Archive for May, 2018

Lazzaro felice: anch’io rimembro i tempi olmiani del mio uomo “semplice” depalmiano


14 May

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Mi giunge voce, anzi, mi giungono voci attendibili che questa pellicola della Alba Rohrwacher sia ottima da “socmel che filmone”, ah, la Alba, come dicono a Bologna, sì, davanti a un nome proprio, soprattutto femminile, i felsinei usano l’articolo determinativo o la preposizione articolata, tanto per personalizzare persone che invero spersonalizzano.

Mi ricordo la mia insegnante delle medie, di nome faceva “la” Delfina, sì, come il mammifero col più alto quoziente intellettivo dei mari anche se lei si sposò alla Geologia e ha mai saputo placare i suoi terremoti emotivi. Udivo dei litigi sconquassanti tutto il palazzo fra lei, il marito e i figli. Codesta donna instabile abita nel mio stabile e ogni volta che c’incrociamo lei finge di non vedermi, perché tradii le aspettative che serbava nei miei riguardi. Sì, lei m’indusse a iscrivermi al Liceo Scientifico ma la matematica, in verità, poco tutt’ora si addice alla mia anima umanista. E così, anziché prendere l’ascensore, resto appiedato. La storia della mia vita.

Sì, peraltro sono anche un impressionante impressionista, un espressionista molto espressivo, un cubista che adora i culi delle cubiste, ché disegnano fantasie proibite sghembe, desiderose di entrar nelle loro da me ambite, poco lambite gambe, à la Picasso di smanioso ca… o schizzante come un pennello di van Gogh, un futurista amante di Miami Vice, anche della versione con Colin Farrell, un realista, un surrealista, un simbolista, in passato un fancazzista, domani chi lo sa… forse ancora un nobile d’animo ma povero come un contadino troppo passatista, retrogrado e però alienista. L’alienista non è un alienato, informatevi, bensì uno psichiatra che cura le vostre malattie mentali. Sì, vedo molti malati in giro, malati di boria, di arroganza, soprattutto di panza. Gente che pensa di vincere le palme d’Oro filmando il didietro di Giorgia Palmas come lo vedrebbe Michael Caine di Vestito per uccidere di Brian De Palma. Sì, dei maniaci guardoni ch’eppur ti squadrano come una sequenza al cardiopalmo de Gli intoccabili. E ti considerano sfigato e si toccano. Ora, ne vogliamo parlare dell’omaggio depalmiano de La corazzata Potëmkin, miei fantozziani che sparate sul prossimo delle cagate pazzesche? Ho scritto cardiopalmo, sì, si può dire, è maschile quanto cardiopalma che ha una “desinenza” come quella delle donne in menopausa, di a finale aspirata, “svenevole”, sì, (av)viene quando la scena è “bollente” come una vampata da ex zoccola. E la tachicardia aumenta all’unisono fra un Andy Garcia con la pistola in mano e un Costner che non sa che cazzo fare. Capolavoro!

Sì, un tempo fui un lazzarone, poi risorsi come Lazzaro, miei poveri cristi.

Ma ancor vago per le campagne anche in Campania e so campanare non ascoltando più le “buone” campane. Ma scopandomi perfino, forse non finemente ma finalmente, quelle calabri. Come un colibrì volteggio di qua e di là, inafferrabile e inchiappettante con far da stupido andante, da rincoglionito “tonante”, ma so “suonarle” con occhio strabico da pesce lesso in mezzo a questi bolognesi di s come sci (de)ragliante. SCEI andato al mare? No, sei andato a valle. Ah ah.

In fondo sono irresistibile, infatti talmente non resisto a me stesso che non esisto. Eppur non esito…

E fra un’inculata pazzesca e una botta dritta me ne fotto.

Sono un uomo difficile più dei dolly di Brian. Però quante dolls! A te questa vita dolse? A me non duole, lei ne vuole. E “alto” vola”.

 

 

di Stefano Falotico

The House That Jack Built e la casa che mi sto costruendo io, nonostante in molti la smontino, io la rimonto


14 May

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Sì, von Trier è un acclarato venditore di aria fritta, un incontestabile smerciatore di fumo negli occhi, cioè uno che nei suoi film sostiene “tesi” senza fondamento/a, prive di qualsivoglia spessore. E racconta di donne cieche la cui indomita volontà di vivere le salva dall’autodistruzione, di ninfomani e uomini al jeu de massacre, e adesso di un serial killer, chiaramente ispirato a Jack lo squartatore, che ha “costruito” la sua casa con le viscere delle sue vittime, coi pezzi sbranati, dilaniati, a lor volta spezzettati delle sue stesse brutalità abominevoli. Ed è fiero, terribilmente perverso nel fingere una normalità che probabilmente non ha mai avuto dalla nascita, sgattaiolando nel silenzio e coprendosi dietro la maschera rispettabile dell’impassibilità meno sospettabile.

Una vecchia barzelletta dei miei tempi recitava… sapete perché invitavano Jack lo squartatore alle feste? Perché portava sempre con sé dei gran pezzi di figa.

Una battuta di rara freddura e raccapriccio, da mettere i brividi, partorita da paninari che adoravano doppi sensi ovvi e scontati come il peggior Cinema di von Trier.

Perché vi piace von Trier? Perché dice la verità in maniera, appunto, nuda e cruda? No, ribadisce luoghi comuni atroci e li “stigmatizza” in riprese scarne, ossute oserei dire, che arrivano al “nocciolo della questione” con pochezza espressiva degna di una videocamera 8mm. Tant’è vero che quando cerca di essere patinato è ancor più finto e alcune sequenze iniziali di Antichrist assomigliano indubitabilmente a uno spot di Lancôme.

