Archive for June, 2018

Mujaheddin, nel bel mezzo della tormenta, giunse fra gli uomini finalmente un uomo con la mente, miei dementi, aprite gli occhi, tonti


30 Jun

They Live

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Sì, è arrivata l’Estate e voi, anziché scrivere una poesia ermetica, vi specchiate per la prova costume. Ossessionati come siete, sempre, dall’apparenza più vanesia. Ma io vi dico che state putrefacendo, siete ischeletriti in un edonismo raccapricciante.

I ciechi siete voi. Sinceramente, se vedo il culo della Sharapova, qualcosa si alza e si eleva, in un “dritto” che rovescia ogni match. E le rifilo un “fendente” micidiale nel tiebreak di altro tiro… un po’ freak.

Sì, adesso abbiamo in radio un altro che impazza. Cesare Cremonini. Scusate, ma è di Cremona, questo qui? Sì, un cremonino, un cremonese, un cremino che io lecco di sera dopo le “patate” al forno.

No, è di Bologna, la città per antonomasia dei borghesi con la moscia. Socmel!

 

Adesso se n’è saltato fuori con un’altra cagata micidiale: KashmirKashmir.

Ve lo ricordate Rambo IIIDedicato al valoroso popolo afgano?

Ora, che cazzo ne poteva sapere lo Stallone italiano dell’Afghanistan?

 

Io sono reduce da molte cose, cari duci. E detto legge.

A proposito di Africa, vi ricordate la canzone di Shakira dei mondiali del 2010? Waka Waka…

A Shakira andrebbe fatto un bel lavoro di spingimento. E “riempimento”.

 

Tornando a Maria, gliela diamo una botta? Gratia plena, Dominus tecum. Et benedictus fructus ventris tui.

Con me potete andare sul velluto. D’altronde, sono un uomo di pregiatissima fibra. Sì, indosso il cashmere.

Ora, domanda per tutti i tonti: qual è la differenza fra un casimiro e un Casemiro?

Per avere il casimiro, bastano un centinaio di Euro, per avere Casemiro bisogna essere il presidente del Real Madrid.

 

Adesso, vi saluto.

 

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di Stefano Falotico

Potevo fare l’attore ma mi accontentai del cimitero, ah ah


29 Jun

Stallone Creed

Sì, vago pensieroso per questa landa ch’è la vita spesso così omertosa, ove tutti camminano, mentendo tronfiamente e io, invece, da mentore inascoltato, miei mentitori, spesso zittendomi con far da deficiente, vengo preso per un demente quando, ve lo dico ma non spifferatelo in giro, non ho solo un cervello ma credo di averne venti. E, se misurerete la potenza possente della mia voce tonante, care donne, potrete appurare che ce l’ho grosso anche di trenta…

Sì, è giunto il momento di far sfoggio dei miei vanti, qui nel vento.

Questa brezza estiva sta asciugando le mie malinconie ancor ritornanti. Sì, spesso le sedo con antidepressivi sfiancanti ma il mio fisico, indebolito da questi farmaci, abbisogna di rinvigorirsi, allora faccio su e giù sulla panca. Perché sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa. E, mie capre, verranno tempi in cui l’uomo coi piedi caprini salirà dagl’inferi per ricordarvi che non siete belli come Leonardo DiCaprio, un attore diabolico. Ah ah.

Ecco, da quando son diventato letterato, sono un maniaco dei refusi. Ecco che redigo, miei redattori e donne che tanto male le vostre case arredate, degli scritti impeccabili. E li rileggo infinitamente, per filo e per segno, di virgole e giuste concordanze, appunto del mio talento vantandomi.

Sì, ieri è comparsa la mia recensione di Al di là della vita ma presenta un paio di refusi in due punti topici. A volte, la fretta di pubblicare, è cattiva consigliera. Sul mio sito mulhollandlynch, di mia auto-production, troverete la versione già corretta, invece da “quell’altra parte” ci vorrà una settimana per editare le imprecisioni. Perché il redattore è in vacanza, nonostante abbia già pianificato gli articoli da me preventivamente inseriti in bozza, che in automatico scatteranno a orari prefissati.

Anche questa, adesso? Un tempo si programmava il timer sul videoregistratore, e ancor rammemoro quando fissai l’orario esatto della programmazione di un softcore con Shannon Tweed per momenti futuri di onanismo “brillante”, ma sbagliai canale e registrai la televendita dei materassi Eminflex. Materassi su cui sognavo di “ondeggiare” con Shannon all’epoca in cui Shannon era una bionda entusiasmante. Un po’ rifatta, forse, ma quel seno gridava vendetta e necessitava di insegnamenti “immorali” come in Karate Kid… dai la cera, togli la cera, con movimento circolare-palpante per quella Milfona da “poppante”, invero solo da pompare.

Ah, erano tempi “spumeggianti” che rimpiango tanto, miei tonti, ora che l’innocenza di quelle masturbazioni allegro-andanti si è perduta nel cinismo di questa vita così frenetica e ridondante. No, non vi è niente di traviante, disturbato né disturbante, e neanche “ontante” nelle seghe spensieratamente sognanti una donna che, a te cavalcante, ti sproni battente all’atto impuro “impertinente” e, diciamocelo, ficcante…

Ontante è italiano? Sì, la Crusca sostiene che il verbo ontare esiste, e voi genitori, se scoprite vostro figlio “con le mani in mano”, insomma che “smanetta”, non adontatevi. Oggigiorno, gli smanettoni sono utili per i siti d’informatica.

D’onde i padri credettono, che il lor sangue ne fosse ontato.

Avete capito? CREDETTONO, credeteci.

Ieri, il mio post su BronxA Lame Tale, ha sollevato alcuni dubbi da parte dei maligni, che arrivano coi loro retropensieri bacati, a pensare cos(c)e di me spesso disdicevoli.

– Mi è piaciuto, molto divertente e nostalgico. Ma toglimi una curiosità. Cosa c’è di infaustamente insinuante quando dici che quei ragazzi del quartiere sfottevano la tua omosessualità?

– Io non ho scritto che sono omosessuale.

– Sì, l’ha scritto o, perlomeno, era sottinteso.

– Cosa era sottinteso?

– Che sei omosessuale.

– Io non ho mai scritto questo. Ho scritto che a volte, se uno è riservato e taciturno, non è molto espansivo, gli adolescenti un po’ malevoli pensano che tu sia frocio.

– Perché c’è qualcosa di male a essere gay?

– No, ma inculati.

 

Ora, care vacche, vado a bere il latte. Buona giornata.

 

 

di Stefano Falotico

A LAME TALE, RICORDI NOSTALGICI DI VITA VISSUTA


28 Jun

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Questo è un mio pezzo che è comparso nel sito Caffè Scorretto. Chissà, un giorno il suddetto sito potrebbe scomparire, allora intanto lo inserisco nel mio GeniusPop.

