Archive for June, 2018

Non sono i pazzi a soffrire, sono le persone normali


19 Jun

Starman

Sì, per lungo tempo mi ero convinto che la verità, da me esposta nel titolo, fosse questa. Che fossero le persone con qualche turba psichica a essere scontente, profondamente turbate dalla realtà, una realtà spesso da loro rifuggita, rinnegata o adattata alla loro distorta forma mentale. Perché di solito i pazzi sono lagnosi, insopportabili, si lamentano di tutto, sono iper-polemici e, talvolta, da simpatici contestatori, si trasformano in sobillatori pericolosi, in indomabili nichilisti reazionari, in mitomani, in esaltatori delle rivolte. Vedono imminenti guerre civili dappertutto perché, non amando né tollerando la loro miserrima, spesso ridicola condizione, sperano che una fantomatica battaglia per i loro diritti usurpati e calpestati possa riequilibrare, pareggiare, livellare i conti. Propugnatori di un’equità sociale-economica figlia del più retorico, allarmante populismo.

Sì, il termine populismo ha di solito un’accezione negativa, perché esalta non tanto il popolo, come entità basica e primaria costituente la collettività, bensì magnifica ciò che, invero, di esaltante ha ben poco.

I barboni nei film, semmai, sono nobilitati e romanzati, nella vita reale, chi si trova a dover fronteggiare gravissime difficoltà finanziarie, collassa, impazzisce, soffre disumanamente, viene emarginato e, si sa, l’emarginazione scatena sentimenti di odio e rabbia ingestibili. La solitudine induce alla melanconia, dapprima, alla più triste mestizia e alla sconsolatezza, all’amarezza e alla rassegnazione ma, se questo stato psicologico si protrae, genera faide, voglie terrificanti di rivalsa, fenomeni d’imbarbarimento e farseschi, diciamo eufemisticamente, moti vendicativi.

Perché non si hanno alternative. O si accetta la propria abbruttente, impoverita condizione, o ci s’ammazza. E, in alternativa a queste due possibilità, l’animo, angariato, perennemente vilipeso, dapprincipio si comprime, sdilinquisce nell’apatia, nella pur fastidiosa sottomissione, quindi esplode, si ribella e combina malestri. E appunto dà di matto, scriteriatamente agitato.

Funziona esattamente così. Di solito, le tragedie non nascono mai dalla pacifica, rispettosa convivenza, ma vengono ingenerate dall’intolleranza, dalle umiliazioni, dai soprusi, da quelli che oggi si definiscono bullismi. Dalle prese di posizione ottuse, testardamente ostruenti ogni altrui idea che non combaci con la propria.

E vi garantisco che non vi è niente di dolce e garbato nel cosiddetto pazzo. Se è un pazzo incosciente, cioè idiota, è remissivo e delira, farnetica dissennatamente ma, come si suol dire, è un can che abbaia ma che non morde e non fa male a una mosca. Semmai canta pure da mattina a sera con le pezze al culo, ma è incomprensibilmente felice. Se il pazzo invece è consapevole di esserlo, essendo pressoché impossibilitato a normalizzarsi, per via della sua oramai immutabile, danneggiata struttura psico-emotiva, si dilania e bestialmente sventra sé stesso. Con una programmatica lucidità autodistruttiva da lasciare esterrefatti e sbigottiti. Tanto che poi abdica a tale pazzesca sofferenza e, ucciso da sé stesso, diventa uno zombi. Non ascolta più nessuno, non s’interessa più di nulla, respinge ogni contatto col prossimo, si aliena.

Ma, quando ciò avviene, è un pazzo pazzo. Permettetemi di usare questo rafforzativo. Cioè un pazzo che, non possedendo più alcuna volontà, soprattutto di migliorarsi e collaborare con la propria anima, è talmente affogato nelle sue illogicità da aver perso il senno, il senso di tutto. E quindi non soffre più. Annichilito, macerato nell’incredulità beota, totalmente sospeso in una dimensione quasi incantatoria, lisergica e fluttuante nella più insanabile crocefissione di sé.

È l’uomo normale che soffre, il cosiddetto “coglione”. Perché, avendo coscienza chiarissima del mondo, è scrupoloso, cerca di non tradire mai i patti di amicizia, è sensibile, delicatamente tenta di non ferire mai nessuno, di non spiattellargli la verità, cercando sempre un compromesso, una strada diplomatica, inseguendo insomma la libertà sua e di chi lo circonda. E non s’infuria se uno ha più di lui, non dà in escandescenza. E, quando si arrabbia, è perché ha inevitabilmente ragione. Perché lui rispetta l’altro ma l’altro non rispetta o non ha rispettato lui. E con ferocia lo ha aggredito.

Questa è la verità. Non ce ne sono altre.

Come Starman/Jeff Bridges. Sembra tonto, invero è superiore.

E lancia un messaggio. Ma non lo capiranno, perché la maggior parte degli uomini sono pazzi. Vivono come se non dovessero mai morire, come se potessero permettersi di offendere la natura, ogni creatura, ogni essere, perché non sono, essi vivono…

Ecco perché il personaggio di Karen Allen dice a quello di Charles Martin Smith… non vede che sta già morendo?

Il suo habitat non può essere il mondo, coi suoi militarismi, con le sue idee bacate di forza e sopraffazione individuale, col suo orrore, con le sue animalità.

 

Buona visione.

 

 

di Stefano Falotico

Attori bolliti: Nicolas Cage, stacanovista, versatile, odiato e bistrattato


18 Jun

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Ebbene, come non potevo andare a parare sul bollito e soffritto per antonomasia, su Nicolas Cage, ovvero Nicolas Kim Coppola nato a Long Beach nel 1964 e nipote conclamato di Francis Ford Coppola?

Eh sì, Nic d’altronde non ha mai nascosto la sua immensa raccomandazione, come si suol dire, e infatti è stato co-protagonista, praticamente esordiente, di ben tre opere del Maestro e regista de Il Padrino e Apocalypse Now. Ovvero i bellissimi Rusty il selvaggio, Cotton Club e Peggy Sue si è sposata, tre meravigliose pellicole a mio avviso memorabili. E quindi è il folle interprete assieme a Holly Hunter di uno dei primissimi film dei terribili fratelli Coen, Arizona Junior. E prima dell’epocale Palma d’oro a Cannes, e il suo Sailor lynchiano di Cuore selvaggio, Cage è stato anche un “nosferatu” sui generis nel sottovalutato Stress da vampiro. E quindi è tutto un succedersi di ruoli su ruoli, fra sue performance oscene come nel tremendo softcore Zandalee, e brillanti ruoli un po’ insulsi in tutta una serie di commediole come Mi gioco la moglie a Las Vegas o Cara, insopportabile Tess. Ed è proprio con un altro film girato nella città dell’azzardo e del vizio, Via da Las Vegas, che Cage un po’ a sorpresa vince fenomenale il suo Oscar, tanto contestato e forse immeritato. Ma l’Oscar a soli trentatré anni lo consacra e gl’illumina il cammino, tanto che prima della fine degli anni novanta non sta fermo un attimo, e interpreta un po’ di tutto, incrociando autori di risma come John Woo, Brian De Palma e Martin Scorsese. Guadagna un’altra nomination con Il ladro di orchidee e va vicinissimo a un’altra candidatura col suo ruolo di gaglioffo e ladruncolo da strapazzo, maniaco-compulsivo ma di gran cuore ne Il genio della truffa di Ridley Scott. Stacanovista, versatile, odiato e bistrattato da una nutritissima schiera tantissimi detrattori, lui instancabilmente macina un ruolo dopo l’altro e non si placa un istante. Tanto da finire sulla bocca di tutti. Buona parte del pubblico lo adora, altri decisamente no, ritengono la sua recitazione iper-caricata, overacting come si dice in gergo, esagitata, quasi “cibernetica” e folcloristica. Ma questa è la sua caratteristica. Prendere o lasciare.