Ma quanto da me asserito con tale sfacciato orgoglio potrebbe anche non essere vero perché chiunque, anche Paolo Mereghetti che bellamente stronca quasi sempre Lars, vive di quotidiane finzioni. Dunque la verità, possiamo affermarlo puntualmente, non esiste. Non è di questo mondo e chi si è illuso di averla trovata è più scemo di quello che in effetti stringi stringi è, parafrasando Oscar Wilde secondo il quale l’abito invece fa eccome il monaco.

Se vedi uno per strada che elemosina le possibilità sono due: o sta girando un film sugli homeless oppure è un povero mendicante “realisticamente”.

Come quelli sposati che, visto che temono il divorzio e hanno ora dei bambini da educare, ammettono falsissimamente che loro non guardano più i porno né si recano su Instagram a contemplare i bei culi perché sono “cresciuti” e hanno da fare… cose più “serie”.

Volete la verità? Sono i primi, questi moralisti osceni, ad aver le mani “sporche”. A vivere di perversità che semmai non si esplicitano in purezze fatte di atti impuri ma di sconcezze immonde nella vita di tutti i giorni. Perché costoro emarginano chi non la pensa come loro, sono sempre restii a ogni forma d’innovazione e cambiamento, sono i più stronzi conservatori di un mondo da lor stesso creato e reiterato di azioni meschine, spettegolanti, piccolo-borghesi fradicie, invero assai scostumate perché rinnegatrici della giustezza e dell’equità, della democrazia e della libertà Maniaci indagatori del prossimo, spioni e sostanzialmente coglioni. Esorcizzatori dei loro abomini esistenziali nel rinfacciare agli altri le stesse “colpe” di cui loro sono i primi rei non confessi.

Sì, sono come Samuel L. Jackson di Pulp Fiction… Questo mi piacerebbe. Ma questa cosa non è la verità. La verità è che tu sei il debole, e io sono la tirannia degli uomini malvagi. Ma ci sto provando, Ringo, ci sto provando, con grande fatica, a diventare il pastore.

Ah, fratello carissimo, è una società piena di psicopatici. Ma vedi di non fare la morale a me. Io sono l’incarnazione vivente di tutto ciò più lontanamente possibile dal male. Quindi, per carità, per l’amor di Dio. Vedi di rompere il cazzo a chi se lo merita. E ora vedi di levarti di culo, figlio di puttana, o ti prendo a sprangate e t’infilo il tuo crocefisso ove dico io. Ah ah. E lasciami amare questa Thurman che, cazzo, sarà pure magra, ma ha un paio di tette che neanche la mongolfiera ne Il giro del mondo in 80 giorni…

Cristo, adesso Ethan Hawke gira First Reformed, film trascendente, ma Dio lur… o p… o non deve aver molto trasceso con Uma…

E questa è la verità, per la Madonna.

Adesso scambiatevi un segno di pace e, se la Thurman con voi ci sta, “beneditela”.

 

Ora, direi che dovreste rileggere il titolo di questo post. Ridete, ridete pure. Ah ah.

Intanto me la ingroppo.

 

 

di Stefano Falotico

 

 

Attori bolliti: Kurt Russell


12 May

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Era ovvio che dovesse capitarmi a tiro il grande Kurt, che io qui sberlefferò con brio e sano sadismo. Ma come? Vi chiederete stupefatti voi. Proprio ora che è giunta notizia che sarà nel prossimo film di Quentin Tarantino, Once Upon a Time in Hollywood, in un parterre che comprende gli altisonanti nomi di Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Margot Robbie, degli immancabili Tim Roth e Michael Madsen, e del redivivo, ultra-ottuagenario Burt Reynolds? Eh sì, proprio a maggior ragione, aggiungo io, rincarando la dose.

Perché al di là di Tarantino, che lo resuscita saltuariamente, Kurt Russell è praticamente scomparso da Hollywood e da anni arranca, con volto rubicondo e pacioccone, consolandosi con l’altrettanto attempata sua compagna storica, Goldie Hawn.

Ma andiamo con calma…

È nato in Massachusetts il 17 Marzo del 1951, esattamente a Springfield, amena località da non confondere con l’immaginaria cittadina della sitcom animata più famosa d’America, I Simpson.

Fra le tantissime particine da giovinastro scapestrato, è da menzionare almeno in quel periodo la sua prova pimpante ne Il computer con le scarpe da tennis, un film che già dal titolo è tutto un programma.

Quindi, come tutti sappiamo, diventa straordinariamente l’attore feticcio di John Carpenter, la faccia rozzamente nichilista che fa proprio al caso del regista di Halloween. Come dimenticarlo d’altronde nei panni di Jena Plissken nel capolavoro 1997: Fuga da New York e nel suo sottovalutato sequelremake Fuga da Los Angeles, ne La cosa, e come Jack Burton in Grosso guaio a Chinatown, senza trascurare il suo Presley nel tv movie Elvis, il re del rock?

Un attore inclassificabile, che gira soprattutto film, come si suol dire, gagliardi, per encefalogrammi forse non del tutto piatti ma comodamente in vacanza spettacolare, come Tango & Cash con Sylvester Stallone, il tronfio e pomposo Fuoco assassino di Ron Howard, il teutonico e indigesto Stargate di Roland Emmerich, il bel Breakdown di Jonathan Mostow e l’ottimo Indagini sporche di Ron Shelton.

