Archive for June, 2018

Attori bolliti: Eddie Murphy, toccato dalla grazia… trasformava tutto in oro…


12 Jun

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Oggi, è il turno di uno stracotto, iper-cotto, super fritto più di una sogliola, Edward Regan Murphy, nato il 3 Aprile del 1961 a Brooklyn, cinematograficamente conosciuto semplicemente come Eddie Murphy.

Un nero spritosissimo, spuntato dal nulla che subito a inizio anni Ottanta fa un botto clamoroso con due pellicole fenomenali, che diverranno immediatamente dei classici intramontabili, ovvero 48 ore di Walter Hill e Una poltrona per due di John Landis. Film quest’ultimo che, come sappiamo, oramai è un appuntamento fisso e inderogabile della notte di San Silvestro e, almeno qua da noi, è diventato il film per eccellenza che inaugura l’anno nuovo. Come dice Eddie in questo film, con la strepitosa voce del compianto Tonino Accolla e la sua risatina che diverrà un marchio di fabbrica irrinunciabile, bello anno a lei…

Nel 1984, cioè soltanto l’anno dopo, Murphy, che in quel periodo era toccato dalla grazia e trasformava tutto in oro, azzecca un altro film campione d’incassi stratosferico, Beverly Hills Cop di Martin Brest, un film che, se vogliamo giudicarlo col senno di poi, è certamente divertente ma del quale onestamente, ad anni di distanza, non comprendiamo il successo quasi imbarazzante ed esagerato.

Ma Murphy, con questo terzetto, quando ancora non ha, pensate, nemmeno venticinque anni, ottiene tre nomination consecutive ai Golden Globe e s’impone ineludibilmente come uno dei migliori e più brillanti performer del mondo.

Poi, di colpo l’incantesimo svanisce e arrivano subitaneamente i primi flop incredibili, La miglior difesa… è la fuga e Il bambino d’oro.

Ci pensa John Landis ancora una volta a tirarlo su. Girano Il principe cerca moglie, un film che sbanca immensamente, ma del quale personalmente non ho mai capito come abbia potuto suscitare tanto clamore, perché a mio avviso è un film abbastanza noioso e sopravvalutato. Metacritic, in questo, mi dà ragione, e gli assegna un 47% di media recensoria.

Comunque sia Murphy riagguanta il pubblico e lo conquista nuovamente.

Gira Ancora 48 ore, sequel del fortunatissimo suo film d’esordio, e poi tutta un’altra serie di film fallimentari. I distributori italiani affibbiano al film Boomerang il titolo Il principe delle donne, come specchietto per le allodole per attirare il pubblico che aveva amato e idolatrato il succitato film di Landis. Una mossa pubblicitaria comunque irrisoria. Il film è davvero volgarissimo e non fa ridere nessuno.

Poi Murphy esce con uno stranissimo “ibrido” di Wes Craven, Vampiro a Brooklyn, e spiazza tutti, soprattutto il botteghino. Altra pellicola forse incompresa ma micidiale e letale per la sua carriera. Un disastro commerciale e di Critica vertiginoso.

Murphy però sa sempre reinventarsi e l’anno dopo, nel 1996, fa di nuovo sfracelli con Il professore matto, tanto da scatenare dei seguiti. Altra candidatura ai Golden Globe.

E non va malissimo neanche con Il dottor Dolittle. Almeno a livello di pubblico. Ma in verità il film qualitativamente più bello è la geniale commedia Bowfinger del grande Frank Oz, ove duetta meravigliosamente con Steve Martin.

Nel 2002, lui e Robert De Niro credono che basti girare un assurdo film sui reality show e la polizia, un buddy cop movie insomma della Warner Bros, per resuscitare il tema nostalgico della strana coppia da 48 ore, ma il loro Showtime non se lo fila nessuno. Non è poi così disdicevole come si dice, ha ottime scene d’azione e un buon ritmo, ma segna un altro passo falso per Murphy.

Per non parlare di Pluto Nash e Le spie.

Nel 2006 però Murphy stupisce ancora tutti, e ottiene addirittura una nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista per Dreamgirls di Bill Condon. Potrebbe essere la volta giusta per rilanciarsi?

Macché!

Arriva nei cinema con Tower Heist assieme a Ben Stiller ma il film non viene affatto amato.

Nel 2016 infine esce con Mr. Church, un film da noi ancora inedito, e per questo suo ruolo riceve numerosissime candidature dalle varie associazioni di critici statunitensi. E il regista Bruce Bersford era uno che un tempo sapeva il fatto suo. Murphy è in forma ma il film non lo guarda nessuno e la Critica lo boccia sonoramente.

Murphy dovrebbe girare, non si sa quando, il seguito de I gemelli con Arnold Schwarzenegger e Danny DeVito, Triplets, e un biopic su Richard Pryor. Ma al momento è piacevolmente in vacanza e se la spassa con la sua bellissima biondona Paige Butcher.