Al che, Nic Cage s’indebita, sperpera un patrimonio in spese folli, gli autori importanti via via si dimenticano di lui e ora gira 5 o 6 film all’anno. Ma tutta robaccia da quattro soldi. Film che a stento vengono distribuiti al cinema, girati in tempi limitatissimi, sciatti e maldestri.

Vi basterà andare su IMDb per notare che sta girando come un ossesso, ha sei pellicole pronte per quest’anno e altre già in preparazione.

Ma, ripeto, film assurdi e perlopiù impresentabili.

 

di Stefano Faloticoattori-bolliti-nicolas-cage-02- attori-bolliti-nicolas-cage-01- attori-bolliti-nicolas-cage-04-

Non siamo ai mondiali perché siamo, anzi, siete gli ultimi non solo nel Calcio ma nella vita


18 Jun

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Sì, l’Italia è un Paese di santi, poeti e navigatori. Frase del quale si effigia (effigia è un capolavoro, da effigiare) proprio l’italiano medio che, quando si sente in difficoltà e annega nella più bieca, napoletana arte di arrangiarsi, tira fuori quest’espressione, come dire: sì, forse sono un poveretto e un pazzo, un fallito e una mezza calzetta, ma l’Italia io la amo per questo. Perché è sognatrice, naviga nella fantasia e nella poesia. Sì, nella poesia della retorica, nella quale perpetuamente affonda.

Non siamo ai Mondiali perché siamo il Paese che assieme alla Spagna e all’Inghilterra spende più in giocatori che per risanare il debito pubblico, ma i nostri calciatori, pagati a peso d’oro, non hanno saputo battere neppure la Svezia. Eh sì, “mastro” Belotti e il “micidiale” Immobile, valutati 100 milioni di Euro “cadauno”, il cui reddito pro-capite è già sinonimo di capitalismo sfrenato, non hanno saputo mettere la palla in rete. Capita… e abbiamo Quagliarella Fabio, uno che in vita sua avrà letto al massimo il Guerin Sportivo, che sta oggi con una Buccino e domani con una Salvalaggio. Donne da calendari che l’italiano compra perché, dopo una giornata di fatica, si sa, tira più un pelo di fica che un carro di buoi.
Oh, ma Fabio fa sesso. Hai visto che faccia da macho? Poi me regala, oltre ai suoi “gioielli”, anche la collanona!

Debora è bellissima, il ritratto della felicità, della contentezza personificata. Non ha mai fatto un cazzo da mattina a sera, se ne fa tanti, e coi soldi che le elargiscono può vestire anche firmata dalla testa ai piedi, tanto ha milioni di followers su Instagram che la seguono con “tifo calcistico”, inneggiando appena sfodera un bikini neanche avessero visto il goal di Marco van Basten agli Europei dell’88. Incredibile, “smanacciano”, salvano nella “raccolta” in caso di “magra”. Dopo una giornata spompante, ecco la “figa” attizzante che ti tira su… l’umore.

Sì, in Italia sono tutti comunisti a parole. Perché la “cultura” di Sinistra ti rende piacente, intellettualmente appetibile, e di questa parola, “cultura”, abusano. Come se la cultura fosse solo essere sempre informati, sul pezzo, sulla notizia, aggiornati sull’ultimo libro del filosofo islandese-curdo, e in prima fila a vedere il film dell’australiano alternativo che ha filmato una pellicola in cui i canguri discettano di musica classica sulle note di amplessi animali da Zabriskie Point. Sì, questa è “Arte”, sì, la storia marsupiale di amori selvatici eppur elevati nello zampettare allegri su praterie sconfinate da sinfonia libera di Beethoven.

Ah, che lirismo…

Io non sbaglio mai un congiuntivo, eh, mica soffro di congiuntivite, ah ah, eppur in Italia, se uno in Parlamento sbaglia una coniugazione se ne fa un caso di Stato. Mentre se uno viene licenziato e si trova sul lastrico, gli si urla: datti una mossa! Ah, che mossa deve darsi? Buttarsi giù dalla finestra?

Se uno, per disattenzione, ingenuità, maldestrezza (word dà errore ma esiste), inesperienza, incoscienza, troppa buona fede, cade… sta sicuro che cadrà ancora di più.

Sì, l’italiano è menefreghista, egoista, qualunquista, ma soprattutto solipsista. Quando lui ha qualche problema, non solo economico, ma semmai sentimentale, ecco che si dispera, rende la sua giornata un melodramma da Victor Fleming, o peggio istericamente smadonna, addebitando all’ENEL il fatto che quella donna, luce dei suoi occhi, l’ha lasciato in “bolletta”. Ora si è rabbuiato… Chi lo illuminerà?

Sì, l’italiano medio crede che le sfighe capitino solo a lui. Ecco che buca la gomma della macchina e implora pietà, imprecando Cristo, lo stesso Cristo che va a pregare la domenica, dopo che il sabato sera si è fatto fare tre pompini da quattro “negrone” sui vialoni.

In Italia sono tutti “alti”. Altissimi. E tutti sostengono di meritare il meglio. Guardano un film di Carpenter e si esaltano, ma non me li ci vedo ad andare in giro con una videocamera, in piena notte, a girare una scena ispirata ad Halloween. Perché l’italiano medio ha sempre paura del ridicolo dietro l’angolo, e non vuol fare brutte figure. No, non ha paura del babau, perché sempre in preda ai suoi deliri fa bau bau e urla al lupo al lupo, forza lupi… Allora, meglio una buona spaghettata con gli amici a vedere se il “biondo” Neymar farà il dribbling col “goniometro” del suo “colpo di genio” agli svizzeri. Ehi tu, donna, mettici sulla piastra una svizzerina, che ce la magnamo col ketchup. E intanto cianciamo. An vedi quella sugli spalti?! Che svizzerona! Le darei una botta “elvetica”. Ma com’è simpatica!

Di Cinema sanno tutto. Non si perdono manco un film. Ma di nessun film hanno capito un cazzo.

Sì, Vin Diesel, tutto sommato, è un ottimo attore, Nicolas Cage è “funzionale”, Al Pacino un “mostro”, e di Pacino hanno visto solo Scent of a Woman e L’avvocato del diavolo! Panico a Needle Park pensano sia il titolo di un giornale americano di cronaca nera.