Nel mezzo tanta robetta, dalla stupidaggine “cultUna coppia alla deriva di Garry Marshall con la sua consorte Hawn, all’ibrido Tombstone di George Pan Cosmatos (sì, il regista di Rambo 2 – La vendetta), da Gente del Nord di Ted Kotcheff (sì, il regista invece del primo e validissimo Rambo, First Blood) ad Abuso di potere di Jonathan Kaplan, e poi altri filmetti mediocri o solo sbagliati, La rapina, Poseidon…

Molti lodano la sua prova in Miracle ma invero io vi dico che è fenomenale anche nel film per bambini Dreamer – La strada per la vittoria.

Insomma, si è capito che tutto sommato mi sta simpaticissimo?

Detto ciò, mi fa tristezza che ora che è âgée lo voglia solo Tarantino.

Con lui ha appunto lavorato in Grindhouse, nel suo episodio A prova di morte, in The Hateful Eight e, se tutto andrà secondo i piani, nell’ultimo in dirittura d’arrivo.

Non mi accontento solo di un Tarantino spregiudicato che risveglia i “morti”, pretendo da Kurt di più. Molto di più.

 

di Stefano Falotico

Chi non ama La cintura di Soler è un idiota, non ci piove, e a lui pioverà per sempre


12 May

Soler

La Bamba

C’è un uomo spagnoleggiante, con una faccia da culo esorbitante, roba che Gastone della Disney gli fa un baffo perché lui indossa una barbetta incolta da vero freelance, o freelancer se preferite, uno che deve vivere in vacanza da una vita come me e sbattersene altamente di ogni ideologia comunista, fascista, di ogni fottuta mentalità bacata, di ogni regola assurda, di ogni manicheismo e servile ecumenismo. Egli cazzeggia a tutto andare e trolla alla grandissima. Godendosela tutta.

Sì, ogni Estate sfonda… al ritmo della sua musica bollente che invoglia a spogliarsi, a prendere una donna e darci dentro senza sosta, semmai in riva al mare quando le stelle brillano frizzanti, immergendo la lor luce rischiarante, rincuorante e infuocante in cocktail ficcanti… ed è tutto uno scodinzolare, un animato animalizzarsi, un infoiato, appunto, scaldarsi e fottersene…

Prima El mismo Sol, poi Sofia, adesso il suo capolavoro assoluto, La cintura.

La classica canzone talmente bella ed euforica che subito è stata presa di mira da qualche cinico che l’ha parodiata e sberleffata. Sberleffata, sì. Non conosci questo termine? Significa che sei già al termine del viaggio, non della notte, perché solo gli uomini che hanno visto l’inferno, quelli alla Céline, hanno toccato con mano la brace dissipante della malinconia più atroce, solo coloro che si son maciullati nudi e crudi nel tormento esistenziale, possono ascendere paradisiaci alla beatitudine sovrana. E suonare, far all’amore all’impazzata, mandando a culo ogni moralismo bastardo, ogni perbenismo fatuo, ogni altra stronzata.

E ogni altro frocio che te lo vuol sbattere in quel posto.

Questa faccia da sberle, in senso lato e anche lato B, questa faccia di cazzo incredibile ha un nome: Álvaro Soler.

Ed è come me. Se non ti piace, ficcati Leonard Cohen e stai in orecchia, mio ricchioncello.

E quando il coro innalza y bajando, bajando… tuffatevi.

Già, io sono proprio questo. E mi dispiace per chi aveva pensato cose immonde sul mio conto, significa che del mondo non ha capito una beneamata minchia. E sarà dunque pure eunuco.

– Sai, credo ti sbagli. La vita non è metodico adempimento a un lavoro in cui bisogna spaccarsi la schiena, dunque sofferenza cognitiva, continua ricerca della verità, ostinata indagazione profonda?

– Sì, per te è così. Perché sei un ritardato. E mi dispiace.

– Cosa vorresti dire? Che dovremmo essere tutti superficiali?

– No, profondissimi, praticamente urlanti.

– Sì, ma sei sempre nella merda eppure ti diverti.

– Sai, io, come tutti, domani potrei anche morire. E allora che val la pena darsi pena? Diamo pene alle donne.

– Dico, come si fa ad amare una canzone con un testo così cretino? Ci sono le guerre, i poveri di carestia, e questo Soler balla da belloccio. Inammissibile.

– Sì, mi spiace che la tua donna voglia da te solo una posizione sociale. Le spiego io altre posizioni.

– Tu sei un idiota. Non devi avere proprio un cazzo da fare.

– Sul cazzo da farsi, non sono affari tuoi. Idiota? Per molto tempo ho creduto fosse così. Io adesso invece penso che gli idioti siano i masochisti. Ti do questa martello. Continua a martellartelo. Vado di là, a tambur battente con quella là. Ciao. Quando hai finito di fare l’esegesi sul nuovo film di Weerasethakul, ti dirò bravo…

– Ah, tu sei uno da Spagna o Francia basta che se magna.

– No, da spagnola con bacio alla francese. Salutami tua sorel’!

– Soler?

– No, sorella. Caro fraterello.

