Se in classe vi deridono e umiliano, controbattete con gusto e personalità, fate valere i giusti principi morali del rispetto. Non tornate in quella scuola a mitragliare a destra e a manca. Che c’entrava quel poveretto della classe prima, tanto buono e caro, così gioioso di vita, che avete ammazzato?

E ora dico anche a voi, finti adulti. La maturità non si misura dal numero di lauree prese, recitando pappardelle a memoria, non si misura dal grado economico del vostro conto in banca. State sempre lì al mare, sugli yacht, a bere e divertirvi come porci. Poi, nel quotidiano, siate cafoni e insensibili peggio di un film con Christian De Sica. Secondo voi, chi non è arrivato al vostro “vertice”, è solo una merda, non vale una minchia, è un patetico coglione, e allora giù di offese e insulti pesantissimi.

Sì, andrò a vedere Cocaine. Forse sarà un brutto film, al momento non posso saperlo, ma come mi attrae questo McConaughey che, contro tutto e tutti, combatte, a costo di sbagliarsi immensamente, affinché suo figlio abbia una seconda possibilità.

Quella che dovremmo avere tutti.

Nella mia vita mi son sentito spesso dire che sono debolissimo. È il contrario. I deboli, come sosteneva Nietzsche, sono quelli che si spacciano per forti ma sono degli atroci conformisti e hanno accettato, seppur malvolentieri, che ai calciatori si diano 100 Milioni di Euro l’anno e ai poeti un calcio nei testicoli.

Perché non avete mai voluto cambiare niente, nemmeno lo spazzolino che da trent’anni usate per pulirvi bocche pestilenziali e iper-giudicanti.

 

 

di Stefano Falotico

The Night Of vs Le ali della libertà, un capolavoro contro una bischerata retorica


05 Jun

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faccia da culo
Sì, credo che Kill Bill sia un brutto film. In toto. Soprattutto nel finale che perde ogni rotta. La storia di una donna che ammazza tre miliardi di persone solo, sostanzialmente, perché è entrata in coma e le hanno ucciso il ragazzo con cui aveva deciso di passare il resto della vita ad ammirare i tramonti, vendendo probabilmente i peggiori dischi di Tom Jones.

Tutto questo “danno” non l’ho visto. O, perlomeno, non giustifica la carneficina che ne consegue. La figlia non l’ha persa, non ha subito alcuna lesione, né cerebrale, nonostante Bill le abbia trivellato il cervello, e neppure fisica, anzi dopo il risveglio è meglio di prima. Più cazzuta, una macchina da guerra.

Ammazza chiunque le capiti a tiro, robe che succedono solo nei film perché questa qua devasta un’intera sala da ballo, mozza teste, amputa arti, compie insomma una strage di proporzioni epiche, e tranquillamente, dopo il massacro sesquipedale, continua a gironzolare a piede libero, ascoltando pure la musica dall’autoradio!

E dire che se uno va in un bar e manda a fanculo qualcuno, si becca una denuncia e tre mesi di arresti domiciliari. Oppure, come fanno in America, appunto, ti obbligano alla “riabilitazione” con lavori “socialmente utili”.

Invece no, questa dimezza demograficamente la popolazione statunitense, ficcando nel calderone omicida tutti, neri, negre, giapponesine, cinesi, white trash, alcolizzati e boss, e alla fine si gusta pure i cartoni animati con la figlia. Ringraziando iddio.

Sì, vuole che sua figlia cresca nella non violenza e nella pace perpetua. Che legga filosofia buddista. Ma non ha previsto la dura realtà. Superata l’infanzia, la figlia, educata a quest’assurdo buonismo, sarà derisa e umiliata a sangue dai bulli della scuola, cominceranno le immani crisi depressive, al che porterà la figlia da uno psicologo che la sederà come una cavalla, mentre tutte le sue coetanee, tatuate e belligeranti, con gli ormoni a mille, saranno su Instagram a mostrar le chiappe chiare. A gozzovigliare con quelli della loro età, mangiando uccelli come fossero caramelle. Poi, codeste, arrivate alla “maturità”, dopo un’adolescenza brada, sposeranno l’industriale di turno, che le tratterà, come si suol dire, a pesci in faccia ma che sta con loro perché indubbiamente hanno dei culi atomici. Eh sì, dopo il “duro” lavoro aziendale, ci vuole la figona ignorante come una capra per “alzare” l’inflazione…

Ma torniamo alla figlia di Uma Thurman. Ecco, complessata e compressa, farà la fine di Amber Heard di The Ward, compirà il gesto folle e verrà istituzionalizzata. In un ospedale psichiatrico ove lei, come il Sam Neill de Il seme della follia, sarà l’unica sana fra mostri, infermiere sadiche che, semmai, leggono Novella 2000 ma impartiscono ordini terrificanti come Nick Nolte de La sottile linea rossa, e le diranno che quella creatura che vede è frutto della sua immaginazione, e che soffre insanabilmente di deliri allucinativi. Giù di farmaci e neurolettici potentissimi. Diagnosi schiaccianti, in poche parole, quest’Amber Heard il suo Johnny Depp che fu lo vedrà col binocolo. Ah ah.