In Italia, nelle scuole t’insegnano a elevarti, a distinguerti, poi se a trent’anni sei senza lavoro… ti riempiono d’insulti, ti danno del porco o ancora peggio dell’idiota. E così va la vita, qua da noi, ecco che la donnetta col cervello di una gallina, dopo averla data anche all’ultimo morto di fame, ora è una gran “signora”, e si fotografa “linda” e col fisico perfetto in piscina. E per lei sono tutti sfigati, tranne l’analfabeta che la mantiene che però, essendo figlio di un pezzo grosso, non avendo mai avuto bisogno di farsi una vera cultura, sostiene che i film di Lynch sono per malati di mente.

Appena un ragazzo è inquieto… gli urla…:

– Povero demente, ti sbatto in manicomio! Ti faccio capire io come si sta al mondo! Imbecille.

Siete tutti mostri… Rosemary’s Baby docet.

– Ma di che ti lamenti? È la vita che ti sei scelto.

– Perché sono un alieno, io sono un alieno.

Ed è giusto che lo sappiate.

 

Mi avete scoperto. Sono Starman. Vi prego, non ammazzatemi. Tanto, per come sono fatto, non ho molto tempo da vivere. Ah ah.

In passato, mi hanno fregato e coglionato a dismisura, ora può scendere anche Gesù dal cielo e farmi credere che esiste davvero, e gli darò un calcio nelle palle. Perché credo che la gente si danni per problemi inutili e non ha ancora capito che la Terra, agli occhi di uno più evoluto, è soltanto una ciminiera.

Di mio, sono elevato. Dovessi vincere un giorno il Nobel per la Letteratura, il mio libro lo capiranno in dieci persone. E quelle dieci persone lo capiranno quando io sarò morto. Sono un pessimista? No, sono un realista.

– Ah, ma allori te ne fotti…

– Sì, me ne fotto.

– Io non me ne fotto! Eh no!

– Lo sapevo che non te ne fottevi…

– Come facevi a saperlo?

– Sei brutto. Te non fotteresti neanche se ti fottessi… e io sono pure strafottente!

 

di Stefano Falotico

Le differenze di età: un uomo di 35 anni è moralmente lecito che stia con una diciottenne?


18 Jun

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Sì, molte persone ambiscono ad essere Dorian Gray. Dorian, sì, il protagonista di uno dei più famosi libri di Oscar Wilde. Dorian pattuisce (pattuisce è bellissimo) qualcosa col Diavolo, al che gli altri invecchiano, com’è normale e fisiologico che sia, lui invece rimane cristallizzato in una perpetua giovinezza. A livello estetico. Il suo viso non accusa i segni del tempo, resta immutabilmente bellissimo, di una bellezza dionisiaca, imperturbabile ed eterna. Ma nell’animo marcisce e spasmodicamente si corrompe. Tutte le donne lo desiderano, attratte dalla sua apparenza alla Johnny Depp. Eppur Dorian in cuor suo è un vecchiaccio malefico, indisponente, vanaglorioso e soprattutto accidioso. Sostanzialmente un mostro.

Una volta dissi a mio nonno che Dorian Gray era uno stronzo ma un gran bel figo e lui mi rispose:

– Stefano, soffri di problemi alla vista?

– Perché, nonno?

– Ah, Dorian Gray era un pezzo di gnoccona inarrivabile. Aveva un paio di gambe e di curve che nemmeno Indianapolis.

– Nonno, sei rincoglionito?

– Stefano, affatto. Guardala in Totò, Peppino e la… malafemmina. Quel povero Teddy Reno viene irretito da quella diavolessa, però lo stesso continua a studiare e a laurearsi, nonostante l’apprensione dei loro zietti. Capito, Teddy? Chiamalo fesso. Con una fessa (fessa, nel dialetto meridionale, significa tocco di ottima vagina…) del genere, anch’io avrei tenuto la testa a posto. Cioè in quella zona di Dorian. Ah ah. Stefano, la donna, come diceva Totò, è mobile e noi ne siamo mobilieri…

 

Sì, Dorian Gray era un’attrice molto bella, almeno per l’epoca, una femminona che ti faceva perdere la testa. Anche se poi, nella realtà, Teddy Reno si sposò con quel cesso inaudito di Rita Pavone…

Di mio, posso dire che più gli anni passano e più divento come Dorian, quello di Wilde. Con la differenza che, oltre a giovarmi fisicamente di una magnifica esteticità da far bagnare le donne anche a dieci chilometri di distanza, la mia anima, anziché liquefarsi nel marciume, diventa ancora più salubre, romantica, purissima come un uccello che, al mattino, allo “squittire” del dì, come si suol dire, dopo notti ingorde con le passerotte, canta sull’albero della cuccagna.

Ora, io non vi vedo niente di male in una relazione fra un trentacinquenne e una maggiorenne che, sino al giorno prima, era una minorenne. Oh, semmai questa è anche una maggiorata e, a maggior ragione, il “volpone” di 35 anni è sano e giusto che si dia da “fare” con una che sa il “fallo”, fatto suo.

Di solito, questo tipo di relazioni non possono sussistere per problemi prettamente logistici. Solitamente, infatti, le persone guardano a quelli o a quelle della loro età. Quindi, una diciottenne se la fila con i suoi coetanei, e può darsi (anche può darla) che, vista l’anagrafe, sia una studentessa appena “maturanda”, a proposito di maturità, e dunque desideri accoppiarsi con gente universitaria.

Ma ciò è vero soltanto in parte. Si dice che le donne, sessualmente, maturino più in fretta degli uomini. Sì, certamente… se sono come Laura, ex mia compagna delle scuole medie. Tutti noi studenti “medi” la corteggiavamo, perché a cosce codesta era un fenomeno. Ma lei voleva crescere… e, fra una lezione di Rivoluzione francese con Robespierre e una sulla Guerra dei cent’anni, “assaggiava” quelli di Massimo, meccanico che giocava sempre alla baracchina, leccandola di “gelato al limone” dopo tutto quel sudore in officina, e la “sporcava” di “olio”, e Marco il butterato, edonista palestrato soprattutto dei suoi “quartieri bassi”. Adesso, Laura, dopo tutte queste “dure esperienze”, canta a squarciagola J-Ax ma, comunque, come a quei tempi, già “geriatrici”, va sempre matta per quell’omone di William “Bill” Spencer Jr.

Sì, una donna “beautiful”, sognava la villa a Beverly Hills ma suo marito sta messo peggio di Javier Bardem di Biutiful. Piccola borghesia veramente “cazzuta”.

Di mio, mi piace molto il fotografo francese JR, autore del cortometraggio Ellis con Bob De Niro.

Sì, mentre quest’umanità di puttanazzoni va in giro carnascialesca, brindando alla frivolezza della loro pochezza, io fantasmatico vago per le stanze dei miei ricordi, con carisma à la De Niro ermetico.

Ora, è una società abbastanza ingannevole. Prendiamo questa foto.