 

 

di Stefano Falotico

Caro diario à la Moretti, Ladyhawke


12 May

Ladyhawke Hauer

Sì, la mia vita è sempre stata segnata impunemente da una maledizione. Come Rutger Hauer in questo film bellissimo, in questa favola senza tempo, appena scocca qualcosa di luccicante e rifulgente nella mia vita, ecco che vengo intrappolato e obliato dal mio stesso buio esistenziale, e allora divento dark, scrivendo libri noir, e accomodandomi a una malinconia imperitura, duratura, ferente e affliggente. E mi sfuggono le bionde suadenti alla Michelle Pfeiffer in questa spettrale rifrangenza, cosicché addebito la colpa sempre a sfortunate circostanze, a lapidari, estemporanei brutti frangenti.

E mi perdo nella dimenticanza dei miei stessi abbandoni, lascivo lascio trafiggermi dalle asce di un tempo sfuggente e, come Hauer in Blade Runner, quasi ogni sera prima di prender sonno rammemoro il famoso, finale suo monologo, dissipandomi nella sconsolazione, e osservando la colomba bianca dell’aquilotto che sono in mezzo a un mondo di tontoloni e pecoroni. Poi, al mattino dopo, mi risveglio perché ancor non son morto, e faccio lauta colazione, deglutendo un morbido cappuccino che è cremoso quanto un bacio pugnace alla Pfeiffer da me sempre bramata, perché solo nella fantasticheria più romantica l’uomo è davvero grande e respira l’odore della vita pura e dorata, non ancor intorpidita dalle corruzioni adulte, dai tradimenti adulteri, dalle invidie e dai pettegolezzi, da quest’imperioso obbligo che è il borghese, impiegatizio lavoro. Sì, son sempre stato io quello grande, in mezzo a un’umanità ruffiana di leccaculo, di donnette che trascorrono otto ore in ufficio, sette delle quali le occupano a bere caffè, a leggere riviste “scandalistiche”, a girarsi i pollici, smaltandosi le unghie, ad accavallar con malizia le gambe per ottenere promozioni, a chattare su Facebook, a sognare un divo di Hollywood che le porti via dall’orrenda lor esistenza pigra e putrescente.

Nella mia vita per la mia radicalità, per non esser mai sceso a compromessi con nessuno, mi son beccato le patenti più abbruttenti, infamanti e calunniose. Da adolescente, un idiota mi apostrofò con impertinenti allusioni davvero riprovevoli.

 

– Sai che assomigli a Erasmo da Rotterdam? Mente fervida e fantasiosa, ma fu diagnosticato pazzo.

 

Ah ah, che ridere, quante bazzecole e immonde maldicenze ho dovuto sopportare, oh, che tedio e che angoscia resistere alle crudeli congetture falsissime sulla mia persona, grazie alla mia elevata signorilità smentirle. Quando si è troppo signori, si vien presi per coglioni o peggio per buffoni, ma che altro puoi fare dirimpetto a tanta superficiale arroganza se non sbuffare, fumare e aspettar che ogni lercia bugia, allo sciogliersi della verità della tua anima autenticamente sincera, sfumi e si sghiacci come neve al Sole?

Oh, mio Sole. Sì, adoro le donne, ne vado matto, a proposito di pazzia…

E perché mai dovrei andare a vedere il film Manuel quando posso immaginare notti d’amore succose con la Sylvia Kristel di Emmanuelle? Sì, Kristel, sono un povero Cristo, nelle tue gambe perdutamente cristallizzami, verrà… lo sgocciolio del mio duro cuore in te incarnato, incastonato, incanalato, infilato e compenetrato, ma presto ancor mi rizzerò per nuove, prelibate effusioni sanguigne nell’erigerti tutto il mio giammai spossato ardore.

Sì, vado da una psichiatra e lui ride di me come Jeremy Irons con De Niro in Mission…

– Dottore, perché ride? La sua risata è una derisione.

– Rido, perché vedo di che ridere…

 

Sì, Irons rivolge a quel De Niro inconsolabile le testuali parole, riguardate il film.

E lo psichiatra rise, rise di gusto, e poi mi disse:

– Rido perché non sai chi sei o, se lo sai, sei un mentitore della tua grandezza per far felici i mediocri. Così i mediocri potranno dire… ah, ora è contento, ha un lavoretto, una ragazza con cui “scalda” le sue tristezze momentanee, e dunque è normale. Tu non hai bisogno di essere normalizzato. Lasciamo il concetto di normalità ai poveri imbecilli. Nessuno può offrirti soluzioni curative, perché tu non soffri di niente, se non dell’immensità della tua anima che, per sua natura inquieta e tormentata, è giusto che talora, a tali ore, talvolta o anche a tavola, si spezzi, si dilani, si arrabbi e polemizzi, è giusto che viva perché sei vividamente vivo. Nessuno può offrirti garanzie pedagogiche perché l’educatore sei tu in mezzo a questi pagliacci edonistici, a queste persone doppie e ipocrite, potresti illuminarli sul Cinema, sulla poesia, sulla Letteratura che l’imbarbarimento odierno sta spazzando via, e nessuno può offrirti “sanazioni” progettuali, perché tu sei il progetto di te stesso. Lascia ai palazzinari e agli ingegneri arricchitisi i loro castelli di cartapesta. Dedicati alla tua anima, innaffiala ogni giorno, non spegnerla né irreggimentarla in basamenti fallaci dell’ego, non “sovrastrutturarla”, ma sguinzagliala con obiettiva ponderatezza, e poi con energica destrezza.

Hai capito quello che ti ho detto?

Non combinar malestri ma sii, eccome, ambidestro, sfodera colpi mancini agli stronzi e ai bugiardi, e con lesta prontezza usa un gancio destro di genialità, sferrato agli uomini di scarsa attendibilità.