Ma è pazzesco che uno che a soli ventun anni è stato re del box office, dopo circa quarant’anni (eh sì, siamo nel 2018), non si sia più ripetuto a quei livelli.

Abbastanza sconsolante e triste.

Su, Eddie, non hai neanche sessant’anni… hai ancora, visto che la vita media si è allungata, ancora una trentina d’anni per regalarci altre cazzate immonde.

Sarai prestissimo protagonista di Dolemite Is My Name per Netflix. Forza!attori-bolliti-eddie-murphy-04- attori-bolliti-eddie-murphy-05- attori-bolliti-eddie-murphy-02-

 

di Stefano Falotico

Il Circolo Pickwick, benvenuti nel mondo falotico dell’erede forse di Dickens


12 Jun

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Défilé Channel printemps/été 2010 prêt-à-porter au Grand Palais (Avenue du Général Eisenhower - Paris 75008) Karl Lagerfeld a fait fort, en transformant le Grand Palais en étable géante. Des People en pagaille emmenés par Lily Allen (ambassadrice de la ligne Coco Cocoon) suivi de Bernadette Chirac, Claudia Schiffer, Rihanna, Virginie Ledoyen, Anna Wintour, Sean Lennon et Charlotte Kemp Muhl, Marie-Josée Croze, Prince accompagné de sa fiancée, et Irina Lazareanu, l'ex de Pete Doherty.

Défilé Channel printemps/été 2010 prêt-à-porter au Grand Palais (Avenue du Général Eisenhower – Paris 75008)
Karl Lagerfeld a fait fort, en transformant le Grand Palais en étable géante.
Des People en pagaille emmenés par Lily Allen (ambassadrice de la ligne Coco Cocoon) suivi de Bernadette Chirac, Claudia Schiffer, Rihanna, Virginie Ledoyen, Anna Wintour, Sean Lennon et Charlotte Kemp Muhl, Marie-Josée Croze, Prince accompagné de sa fiancée, et Irina Lazareanu, l’ex de Pete Doherty.

Sì, so che non conoscete Dickens. È quello che legge Matt Damon in Hereafter, film che non fa per voi. Più che altro lo ascolta, entra in empatia col grandissimo scrittore, autore che io leggevo a otto anni quando invece voi guardavate Miracolo sull’8ª strada.

Ancor rimembro il termine panciotto che Dickens usava spesso nei suoi libri. Si vede che era un indumento che gli piaceva un sacco. Sì, il panciotto è un indumento, non è la pancetta, che invece si “ottiene” con un’alimentazione scorretta, con una vita sedentaria e con birra a volontà. E con scarsa attività sessuale che “induce” il basso ventre ad acquisire una certa, diciamo, prominenza, dovuta a un calo della libido tale da deformare l’uomo in un fisico a pera. Sì, se vedete uno con la pancetta, significa che onestamente non ci dà molto dentro. L’ho appurato sulla mia persona. Ogni volta che sono in perfetta, smagliante forma fisica, significa che il mio uccello è sanissimo.

Ecco, ero fanatico di Oliver Twist e David Copperfield, che non è l’illusionista che bellamente si trombava quel pezzo di gnoccona di Claudia Schiffer. C’era anche il detto… se uno faceva il belloccio e il piacione, gli si diceva… mi spiace, Claudia Schiffer comunque non te la dà.

Ah ah. Invero, secondo me era troppo magra la Schiffer e aveva un’espressione ambigua da mezzo uomo.

Comunque sia, se si fosse spogliata nei momenti in cui, depresso e accidioso, divenni come Scrooge, poteva darsi che mi sarei aperto con molta “generosità”.

Detto questo, scrivere è un gran casino. Sempre, inderogabilmente. Uno è molto ispirato, organizza il pensiero e lo riversa nero su bianco sulle pagine immacolate. Poi lo rilegge e spuntano degli strafalcioni involontari.

Oggi, ho scritto un pezzo, che troverete online, su First Man con Ryan Gosling.

Mi sembrava, anche dopo mille riletture, che fosse impeccabile. Al che viene pubblicato e leggo la frase… Un film, è il caso di dirlo, che sta già spiccando il velo.

Eh, ovvio, si capisce, si spicca il velo e le donne invece quando fanno le spaccate soltanto con delle gonnelline striminzite fanno spiccare qualcos’altro…

Donne velate, per cui “involarsi”, invogliarsi, e come missili sulla rampa di lancio da scaldare per l’allunaggio di ogni tuo cratere vulcanico. Donne a volte di Marte, sì, rosse con le lentiggini, donne belle come Venere ma diffonditrici (diffonditrici è stupendo) di malattie veneree, donne con la Luna appunto di traverso, donne saturniane, plutoniche perché bombe sexy atomiche, donne a volte di un altro Pianeta, come si suol dire. Poi ci sono le terragne, si accontentano di una pizza Margherita, del vinello e di qualche scoreggia durante l’orgasmo. Donne che sicuramente vi daranno una joie de vivre “enorme”.