Everhard

 

Ma sì, ci sta. Eccome se ci sta… la diciottenne, in piena crisi tardo-adolescenziale, stufa di condividere le sue emozioni con babbei della sua età, stravolti da turbamenti nerd, si mette con uno che ha il doppio della sua età. Perché lui sa… e la protegge. Soprattutto coi soldi.

Quindi, basta coi moralismi.

– Stefano, ma tu non sei invidioso se un vecchio sta con una giovane figona?

– No, gli invidiosi sono dei poveretti. Beato lui…
Nella vita, c’è chi prende il Sole, sperando di diventare più sexy, un idiota, c’è chi prende la sola…, chi invece piglia Lucila Solá. E chi, come Leo DiCaprio, sta con la figlia. Morrone, una che ti svuota i maroni…

Di mio, mi andrebbero bene entrambe. Non mi farei troppi “problemi”… e paranoie.

 

Ho detto tutto.

Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Non solo per motivi dinastici. Perché era oltre le piccinerie, i pettegolezzi, le cattiverie e le stronzate da nani.

 

 

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di Stefano Falotico

VENGONO FUORI GLI ANIMALI PIÙ STRANI, LA NOTTE


17 Jun

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Robert De Niro

Robert De Niro

Dal sito Caffè Scorretto che non linko apposta, perché non è mio e quindi un giorno potrebbe anche decadere e il link non funzionerebbe più.

Trovatelo nel net. Vi basta digitare parte del titolo di questo scritto, il mio nome e cognome, et voilà. Ognuno lo interpreti come vuole.

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Mi sveglio. Bologna è imbattibile per quanto concerne l’afa. Sì, in questa città si patisce il caldo come in poche altre città italiane. Bologna non è ventilata dal mare, è incassata fra le colline, è claustrofobica e lo smog nelle giornate torride si appiccica addosso e strozza i polmoni. L’aria diventa irrespirabile e un senso ancor maggiore di compressione asfissiante pervade le membra e le intirizzisce. Al che, appena ridestatomi dopo una notte comunque abbastanza insonne, mi specchio. Il caldo è una naturale forma dimagrante, brucia i grassi e infatti ho perso già qualche chilo da quando questo battente, imperterrito caldo si è fatto tanto insistente. Sono le dieci di mattina. La gente sta cominciando ad andare al mare e la città si sta svuotando. Mi affaccio alla finestra e, come volevasi dimostrare, non scorgo anima viva, nonostante sia giorno oramai inoltrato. Scorgo solo qualche vecchietta che cammina anchilosata con le borse della spesa, che per l’appunto suda sette camicie.

Vado a prepararmi un caffè anche se, con questo caldo, la caffeina, che è un eccitante, non è proprio l’ideale. Ma di prima mattina un succo di frutta non aromatizzerebbe il mio innatamente ribollente come invece io desidero che avvenga sempre. Amo essere reattivo, e il caffè sa donarmi la giusta carica di sano nervosismo scattante. Perché domare le ansie quando si può essere ben equilibrati in vigorosa destrezza? Mentre, a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni dello sgualcito pigiama, eroso un po’ dalle zanzare, avidamente sorseggio il mio caffè rovente, ecco che squilla il cellulare.

È una ragazza delle mie parti che ho conosciuto per caso su Instagram. Fra noi due non c’è niente, e come potrebbe esservi qualcosa? Io, melanconico e con l’anima perennemente in trambusto, lei, florida ed estatica, per così dire, sempre solare e gioiosa. Ma forse, proprio in virtù delle nostre antitetiche differenze caratteriali, lei è rimasta attratta da me, e mi scrive continuamente messaggi in chat. Dice che non ne può più del suo ragazzo, uno spregevole industriale arricchito che la tiene in scacco e la sfrutta soltanto per la sua bellezza. Ma lei è disoccupata, ha perso i genitori dallo scorso anno, e quel suo ragazzo ritiene che, nonostante la maltratti e la umili, sia l’unica persona che le permette di vivere. Sta con lui perché ha questo qui fa soldi a palate, ovvio, me l’ha confidato, e al momento non ha alternative. Meglio farsi mantenere da uno così che patir la fame o davvero ridursi a elemosinare qualche spicciolo sui viali delle prostitute. Io non condivido il suo atteggiamento, credo che farebbe bene a cercarsi qualche altro, meno ricco ma decisamente meno stronzo. Questo con cui sta, a quanto pare, si comporta esattamente come un pappone. Sta con lei soltanto per via della sua purissima bellezza, ma non la considera neppure. E la tratta da sguattera. Soltanto per andarci a letto e godersela.

– Ne ha combinata un’altra delle sue. Adesso sono in ospedale, al traumatologico. Ho il viso cosparso di lividi.
– Non l’hai denunciato? Che aspetti?
– No, non voglio beghe. Ho detto ai dottori che sono caduta dalle scale.
– Hai paura di lui?
– Certo. Lui è un uomo molto potente nel suo ambiente. Se lo denunciassi, non avrei prove in mano, e sarebbe poi lui a rovinarmi del tutto. L’unica cosa che posso fare è lasciarlo, una volta per tutte. A costo di morir di fame. Ma ha oltrepassato ogni limite. Ha varcato ogni soglia moralmente accettabile del pudore. E dire che, quando mi stringe nelle sue braccia, mi chiama… la sua bambina. E mi sussurra dolcemente all’orecchio che io sono la luce dei suoi occhi. Ma non credo sia la scelta giusta, in fin dei conti…
– Che bastardo!
– Senti, quando puoi vieni a trovarmi.
– Va bene. Dove ti trovi?
– Al Rizzoli. Mi hanno fasciato tutta la faccia e dato dei punti di sutura, e rimarrò qui per settantadue ore.
– E poi dove andrai? Non hai una casa.
– Andrò dove mi porterà il cuore.
– Davvero non ti capisco. Ti ha picchiato e non è la prima volta che succede. Eppure tu non ti decidi a lasciarlo. Sappi che è un figlio di puttana. Un aguzzino, uno strozzino delle anime. E tu devi quanto prima allontanarti da un farabutto del genere. Ti sta solo sfruttando, lo capisci?
– Certo.
– Adesso lui dov’è?
– Ah, sarà certamente in giro con qualche sua amante.
– Con qualche amante? Ma che dici? Tu quindi non sei la sua unica donna?!
– Ci mancherebbe. Ne ha tante sparse dappertutto.
– Capisco le tue difficoltà economiche ma non puoi continuare a farti del male. Devi allontanarti da lui, senza aspettare un istante in più. Scappa, vattene via!
– Sì, è un maledetto. Ma, sai, io sono irresistibilmente attratta da lui.
– Come fa ad attrarti un manigoldo così? È una sanguisuga. Un mostro.
– Lo so…