 

Oh, conosco invero io la realtà più di tanti uomini di finta volontà.

E voglio raccontarvi questo. Nel 2005, se non erro, io che errante son appunto errabondo ma non cagasotto come Don Abbondio, erroneamente a una ragazza mi posi ma alla fin fine non glielo porsi. Porsi, passato remoto di porgere, non porgetti, ma quali progetti! Presi il treno e andai ancora a Roma. Lei mi aspettò alla stazione e io mi presentai indubbiamente fuori forma, con una discreta pancia e un alito da birra. Ma lei fu molto graziosa e non mi offese, anzi, mi fece entrare… in macchina, dicendomi di affrettar le cos(c)e perché doveva poi andar a goder della Notte Bianca.

Ho detto tutto.

– Scusa, tu ti sei fatto tutti questi chilometri solo per scopare?

– Sostanzialmente sì. Ma ora che t’ho visto dal vivo credo che andrò a dormire…

Perché io dormo sempre, anche quando sono più sveglio di tutti.

Sai, adesso potremmo davvero scopare. Poi tu potresti innamorarti, al che t’ingelosirai e mi perseguiterai come Glenn Close di Attrazione fatale, e questo splendido momento fatato sarà orribilmente deturpato e sciupato.

 

Sì, più i miei coetanei invecchiano e più diventano brutti, soprattutto nell’anima. Io più invecchio e più ringiovanisco, soprattutto nell’uccello. Uccello libero, un falco, non un falso, uno come Lincoln Hawk.

 

di Stefano Falotico

 

 

Stallone Over the Top

Non tutti possono essere fan di Kurt Russell


11 May

Fuga da Los Angeles

Eh sì, il buon vecchio Kurt a cui dedicherò un post della “categoria” Attori bolliti, già da me opportunamente scritto ma in attesa di essere redatto, pubblicato, forse “redarguito”, ah ah. Eh sì, voi siete sempre pronti a redarguire le persone e gli attori, ma attenti ad ammonire, non espellete neppure sin a quando l’arbitro non ha esternato il cartellino rosso della vostra invalidità e dello scarso fair play del vostro sporco, lurido gioco, o forse “giogo”.

Sì, la dovremmo finire di catalogare le persone e plastificarle in questo mercimonio che è diventata tal vita edonistica e io dico impropria. Russell non ha mai rinnegato di essere un computer con le scarpe da tennis, sì, come me, che veste casual e non addebita alla gente, al primo che passa, crediti causali. Sì, lei è uomo, glielo dico e s’informi, che vuole addivenire, addivenire alle ragioni che stanno dietro una carriera che poteva avere più fortuna. Sì, lei è un dietrologo del cazzo, veda di far della “dietrologia” alla sua compagna e lasci pure che Kurt si sbaciucchi la sua attempata Hawn Goldie in campagna, perché è uomo bucolico, che spenna ogni pollo… una faccia da contadino zotico amatissima da Tarantino, uno che in Grindhouse mangia un hamburger alla piastra con tanto di piluccata di mani lercissime. Una creatura da Rob Zombie, un salsicciotto vivente spuntato fuori dalla cucina zozzissima di Jeff Fahey in Planet Terror.

Un terragno, un uomo che va dritto al sodo e canta con la sua bella come Elvis, il re del rock.

Care iene, con la J di Juventus, lui è ancora più Snake e mangia lo Snickers caramelloso dei vostri film “marmellata e slinguazzata”. Sì, slinguazzata è italiano puro, purissimo come un amplesso al cioccolato. In forma gergale, forse anche gutturale, è un bacio profondo che ti scioglie in gola e ti entra in culo soffice e cremoso…

È una pomiciata da manico di scopa…

A parte le stronzate, e Kurt ne ha girate tante, vedi Tango &…, fottutosi solo per avere cash…, Kurt è un fallito totale, e tu vedi di riorganizzare la cache del tuo cervello sbullonato, alza la “cloche”e infilalo in mezzo alle cosc’! Sì, è proprio una bella gnocc’!

Sì, Kurt è esperto di puttanate quanto io son provetto di onomatopeiche e giochi di lingua…

Sì, oggi è anziano. Sì, utilizziamo il termine giusto, anziano. Ma quale âgée, parola che come la scrivi la scrivi il tuo word ti darà errore. Che orrore queste donne “raffinate” che hanno paura della vecchiaia e per darsi un tono usano francesismi. Eufemismi per non dire a Kurt che è rincoglionito da un bel po’.

Sì, le vedo sfilare semi-ignude e poco asciutte su Instagram, in attesa di Un grosso guaio a Chinatown, del loro Jack Burton che le svecchi, appunto, da vite oramai rammollitesi e da segretarie “tu mi stufi”. Sì, van eccome “stufate”, in maniera arrostita, quasi come un roastbeef bisogna far loro delle “indagini sporche”.

Kurt è uomo rozzo che non sa che si può dire ròsbif oppure ròsbiffe o rosbìffe.

Non è fornito, ma un nichilista carpenteriano e fa saltare tutte le luci. Sì, lui sa che questo mondo sta andando a troie, allora spengiamolo, da spengere.

Voi siete uomini da spingere? Vedete comunque di non rompere il cazzo. Soprattutto il vostro.

– Falotico, lei è pazzo, lo sa?

– Sì, e lei è un tonto, lo sa? O vuole che la raddrizzi io?