Sì, Neil Armstrong fece bene a farsi il viaggio… non ne poteva più di Claire Foy, affascinante ma androgina, voleva spaziare di qua e di là nel blu dipinto di blu, favolosamente favolista di realtà più appaganti della mera fava.

Di mio, posso dire che faccio volare alto le donne. Soprattutto quando le mando a fare in culo.

Dovete vedere come s’incazzano e lanciano piatti come fossero l’Apollo 11.

Tornando alla Schiffer, non è che fosse tutta ’sta bellezza rara. Comunque, assieme al Charlton Heston de Il pianeta delle scimmie avrebbe fatto la sua parte…

Tornando invece a Dickens, leggete i suoi libri invece che comprare romance del cazzo dove c’è uno che vuole la figa e, per averla, le dedica poesie della topa, no, del tipo: con te lacrimerei sangue e passione e, nel concentrato di spine e dolori, sarei il tuo Getsemani per gridare come Cristo trivellato dai chiodi nel nostro bagno di crocefisso sudore.

Sì, ho letto pure roba del genere.

E molte donne son lunatiche. Sì, sì.

 

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo parte sesta: Matrix in 4K UHD, il seno di Carrie-Anne Moss non è da sesta, è scarsino ma aveva delle natiche da infartino


11 Jun

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Eh sì, basta! È ora di dire la verità. È uscito Matrix in 4K UHD, cazzo, roba da stimolare dialoghi da American Psycho subito:

– Ehi, Patrick Bateman, l’hai comprato, imperdibile?

– Sì, cazzo fratello clandestino del Congo, prima che Salvini ti rispedisca dalla tua tribù, accattalo, sì, sono un edonista-razzista di merda, devi averlo anche tu. Io ho appena ordinato la versione iper-deluxe in definizione High Dynamic Range! Con tanto di cellofanatura ermetica contro ogni granello di polvere.

– C’è il Dolby Surround?

– E tu che cazzo ne sai, negro, dell’audio multicanale, da voi non c’è neanche la tv via cavo.

– Stronzo, ti faccio vedere io i sorci verdi. Diverrò come George ‘Buck’ Flower di They Live. Dalle stalle alle stelle. E mi comprerò pure io un Rolex d’oro in telecomunicazione con gli alieni!

– Intanto, prendi questo!

 

Ora, secondo me bisogna bilanciare l’edonismo con la moderatezza di un vivere corretto. Che non significa disdegnare il nostro aspetto fisico, ma neppure modellarlo a mo’ di manichini. Che poi non riuscite neanche a fare un sorriso sincero che vi casca la pelle troppo muscolosamente tirata.

Ed è per questo che, dopo anni in cui sono andato vergognosamente in giro con un orologio da uovo di Pasqua, mi son comprato un Sector. Pezzo il cui prezzo è di 100 Euro. Ci sta. Non dà nell’occhio ma fa colpo.

Se una donna si avvicina a me e mi chiede di conoscermi, io le rispondo:

– Sono l’agente Falotic’, Stefan Falotic’ che combatte la SPECTRE. Ti farò diventare una diva. Vorrei espettorare con te da vero ispettore dell’ardore.

 

Lei mi scambia per Phil Spector e mi manda a fare in culo.

 

A parte gli scherzi, Carrie-Anne Moss adesso è diventata una zitellona ma all’epoca aveva un culo in latex che te lo stirava in modo “lucido”.

Nei seguiti c’è la Bellucci.

Avete mai fatto un sogno che vi sembrava reale?

– Sì, la prima volta che ho visto Monica Bellucci me la son tirata… e, finché è durata, mi sembrava di sognare.

Ah ah.

 

Comunque sia, uomini Reeves, andateci chianu chianu, come dicono in meridione, che significa piano piano, con una donna esigente e paracula come la Moss. Quella, a prima vista, appena fa una moss’, appunto, te lo squaglia subito e rende cremoso come una mousse, ma fa troppe mossette.  È una che ti chiederà la villa a Beverly Hills, altrimenti ti darà solo calci volanti nelle palle.

 

Fidatevi, cazzoni.

 

di Stefano Falotico

Il Principe (non) detta legge: basta con gli accampamenti… di scuse, vedete davvero di creare un mondo migliore, partendo dalle fondamenta, anzi, dai fondamentali


11 Jun
CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

Sì, mi son stufato. Oh, io mi stufo e scaldo, non solo di rabbia, quando arriva Ottobre, le caldarroste nelle stufe. Che, profumate, rosolando ben arrostite, emanano una fragranza che entra dritta nelle mie narici, che a loro volta inalano quella gradevolezza della castagna che poi ingurgito nelle mie labbra già saporite per mia natura gustosa.

Sì, bando alle ciance, son uomo stuzzicante, quando son in forma mi rendo squisito, stimolo l’appetito delle donne, che mi mangerebbero in un sol boccone, son sfizioso al loro palato e di lingua lecco con avidità succulenta.

Ah ah.