Le ore vengono scandite dalla più apatica monotonia, il caldo batte sempre più robustamente e decido di prendere la macchina e fare un giro a zonzo per la città. Esploro in lungo e in largo, dal mio abitacolo, i quartieri periferici, percorro su e giù la tangenziale, e alla fine sosto nel parcheggio dell’aeroporto. Stranamente, nonostante sia già periodo di ferie, non è affatto affollato e non vedo partire nessun aereo. Ma, fermo qui, seduto nella mia macchina, medito e rifletto infinitamente. Le nuvole nel cielo si stanno pian piano addensando via via più nere, e da lì a poco comincia a piovere con violenza. Il classico acquazzone di questo periodo? No, questa mi pare proprio una tempesta destinata a durare sin a tarda notte. Rimango in macchina, mentre la pioggia si abbatte sulle strade. Sono un uomo senza meta, mi sento uno straniero in questa città di decumane e portici, di chiese antiche e di grigissimo cemento armato. Anima senza una precisa direzione, non sbandata però, estremamente cosciente nella sua folle lucidità profetica…

Accendo il cellulare e mi collego a Instagram. Sì, questa ragazza l’ho conosciuta su Instagram, è molto bella, un angelo biondo, ma fin da subito mi è parsa diversa dalle altre. È come se possedesse ed emanasse un’aura di leggiadra pudicizia, di sensuale candore innocente. Invece, guarda queste qui… si scattano selfie in pose molto provocanti, quasi tutte in abiti succinti e perfino si compiacciono quando ricevono apprezzamenti spinti e volgari. Anzi, più spinti sono i commenti che ricevono e più vanno in brodo di giuggiole. Impazza l’esibizionismo più edonista, il culto dell’apparenza sta maledettamente vincendo, siamo dominati da una casta sguaiata di manichini che, artefatti, si mettono in mostra per i loro assurdi 15 minuti di celebrità. Quasi tutti e tutte scrivono che sono degli influencer. Influencer di che? Del mercimonio estetico di massa? Della bassezza elevata a stile di vita? Della bellezza gridata e plastificata, patinata e falsa dell’appiattimento totale a canoni omologati del consumismo frivolo e mendace di un’umanità così tristemente vivandata e sputtanata? Ma pare che questo sia il gioco che va per la maggiore e chi non s’adatta a quest’andazzo rimane tagliato fuori. Preso a mali parole, offeso e trattato da poveretto. Tutti coi visi lindi, coi fisici modellati, muscolosi e con finti sorrisi stampati su gote e pose che aspettano soltanto dei like. Per sollazzarsi nel più fetido eudemonismo. Come se la felicità si comprasse, svendendosi al ludibrio carnale e stupidamente ludico. Ah, questo mondo va ripulito da questa zozzeria spacciata per giustezza e contentezza. La vera bellezza sta anche nella savia, creativa inquietudine, non nel bugiardo buonismo. Non nelle sciocche gentilezze e nei modi ruffiani. Ma tutti, anche i più temerari, son stati vinti da questo nuovo, osceno modello di vita. E prima o poi crollano e si adattano a questo piacere plasticato. Sì, plasticato, come se li drogassero e impasticcassero di cazzate, dell’ossessione per la ricchezza, e via dicendo. E io a quello lì dovrei fargliela pagare. Non può usare questa ragazza soltanto per i suoi porci comodi. Non può rimanere impunito. Ma non siamo in Taxi Driver, non posso recarmi a casa sua e sparargli nelle palle. Questa è la vita reale e i giustizieri della notte, nella vita reale, fanno una brutta fine. Son presi soltanto per pazzi pericolosi, per invasati e disadattati. Bisogna che adotti una strategia diversa. Non so ancora quale ma la notte mi porterà consiglio. Forse.

La notte scende turbolenta e la luna occhieggia dall’alto, minacciosa e arcigna, posando il suo sguardo traslucido. Piove. Comincia a piovere. La pioggia scende giù implacabile. E io non so che fare. O forse sì.

Aspetterò che arrivi l’alba e poi, quando sopraggiungeranno le prime luci del mattino, mi recherò sotto la casa di questo verme.

Continuo a gironzolare, insonne, per questa città. Vengono fuori gli animali più strani, la notte: drogati marci e spacciatori e sfruttatori e questa tristissima Via Stalingrado di tale Bologna fetida ne trabocca. Guarda che ceffi, che brutte facce. Sono la feccia più feccia, la vergogna di questa città e mi stupisco che nessuno faccia niente. Ecco, è passante una volante della polizia, come sempre i poliziotti hanno chiuso un occhio. Ho appena avvistato una prostituta che avrà, su per giù, soltanto sedici anni. Si è fermato un cliente grande e grosso e in quattro e quattr’otto l’ha caricata in macchina. E, nulla, la polizia ha visto eccome e ha lasciato correre. Questa città meriterebbe una bella, potente ripulita. Puzza di lercio e questo lercio è vomitevole.

Ah, ecco il primo Sole che spunta. Bene, adesso vado da questo qui. Tanto so dove abita, me l’ha confidato lei più volte.

Nel tragitto, scorgo una videoteca proprio col poster appeso in vetrina di Taxi Driver. Che coincidenza.

Arrivo davanti al palazzo in cui abita, uno dei palazzi più in vista del quartiere San Donato. Parcheggio, scendo di buona lena e aspetto che scenda. Sì, dev’essere un tipo mattiniero costui. Con tutti gli intrallazzi che ha. Attendo per mezz’ora abbondante, oramai si son fatte le otto e mezza di mattina. Non vedo anima viva. Chiedo al portiere.

– Buongiorno. Sa per caso, di solito, quando va a lavorare quello del settimo piano?
– Non sono informazioni che le posso dare. Poi al settimo piano ci sono cinque appartamenti. Lei a chi si riferisce?
– Non posso fare il suo nome. Ma lei ha capito benissimo a chi alludo. A quel riccone industriale che possiede un mucchio di aziende.
– Guardi, in questo palazzo sono tutti ricchi. Comunque, non dica che gliel’ho detto io. Questo mio lavoro non voglio perderlo, m’intenda… lui è già uscito, molto presto. Saranno state le sette. Sa, io e lui siamo molto amici. Sapesse quante belle ragazze che mi fa conoscere… ecco, mi ha detto che alle nove dimettono quella con cui spesso passa le notti, lei gli ha telefonato e lui è andato a prenderla. Si amano davvero, sa? Non so quando rincaseranno.
– Grazie, buona giornata.

 

Stefano Falotico

 

Mi sopporto, no, non tanto, sopportami, anzi supportami


16 Jun

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Eh sì, questa vita è un porto di mare e io ne son il lupo. Come Robert Shaw de Lo squalo. Sì, gli squali mi mangeranno e sarò dunque, come si suol dire, “squalificato”. Ma ancor non mi squaglio, suvvia, sopportatemi, son uomo dalla sigaretta sghemba su lineamenti “di traverso” e, come si evince, dal piccolo taglio sulla fronte, uno che ha il bernoccolo. Sì, la mia testa è molto sviluppata, ne ha prese talmente tante che io, mia cara, ti darei una “bottarella”.

Annichilito e poi rinsavito, ecco l’uomo da tutte ambito, tranne che da sé stesso. Sì, io spesso mi odio, vorrei essere meno bello di quello che sono, e faccio di tutto per rovinarmi la vita.

Ma fa parte della faccia di “culo”.

di Stefano Falotico

Il professore matto: perché essere Zichichi quando si può essere simpatici come Jerry Lewis, spiritosi come Eddie Murphy e sexy come Buddy Love?