Dark Blue Russell

 

 

di Stefano Falotico

Attrici bollite: Sharon Stone


09 May

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Ebbene, sto offrendo una panoramica, spero divertente, corrosiva, irriverente e un pizzico sadica, invero lucidissima e profondamente obiettiva, sugli attori che considero oramai al capolinea o che forse saranno salvati in extremis, per il rotto della cuffia, come si suol dire, da qualche grande cineasta particolarmente magnanimo che offrirà loro il ruolo della perpetua salvazione per redimerli da una carriera finita “in prescrizione”, o nella dannata, più sconcia perdizione.

Oggi però voglio parlarvi non di un maschio, bensì di una delle esponenti più egregie, si fa per dire, del gentil sesso hollywoodiano, la mitica, imbattibile, sempiterna e benemerita Sharon Stone. Colei che, a mio avviso incarna ineludibilmente uno dei più ignoti, inconcepibili misteri dell’umanità. Sì, perché Sharon Stone, a distanza di quasi trent’anni dalla pellicola che ne ha decretato il suo fenomeno e l’ha resa popolare in tutto il mondo, ovvero Basic Instinct, a eccezion fatta del capolavoro Casinò di Martin Scorsese e del bizzarro e interessante Pronti a morire di Sam Raimi, possiamo asserirlo platealmente, senz’ombra alcuna di dubbio, deve la sua celebrità al semplice fatto di essere celeberrima per ragioni che a me sfuggono. Come sfuggirebbero a chiunque dotato di senno. Bastano tre quattro film per elevarla intramontabilmente a star planetaria?

Sì, la signorina Sharon Stone, nata in Pennsylvania il 10 Marzo del 1958, esordisce con Woody Allen in uno dei suoi film meno riusciti, Stardust Memories, ma nessuno si accorge di lei perché nel film è soltanto una mezza comparsata del tutto superflua e accessoria.

Al che gira filmacci che siamo sicuri che esistano solo perché vengono contemplati da IMDb o su qualche vademecum delle filmografie attoriali, roba indegna e terrificante come Allan Quatermain e le miniere di re Salomone (il regista John Lee Thompson qui era ai minimi storici), Gli avventurieri della città perdutaScuola di polizia 4Ossessione d’amore, e gli sfacciati b movie Action Jackson con Carl Weathers (sì, Apollo Creed) e Nico con Steven Seagal!

Al che la sua bellezza viene notata e le danno spazio maggiore Paul Verhoeven con Atto di forza e John Frankenheimer col suo film più brutto di sempre, L’anno del terrore. Nel mezzo ci sta un’altra schifezza, Scissors – Forbici.

Al che sempre Paul Verhoeven, dopo aver offerto la parte da protagonista a Julia Roberts, Geena Davis, Kim Basinger e Meg Ryan, e ottenendo puntualmente i loro no secchi, non sa più a chi rivolgersi, e allora sceglie ancora, memore di Total Recall, Sharon Stone, per il suo epocale, “scandaloso” Basic Instinct. La Stone, della quale si vocifera che all’epoca avesse una tresca segreta proprio con Verhoeven, accetta senza batter ciglio. È un ruolo rischioso, deve spogliarsi con generosità (anche se in molte scene “hard” userà la controfigura), non aver paura di niente, deve gettarsi a capofitto in questo thrillerino erotico sopravvalutato, concedendo le sue grazie voluttuose all’impertinente e pruriginosa macchina da presa, e girerà sfrontata e disinibita la famosa scena dell’interrogatorio senza mutandine… Al che, scoppia la Sharon mania. Gli uomini vanno matti per questa donna, il film diventa a sorpresa un campione d’incasso stratosferico per gli standard dell’epoca, considerando il budget relativamente basso, e la Stone trionfa sulle copertine più platinate dell’intero globo.

Sì, a lei è bastato maliziosamente accavallare le gambe per diventare una diva e un sex symbol indiscusso.

Al che, anche se in maniera decisamente più pudica, si spoglierà ancora per l’ignobile Sliver di Philip Noyce e per il filmetto Lo specialista con Sylvester Stallone. Ma, come detto, Raimi e soprattutto Scorsese vengono folgorarti da costei e dalla sua magnetica bellezza, e fanno carte false per averla. Scorsese le dà un ruolo magnifico nel suo altrettanto indimenticabile Casinò e la Stone sfiora l’Oscar.

E poi? Il buio, o quasi. Tantissimi film, due nomination ai Golden Globe regalate per Basta guardare il cielo e La dea del successo, lei che imperterrita continua ad andare al Festival di Cannes pur non avendo nessun film in Concorso e nemmeno nelle sezioni collaterali, giusto per farsi fotografare, per puro sfoggio esibizionistico, per spicciola mondanità futile e triste, e macina innumerevoli pellicole che, ripeto, veniamo a conoscenza che “sussistano” perché menzionate nei dizionari.

Insomma, un’attrice con all’attivo 140 film circa interpretati, tra fiction, camei o soltanto lei che fa da voce narrante o presta le sue corde vocali a qualche personaggio animato.

Ha avuto un ictus, e sinceramente ce ne dispiacciamo. Ma dobbiamo davvero crederle quando sostiene che prossimamente tornerà da regina incontrastata? Uscirà con un film di Scorsese misteriosissimo, ma non sappiamo se è un documentario, una retrospettiva, uno strano esperimento o qualcosa del genere, e giura che sarà protagonista di The New Pope del nostro Paolo Sorrentino.