 

Il crowfunding per la limited edition del Blu-ray di BronxA Bronx Tale, è partito. Non un capolavoro, ma un signor film. Guardatelo. E scoprirete che Chazz Palminteri, coadiuvato dalla regia di De Niro, qui al suo esordio dietro la macchina da presa, aveva adattato alla grande la sua bellissima pièce teatrale. Un lavoro coi fiocchi, per un film delicatamente educativo, sgangheratamente formativo, insomma, una storia narrata con gusto e dall’ottimo sapore cinematografico. E che classe nella messa in scena, misurata e sapientemente calibrata.

Ogni quartiere ha la sua storia. E io sto qua, stamattina. Come Lillo Brancato del film di De Niro a tagliarmi la barba, attento a non ferirmi. Ma questa lametta fa i dispetti e un po’ di sangue mi cola dalle guance. Che mi dice oggi lo specchio? Di guardarmi dentro e narrarvi delle mie balzane, discole avventure avvenute anni fa quando qui, nel quartiere Lame di Bologna, si respirava il profumo dei giorni autenticamente migliori e la vita ti sapeva riservare sorprese?

Ora, questo quartiere è stato sopraffatto da una triste modernità e la gente cammina con gli iPhone in mano. Attraversano tutti senza guardare mentre, ai miei tempi, la gente stava attenta a dove metteva i piedi. Oggi le persone sanno solo scattarsi selfie mentre una macchina sulle strisce pedonali le mette sotto e così la foto viene un po’ mossa, diciamo.

Ecco, era un periodo cazzuto quello di cui vi parlo.

Se eri minorenne e camminavi per queste strade, qualche balordo poteva attentare alla tua incolumità virginale. Alludeva sempre alla tua sessualità e, con far strafottente, la umiliava, coprendoti dei tipici insulti di quell’età.

– Ehi, lo sai che sei una checca?
– Vaffanculo.
– Ah sì? Allora fatti sotto! Ecco che te ne arriva una. E un’altra!

 

Sì, spedii vari ragazzi al traumatologico per colpa di quelle infauste insinuazioni. Io me la cavai col viso gonfio e con le nocche fratturate, ma erano risse che odoravano di uomini “veri”, da teste di cazzoni qual eravamo noi tutti.

A dodici anni, ogni mattina, come un orologio svizzero, puntualissimo mi appostavo alla fermata dell’autobus, aspettando appunto che arrivasse l’autobus che mi portava alla mia scuola media. Era il 18. È rimasto quello, credo. E lo prendono anche quelli che, non solo hanno già compiuto diciott’anni, ma anche quelli che hanno già un piede nella tomba.

Vicino a quella fermata, c’era e c’è ancora il Bar Jolly e un mio amico, che come me aspettava l’autobus, prima di salirvi, vi si recava perché al Bar Jolly gli infarcissero il panino alla mortadella che lui avrebbe mangiato nella ricreazione scolastica. Quel mio amico oggi fa l’imbianchino e adora il libro di Charles Bukowski, Panino al prosciutto.

Panino al prosciutto racconta il primo periodo della vita di Bukowski-Chinaski, nonché dell’ingresso nella nota vita randagia e pericolosa tra stanze in affitto, risse, birre, vino e whisky.

Ecco, insomma quel mio amico, si capisce bene, non è diventato un industriale. Al massimo, ora imbianca le pareti di qualche pezzo grosso, mangiando panini al salame piccante tra un’affrescata e i suoi “rinfreschi” nelle pause pranzo. Comunque non è mai finito al fresco.

In quella fermata, avvistavo lo scemo del villaggio. Ogni quartiere ne ha uno. Questo qui prendeva sempre l’autobus come Forrest Gump, ligio e maniaco della puntualità, e salutava tutti, dando loro un gentilissimo “buondì, felice vita!”, anche se quel giorno una di queste persone era rimasta a casa con la febbre.

Sì, lui salutava anche i fantasmi e gli ammalati, gli stronzi e i criminali. Tutti, senz’eccezione alcuna. E si congratulava per le loro vite, belle od orrende che fossero. Quest’uomo esiste ancora, non è ancora morto, ed è sempre allegro come una volta. Sì, gli altri aspettano l’autobus per tirare a campare, lui ha perso il treno dalla nascita, ma gironzola a piede libero alla faccia dei fessi che si fanno il culo ogni santo giorno che Dio ha creato.

La morale del film Bronx, come scritto nel dizionario dei film Morandini, è questa: i veri uomini duri sono quei coglioni che vanno a lavorare.

– Buon uomo, dove va stamattina, così presto?

 

E lui risponde, con sorriso affabile:

– Vado nel mio mondo e dove mi porta il cuore.

 

Oh, che vi devo dire? Sarà uno scemo molto ricco per potersi permettere di andare solo ed esclusivamente dove vuole lui da quarant’anni a ’sta parte.

Però è un uomo talmente buono e tenero che nessuno l’ha mai mandato a fanculo.

Nel mio quartiere, ci sono anche le ragazze. Mi pare ovvio. Altrimenti sarebbe un quartiere moscio, uno di quei quartiere che, come si suol dire, non tira… molto.

Ecco, se ti piace una donna e vuoi immediatamente capire se è la ragazza giusta, non regalarle un mazzo di rose rosse, regalale un quartiere migliore. Ti sposerà subito.

Che poi, forse, non gli andresti bene lo stesso.

– Sì, caro. Abitiamo nel Borgato San Donato, la zona migliore di Bologna. Ma io sognavo Hollywood, la piscina a Beverly Hills e ho sempre desiderato girare un film con De Niro. Volevo essere come Sharon Stone.
– Come quella di Casinò?
– Quel film mi manca. Lei com’è in quel film?
– Ah, bellissima, al top del suo splendore ma non è che finisca, diciamo, benissimo.
– Meglio che una vita in questo cesso di città di merda.

 

Ho detto tutto. Una così non credo sia la ragazza dei sogni. Incontentabile, frustrata, viziata, però ama farsi le “storie” su Instagram, con le orecchie da coniglietta di Playboy.

Io, come Lillo Brancato, appena presi la patente, incominciai a guidare una “sfavillante” macchina rossa. Sì, un Pandino. Decappottabile, nel senso che, se prendevi male una curva, ti cappottavi di brutto.

E non c’era neanche l’airbag.

A dire il vero, non è che questo quartiere sia poi cambiato molto da allora. La gente va a fare la spesa, penso che qualche volta trombi, sì, ogni anno vedo nuovi neonati che spuntano, e poi muore. Nel frattempo, guarda qualche film alla tv.

Ricordatevi: la cosa più triste, nella vita, è il talento sprecato.