15 Jun

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Sì, ho un piacevole ricordo di questa scanzonata commedia con Eddie Murphy, attore che io ho definito bollito… Rinverrete lo scritto a tal proposito sul net. Eddie mi faceva morire dal ridere!

Ora, forse un giorno mi laureerò. Io soffro del cosiddetto coitus interruptus in termini istituzionalmente formalizzanti il sapere. Ecco che, spronato dalla mia innata carica travolgente, mi lancio e poi mi blocco, svicolo per altre vie, perché reputo tempo perso attestare il mio scibile. Lo scibile è una cosa diversa dalla cultura comunemente intesa. Per cultura, soprattutto nel nostro Paese di trogloditi e arretrati, s’intende la laurea, il basamento indottamente nozionistico invero assai distorsivo e fallace che comprovi un grado superiore di conoscenza. La laurea, mi spiace ripetermi, non sapete quanto mi dolga sottolinearlo per l’ennesima volta, certifica e parcellizza settorialmente una conoscenza in un certo campo, ma non rappresenta affatto un’autenticazione sincera e reale del nostro universale livello cognitivo-istruttivo. È semplicemente un attestato di “stima” formale in una determinata “materia” ma non so fin a che punto formativo. Soprattutto umanamente. Anche in materia della materia stessa.

Conosco tante stronze insegnanti di Lettere che conoscono a memoria, a menadito come si suol dire, i poeti ermetici e non hanno mai letto Cormac McCarthy, oppure laureati al DAMS che scambiano De Niro per al Pacino… Ah sì, De Niro, grandissimo in Scarface. Ah sì, Pacino, magnifico in Quei bravi ragazzi.

Ci sono tanti ingegneri che, ad esempio, non sanno cosa sia il fuorigioco nel Calcio, ma ancora peggio non sanno che le mogli li tradiscono con dei costruttori abusivi. E abusano del sovrastimarsi, perdendo di vista l’architettura della propria anima, smarriti in vite piccolo borghesi in cui inculcheranno ai figli un’educazione falsamente perbenista da “geometri” di piani regolatori falsi che non stanno in piedi.

Scollati dalla realtà, costruiscono case squadrate, ma non metton su mattoni alla bellezza e al loro cuore. Senza mattoni puri si diventa matti… e poi ci s’arrabbia come infoiati se qualcuno all’incrocio non ha rispettato la precedenza.

Ci sono tante scienziate che, credendo fermamente che la Scienza abbia le risposte a tutto, non credono che la figlia si sia svegliata dal coma nella quale era cascata, insomma, confutano il palese miracolo e pensano che ci sia dietro questo risveglio una spiegazione razionale, dimostrabile a tesi…, cosicché, anziché rallegrarsi per il sopraggiunto prodigio della natura, paradossalmente s’intristiscono perché la loro laurea in Biologia non fornisce loro delucidazioni in merito. Allora, da esseri non più razionalmente scientifici, si affidano alla fede, e vanno a pregare un Dio solipsistico perché ha ridonato la vita alla figlia, data per cerebralmente morta da altri “dottoroni” inconfutabili, dimenticandosi che son sempre stati atei/e e in passato hanno permanentemente inveito contro quei poveri cristi “crocefissi” ai semafori.

Sì, la vita è un totale inganno. Molta gente ancora crede che se ha sentito una notizia in tivù… quella è la verità. L’ha detto quello del telegiornale per cui paghiamo il Canone. No, non può mentirci, non può essere stato superficiale, se ha detto così dev’essere così.

Al che, che ne so, un ragazzo si sente depresso, scarsamente voglioso di vivere.

Vai dallo psicologo, gli suggeriscono di rivolgersi a un “esperto”… così quel capoccione ti dirà di che soffri. Ha studiato la “testa”, testone!. Questa è bellissima. Un perfetto estraneo che non sa un cazzo delle nostre emozioni e del nostro vissuto in mezz’ora deve dirci, anzi, dirvi chi siete. Con tanto di diagnosi “accertata”, e prognosi riservata. E voi lo pagate pure!

Ad esempio, io sono uno che sa che il plurale di magnaccia è identico al singolare, non esiste in italiano magnacci o magnacce. Mannaggia. Mentre Triangolo delle Bermude, venendo da Bermuda Triangle, si può dire anche delle Bermuda, non viene considerato errore.

Secondo Mereghetti, La famiglia del professore matto è un film regressivo e petomane che mischia il banale con l’anale. Sì, e lui gioca di parole triviali per essere più triviale di C’era una volta in America che sempre lui, orrendamente, considera tale. Perché, come dice Morandini, a ragion veduta, è un film sull’analità e sulla golosità di bambini che diverranno uomini solo sul finire della loro vita. È questo il significato corretto del film.

Ora, io posso essere Jerry Lewis de Le folli notti… se le cose girano bene, anche i coglioni, divento Jerry Langford invece se qualcuno, come scrissi, mi ha tamponato e l’assicurazione mi dà solo 800 Euro su un danno che ne vale 5000 perché la “legge” dice che la macchina è del 2002 e quindi è un usato “invalido”. Da rottamare.

Ho detto tutto…

Statemi bene.

Eh sì, è tutta una squallida corsa “meritocratica” a premi. Puoi avere anche una grande anima ma nella società “moderna” conta l’efficienza e il grado potente della “forza” du’ caz!

Ah, guarda quello… ha le palle, maltratta gli handicappati e sfotte i vecchi, ma sa il “fatto suo”. Sì, potrebbe diventare il Presidente degli Stati Uniti, ha i requisiti “adatti” per governarci tutti quanti… e dirci chi siamo.

 

– Ah, e dire che ti facevo un tipo da Cinema di Bergman. Mai avrei immaginato che ti piacesse Il professore matto.

– Perché sei limitato.

– Non pensavo fossi così.

– Così come? Come una statuina? Pigliati questa scoreggina e pure questa scoreggiona!

Tu, essere sospettoso, volevi bruciarmi come fece Nerone, e invece a me piacciono tutte, bianchissime, cinesi e pure nerone, no, nerissime. Sarai tu il troione, e ora sei sbiancato.

Mi spiace, ho sbancato. Tu dividi il mondo in bianco e nero. Vai tu a ripulir la banca che io “ripulisco” Bianca di vero banchetto e poi “bianchetto”.

Ah ah.

 

© ABACA. DO NOT CREDIT. 19028-4. USA, 2000. Nutty Professor II: The Klumps, directed by Peter Segal. Eddie Murphy & Janet Jackson

© ABACA. DO NOT CREDIT. 19028-4. USA, 2000. Nutty Professor II: The Klumps, directed by Peter Segal. Eddie Murphy & Janet Jackson

 

di Stefano Falotico

Russia-Arabia Saudita, inizia l’idiozia mondiale, ed ecco la mia sitcom


14 Jun

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Immaginate questo mio scritto come una situation comedy con le risate registrate.

Cinismo puro.