Sì, io parlo a ragion veduta, come si suol dire. E se dico ciò che vi sto per dire è perché io so, l’ho provato sulla mia pelle, ho conosciuto stati alterati della mia mente così abrasivi alla mia anima, afflitta e sconsolata, che ora non patisco più la pigrizia sconsiderata dell’uomo medio inconsolabile che mangia solo acida insalata, colui cioè che sempre scuse accampa. E ti sfancula, stronzo, con le sue dita medie. Più che vegetariano è un vegetale.

Sì, la sua vita non ha scusanti, eppur è corroborata dalla continua testardaggine e dalla più bugiarda scusante. Appena entra a contatto con una realtà che non sa affrontare, come faceva la volpe con l’uva, dice che l’uva è acerba, e che lui merita il “meglio”. Cioè l’immobilità del suo pensiero stabilizzatosi nella mediocrità più egoistica, pusillanime, soprattutto menefreghista. E rinuncia ai piaceri veri della vita, imperterritamente procrastinando il piacere in una dimensione paradossalmente repressa in cui si sente felice. Assurdo, no? Sì, l’uomo medio si auto-inganna in continuazione, ed è incurabile.

Quando era adolescente, costui rifiutava l’amore, sostenendo che lui era superiore a certe smancerie, era già “elevato”. Elevato tanto che non lo “elevava” mai. Preferendo la compagnia di libri, ottimi, per carità di Dio, ma la teoria, anche la più nobile, è bella quando la si applica, perché altrimenti diventa triste retorica, una stupenda argomentazione priva di vita sentita davvero, vissuta, compenetrata… disanimata, è solo disamina sterile, sterilissima come può essere un florido, gagliardo uccello… tarpato.

Io parlo con cognizione di causa, sì, passai tempo infinito, sterminato che ancor oggi mi lecco le ferite, a fissare il soffitto, immaginando un mondo migliore e castigandomi nel più assoluto mutismo. E, tra il dire e il fare, c’era di mezzo il mare. E patii immensamente la mia lontananza da coetanei sicuramente meno intelligenti di me ma certamente più direttamente godenti (ah, godenti è magnifico) l’odore della suzione, sì, succhianti la linfa vitale orgasmica e soprattutto succhiati da ninfe, forse plebee, volgarotte e zoccoline, ma senza dubbio utili a un fottuto pompino. Sì, anch’io dovevo spomparmi, essere diciamo così più invogliato, imboccare quelle “spremute” e lasciar che il succhiotto, no, il succo spruzzasse, no, gioia sprizzasse.

Ora, prendiamo Cape Fear. Chi non l’ha capito, lo rispediamo dalle suore. Che poi anche le suore…

Max Cady è pazzo, questo è fuor di dubbio, ma tanto sano non è neanche il Bowden. Lui se la spassa con le amanti e relega la moglie al ruolo di marionetta, reprimendo la figlia e colpevolizzandola solo perché ha fumato marijuana. Quando lui fan ben di peggio e si comporta nel quotidiano in maniera mostruosa. Si professa credente, non solo della Holy Bible che rinnega a piacimento, ma del Sesto Emendamento. E poi non difende a dovere, sì, un uomo macchiatosi di un crimine orrendo, lo stupro, ma perfino contribuendo a far sì che la sua sacrosanta pena venga prolungata. Inaccettabile, imperdonabile. In parole povere, il Bowden è un porco. Che campa coi soldoni sulle disgrazie altrui. E sta impartendo alla figlia un’educazione farisea e bigotta. La tratta come una bambina quando vuole lui e le compra il gelatino, poi si turba quando vede le sue gambe in bella vista con lei che indossa soltanto un paio di slip da ragazza innocentemente impudica.

Tornando invece a Cady, in carcere è impazzito più di quello che era già prima, ma in qualche modo la durissima esperienza carceraria l’ha illuminato. Perché, dopo tanto errare, sia nel senso di aver commesso mille orrori ed errori, sia nel senso di aver vagato nella perdizione, rinsavisce. Fino a un certo punto. Perché è libero ma è accecato dall’odio e da una voglia inconcepibile di vendetta nei confronti del suo avvocato che ritiene essere il principale responsabile dei suoi patimenti. In questo è pazzo, Cady. Ma, nella sua folle lucidità, è l’involontario salvatore della figlia di Bowden. Le fa capire che sta equivocando la vita, e che i suoi studi sono, sì, nobiliari e corretti, ma che le sta sfuggendo il piacere dalle mani. E dopo lo rimpiangerà soltanto perché voleva la vita “sana”. E la sprona a leggere Miller perché o lo legge subito, in pieni suoi turbamenti adolescenziali, oppure poi non solo non avrà più il tempo di leggerlo ma non lo capirebbe neppure, non lo godrebbe. Perché sarà semmai sposata, con le bollette da pagare e lo stress di un lavoro impiegatizio e frustrante. E allora addio vita selvaggia, addio ai sogni di libertà, addio alla purezza del godimento un po’ euforico com’è lecito e bellissimo che sia a quell’età.

 

– Stefano, e dire che io pensavo fosse solo un buon thriller.