E io allora perché continuo a vivere in questo quartiere?

Ma questa è un’altra storia.

E comunque il mio quartiere, in confronto al Bronx, è roba da signori.

Eh sì, mentre pensavo al mio quartiere, il quartiere Lame, ho finito di tagliarmi la barba. Ma, al solito, mi son tagliato.

Sono un uomo tagliente.

 

Stefano Falotico

Attori bolliti: Robert De Niro, aspettando The Irishman


27 Jun

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Eh sì, non sapete quanto mi pianga il cuore a scrivere questo post. Ma la mia morale coerenza cinematografica e ideologica non può astenersi dal redigerlo. Proprio io, inguaribile aficionado di De Niro, imbattibile suo accanito ammiratore che gli ha dedicato un libro nel quale, oltre a magnificarlo giustamente (perché De Niro per me non è stato soltanto uno dei miei attori preferiti in assoluto, bensì addirittura un mentore, un imprescindibile modello di classe recitativa sopraffina), arrivavo a giustificare le sue professionali scelte sbagliate, perdonando i suoi passi falsi.

Ma mi trovo adesso nella condizione, ineludibile, di essere rigidamente obiettivo perché l’altra sera ho rivisto in splendida definizione C’era una volta in America, nella versione con la voce di De Sando. E mi è parsa ancora una volta, ça va sans dire, una delle migliori performance attoriali di tutti i tempi. Una prova superlativa. Un capolavoro nel capolavoro ove De Niro ha recitato con una tale sfumata gamma di espressioni, di piccoli gesti, di movimenti cauti degli occhi, dondolando la testa con superba, magistrale tempistica, perfetta, sobria, inappuntabile mimica impressionante, da lasciarmi senza fiato. E perfino la voce forse troppo “vecchia” di De Sando, al posto di quella storica e originale di Ferruccio Amendola, mi è sembrata impeccabile. Perché, ribadisco, è stato talmente insuperabile che, in fin dei conti, qualsiasi voce gli sarebbe stata appropriata. E poi, paradossalmente, mi son tornati in mente i suoi ruoli recenti. A ben vedere degli ultimi venti/venticinque anni. Eh sì, forse dai tempi di Ronin, De Niro non solo non è mai stato più così convincente ma ha stupito tutti in senso profondamente negativo.

Nel 1995, credo che avesse toccato il vertice, lo zenit titanico della sua leggendarietà, uscendo in contemporanea, per quello che è stato un suo indiscutibile, altissimo, insuperabile annus mirabilis, con due capolavori impareggiabili, Heat di Michael Mann e Casinò di Martin Scorsese, cementando una volta in più la sua stupenda nomea, cioè quella di the greatest actor alive. Poi, interpreta film leggermente minori rispetto ai due succitati, ma egualmente di valore, come Cop Land, Jackie Brown, Sesso & potere, diversificandosi anche, come nel film di James Mangold o in quello di Quentin Tarantino, in ruoli marginali ma al solito recitati da Dio.

Quindi Ronin, ultima vera perla del compianto John Frankenheimer. Ed è una delizia vederlo in azione in questo filmone. Malinconico, misurato, adrenalinico, grintoso, spericolato e con un aplomb magico nel suo ineguagliato stile.

Arriva poi l’anno Duemila e, con l’avvento del nuovo millennio, De Niro, incagliatosi nei facili successi della saga di Ti presento i miei, allettato dai milioni di dollari che gli offrono per ogni cazzata, sperpera il suo immane talento, addirittura facendosi coinvolgere da Giovanni Veronesi (!) col suo Manuale d’amore 3, film finanziato da De Laurentiis che deve aver attratto De Niro perché, oltre a essere stato pagato faraonicamente, gli è stata offerta la possibilità di baciare vigorosamente Monica Bellucci… sì, oltre alla mera questione “alimentare”-economica, non so darmi altri spiegazioni in merito alla sua partecipazione se non quella, appunto, che potesse girare perfino una piccola scena di sesso bollente con una delle donne più belle del pianeta.

Poi, De Niro incontra David O. Russell e un po’ la musica cambia. Partecipa a tre pellicole di O. Russell, Il lato positivo, per il quale a distanza di ventun anni da Cape Fear, pensate, riceve una candidatura agli Oscar, sebbene come non protagonista, American Hustle, ove sfodera un cameo da applausi, e Joy.

Non tutto ciò che ha girato negli ultimi anni è da buttare, tutt’altro, alcune sue prestazioni sono abbastanza lodevoli, come quelle in Stone di John Curran, in Being Flynn di Paul Weitz, in Malavita di Luc Besson, come il suo spassoso senatore in Machete di Robert Rodriguez, il suo “nonnetto” à la Up de Lo stagista inaspettato di Nancy Meyers, ma soprattutto il suo potente e spettrale Bernie Madoff di Wizard of Lies di Barry Levinson.

Ma niente di benché, minimamente paragonabile al De Niro mito…

Ora, tutti noi lo aspettiamo con The Irishman di Martin Scorsese.

Saprà dimostrare, come trepidanti ci auguriamo, che a settantacinque anni (li compirà ad Agosto) è ancora Robert De Niro, uno che, come avete visto nel mio post, non ha bisogno di presentazioni ed era perciò inutile che vi stessi a citare, che ne so, Taxi Driver o Toro scatenato al fine che comprendeste di chi stiamo parlando?

di Stefano Falotico

Bronx di De Niro, che torna in limited edition, è un grande film, checché se ne dica: leggete tutto ciò che non avreste mai pensato potessi dire sul Cinema e sulla vita


26 Jun

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Sì, sino al 20 Luglio è possibile pre-ordinare la propria copia personale di Bronx. La CG Entertainment, che altri non è che la decaduta Cecchi Gori, adesso restauratasi almeno nel mercato home video, propone finalmente la versione Blu-ray dell’esordio alla regia del grande Bob. Un’opera tanto amata alla sua uscita, quanto poi ingiustamente bistrattata e ricoperta dei peggiori insulti, considerata enormemente sopravvalutata, un filmetto da quattro soldi, insomma.

La verità sta nel mezzo. Bronx non è un capolavoro ma un racconto, a tale appunto, di formazione alla vita di un ragazzo di strada nel quartiere più violento del mondo. O almeno degli States.

Il Bronx si trova a New York ed è antitetico, diametralmente opposto, anche come ubicazione geografico-topografica, rispetto al quartiere dell’alta borghesia della Big Apple, ovvero Manhattan, il luogo ove l’annoiato e frustrato Woody Allen ha ambientato la maggior parte delle sue pellicole.

