Sì, non rammaricatevi se ieri avete preso una delusione incredibile, la vita vi sottoporrà a nuove sterzate, sferzate e ancora infierirà. Non si deve mai essere tranquilli, non è nella natura dell’uomo esserlo, e così infatti non deve essere, altrimenti ci si rammollisce, ci si siede sugli allori… e allora si perde qualsiasi sogno e s’insegue solo l’avarizia mentale, ci s’impigrisce, si poltrisce ed ecco che ci si smania per un bel culo postato, ma non tanto posato, su Instagram. E perdiamo le nostre unicità, compressi non ci esprimiamo e siamo costipati nel delirio carnascialesco di massa, in questa beatificazione del frivolo più sconcio e volgare, e la poesia vien svilita e noi, uomini di altra categoria, adempiamo a precetti falsi per non scontentare nessuno, ma soprattutto rendendo infelici noi stessi. Perché abdichiamo, resi dal pensiero comune arresi, e ci sperperiamo nel bieco porcile, rinunciando ai nostri desideri anche proibiti. Ma che vuole quel prete? Suvvia. Venga con me a cacciare questi vampiri.
Sì, sabato pomeriggio son stato assalito da una delle mie crisi depressive ma, fortunatamente, in mio soccorso son sopraggiunti tanti veri amici, veri anche quando solo “virtuali”, a darmi manforte, a sollecitarmi e a far sì che la più oppressiva inerzia non mi conducesse fuori strada.
Al che, ecco che spunta una ballerina, a mio avviso poco rinomata, indubbiamente molto piacente, con un paio di gambe da infatuarti, da renderti infartuato. Ma, anziché sollevarmi, nonostante ammetta che la sua foto mi ha non poco eccitato e dunque me lo ha alzato, ha abusato della mia momentanea sofferenza, infierendo con bieche e pusillanimi insinuazioni. Urlandomi che dovrei vergognarmi quando espongo il mio dolore dell’anima perché noi uomini occidentali non possiamo permetterci di piangerci addosso e compatirci. Perché ci sono persone, come sua madre, che sono allo stato terminale del Cancro, e i bambini muoiono di fame nel terzo Mondo. Ecco, credo che questa retorica ricattatoria sia cancerogena, da estirpare. Non bisogna scherzare sulle afflizioni psichiche, lo trovo, questo sì, infame e turpe. Esistono vari livelli di sofferenza ma la sofferenza mentale è la più schernita, derisa, oltraggiata e vilipesa. E a molti par lecito, quando invero è sconcissimo, ledere le sensibilità altrui, nel rimproverarle con dubbio gusto, con mancanza di tatto, con lapidario giudizio facile e balzano. Poi qualcuno potrebbe di rabbia sobbalzare e farsi travolgere da brutte idee. Ed è così che si scatenano gli orrori, non ci si apre al confronto, s’ingenerano i fanatismi ideologici, ci si barrica nelle fatue convinzioni, ci si trincera nel pregiudizio più immondo.
Ora, mi è passata… ma tante volte si è profittato della mia pazienza dietro il paravento di un ingiustificato vantaggio psicologico per mettermi poi nelle condizioni di reagire con maldestra scelleratezza. E ancor delle mie furie tempestose patisco le stigmate… molta gente è cattiva e va perdonata, non bisogna permettere che l’assurdo, abominevole gioco delle prevaricazioni e delle angherie continui oltremodo. È invece un dovere morale, perfino mortale di noi uomini combattivi non far sì che le malignità e le diffamazioni calunniose possano prendere il sopravvento. Altrimenti, si vien sopraffatti dallo sconforto più sconcertante, ci si paralizza nella disistima e si dà credito alle dicerie e al vocio miserabile e stronzo. Non possiamo metterci alla stessa stregua dei maialini…
Debbo ammettere che, checché se ne dica, tante volte crollai, a pezzi mi dissanguai, atterrito fui invaso addirittura da pensieri suicidi, pensieri che insudiciarono il mio amor proprio e, nel mio cedimento, nel mio conceder che tali ingiuriosi affronti dilapidassero la mia anima, mi spazientii e offrii ancor più motivi per insultarmi. Credo sia nella mia indole pacifica tener sempre tutto dentro e poi esplodere. Tanto che poi, nella deflagrazione, si può diventar passibili di colpe e castighi imbecilli.
La vita prosegue e io non me ne dolgo, anzi, a ogni cantar del gallo son sempre più ammalato… di gaudio, e romantico nitrisco ancor più amando il nitrato… d’argento.
No, non dobbiamo incancrenirci né farci le condoglianze da soli e da stolti, non dobbiamo smarrirci, non dobbiamo impoverirci, soprattutto nel cuore e non dobbiamo farci abbindolare dagli invidiosi. Sì, all’origine spesso delle offese e delle ghettizzazioni del nostro intimo valore vi è l’invidia, questo sentimento meschino sputato in faccia di solito a chi è più fortunato, più bello e più capace. Tanto che se abbocchi a questa pusillanimità rischi davvero di diventare brutto, sporco e cattivo.
Mi piacerebbe dar retta a chi, per sfregio, vorrebbe farmi credere che dovrei nascondere il mio viso ma, con sommo dispiacere suo, devo fargli constatare che il mio faccino ha una certa presa sull’altro sesso. E le donne rimangono ammalate, no, ammaliate dal candore trasgressivo del mio libero uccellino…
Lo so, vorreste che lo segreghi e m’infligga pene… invece lui, sì, amoreggia con sano lindore, cremoso e aromatizzato di morbido, fresco e duro odore, un bel fiore, un limpido lindore… e che sudore…
Sì, non date retta alle versioni ufficiali delle storie… c’è un’umanità più “invisibile” ma più stimolante… che non ha paura di prendere una videocamera e avventurarsi a tarda notte nelle periferie fatiscenti e filmare tre amici vestiti da barboni per ricreare atmosfere da 1997: Fuga da New York.
Adesso, porto gli occhiali. Già ci vedevo molto bene prima, adesso la mia vista sa cogliere ogni sfumatura malata di malevolenza e schiva, non più delle oscenità schiava, queste psicologiche violenze, queste lobotomie fasciste, con aplomb da uomo che, in barba ai cretini, sa grattarsi la barbetta e sa far la ceretta e il culo… un po’ a tutti, siamo sinceri. So anche “sgattaiolare”, non nel senso di scappare, ma in seno… allo spassoso scopare. Ah, che gattone. E abbino il trombare allo sgobbare da vero operaio che trivella.
Non spegnete i ceri, questa notte è nostra…
Ne vogliamo parlare di questo film mai realizzatosi? Cazzo, aveva un potenziale devastante.
di Stefano Falotico
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