Sì, fra pochissimo inizierà il Mondiale più ricco della storia. Visto che c’è gente che vuol far morire di fame donne e bambini, hanno allora pensato di dare cinquemila milioni di dollari a Robbie Williams per cantare la canzone inaugurale. Williams per l’occasione è dimagrito tre chili, insomma si è guadagnato la pagnotta.

Ah ah.

Williams è un ragazzo d’oro, buono e caro, infatti Rachel Hunter, una figa sesquipedale e anche una troia universale, dopo essere stata con Rod Stewart, è stata con Robbie e dopo l’orgasmo sullo yacht hanno cantato Rhytm of My Heart.

Ah ah.

Sì, si sta giocando Russia contro Arabia. Dopo che per anni Gorbaciov salvò il suo Paese dai gulag, adesso in Russia adorano Tom Cruise e stasera vogliono trivellare questi emirati. Perché il petrolio rende ricchi e hanno capito che devono vincere a livello planetario.

Ah ah.

L’altra sera parlavo con una su Facebook. Dice che è cinica, adora essere palestrata e sta con uno più ricco di lei che è poligamo. Insomma, in “famiglia” sono tutti e tutte a cazzo duro…

Ah ha.

Io credevo all’amore quando avevo tredici anni, poi scoprii la ragazza di cui era innamorato con un bullo di periferia e vidi i due alla baracchina dei gelati che giocavano a un videogame di guerra, con lei che leccava la crema e un’altra che leccava il “joystick”. Sì, quest’ultima disse che quei botti del videogioco la eccitavano e lui si sentiva un cazzuto marine. Adesso sono brave persone, guardano i film con Checco Zalone.

Ah ah.

È uscito il trailer di Dumbo di Tim Burton. Spesso da piccolo, i miei lavoravano e la mia vicina di casa mi faceva da balia. Mi educava benissimo, credetemi. Mi faceva sempre vedere l’originale e mi diceva… hai capito la morale del film? L’elefantino, deriso e maltrattato da tutti, alla fine vola alto e li manda a fare in culo. Sua figlia si è sposata con un saldatore e assieme guardano, alla domenica, Barbara D’Urso, per rilassarsi con imbecillità micidiali dopo una settimana di merda in cui non hanno mai trombato.

Ah ah.

Le donne sono come il gioco d’azzardo. Puoi anche sbancarle, ma poi ti arriverà il recupero crediti di Equitalia. A meno che tu non sia Berlusconi, e ti accuseranno di averle molestate perché volevano la poltrona. Poi, c’è la terza possibilità. Potete trovare anche una moralmente imbattibile, sì, perché è frigida.

Ah ah.

Gli uomini non sono da meno. Da piccoli giocano ai soldatini con gli indiani, da grandi diventano dei soldatini se accettano una vita impiegatizia, oppure indiani se amano il suicidio. C’è anche la terza possibilità. Alcuni non accettano le sporche regole della società e vivono senza regole. Infatti, finiscono nei centri di salute mentale, ascoltando tra un neurolettico e l’altro Ivano Fossati… La mia banda suona il rock…

 

Oh, non svegliatevi 

oh, non ancora 

e non fermateci 

no no oh, per favore no

C’è anche chi è lì perché si credeva Roddy Piper di Essi vivono e, non riuscendo a pagare le bollette, ha sparato al sindaco, pensando fosse un alieno.

Ah ah.

Non ho mai capito le insegnanti di Italiano. Hanno passato tutta la vita a imparare che la libertà del pensiero nasce dalla cultura e da una migliore conoscenza della realtà. E per tutto l’anno insegnano sempre la solita roba, promuovendo tutti, tanto hanno capito che il mondo non cambia e che il marito è frocio.

Ah ah.

Diffido sempre da quelli che ti dicono come si sta al mondo. Di solito o sono dei dementi o dei fascisti. In entrambi i casi, questi qui andrebbero bruciati ad Auschwitz con la foto di Hilter appiccicata alle loro teste e quella di Mussolini nella palle da far squagliare a fuoco lento.

Capiranno, quando gli brucerà il culo, come si sta al mondo?

Ah ah.

Io sono ottimista, pensavo di suicidarmi l’altra notte, invece devo aspettare di vedere The Irishman di Scorsese. Mi son dato dei mesi di speranza. E in questi tre mesi mangerò “a bestia”.

Ah ah.

Jim Morrison era come James Dean, un esempio di trasgressione pazzesca, erano dei rebel without a case.

Qui in Italia, in meridione, sono fanatici dei Doors. Ma hanno settant’anni e sono in cassaintegrazione.

Ah ah.

Gli educatori sociali insegnano ai ragazzi a comportarsi bene e poi tradiscono le mogli, guardando Nicole Aniston che lo prende in culo da un mandingo…

Ah ah.

Io l’avevo detto che contro di me non si deve mettere nessuno.

– Come sono questi cazzi? Amari?

– Sì, quelli che prende la tua puttana sì.

– La mia donna è fedelissima.

– Sì? E come mai ama Richard Gere?

– Lo adora virtualmente.

– Ah, è tutto un piacere masturbatorio. Ottimo, pure peggio. Riguardati Eyes Wide Shut.

 

 

di Stefano Falotico

Dumbo di Tim Burton e i Mondiali non m’interessano, nemmeno 2001, m’interessa la mia mente e anche quella lì


13 Jun

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È uscito il teaser trailer di Dumbo. Ora, con tutta la stima per Tim Burton, io credo che abbia girato un solo capolavoro, Big Fish, che ha inquadrato meravigliosamente il senso della vita. Posso lodare la sua poetica sui diversi, sui freak, sugli spostati, sui nati male, sui suoi “scherzi della natura”. Ma quando il compiacimento diventa estetizzante allora il manierismo è dietro l’angolo, seduta stante.

Non m’interessa questo elefantino in computer graphic e apprezzerò sempre mille volte di più il fascino naïf del cartone originale.

Poi, potrà essere anche un grande film, non lo voglio mettere in discussione, ma personalmente credo che sarà una stronzata micidiale. Come questa frase di Jacques Rivette: Kubrick è una macchina, un mutante, un marziano. Non ha sentimenti di alcun tipo. Ma è bello quando una macchina filma altre macchine, come in 2001.

Sì, una delle frasi più imbecilli che uno possa pronunciare nella sua vita.

Personalmente, non ho mai avuto l’occasione di cenare con Stanley, ma mi son fatto un’idea di lui. Secondo me, era diventato un misantropo per necessità. Talmente sensibile, senziente, quindi talmente umanista, che soffriva la realtà ch’è giocoforza spesso puttanesca e squallida. Quindi Kubrick era ciò di più lontanamente distante da una macchina.

Domani, inizieranno i Mondiali di Calcio. Il Calcio è una sorta di rito collettivo avito, cioè tramandato dagli avi. E, quando ci sono i Mondiali, ecco che vengono annullate tutte le differenze culturali, neri e bianchi, ispanici e tedeschi si riuniscono tutti assieme, tifando appassionatamente e brindando. Non avvengono quasi mai scontri e tafferugli negli stadi perché, anche se si perde, è stata comunque una festa. L’importante era partecipare. Può darsi anche che, caro argentino, per consolarti dalla sconfitta, una brasiliana t’inviti nella sua stanza. E allora il gioco di “palle” diventerà una “ola”. Anche una sola se farai autogol di eiaculazione precoce.