Nel Bronx non viveva e non vive gente la cui massima disgrazia nella giornata è stata la rottura delle unghie smaltate, non c’è uno col culo parato che ombelicale si piange addosso perché l’insegnante di Filosofia, altezzosa e sempre con la borsetta a tracolla, ieri sera non gli ha fatto un pompino “elegante”. Non c’è gente che si preoccupa di “steccare” e fare brutte figure. Vive e non sa neppure perché vive (no, il congiuntivo viva non ci vuole), s’incazza e ci sta male, s’innamora e lo prende lì, ma la vita va avanti.

C’è gente che vive i giorni come fossero gli ultimi, fra rabbie, litigi interminabili, grida e sceneggiate inesauste, lacrime e sudore come nei migliori, disperati film di Abel Ferrara. Infatti il suo protagonista, Lillo Brancato, non a caso è stato scelto da Abel per Il nostro Natale. Puro meta-cinema sopraffino. Diegetica della fisiognomica lombrosiana, incarnazione della celluloide fattasi vita nei tratti somatici del growing up esistenziale di Lillo, nato per essere un “perdente”. Drogato fradicio, incasinato, i cui lineamenti smunti e inquieti della più acerba e tumultuosa ma romantica giovinezza si son imbolsiti nella presa di coscienza di essere davvero un mezzo gangster. Magrolino ma ora col pancino, e dire che poteva essere il nuovo Pacino, un po’ emaciato quando non si fa ma comunque, come gli italoamericani mangiaspaghetti, quasi adesso pelato. O, meglio, dalla vita dura spellato.

La vita che, nella sua cruda verità, i suoi limiti in faccia, faccia da schiaffi e batoste nette, gli ha spiattellato. Senza fare sconti, trivellandolo e sbudellandogli il fegato. Cazzo.

Brancato, un uomo da branco, dalla giustizia braccato, nonostante per discolparsi dalle molteplici accuse si sia fortemente, ferocemente sbracciato e tenacemente si sia sgolato, uno finito in carcere, ove tentò di suicidarsi ma fu fermato dai medici, che lo soccorsero e placarono il suo folle gesto in extremis. Giusto un istante prima che quella dose di eroina che voleva iniettarsi gli fosse letalmente mortale. Un farabutto, tutto fuorché un eroe! Uno che forse desiderava decollare e invece rischiò di finire decollato. O col collare da sorvegliato speciale, controllato a vista. E sedato.

Ripudiato da Chazz Palminteri che ora non vuole più averci a che fare, e lo considera soltanto un ignobile talento sprecato. Un lestofante e un impresentabile sfigato.

Bronx è un signor film, un film “in giacca e cravatta”. La messa in scena è paurosamente minimalista, intimista, coccola Lillo e lo carezza teneramente come farebbe un padre premuroso con suo figlio, figlio unico, sangue del suo sangue. Perché teme che, essendo appunto uno scavezzacollo, possa mettersi nei guai e imboccare strade pericolose, affiliarsi a cattive compagnie. Meglio una vita da anonimo conducente d’autobus che una vita da ricco boss ché poi ci rimetti le penne e finisci trucidato come Sonny. Stai attento a chi t’innamorerai, sceglila con oculatezza, sii ponderoso e anche ponderato, non fare il passo più grande della gamba, a quei tipi loschi non fare mai sgambetti, non legarti a una da una botta e via, perché ti prenderai la cotta, poi le ti mollerà come un coglione, e rimarrai scottato. Non bruciarti… cogli l’attimo ma aspettalo con trepidazione, senza angustiarti se fallirai, domani ritenterai. La vita è una e una sola, tienilo ben a mente, non rovinarti da povero demente.

Ecco, questi sono i consigli di Lorenzo, i suoi affettuosi, benevolenti insegnamenti!

Super rima baciata con tanto di rientro…, perché rientro fa assonanza con insegnamenti e tu non devi essere sbattuto dentro!

Ah ah.

No, non possiamo permetterlo. Ci sono tanti stronzi in giro che in vita loro avranno letto solo due libri e guadagnano fighe come se nulla fosse, che son tanto abbienti ma non valgono nemmeno il loro decrepito, putrefatto, svenduto cazzo da deficienti. Porca puttana! Impestata!

Tratto da una pièce teatrale dello stesso Palminteri, cari pezzenti. Oh, sto scrivendo un gran pezzo. Sì, più rileggo quanto da me sin ad ora scritto e più me la tiro come un gagà. Ah ah. Elargisco genialità a gogò. E gongolo, mangiando le vongole, baciando una dama a Venezia sulla gondola. Magari…

Sì, molta gente di Cinema non capisce un cazzo. Ecco che uno vede Bronx e gli piace da morire perché, come avviene con tutti i film che vede, che fraintende e strumentalizza secondo il suo solipsismo, ha avuto un’adolescenza turbolenta e difficile quanto quella di Calogero. E questo racconto, tutto sommato, è specularmente vicinissimo alle sue esperienze. Sì, e a ben vedere, se ripesca le foto di quando aveva sedici anni, nota una somiglianza pazzesca e impressionante con Calogero. Viso italiano, di chiare origini meridionali, inesperto, da bastardo però non ancor segnato dalla corruzione adulta, un puro che sogna un bel, fottuto futuro. E chi di noi non ha mai invidiato il Sonny di turno del quartiere? Quello moralmente discutibile ma che va in giro sulle macchine rosse fiammanti? E che sa il fatto suo, nonostante le sue bassezze ripugnanti cammina a testa alta e petto in fuori, veste forse Armani come un goodfella e tutti lo rispettano.

Perché Sonny è una merda ma non meno di chi crede di essere una brava persona e poi combina porcate mostruose solo perché qualcuno è invidioso e fa finta di non capire, perché gli conviene non capire e passare dalla parte della ragione con la diplomazia ipocrita del figlio di puttana “pulitissimo”.

Bronx non può essere capito, appunto, da quelli che amavano la filosofia grunge, che idolatravano robaccia come Salton Sea e altre puttanate videoclippate. Perché Bronx è un film “stupido”, didattico, palloso e girato in maniera troppo semplice. Non estetizza, non dogmatizza, non comunica niente, è asciutto, pieno di primi piani senza fotografie “sporche”, sature e “pregnanti”, è solo un’altra storia…

Un racconto di vita, come lo è la vita stessa. Non ha bisogno di dire chissà cosa, dice la sua, in maniera schietta come te la direbbe tua zia siciliana.

Di una semplicità lancinante, davvero emozionante.

Bronx non è, ripeto, un capolavoro. Un film da sei e mezzo/7.

Sì, perché la sceneggiatura di un film così facile facile ed edificante, eppur ficcante da rasentare la pochezza più disarmante, io lo scriverei in otto ore seduta/o stante. Con tanto di pausa caffè-sigaretta intervallante.

Ma è uno di quei film che dobbiamo tutti avere in casa.