– Infatti tu non hai capito un cazzo, non solo del film ma della vita.

– No, io ho capito tutto. Guarda questi. Che infami. Stanno sempre a divertirsi e a ballare. Ma chi dà loro tutti quei soldi? Io sono un tipo da Essi vivono.

– Guarda che Essi vivono non è un film contro il piacere della vita. Anzi, tutt’altro.

– In me vige lo spirito guerriero dell’uomo che si spezza ma non si piega.

– Sì, anche quello del tonto. E, in questo tuo vigere, continua pure a barricarti nell’accampamento. Un insediamento, alla lunga, masochistico.

 

L’altra sera ero in giro per strada. Al che si avvicina una…

 

– Posso offrirti da bere?

– Ma per l’amor di Dio. Sai chi sono io? Io sono laureata in astrofisica nucleare e in ingegneria aerospaziale.

– Ok, come vuoi. Hai visto in cielo? Guarda come la Luna, nella rifrangenza trigonometrica dei suoi crateri asimmetricamente lucenti, irradia la sua luce pallida su noi mortali che viviamo in palazzi di cemento armato e ci armiamo nel fare sempre stupide guerre. Dico, continua così… Ammira e fatti ammirare. Ottimo! Mi serve una statuina nel presepe, mi manca la scema del villaggio.

 

 

di Stefano Falotico

Ma a De Niro non frega niente di vincere l’Oscar con The Irishman? Perché continua pateticamente a offendere Trump?


11 Jun

De Niro Fuck Trump

Sì, inammissibile. E presto al Bob dedicherò un bell’articolo al contempo sputtanante quanto spronante.

The Irishman di Scorsese uscirà con tutta probabilità il prossimo anno, anche se agli addetti ai lavori dovrebbe essere presentato entro fine Dicembre dell’anno in corso per poter gareggiare agli Oscar. Invero, per poter rientrare nei giochi anche dei Golden Globe e degli altri importanti premi, sarà presentato perfino prima, molto prima.

E, se le aspettative saranno rispettate, aspettiamoci un Bob De Niro da Oscar come non accadeva, ahinoi, da lustri. Sì, perché a parte una manciata di titoli, non è che cinematograficamente il Bob stia meritando ultimamente la sua pregiatissima nomea di greatest actor alive. Anzi, negli ultimi vent’anni ha interpretato di tutto e di più, tantissima quantità e assai poca qualità. E, fra suoi ristoranti Nobu sparsi per il mondo, che lui inaugura in pompa magna, Jimmy Fallon Show in cui, come nelle sue peggiori commediole, esibisce un campionario di smorfie da mettere i brividi, spiccicando però pochissime parole, al di là del suo Tribeca Film Festival, e a parte appunto The Irishman, in cui confidiamo sesquipedalmente, a eccezion fatta per la sua comunque fruttuosa amicizia, quasi intima e “omosessuale”, con David O. Russell, De Niro pare più che altro voler continuare la sua guerra imbecille contro Trump. Prima il video virale in cui, ancor prima che Trump salisse alla Casa Bianca, urlava di volerlo prendere a pugni, poi le sue reiterate dichiarazioni in cerimonie nelle quali le sue invettive e i suoi j’accuse son sempre suonati fuori luogo.

Ieri sera, infine, ai Tony Awards, De Niro ha gridato FUCK TRUMP! E un pubblico di miliardari ipocritoni si è alzato in piedi, in standing ovation, con tanto di John Leguizamo a dar la carica!

Non sono statunitense, non sono repubblicano né democratico, ma a me questa gente, straricca, che inneggia populisticamente alle rivoluzioni più stolte mi lascia sconcertato.

Non che Trump, da quel che io sappia, stia facendo il bene della gente. Ma De Niro la dovrebbe smetterla coi suoi falsi proclami. Poi, lo sa che i votanti degli Academy Award sono per metà repubblicani? Se la sua performance in The Irishman dovesse risultare papabile di Oscar, appunto, vuole giocarsi la sua terza statuetta per colpa di queste stronzate d’avanspettacolo?

E poi si tagliasse quella barbona da Mastro Don Gesualdo! Come? Non sapete chi sia Don Gesualdo?

È il protagonista di un celeberrimo libro di Giovanni Verga. Sì, perché io sono un verista, e questa retorica mi sta sul cazzo!

Bob, dopo The Irishman, non hai nessun film in agenda. Invece che cazzeggiare nella tua villa con ostriche e caviali, vedi di muovere il culo!

 

Don GesualdoDe Niro Machete

di Stefano Falotico

C’era una volta in America, meglio il doppiaggio originale con De Niro e la voce di Amendola oppure meglio De Sando?