Noi non vi partecipiamo, eliminati dalla modesta Svezia perché in centottanta minuti non siamo stati capaci di fare neppure una misera, risicata rete. Ma comunque, cari moralisti dei miei stivali, so che tanto v’infoiate su Harvey Weinstein, per bella posa con vostra moglie, che poi tradite di turismo sessuale con delle svedesone. Questa è la verità.

E allora ben ci sta! Così evitiamo figuracce. Se non siamo riusciti a fare goal alla Svezia, tanto di guadagnato essere spediti fuori ancor prima di essere imbrattati di ortaggi e goleade umiliantissime.

D’altra parte l’Italia merita un Salvini in Parlamento, un fascistone che vuole mandare a casa i clandestini, perché gli tira il culo, facendo morire di fame donne e bambini. E se sta lì l’avete votato voi. Dunque, non vi lamentate se, un giorno, sarete senza lavoro, darete di matto, e uno così vi sbatterà in manicomio.

Che cazzo gliene frega? Lui ha la Isoardi, una che ha capito che mostrar le cosce in RAI le avrebbe dato il “lasciapassare” per essere la passerotta del senatore du’ caz. Salvini non poteva farsela sfuggire. Sì, fra un comizio e l’altro della Lega, vide Elisa in tv, e libero da sguardi indiscreti si sparò una sega. Quindi, pensò: oh, questa è “buona”, io sono il leader del Carroccio, adesso le telefono, la invito a mangiare degli spaghetti al cartoccio e poi tutta me la “incarto”. Sì, sì, sì.

Come Trump, che si pavoneggia con la più bieca bassezza ideologica che un essere umano possa dire: se sono il Presidente, significa che sono il più intelligente di tutti. E chi non ce la fa è un perdente e non si lamenti.

Di mio, ne ho buscate talmente tante che sono un illuminato. Ovvio. Come no?

Non sono illuminato in questa foto? Mi pare lapalissiano, incontrovertibile.

Ho detto tutto… Molti credevano sarei andato giù, invece io non vado mai giù, al massimo ascolto I’m Goin’ Down.

– Sai, Stefano, a me non piace Springsteen. Lo trovo un po’ tamarro.

– Sì, ovvio. Sei frocio. Quindi vedi di andare a prendertelo nel culo.

 

Ora, vi racconto questa. Molti anni fa, incontrai una che era convinto fossi un incrocio fra Sean Penn e Tim Robbins di Mystic River.

Al che, mi appoggiò la mano sulla gamba, dopo una bella conversazione “esegetica” di Cinema.

– Ah, tutto questo panegirico per arrivare lì?

– Perché no?

– Via, levati dal cazzo.

 

Questo sono io. Se non ti sta bene, noleggiati un porno.

Comunque, perché emulare De Niro quando sono indubbiamente molto più bravo, bello, intelligente e sexy di lui?

 

di Stefano Falotico

Credo solo nell’amicizia come Noodles


12 Jun

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Arrivato nel bel mezzo del cammino della mia vita appena iniziata, ah ah, ho scoperto ancora una volta che l’unico sentimento vero è l’amicizia, l’unica cosa per cui valga la pena di vivere.

Lo dico con enorme rammarico, dispiacere e sentito cordoglio della mia anima abbattuta. Sì, stasera va così, e non posso fingere che non sia così.

Sempre delusioni. Io che mi apro anima e core, come si suol dire, e puntualmente arriva la pugnalata alle spalle, anzi, alle palle. Come dico io. Appena uno si rasserena e gioisce della letizia, che ne so, di un’infatuazione che, per quanto futile, ti aveva illuso in una momentanea serenità, ti stava irradiando le vene di nuove energie, ecco che arriva la batosta spietata e pungente, che ti graffia dentro e ti lascia come una merda.

Ve n’avevo già accennato, no? Come no? A me sembrava di sì. Io accenno sempre a me.

Era da tempo che un’attrice di Roma, una che ha girato una scena in Go Go Tales, mi corteggiava. In maniera decisamente anomala. Non pensate che sia Asia Argento perché non lo è. Era una comparsa, secondo me una comparsa ottima, insomma, molto bella.

Non so cosa l’abbia attratta del sottoscritto, e non so come abbia fatto a scoprirmi. Fatto sta che io le scrivevo in chat e lei non mi cagava, ma continuava a condividere i miei link.

Sì, un atteggiamento sospetto. Tanto da indurmi a pensare. Anche a penare. Ma questa che cazzo vuole? Il mio? Mah, non capisco. Che cosa sono tutti questi sotterfugi, queste mezze mosse, questi “like” patologici?

Vi vedevo della sottile morbosità nel suo comportamento. Tanto che alla fine le chiesi, sempre privatamente:

– Vedo che visualizzi i miei messaggi ma non rispondi. Dopo trenta secondi condividi la mia “roba”. A te pare normale tutto ciò?

– Sì, lo è. E dovresti capire…

– No, io non amo le mezze frasi. Insomma, c’è un interesse reale e sincero da parte tua o è una plateale presa per il culo?

– Macché. Tu sei paranoico. Ci mancherebbe altro che prendessi per il culo te. Tutt’altro. Condividiti…

 

Sul condividiti ebbi un attimo di spaesamento.

Al che, il giorno dopo questa qua condivide la mia recensione di Fuga da New York, con tanto di didascalia Sei un capolavoro!

– Il capolavoro era riferito al film, alla recensione o alla mia persona?

– Perché farsi di questi problemi? Capolavoro è capolavoro. Non può essere altro.

 

Altro attimo di frastornamento.

Dunque, in serata mi manda una foto poco equivocabile. Lei, sdraiata sul divano, mezza ignuda, con una banana a coprirle la zona “franca”.

E la scritta: va sbucciata.

A quel punto, mi costrinse a espormi. Sai, non vorrei tu mi avessi scambiato per un nullista come Jena Plissken. Sono più Mente, come Harry Dean Stanton. Abbastanza riservato, ma conosco questa giungla come le mie tasche. E sto nella mia biblioteca, lontano dai farabutti e dal casino del diavolo.

– Io pensavo fossi Il Duca.

– No, non sono nero.

– No, Il Duca Bianco.

– David Bowie?

– Sì, penso tu sia morto da un po’. Eppur la tua voce, quando la ascolto nei tuoi video, mi rende viva. E vorrei “vivacizzarti”. Renderti musicale… io ti darò il ritmo giusto…

 

Altro attimo di “trance”.

Quindi, finalmente mi scrive in chat:

– Sai, ripensandoci, Lenny Kravitz mi piace di più. Addio.

 

Tralasciano il fatto che Kravitz ha altre gatte da pelare, sì, credo che la vita vera sia quella dei bambini. Ed è per questo che in C’era una volta in America la combriccola è allegra finché non arrivano le donne.

Sono loro che rompono il cazzo.

Sì, la penso così.

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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