Perché, soprattutto in Italia, patria di esaltati che si fanno shooting manco fossero Alain Delon, ove le matte isteriche si mettono in posa come fossero Greta Garbo, un film così bisogna averlo, miei bravi ragazzi…

Chi lavora è un fesso? No, ma deve fare ciò che gli piace.

E io sono nato per scrivere di Cinema.

Il resto è una grande stronzata.

Adesso, per piacere, versami del Cognac, caro amico scalognato, no, volevo dire cognato.

Metti su della musica jazz. Questo mio pezzo è quasi rap.

E che Chazz!

 

 

Bronx Chazz De Niro

 

 

di Stefano Falotico

 

Il Cinema è morto non per colpa di Netflix, bensì a causa di Instagram, patria e oscena parata di sguaiatezze


25 Jun
A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993

A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993

Sì, è così. Dopo un’attenta analisi, ho appurato che è così. Quasi tutti quelli che stanno su Instagram sono dei degenerati. Anch’io ci sto, ma con faccia beffarda da idolatra di me stesso, in quanto essere vero in un’umanità allo sbando che merita solo di essere sbertucciata, coi miei lineamenti allineati allo sfottò di classe, cosicché irrido George Clooney, attore comunque elegante ma paraculo, semiserio, un semifreddo quasi quanto la bella moglie semi-anoressica che si è trovata. Una che, truccata con tre chili di cerone, può essere accettabile, ma rimane l’incarnazione dell’aceto. Sì, donna da accettare, nel senso di tagliare con l’accetta. No, non dobbiamo essere cruenti e cattivi, ma è una donna che non stimola l’appetito… Insopportabile, giornalista delle ca(u)se perse ma non della sua che diventa sempre più lussuosa e i cui figli, dopo aver vissuto nella ricchezza più sfrenata, diverranno attori secondo la tradizione, passando di festa in festino con qualche “operatrice sociale”. È così!

Sì, io sono cinico e anche misogino. Molte donne mi stanno sul cazzo, cioè praticamente nessuna, perché non meritano di posarsi ove il mio membro, scioltamente puro, non può inzozzarsi nelle carni di queste puzzolenti mentecatte. No, non sono così, sono molto romantico ma sono un giovane povero e divento spietato per mancanza di materia prima, che non sono le donne, ma l’oro. Ah ah.

Poi, ora ci sono pure le arene estive. Sì, ove proiettano all’aperto i film dell’anno. Io spero venga sempre a piovere, un bell’acquazzone che mi liberi dall’olezzo di queste donne coi sandali aperti, la cui rancidità è stomachevole, coi loro alluci valghi e le loro borsette su gelato alla crema quando scende montante la sera e loro che, ammirando film romantici-lacrimanti, sperano poi, rincasando, di essere leccate dal marito che ha amato Michael Bay e dunque è “carico” nell’afa sgocciolante del suo cervello squagliato e del suo erotismo marinaresco da trombone dell’alta borghesia “festeggiante”…

Sì, io le sparo… vanno sparate. Senza eccezione alcuna, compresa la mia fighetta che spesso fa la stronzetta. Ah ah.

Non mi soffermerei su queste codeste galline che definiscono ogni cosa culturale, ché loro non sanno neppure cosa sia la cultura, ogni cos(ci)a dicon sia “meravigliosa” e ascoltano quel patetico “pallemosce” del cantante dei Negramaro. Come si chiama quel pidocchio melodrammatico del cazzo? Giuliano Sangiorgi. Ma bevesse l’amaro… Giuliani! Mah, io preferirò sempre, con questo caldo, un frigorifero della Sangiorgio, ove ficcare la testa di questo emulo di Amedeo Nazzari, prestato alla musica dei perdenti, per rinfrescarlo un po’. Datemi Giuliana e che sia giuliva con lo “stuzzichino” delle mie olive… Ah, questo Sangiorgi andrebbe sbattuto. Mica da me, mica so’ frocio, ma al fresco. Vediamo se in carcere un coglione del genere capirà che deve scrivere musica tosta e vera, non minchiate per fruttivendole che, dopo aver urlato in piazza, s’immalinconiscono con tal demente “dolce”. Ah, belli freschi, cocomeri al mare mentre magnate il vostro ghiacciolo da Algida. Ah ah.

Sì, poi abbiamo Instagram, ove ogni super zo… la può spacciarsi per Catherine Deneuve, fotografata in shooting che celano la sua identità da meretrice dietro luci soffusamente languide come gli occhi del sedicente fotografo che dice lei:

– Cara, dopo aver magnificato il tuo corpo en nature, puoi pagarmi in natura.

– Sì, ci sto. Mi conviene e tu vieni…

 

Quando si dice son scatti che “spingono”. Scusate, vado a estrarre la pasta al forno dal microonde. Ah, che besciamella. Io me la pappo!

 

 

di Stefano Falotico

 

The Mule e The Irishman sono da me i film più attesi della stagione, sì, anche The Mule, e tutti questi altri non m’interessano


23 Jun

Eastwood The Mule

Siamo a fine Giugno ma già si fanno i pronostici sulle pellicole da Oscar o, perlomeno, su quelle di maggior appeal, commerciale, critico e non.

I siti espertoni di previsioni stilano già le loro classifiche, dimenticandosi della regola basilare del Cinema: se un film non è ancora uscito, puoi diagnosticarne il prevedibile successo, ma non l’hai ancora visto, quindi la smettessero con questa bischerata dei capolavori annunciati. Anche perché, a ben vedere, io ravviso poche opere davvero meritevoli della mia attenzione. Mi baso su sensazioni a pelle. Sì, come quando cammini per strada e incroci tante donne, soprattutto in questo periodo, che scosciate ti ammiccano ma tu non le caghi, non cogli i profumi pur delicati che emanano, e persino i loro piedi, esibiti in sandali volgarissimi, ti danno la nausea. Poi, ecco che passa una che solitamente non avresti mai cagato. Un po’ bassa, perfino tarchiatella, ma il suo sguardo è luciferino e ti cattura subito. Al che la segui. Entra in un bar, lasciandosi dietro una scia che profuma di donna schiumosa, una di quelle donne, sì, con cui immergersi nell’idromassaggio per eiaculare con avido “massaggio”. Sì, attizzante, ha un non so che di sfizioso e allora entri anche tu nel bar. E, di sottecchi, la sbirci mentre sorseggia un caffè nel tuo già volerla zuccherare, mescendo il cucchiaino del tuo “losco” esserle peperino. Ah sì, a questa va offerta una peperonata e poi impeparla sul letto con l’inzupparla, innaffiarla, aspergerla e, solleticante, eccitarla.

Scusate, mi sono perso, immaginando una notte “frizzante”.

Andiamo avanti. Ah, le donne sono la mia perdizione. Ma ora tuffiamoci nel Cinema dei mesi a venire in maniera orgasmica ma ponderata, senza farci prendere da facili entusiasmi, appunto, senza “venire” prima del dovuto.