10 Jun

Max Noodles

 

Ebbe’, questo film immane, e chi non lo considerate tale, come Mereghetti, merita la forca…, ecco stenta a trovare la sua versione in Blu-ray definitiva. Lo scorso anno, per la Eagle Pictures, nella collana Indimenticabili, è stata rilasciata quella che doveva essere finalmente la versione perfetta, e invece il riversamento delle immagini è stato nuovamente, ahinoi, abbastanza granuloso e la compressione è stata esagerata, smodatamente strozzante la fotografia di Tonino Delli Colli. Solo qualche anno prima, in occasione della reintroduzione delle scene aggiuntive, era uscita la stessa “versione estesa” della Warner Bros, una mezza schifezza. Le scene aggiunte furono immondamente sottotitolate, creando un effetto straniante, per via della morte di Ferruccio Amendola che non poteva dunque ridoppiarle, mentre Sergio Fantoni, che dava la voce a Max, è tutt’ora in vita ma già quattro anni fa era troppo vecchio per poter adattare la sua voce a un James Woods, sì, nelle scene finali invecchiato, ma non gutturalmente arrochito quanto lui. Così si optò per un doppiaggio ex novo dell’ultima ora, con la voce adesso collaudata del fido “deniriano” Stefano De Sando e quella possente di Luca Ward per Max.

Devo dire che, visto con le nuove voci, questo doppiaggio in extremis non è affatto male, anzi, in alcune scene secondo me è perfino più pertinente dell’originale.

Anche se la voce di Giuseppe De Sando, detto Stefano, è troppo matura e rauca nelle scene in cui De Niro è soltanto trentenne. Assolutamente stona. Mentre nel finale è molto azzeccata, a mio avviso, quasi meglio di quella di Amendola. De Sando v’infonde maggiore pastosità e il suo timbro è più triste, malinconico e duro.

di Stefano Falotico

Fatti guardare bene, hai un aspetto di merda! Qual è il tuo segreto?  


09 Jun

Brando The Score

Frase pronunciata da Marlon Brando a De Niro in The Score.

E Brando, alla fine, sogghigna, perché sa che Nick un’altra volta l’ha piazzato, senza fare troppo rumore, in culo a tutti.

Sì, devo confessarvi un’atroce verità. Molti uomini si dannano come degli ossessi per avere una donna, semmai riescono ad averla ma è alquanto racchia. Per averla, comunque, hanno studiato trigonometria, fisica quantistica e son stati due anni in Bangladesh.

La mia tecnica, invece, è molto diretta.

L’altro pomeriggio ero a un bar, noto una di buone gambe che beveva un caffè, mi son avvicinato senza dare nell’occhio.

– Ciao, hai finito il caffè?

– Come, scusi?

– Avrei una certa fretta. Paga il barista, poi andiamo.

– Andiamo dove?

– Ci aspetta una serata rovente. E allora, sì, che ti bagnerai le labbra.

– Ma che modi. Comunque dove andiamo?

– Ove andremo non posso dirtelo, voglio che tu rimanga con l’acquolina in bocca.

 

Sì, la mia faccia non ha bisogno di lauree con lode, è una faccia di cazzo.

– Guarda che se continui così ti metteranno dentro.

– Appunto. Dentro, completamente.- Guarda che se continui così ti metteranno dentro.

di Stefano Falotico

Halloween di David Gordon Green e First Man di Chazelle m’interessano, o forse nessuno dei due


09 Jun

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Com’era lecito aspettarsi, con l’inizio di Giugno siamo stati bombardati in queste ore dai primissimi trailer della prossima stagione cinematografica. Tre o quattro “anteprime” al giorno di filmoni pronti a sbarcare, quasi tutti da Settembre in poi, nelle sale mondiali.

Quello che non uccide, nuovo capitolo Millennium da Stieg Larsson, uno che assieme a Jo Nesbø ha contribuito non poco alla moda dei thriller nordico-scandinavi che tanto vanno forte, con una Lisbeth Salander interpretata da Claire Foy…, ah, ma questo è il quarto capitolo e lo scrittore è un altro! Ecco che la stessa Foy, richiestissima, è protagonista assieme a Ryan Gosling di First Man. La storia del primo uomo, appunto, sulla Luna: Neil Armstrong.

Trailer lucidissimo, iper-spettacolare, fascinoso ma forse non è il Cinema che desidero vedere. Trama intrigante ma l’immaginifico e lo psichedelico abita lontano da Chazelle. Così come non è che m’interessi poi tanto questo sequel, io direi “apocrifo”, sì, assai poco autentico, dello storico Halloween di Carpenter. Produce lo stesso Carpenter ma forse soltanto per questioni commerciali perché sa che incasserà parecchio.

Non si deve mai scherzare con l’horror, che è roba seria, ma David Gordon Green, regista pulitissimo e ultra-ambizioso, ci vuol far capire ancora una volta in più, come se non lo sapessimo, che lui è in grado di fare qualsiasi cosa, un registra “transgender” che sa cimentarsi con gli intoccabili.

Ma non mi convince. Posso anche sbagliarmi, ma Green non mi sembra abbia la mano, l’acume, l’intelligenza filmica per uscire, tutto sommato, dagli stereotipi e dalla prevedibilità. E infatti il finale del trailer, col colpo di scena telefonato, già lo dimostra.