Sì, ce ne sarebbero da dire su questa società del cazzo. Donne che lavorano nelle case-famiglia, accondiscendenti e prodighe verso i “malati”, e poi, finito il turno lavorativo di prese per il culo, ove dicono ai malati di contemplare le roselline nel prato, vanno sui siti di appuntamento per cuori solitari. E stasera è il turno di Armando, uomo che ha letto solo Il Corriere dello Sport ma è ricco, va in palestra e ha un uccellone che la fa godere come una matta… Domani invece è il turno di Michael, ragazzo del Texas che vive in Umbria ad Assisi perché, dopo aver cavalcato tante mucche, ora sta cercando di avere una vita ascetica da San Francesco. Ma la donna della casa-famiglia, frustrata a mille, nel tempo libero l’ha circuito perché non desidera diventi San Francesco, appunto, ma parli alla sua passera. E diventi l’incarnazione del Fratello Sole, sorella Luna di Zeffirelli, versione erotica, molto spinta, del metaforico concetto di congiunzione di due sessi peraltro già ipocritamente espresso nell’ambiguo titolo della pellicola ignobile di Franco.

Ora, quando ero un adolescente, credevo come quasi tutti, che Le ali della libertà fosse un grande film. No, capolavoro non l’ho mai considerato ma ora, da adulto, lo considero proprio brutto, un film terribilmente falso e retorico all’ennesima potenza.

Le ali della libertà è un film per borghesucci che lo amano, mangiando grissini con la “capocchia” bagnata di Nutella, che probabilmente non hanno mai ascoltato Radio Radicale, e adorano i finti dolori e le tragedie rappresentate nel mainstream a stelle e strisce. Sì, perché Andy Dufresne forse non ha ucciso la sua donna e non meritava quella punizione mostruosa. Come non la meriterebbe nessuno. Ma questo qui, sembra che stia ad Honolulu, ha una calma olimpica, perde gli anni migliori della sua vita e, alla fine, con un altro povero Cristo come lui, concorda che, tutto sommato, la vita va avanti e con quella barchetta faranno il giro del mondo.

E se invece Andy avesse davvero ucciso la sua donna? Già il film non regge se ammettiamo che Andy fosse stato innocente, secondo voi potrebbe reggere, partendo dall’assunto che invece è un uxoricida dalla doppia personalità? Ah, certo, ha sbudellato la moglie solo perché l’ha tradito, e ora è pure libero come un uccellino. Bella roba.

Molto più vero The Night Of. La storia di un altro povero Cristo accusato di stupro e omicidio per un enorme equivoco giudiziario. Che, in attesa di giudizio, si mangia la schifosa merda più merdosamente vomitevole. Alla fine viene assolto, dopo che in quel carcere ha visto pedofili farsi fare pompini da ragazzini, uccisioni a mani nude, gente arsa viva, e chi più ne ha più ne metta.

E dire che John Turturro l’aveva capito subito che era solo un timidone…

Libero! Libertà! E infatti sta in riva al fiume Hudson completamente destrutturato.

Ma sì, andiamo al cinema, danno Han Solo: A Star Wars Story.

FORZA, coraggio!The Night Of

 

 

di Stefano Falotico

Provocazione serale: ma voi non vi siete ancora scocciati di continuare ad andare al cinema? Necessitiamo di una visione animalista… da ragazze dark


04 Jun

Darkchylde

 

Sì, l’uomo divenne ben presto animista. Cosicché, dopo aver passato nella preistoria molto tempo a cacciare gli animali per ingroppare le donne, l’uomo si scocciò di questa sua visione animalesca, e cominciò a credere che ci fosse una realtà meno terragna a dominarlo. E nacquero le religioni. L’uomo alzò lo sguardo al cielo e pensò (male) che i disastri naturali che gli piovevano addosso erano da attribuire a qualche entità superiore. Nacquero i culti, e addio quei bei culi di quelle donne selvagge che, sotto il battito vorace delle piogge torrenziali, venivano modellati, come argilla pura, dall’acqua piovana. Sì, l’uomo cominciò a perdere il suo istinto primordiale e si smarrì nell’evoluzione. Prediligendo, rispetto alla sua parte carnale, ludica e godereccia, la parte spirituale. Ecco allora che i sumeri, che somari, innalzarono al dio An e alla dea Ki dei templi (si può dire anche tempi? Ah, mi scoppian le tempie!) ancor conservati nel tempio, no, tempo, e Roland Emmerich girò Stargate, ove il Re era Ra, un alieno nelle fattezze di Jaye Davidson, essere asessuato divinizzato dai poveracci.