1) If Beale Street Could Talk di Barry Jenkins. Moonlight ha vinto l’Oscar perché dopo cento anni e mezzo, nell’anno di Trump, dovevano premiare un film nero. Per par condicio.

Lo cestiniamo subito.

2) Il primo uomo di Damien Chazelle. Apollo 13 è uno dei film più noiosi della storia. Questo è sull’Apollo 11. Insomma, se il tredici, che è peraltro un numero fortunato (eh sì, un tempo si diceva ho fatto Tredici, ah ah) è successivo all’11 ed è tedioso, perché mai dovrebbe interessarmi un numero inferiore? Va be’, sarà superiore a Creed II, film sul figlio di Apollo.

Ma gli astronauti dell’Apollo, durante il lungo viaggio, come facevano a passare il tempo? Cantando Apelle figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo e tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo.

Sì, battuta scontata. Ma anche questo film di Chazelle è scontato che sarà candidato agli Oscar. Più i film sono tronfi e stronzi e più vengono candidati. Pensate a John Carpenter, non ha mai ricevuto una candidatura, perché è sempre stato un realista pessimista, non sognava la Luna e non si faceva viaggi pindarici. Ho detto tutto.

3) A Star is Born di Bradley Cooper. Cooper si crede Jeff Bridges da giovane e Lady Gaga si crede una bella figa. La colonna sonora però, mi dicono, che sia da urlo. Sì, quando meditate al suicidio, una canzone di Gaga può farvi vedere le stelle, prima di schiantarvi sul selciato, post-volo dal decimo piano. Sì, nel parcheggio sottostante, un tamarro che adora la signora Stefani Joanne Angelina Germanotta, ma di notte va sempre a mignotte, aveva l’autoradio accesa su Poker Face, hit che lui ascolta quando gioca al pocherino e viene puntualmente spennato come un pollo, tanto che non ha nemmeno dieci Euro per un “pompo”.

4) Widows – Eredità criminale di Steve McQueen. Per me esiste solo il McQueen di Tom Horn.

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5) Beautiful Boy di Felix Van Groeningen. Mi dicono che Steve Carell e Timothée Chalamet siano entrambi papabili di nomination. Sì, è la storia di molte famiglie nel mondo. Il figlio è drogato, il padre un disperato che prova ad aiutarlo ma, anziché salire sul Kodak Theatre, finiscono entrambi al cimitero. Il figlio è morto di overdose, il padre di dolore. Quindi, mi puzza di film ruffiano e falso.bb

6) Boy Erased di Joel Edgerton. Questo è senza dubbio quello che mi sa di stronzata immonda. Russell Crowe e Nicole Kidman (che non abbiamo alla fine mai saputo se hanno scopato nella vita reale) allevano un figlio omosessuale e lo “curano” dalla sua “malattia”, castigandolo e non dandogli la marmellata. Secondo voi è presentabile un film così didascalicamente sfacciato? Piacerà molto ai gay che, appena si sentiranno umiliati, esporranno nelle parate “pride” il Blu-ray.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

Nicole Kidman stars as “Nancy” and Russell Crowe stars as “Marshall” in Joel Edgerton’s BOY ERASED, a Focus Features release.

7) Backseat di Adam McKay. Christian Bale dimagrì quaranta chili ne L’uomo senza sonno, ma l’Academy non lo cagò. Allora, dopo aver messo su i (non sui) muscoli per Batman, dimagrì un’altra volta per The Fighter. Vinse l’Oscar mentre ad Alessandro Casciutto, tossico emaciato del mio quartiere, danno a stento l’assegno da invalido. Poi Bale ingrassò per American Hustle e De Niro, nel suo cameo, con la faccia beffarda gli fece capire che Toro scatenato è un’altra cosa. Probabilmente, anche quest’anno, Bale perderà, forse battuto da De Niro di The Irishman.

Per la serie… bastasse dimagrire o ingrassare per essere grandi attori. E Bale non lo è. Ha sempre la stessa faccia da culo. Negli ultimi anni, prima dimagrii in maniera anoressica, poi ingrassai trenta chili abbondanti, ma persi in salute e smarrii la silhouette, facendo la bella statuina…

8) Bohemian Rhapsody di Bryan Singer. Nessuno può essere Freddie Mercury.Poster_Ufficiale

9) Welcome to Marwen di Robert Zemeckis. Ancora Steve Carell! E basta, dai! Io ho avuto una storia simile. Sono stato bullizzato e vivo adesso spesso di fantasia. Anch’io vivo la mia guerra personale in trincea e sogno una donna simpatica come Leslie Mann e con le cosce di Diane Kruger.

L’altra sera, mi contatta una su Facebook, tale Sabrina Pascutti:

– Ciao, ho voglia di carne fresca. Mangiami!

– Ciao, stasera mangerò prosciutto di Parma.

 

Bloccata.

 

10) The Favourite di Yorgos Lanthimos. Fra Emma Stone, troppo magra, e Rachel Weisz, che di belo ha solo gli occhi e credo le puzzino i piedi, preferisco Antonella Portobello. Non è male, fidatevi, è la mia preferita al momento. È un po’ scema, ma non più delle altre con la cattedra ad Oxford.

 

Sì, sono un uomo dalle freddure alla Clint.

 

 

di Stefano Falotico

Troppo forte: perché essere Rambo quando posso essere un rombo e anche un quadrato, un quadrilatero e un esagono? Mie teste di cono?