 

The Irishman di Scorsese rimane ancora, inviolato, al primo posto dei miei attesissimi.

 

di Stefano Falotico

La semantica e la semiotica sono la distruzione dell’Arte e del Cinema


09 Jun

Fred Buscaglione

Mortensen Freud

Secondo la Treccani, cari cagnolini, questo è il significato numero 1, dico 1 e non trino, della semantica:

ramo della linguistica che studia il significato degli enunciati di una lingua o di un dialetto, come rapporto tra il significante e il significato di ciascun elemento e come relazioni reciproche tra i varî significati di una determinata fase cronologica (s. sincronica), e inoltre i mutamenti intervenuti in quei significati e in quelle relazioni in un determinato periodo di tempo (s. diacronica o storica).

Secondo invece un vocabolario del cazzo, per semiotica s’intende, ben intendiamoci, tutto ciò che è proteso verso questo giudizio teso della realtà:

nella filosofia del linguaggio, la ‘scienza generale dei segni’ comprendente le tre branche pragmatica, semantica, sintattica.

La smorfia napoletana, invece, è quella “scienza” appurata da anni, soprattutto da ani, di “arte di arrangiarsi”, di tirar a campare alla bell’è meglio, che attraverso il “recondito” significato delle cabale, dei numeri della tombola, cerca d’interpretare i sogni.

Cioè, dopo Freud e Jung, c’è la parapsicologia superstiziosa dei campani e degli uomini della città del Vesuvio, che decifrano l’inconscio per renderti felice al Lotto. Così puoi pagarti il mutuo e, non più triste, avrai potere economico per non essere dai soprusi zittito, non più muto nella ricchezza il tuo stato psicologico muterà.

Sì, la semiotica si avvicina persino alla psicologia. Vuole decriptare, che ne so, un libro e indagare sui processi creativi che l’hanno generato, addivenire al valore stesso della suddetta opera attraverso una detection psicanalitica, invero spesso solo sedativa. La psichiatria così come la psicologia non risolve niente. Risale alle origini della “problematica”, sviscerando le possibili cause che hanno indotto quella persona, che ne so, ad ammalarsi di grave depressione o ad assumere comportamenti ritrosivi, psicotici e alienati o poco allineati, ma in fin dei conti si rivela una verità, comunque parzialmente scremata come il latte che vi bevete, che a livello cognitivo razionalizza ogni alterazione mentale ma non può offrire nessuna curativa salvazione. Perché l’inconscio è materia, appunto, dei sogni. E per i sogni non vi è scienza che regga.

Così come per il Cinema. Ecco, fra qualche giorno pubblicherò un nuovo libro, Dopo la morte, libro da Donna che visse due volte miscelata/o a De Palma, pirandelliano e perfino carpenteriano.

Se piacerà a qualcuno, a questo qualcuno pensate freghi qualcosa sapere perché l’ho scritto, in quale stato emotivo l’ho (si può usare anche il congiuntivo abbia?… chiedo a voi, uomini che sempre rabbiosi abbaiate, pazienza abbiate!) partorito, quanti giorni, mesi o anni ho impiegato, non da impiegatino, nel portarlo a termine, perché in un capoverso uso un certo tono ironico e poi nell’altro invece adotto uno stile, sì, corrosivo ma serissimo, melodrammatico, a qualcuno importerà se l’ho scritto da sobrio, da ubriaco, sotto l’effetto di farmaci, in dormiveglia o sotto ipnosi, in stato catatonico, ebefrenico o percettivamente daltonico?

L’importante è che sia un libro del Falotico, unico nel suo genere in quanto non ascrivibile a nessuna categoria, la cui genialità non è diagnosticabile e materia d’indagini stronze e limitate. Perché spazio di qua e di là, sono ermetico e post-contemporaneo, romantico e pessimista, tragico e apocalittico, perfino apodittico, apostolico eppur non credo a Cristo, discepolo della mia anima finché non me ne separi, uomo che oggi si suicida e dunque si spara nel cuore trivellato da una donna a me traditrice, domani lo cucirò, e quella mi cucinerò, in deliri masturbatori, alternando frasi di rime baciate al cervello talvolta un po’ bacato, quindi inserendo emozioni trasfuse nel comunicarle a voi in totale remissione di ogni peccato giustamente da non demonizzare, tra afasiche malinconie, nostalgico furore, soavi cambi repentini di umore e lindamente asciutto come il più adamantino mio carnale e poi metafisico odore. Insomma, un capolavoro di ottimo sapore.

Perché la mia anima non si lava col sapone ma è sanamente corretto che decida di mettere un font nella cover e cambiarlo impercettibilmente nel dorso, poiché son uomo che a nudo torso fa la sua figura e non dà al prossimo elementi diagnostici per renderlo un cristiano non agnostico e anche rustico.

Non son uomo di sutura, ma di fronte che suda.

Voi spremetevi le meningi nelle aneddotiche inutili. A chi frega se per la parte di Henry Hill di Quei bravi ragazzi era stato scelto un altro attore e non Liotta?