I cristiani da quel po’ tengono in auge il Papa. Quando si dice… quello fa la vita del papa, per dire che non fa un cazzo da mattina a sera ma tutti i suoi “fedeli”, degli amici leccaculo, lo venerano appena apre bocca, neanche recitasse la Bibbia. Lui se le fotte tutte alla faccia di lor “signori” che aspettano la pausa-pranzo. Quando si dice… è uno che ha fame…

Qui in Italia la religione ha fatto danni immani. Ho visto giovani perdersi in deliri schizofrenici per eseguire la sacrosanta esegesi di The Young Pope che, ve lo posso dire col senno di poi, è una cagata micidiale. Avevamo bisogno di Sorrentino per sapere che, nella sua intimità, il Papa fuma ed è amante col pensiero, come tutti, di Ludivine Sagnier? Quella donna ha un seno che fa invidia alla terrazza di San Pietro.

Diciamo che è una con cui farei la comunione di sacra unzione, no, unione, non sono necrofilo.

Ecco, da questa visione distorta, che l’uomo ha sviluppato, sono sorti tutti i conflitti psicologici, le ritrosie, le guerre fra i popoli, le invidie, le ipocrisie, le omertà, i fondamentalismi, i terroristi radicalizzati, solo perché uno crede in Allah e invece uno tifoso del Liverpool crede in Salah. Ah ah.

Al che, la gente, per elevarsi spiritualmente, dice che va sempre al cinema a vedere film per arricchirsi dentro. Invero, son sempre meno i film degni della nostra elevazione. Siamo invasi da super minchiate, ogni giorno escono cinquemila trailer di film che nessun uomo mortale con una vita “normale” può vedere. Avrà pure il diritto di sputtanarsi su Instagram, no? Mettendosi l’effetto speciale delle orecchie da orso?! Abbiamo anche il seguito di Top Gun, tripudio elevato al quadrato del tonto Tom Cruise che, dopo aver fatto la pubblicità a Reagan, adesso ammicca a Trump. Ma ancora non hanno sparato a Tom Cruise? Mi chiedo. Secondo voi, è accettabile che bombardino in Siria e a Tom non facciano saltare la sua faccia da culo? Credo sia umanamente inammissibile uno schifo del genere. Poi, diciamocela, Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson è un film che, se soffrite d’insonnia, è più potente di tutti i sonniferi del mondo. E la prende, e la lascia, e la bacia, ricusa, cuce, stira ma non gli tira, lei non vuole più tirarsela, lui sì, perché non sa soddisfarla, è geloso, gelatinoso, elegante ma stronzo, assieme ammirano il tramonto, mano nella mano, aspettando la fine dei giorni col buonismo del prenderla come viene. E se non viene? Non è che poi ti chiederà il divorzio?

Sì, volevo come un matto che John Carpenter realizzasse questo film. La storia di una ragazza che s’incarna nelle creature dei suoi incubi. Ecco, questo è Cinema, altro che Wes e Paul Thomas. Ed è invecchiata pure Pamela.

– Guarda che Pamela Anderson era una zoccolona.

– Perché tu no?

– Ma, cazzo, possibile che tu riesca a vivere così senza darti pena? Credi all’amore?

– Sì, io come Dante vivo all’Inferno: Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,

che, come vedi, ancor non m’abbandona.

 

Adesso, fammi fare una scoreggina. Ciao.

 

E dire che lo sapevo che, di nuovo a contatto con questo mondo di merda, non avrei più sognato. Un incubo, amici, un incubo maledetto. Comunque, in caso di depressione acuta, non fatemi la fine di Michael Myers.

– Forte, Mike Myers, mi ha fatto morire… in Austin Powers.

– Io ti farei morire un’altra volta.

 

Ritorno dal mio amico:

– Allora, hai contattato quella là?

– Quella che t’ha bloccato?

– Sì, e chi, se no?

– Guarda che ci scambierà per due maniaci.

– Maniaco de che? E poi, secondo te, non siamo tutti maniaci?

– No, molti non lo sono.

– Perché mentono. Sono più maniaci degli altri. Basta vedere i soldi che hanno. Nella vita, se uno è miliardario, o è figlio di un pezzo grosso, oppure è corrotto. E corrompe.

Di mio, son solo uno che rompe.

 

In parole povere, l’uomo odierno è peggio degli animalisti che non sopporta. Si preoccupa se hanno ammazzato un cane per strada, ma non si preoccupa se hanno licenziato uno di sessant’anni col mutuo della casa.

 

di Stefano Falotico

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