23 Jun

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Sì, nel 1986 usciva uno dei film più brutti e maldestri di Carlo Verdone. L’altro pomeriggio, su YouTube, ho visto una sua intervista in cui, nostalgicamente esaltato dalle sue memorie, ha rimembrato questo film, lodandone l’inizio, quando il suo burino entra in un bar e gioca col flipper come se fosse un amplesso. Verdone, soggiogato dalla lacrimuccia, dice che è un grande inizio. Invece io lo reputo osceno, esagerato, patetico. Sì, era l’epoca di Rambo e di Born in the Usa di Springsteen e allora Oscar Pettinari, affiliandosi e attingendo a questi due modelli culturali che andavano per la maggiore, si barcamenava come comparsa, fregiandosi di essere un attore di (ca)risma. Fra aneddoti di scene rocambolesche e mitizzazioni di sé stesso, un ignoto, insulso figuro romanaccio finito nei guai e salvato per il rotto della cuffia dallo scalcagnato avvocaticchio, malato di amnesie, interpretato da Alberto Sordi. Un film a cui mise mano anche Sergio Leone, ai suoi minimi storici. Uno che credeva sconfinatamente in Carlo Verdone, tanto da finanziargli i suoi primi film. Sì, Verdone andava sempre a casa di Sergio e gli cucinava delle ottime fettuccine, pulendogli col bavaglio anche il labbro sporco di sugo. Cosa non si farebbe per farsi raccomandare? Troppo forte è un film un ch’era già impresentabile all’epoca ma questo tipo di commediole all’italiana andavano, appunto, fortissime. E non c’è da stupirsi che, col beneplacito del popolino, incassavano cifre da capogiro. È un Cinema piccolo piccolo, da periferia, già stanco e privo d’idee, un ininterrotto flusso di sketch tragicomici da cabaret. Una zozzeria che non fa nemmeno tanto ridere, sguaiata, sbrindellata, goffa e modaiola. Il tipico Cinema italiota, beota e stronzo, leccaculo e volgarotto. Macchiettistico nell’accezione peggiore del termine, limitatissimo. Roba che con una Super 8 filmi un lungometraggio veramente superiore e da Oscar, rispetto a questo Pettinari. La pinetina… “teribile”. Con una r. E basta con quel romanesco strascicato da “irriducibile”. Che palle! Quell’anno l’Oscar lo vinse La mia Africa. Nemmeno questo un capolavoro ma in confronto a Troppo forte… Poi, ci chiediamo perché in Italia siamo sempre dei sognatori… sognatori e basta, ed è capace che magnifichiamo anche Vincenzo Salemme, e la frittata è fatta. Di mio, son stanco dei giochetti adolescenziali del pigliare a modelli le stelle di Hollywood. Mi guardo allo specchio e ho il fascino dell’uomo che è orgoglioso di specchiarsi. Perché De Niro, nonostante tutto, rimane il mio attore preferito? Scusate, non si vede che classe che ha a indossare la cravatta? Tempo previsto per oggi: caldo, probabilmente asciutto come me.

 

 

di Stefano Falotico

Siamo… Messi male se invidiamo il prossimo


22 Jun

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Eh sì, l’invidia è il sentimento più brutto dell’animo umano. Un sentimento, ahinoi, inestirpabile. Facile però a trovarsi, di questa “patologia” n’è affetta la maggioranza.

Appena uno è geniale, la gente non vede l’ora che possa cascare, per “normalizzarlo” nella sua mediocrità. Come dire… visto? Anche lui non è infallibile, ha dei punti deboli.

Per Superman era la kryptonite per Messi è l’Argentina che comunque, senza i suoi goal, non si sarebbe qualificata ai Mondiali. Per me è la vita di tutti i giorni, che io detesto, aborro, ripugno dal più profondo del cuore. Perché la quotidianità è a mio avviso ripetitiva, tediosa, puttanesca e dunque odiosa. Nel mondo di tutti i giorni, per essere apprezzato, devi continuamente venderti, offrire un’immagine di te da “intoccabile”, essere sempre sorridente e coi denti smaltati e non dare mai segnali di cedimento, ché possono allertare il prossimo, limitato e dunque pieno di pregiudizi, perché il mondo è malato di moralismo, desidera le macchine perfette e di lingua svelta spettegola appena ti mostri vulnerabile. Le persone non vedono l’ora di metterti in croce e poi, attorno al tuo cadavere impalato, sollazzevolmente deriderti e ballarti in circolo, in segno d’umiliazione. Ah, che bellezza, eh?

Questo è l’animo umano, ingordo a sua volta delle anime altrui, che adora vivisezionare per il ludibrio abominevole degli sfottò, delle burle malsanamente goliardiche, per l’orrore di massa che decreta i “vincenti” e, in questo carrozzone immutabilmente spaventoso, gode nel buttar giù dalla torre i “perdenti”. Cosa ci sia di divertente in questa competizione animalesca lo dovremmo chiedere a qualche antropologo. Ma non lo sa neanche lui perché sta con una scimmia miliardaria.
In Oriente non va così, in Occidente sì. In Occidente, vita significa sopraffazione, egoismo, arricchirsi sulle spalle di chi non regge certi ritmi, significa ammazzare psicologicamente chi non sta al passo con questa terrificante modernità.

Sì, Messi ieri è stato un perdente. Mentre lo strafottente Ronaldo, che vale dieci volte meno di lui, baciato da un momento inaudito di fortuna sfacciata, portosi (participio passato di porgersi) davanti alla videocamera, ha ammiccato con una smorfia inequivocabile, facendogli il gesto del pizzetto da “capra”. Come a voler sacramentare che lui è più forte di Lionel e lo sta dimostrando. Cristiano è un’altra merda sciolta quanto i suoi capelli ingellati. Un comportamento indegno del fuoriclasse, che comunque è indiscutibilmente, che però si abbassa a gesti di tale eclatante, riprovevole volgarità. Che triste inveire con le “emoticon” delle faccine, roba che neanche all’asilo infantile. Infatti, Ronaldo è tanto “grande” come campione quanto piccolo come uomo.

Ah, come si dice, scusate? Emoji. In questa vita, come nella pubblicità che passa per radio, ho sentito uomini guardare una donna sexy e gridarle che è da URL. Sì, dei matti da USL.

Ecco, sulla mia persona ne ho sentite tante. Tante derivate dalla miserabile cattiveria degli invidiosi. Perfino qualcuno avanzò l’ipotesi che sono il “mostro” di Eraserhead.

Sì, l’unica creatura… con più libri all’attivo di qualsiasi altro scrittore italiano, che scrive articoli di Cinema che neanche le persone laureate al DAMS, con specializzazione in filosofia applicata all’Arte convergente delle materie umanistiche rifrangenti e forse stronzeggianti di bacate menti, scriverebbero mai perché sono troppo occupate a corteggiare la fighetta in bikini su Instagram, “salvandola” in video “poliedricamente” noiosissimi a fini “finissimi”, detti anche seghe, che affinano il membro nello scorrimento calloso. Sono arrivati, quindi possono andare a puttane, anche a livello masturbatorio.

Sì, metto in vendita questo Blu-ray mai scartato perché è uscita già l’edizione migliore. Che non ho comprato perché aspetto la prossima. Ah ah. Io aspetto in continuazione.

Chi lo vuole, abbia la cortesia di non farmi la fine di quello stronzo di Max. Sì, Once Upon a Time in America è la storia di due uomini innamorati della stessa donna. Noodles, il romantico da Cantico dei Cantici, non riesce ad averla e la stupra da poveretto, Deborah disdegna anche Max ma alla fine lo sposa e gli dà un figlio perché lui le dà un impero e una rispettabilità del cazzo. Che vita da zoccola… anzi, da zoccolona, perché fa rima baciata. Ah ah.

Insomma, tutto un casino pazzesco per una che, invecchiando, è molto più brutta di quando era una ragazzina. Eh sì, Jennifer Connelly da giovane aveva un seno da mongolfiera, Elizabeth McGovern invece a me è parsa sempre un cesso. Scusate, forse non ho gusto. Ma la vedo così.