Questo fregherà ai “dottori” e alle mignotte della cultura.

A me frega che funzioni.

Mi raccomando. Domani sera, danno per la trecentesima volta Cop Land. Sì, avevate già scritto un pezzo su questo film ma il vostro redattore vi chiede di scriverne un altro per l’occasione. Fra tre mesi, al prossimo passaggio televisivo, vi chiederà di dire ai lettori quanti peli del culo aveva Stallone quando l’ha girato. Voi, per pagarvi il culo, appunto, indagherete…

E diverrete sempre più fessi.

 

di Stefano Falotico

Lezioni di maschilismo parte quinta: diffidate dalle apparenze


08 Jun

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Persevero in queste mie disamine, affascinato dal lato oscuro dell’uomo.

E mi stupisco di come questa società, che si professa a chiacchiere aperta, sia invece ancora così provinciale, bigotta, pettegola, ossessionata da falsi valori come l’apparenza e il più ripugnante estetismo sterile e controproducente.

Ero in macchina, con sguardo assonnato, in mezzo al traffico. Al che vengo fiancheggiato da una macchinona di tamarri, con la fighella trentenne del “boss” alla guida, donna gagliarda, come no, dalla pettinatura punk di maniera, che alla mia vista è scoppiata a ridere fragorosamente, puntandomi il dito e divertendosi da matta (quale probabilmente è ma ne prenderà coscienza fra dieci anni quando il tipo la lascerà e si farà assistere “socialmente”, non dall’USL ma mendicando pompini sulla strada) assieme alla sua gang che, stimolata dalle sue risate, ha volto lo sguardo verso la mia faccia e, neanche se avesse visto Jim Carrey nelle sue smorfie migliori, si è scompisciata in risate denigratorie, offensive, raccapriccianti.

Molte donne, mi duole assai dirlo, sono così. Frivolette, stupidine, sciocche da morire. Poi si svegliano e capiscono che, anziché guardare L’Isola dei famosi, mangiando yogurt con le ciabattone, anziché cantare come delle dannate nelle loro case nei momenti di frustrazione massima, avrebbero dovuto leggere qualche bel libro di tanto in tanto. Ma forse neanche questo sarebbe servito. Dopo aver letto qualche libro, la maggior parte delle donne si prende maledettamente sul serio e comincia ad assumere atteggiamenti profondamente snob. Alcune di queste addirittura si danno anima ma soprattutto corpo (basti pensare alle parlamentari di Berlusconi e company) alla Politica, ammorbandoci con la loro ostentata, falsa cultura da radical chic.

Perché se citi loro un film di John Carpenter ti scambiano per Michael Myers e ti consigliano di andare da qualche psichiatra. Psichiatra che, non vorrei fare di tutta erba un fascio, venendo spesso da studi prettamente tecnici e teorici, privi di qualsiasi umanismo, non sarà affatto umano con le tue meravigliose “diversità” e ti educherà a far soldi, irreggimentandoti in un lavoro socialmente “retto”, e t’impronterà al totale materialismo dell’anima. Che, depurata da ogni sana inquietudine, da ogni bellissima sua peculiarità, anziché amare Carpenter si darà a Paolo Genovese. Sì, un genio contro uno che si crede un genio ma non gli darei in mano nemmeno una reflex non solo della Minolta ma nemmeno di mia nonna morta. Comunque mia nonna non ha mai avuto una macchina fotografica ma le bastava guardarti dieci secondi per farti la foto. Ah, gran donna, cazzo.

Molte donne sono superficiali, in un uomo guardano la sua “potenza”… di acquisto, in ogni senso lato, soprattutto del loro B offerto in prostituzione della dignità residua. E vogliono la bella vita. Bella vita per loro significa villa e lusso, pellicce e gioielli, mangiare “magro” per non ingrassare e soprattutto vivere da merde, nel menefreghismo più assoluto. C’è un povero che si vuole suicidare? Loro sbuffano, tanto son cose che succedono. C’è uno studente che vuole cambiare il mondo? Gli danno del poveraccio illuso, ah, poverette. E via di patenti e offese.

L’altro giorno una mi attacca, definendomi banalmente sfigato. Perché lei, si capisce, è arrivata alla cima… delle stronze. Per non sentirsi inutile, lavora, eccome se lavora. Con la sua voce da sacerdotessa del piacere, stupra le migliori cover italiane, si, lei sostiene “orgogliosa” che è una cantante di classe! Sì, per il compagno con l’Audi e per quei rimbambiti con gli stuzzichini che la “ammirano”, le urlano che è “grande” e sognano di sbatterglielo nel culo.

Questa è la sua vita del cazzo, ecco cos’è.

Mi raccomando, streghe, continuate pur a rimanere fra quelle che non sapranno mai la differenza fra l’originale e Rob Zombie, e se vi dico David Gordon Green pensate sia Brian Austin Green, uno dei ragazzotti sui cui avete fatto le vostre prime “esperienze, diciamo, tattili…

 

di Stefano Falotico

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