Intanto sul suo profilo Instagram continua sciattamente a immortalarsi in lingerie assieme ai suoi cani barboncini o dalla parrucchiera con arruffata mèche.

Contenta lei…

In fondo, vecchia gallina fa buon brodo.

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di Stefano Falotico

 

Caro diario, quella faccia da culo di Josh Brolin, sì, sì, sì, ah ah, ancora


09 May

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Il nostro caro Thanos e Cable…

Uno dei miei più grandi rimpianti cinematografici è non aver mai visto completamente I Goonies. Ogni volta che lo trasmettevano quand’ero piccolo, resistevo sin quando i ragazzi sono nella caverna e ci son le cascate… poi, plof, mi addormentavo. Quindi, non ho mai saputo come finisse, dunque anche finisce. Sì, da piccolo non resistevo più delle dieci di sera, e crollavo a pezzi. Poi, mio padre mi afferrava dal divano e mi ficcava a letto ma, nel trambusto di questo suo atto delicato eppur turbolento, mi svegliavo e il film era già finito. Al che mi ricordo che non prendevo già all’epoca più sonno ed erompevo in pianti ininterrotti perché, all’epoca, non essendoci forse neanche le VHS, dovevo aspettare un anno prima che ridessero quel film. Sì, io son sempre stato sveglio. E una volta che ti sei svegliato, fratelli, son cazzi amari. Ad esempio, da bambino ricordo che guardavo con piacere Karate Kid e avevo già annotato quella gnoccona di Elisabeth Shue. All’epoca lei era abbastanza tozza e chiatta ma avrebbe smaltito e a metà anni novanta sarebbe diventata paurosamente figa. Sì, già volevo essere quel Ralph Macchio e darle la cera e toglierle la cera, “macchiandola”. Sì, ero una scimmietta come in Link, e la sbirciavo bella ignuda in bagno…

Sì, da adolescente fui uomo senza ombra, una specie di fantasma ma ricordo con chiarezza estrema quanto invidiai il nostro Brolin per averla in questo film di Verhoeven morbidamente e aggressivamente palpata. Sì, già a quei tempi avevo ribattezzato Josh, ancor prima che girasse il biopic su Bush di Oliver Stone, faccia da culo.

E da anni par che gioisca serenamente di quello di Diane Lane. Quando si fotografavano assieme, capisci lontano un miglio, dall’espressione radiosa del volto di Diane, che a letto Josh dev’essere uno che sa come farle capire che la sua zona erogena-erettiva non è un paese per vecchi… sì, fra le lenzuola Josh sospetto che soffra di uno spiccato “vizio di forma”, ben pronunciato, enfiato, di vasi dilatatori smisurato, un sicario che sa durare per ore intense e intere e poi, come nel film di Denis Villeneuve, sparare nel buio della notte quasi a raggi x. Un uomo a luci rosse, un mitragliatore! Un uomo forse cavernicolo ma dai potenti corpi cavernosi. Sì, i suoi amplessi scommetto che siano sequenze piene di azione e adrenalinica, coinvolgenti, che fanno respirare a Diane Lane la palpabile “tensione” con tanto di suspense prima dell’orgasmica “sparatoria”. Sì, Brolin sa aspettare il momento giusto per affondare il colpo stordente, che ti fa s-venire, ti lascia di stucco e tutta ti stucca. La Lane quindi va a farsi la doccia e ancor si trucca. Sì, il corpo di Brolin è duro come l’Everest. Massiccio, levigato, da Old Boy gigantesco come Golia. D’altronde era anche Nella valle di Elah.

In fatto di fighe, Brolin ci vede benissimo, comunque. Non è uomo che abbisogna di monocoli né gli danno da recitare grandi monologhi. Solo il Jeff Bridges con l’occhio bendato de Il grinta può sbatterglielo dove dico io.

Ora, ditemi la verità, poveri cazzoni. Se non ci fossi, bisognerebbe inventarmi.  Sono un uomo che conosce il Cinema meglio delle mie tasche. Ah, per forza, non metto mai mano alle mie tasche. Non c’è neanche un Euro eppur sogno le stelle che, al plenilunio, lievi carezzano di rifrangenza i laghi ghiacciati dell’Alaska e immagino donne sconfinate nelle praterie del West ove le inseguo da bufalo incazzato come in Balla coi lupi. A parte questo, un certo fascino alla Brolin nei confronti delle donne ce l’ho. Sì, è indubbio, inconfutabile, va detto. Una su Instagram ha messo la foto del suo lato B notevole in palestra. E io le ho scritto… ciao, contattami, ricevo solo dopo le 11 del mattino. Posso dedicarti una mezz’ora svelta. Poi ne ho dieci migliori più una mezza racchia che sarà una gatta da pelare. Tu devi fare sesso con me, lo devo a me stesso. Ah ah, che burlone che sono!

In verità vi dico che dinanzi a una biondona assumo una faccia da Dougie Jones…

Shue Effetto Black out Hollow Man

 

di Stefano Falotico

Il satiro totoiano, la felicità non esiste


07 May

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Non so se avete ascoltato l’intervista al grande Totò di un giornalista dell’epoca, la trovate sul Tubo…

– È contento lei, oggi, Principe?

– Io? No.

– Perché?

– Perché ognuno ha la sua croce. Anch’io avrò qualche croce. Croci intime, croci che tengo nascoste. Che la gente non sa… Ma tutti le abbiamo.

– Certamente. Ma qualche volta lei potrà anche non essere triste, no?