E, nonostante tutto, ho il mio fascino. Eh sì. Il fascino di colui che volteggia.

Sì, sono molto cambiato, crescendo. Prima avevo letto un solo libro di Stephen King, adesso ne ho letto qualcuno in più. Ah ah.

 

– Lei vuole salire in alto?

– No, solo al quarto piano. Buona giornata.

– Io invece oggi ho ricevuto la promozione e sono al settimo cielo.

– Ah sì? E l’ottavo qual è?

– L’ottavo?

– Sì, dopo il settimo c’è l’ottavo.

– Ma che dice?

– Scusi, se non sbaglio lei è laureata in Matematica. E non sa che dopo il settimo c’è l’ottavo. C’è anche la Nona, ma quella è di Beethoven. Ah, so io come ha fatto a ricevere la promozione…

– Cosa vuole dire? Che ho leccato il culo a qualcuno?

– No, macché. Mica il culo. Basta leccare qualcos’altro…

 

 

 

 

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Lezioni di maschilismo continua: Il cacciatore è un film che possono capire solo gli uomini


19 Jun

Il cacciatore

Se andate da una donna e le chiedete qual è il suo film preferito, per farvi contenti, vi dirà Quarto potere. Ma è una spudorata bugiarda. Dice così perché è bello dire che “il più grande film del mondo” è il suo prediletto. Così salva la faccia.

Invero, la scoprirete col fazzoletto sulle note di Unchained Melody di Ghost, una delle più grandi boiate della storia dell’umanità, ma le donne ne vanno matte.

Se invece scoprirete un uomo commuoversi alla fine di questo film, state attenti al vostro culo, non è un uomo. Oppure è impazzito e dovete chiamare la neuro. Sì, l’uomo non può emozionarsi dinanzi al fantasma del compagno reincarnato in questa melassa strappalacrime.

L’uomo vero si emoziona con Il cacciatore. Chi sostiene che non sia un capolavoro assoluto, è giusto che si meriti le seghe che si spara. È un virtuale pippaiolo di minchiate. Non ha anima, e va spedito d’urgenza a un ricovero.

Film più che sulla guerra, come invece è Apocalypse Now, sugli effetti della guerra.

Che smembra e dilania le coscienze e irreversibilmente le martoria e annienta. Distruggendo tutto. Tragicamente micidiale.

Ora, a parte questa parentesi sull’amicizia virile, direi di spostare la nostra attenzione nuovamente sul gentil sesso. Che poi non è così gentile. Conosco molte donne che amano scoreggiare mentre ammirano il loro tatuaggio del serpente alato nel bagno dello specchio. E vi garantisco che di “gentilezza” hanno ben poco queste primitive. Sì, loro amano l’uomo da “sbatacchiarsi”, che sbaciucchiano come fosse un Mottarello, prendendolo a morsi nell’avido sciogliersi del loro rimmel al cioccolato su rossetto “alla panna”. Sono devastanti, uno spettacolo osceno. Dio ci salvi da queste. Sarebbero capaci di prendere un fisico nucleare e, dopo averlo “atomizzato” a base di esplosioni loro orgasmiche da dannate, annientarlo fotonicamente al grido di un amplesso inverecondo da urlatrici di tutte le loro frustrazioni iraconde. Il poveretto, schiacciato e travolto da queste virago, spappolato dalla loro villana arditezza scalmanata, sarà liquefatto in un nanosecondo. E lo andremo a trovare allo zoo ove, ridotto a babbuino, chiederà i vostri arachidi.

Sì, donne così vi distruggono, sono talmente zotiche da farvi regredire a stati protozoici, rimbambendovi nella demenza più scimmiesca.

Noi uomini, va detto, siamo dei cazzoncelli. Siamo personaggi da C’era una volta in America, dei malandrini, dei gangster da quattro soldi, dei burloni, pigliamo tutto a scherzo, e nella goliardia gongoliamo, divertendoci da Amici miei.

Che vi piaccia o meno, siamo poco evoluti, badiamo al sodo. Possiamo avere tutta la cultura del mondo ma dinanzi a un culo tornito si vanno a farsi fottere tutte le “buone educazioni”. Perché siamo istintivi, animaleschi, agiamo primordialmente. Siamo gretti com’è giusto che sia. Perché possediamo qualcosa in mezzo alle gambe e, al di là delle ipocrisie, questo qualcosa non può essere eccitato da Nicoletta Braschi. Ora, a Benigni la Braschi piace e probabilmente hanno sempre scopato come mandrilli. Ma perché Benigni è pazzo, nessun uomo normale ce la farebbe se, ogni volta, non venisse pagato venti milioni di dollari. Io credo che non ce la farei neanche col patrimonio di Rockefeller.

Sì, l’uomo è “homo”, altro che sapiens sapiens.

Sì, ecco che un uomo guarda il fondoschiena di Alessandra Sapiente, fidatevi, è “buona”, e “regredisce” del tutto, perdendo ogni sapienza, di folle insipienza smarrisce ogni pazienza e probabilmente bisogna tenerlo fermo con dei neurolettici pesantissimi. Il leone va addormentato!

L’altra sera, ad esempio, ero su Instagram. Al che ho segnalato una foto. Non era porno. No, era la foto di una giocatrice di basket, fotografata da dietro mentre schiacciava. In quello schiacciamento il fotografo aveva colto l’attimo idilliaco del suo culo paradisiaco, in totale slancio sudato ed “elevato”.

Ecco, foto così vanno bene a me ma un uomo “normale” potrebbe rimanerci secco. Va tolta subito affinché i diecimila follower che la seguono non possano finire al cimitero.

Sì, questo è un altro problema sessista. Se un uomo gira in mutande per strada, chiamano la polizia. Se una donna gira in minipants con stacchi di cosce ignude, al massimo le si dice che sta esagerando. E che molti cuori ne potrebbero risentire. Già.

Avete mai sentito una donna avere un infarto e un colpo apoplettico dinanzi a un nudo maschile? No, perché le donne guardano poco l’aspetto fisico, sono prese dal fascino mentale.

Gli uomini invece perdono la testa come Christopher Walken de Il cacciatore dirimpetto ad Azzurra Verde. So io chi è Azzurra, è una da bollino rosso…

È così. Io sono un maschilista, ed è giusto che le donne siano femministe.

Well, meeting adjourned, gentlemen.

La seduta è tolta. Scambiatevi un segno di pace e scambiatevi se siete scambisti.

Basta che non mi rompiate u caz’.

Ho da vedere un film. Allora!

Poi, vogliamo mettere la scena in cui Stanley chiede a Mike se la sua donna gli piace?

Puro maschilismo alla Cimino, che divenne una donna.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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