– No, la felicità non esiste. La felicità non esiste, in nessun modo.

– È assoluto nel suo giudizio, Principe.

– Sì, sono assoluto. Nessuno è felicissimo.

– Non ha mai trovato, lei, qualche momento di soddisfazione particolare?

– Effimero. Di pochi momenti.  Di pochi minuti ma poi…

– Stiamo facendo un discorso piuttosto filosofico, vero, Principe? Uno strano discorso soprattutto se consideriamo che al di fuori dei finestrini ci sono gli ammiratori che si assiepano, che sono intenti a scrutarle sul viso, appunto, i segni della celebrità.

– Vedono l’attore superficialmente, vero? Non sanno quello che sta dentro all’attore.

– Lei pensa frequentemente a queste cose, Principe?

– Sempre, sempre.

– E non si dà mai un momento, diciamo così, di superficialità. Quei momenti, così, di riposo intellettuale che un uomo ogni tanto si deve concedere.

– No. Questo no. Io penso sempre. Sono un pensatore. Penso la notte, il giorno, sempre. E penso che in fondo NON SIAMO NIENTE NESSUNO.

– Non siamo niente nessuno?

– Nessuno. Nessuno è niente.

– Allora non vale lottare, Principe?

– No, vale il lottare per gli altri. Per rimanere… qualche cosa agli altri.

– Lei lascerà qualche cosa, Principe?

– Io no. Non lascio niente come non lascia niente nessun attore. Ché noi vendiamo delle chiacchiere.

– Principe, permetta un’obiezione, lei ha costruito tutta una particolare mimica, una particolare interpretazione, una particolare storia sua… personale.

– A che cosa serve tutto questo? Un falegname è più di me. Un falegname lascia una sedia che può vivere nei secoli. Io lascio le mie parole che, dopo una generazione, non se le ricordano più. Diranno chi è quello?… Cos’abbiamo lasciato noi, cosa lasciamo? Niente.

E a tal proposito leggetevi l’intervista anche della Fallaci in cui Totò disse…

Forse vi sono momentini minuscolini di felicità, e sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte. La felicità, signorina mia, è fatta di attimi di dimenticanza.

 

Eh sì, Totò come tutti i grandi comici e clown era profondamente triste. Perché tremendamente realista, e dunque satiro, perché solo le persone realiste, vedendo la realtà nuda e cruda per quello che è, possiedono il dono magico del saperla sdrammatizzare e irridere con brio, retrogusto amaro, sano sfottò. Solo le persone illuse, i poveretti, pensano davvero che possa esistere una realtà migliore della nostra, abominevole e atroce. Allora sognano sempre che un giorno andranno su Marte e si emozionano per Interstellar, e poi guardano 2001 e si annoiano. Perché non è un film new age, è antropocentrico, è caleidoscopico e senziente alla nostra condizione umana. Di animali, qual purtroppo siamo, che fin dapprincipio s’illudono di essere altro, e s’imborghesiscono, aderendo a precetti e schemi mentali che anziché donarci libera felicità spesso ci reprimono e castigano in una dimensione angusta, carceraria, ove sediamo la nostra gaiezza per non scontentare il prossimo e dunque scontentare noi stessi.

Quante volte… sento dire, ah, guarda quel ragazzo, è sempre stato uno studente diligente, con la testa a posto, conoscitore di saggezze e piace alle ragazze. È fresco, simpatico, brillante. Ma che ne sapete voi invece di quel che è davvero quando, nell’intimità della sua scarna nudità, semmai soffre immensamente di non essere uno sciocco o un pazzo, così almeno non capirebbe nulla e godrebbe d’estemporanee idiozie?

Sì, oggi son andato da uno psichiatra, è qualcosa che oramai faccio di gusto e, a intervalli regolari, così come sono le pisciate diurne e anche notturne, vado in cerca di consolazioni futili, pagando fior di quattrini che persone diverse da me spenderebbero per un pompino o una lercia trombata con qualche battona.

No, non mi è di nessuna utilità recarmici. Ma non mi è nemmeno utile parlare della mia anima a gente che semmai respinge a priori ogni mia acuta riflessione, perché intenta a sollazzarsi in un beato, e io dico belato, porcile gozzovigliante al motto del lavora, scopa e non arrecar noie. Ché la noia è sintomatica di malinconia, e qui vogliamo rockeggiare di musica forse pessima ma scacciapensieri.

Prima di arrivare sul posto, dalla macchina ho filmato una bizzarra coppia vicino Porta Saragozza. Elemosinavano soldi e compassione agli automobilisti fermi al semaforo, inscenando uno spettacolino circense con loro acrobati che, terminati gli atti ginnastici, si avvicinavano, ballavano, si davano un bacio e quindi porgevano i rispettivi cappelli per ottenere gli oboli caritatevoli della gente miserevole, indulgente e pietosa.

Ma loro sono contenti. Fanno il loro gruzzoletto, rincasano a tarda sera, si cucinano pane e cicoria e poi selvaggiamente amoreggiano in grazia di Dio.

Al che, arrivo dallo psichiatra. Nonostante la mia maniacale puntualità, ho dovuto aspettare per proverbiali ritardi “professionali”. Prima di me c’era un signore, che a passo felpato e con sguardo già distrutto è entrato a “colloquio”. Lo psichiatra ha lasciato la porta dello studio aperta e io ho bellamente, da menefreghista puro, ho origliato.

– Io non mi riprendo più. Era un bellissimo ragazzo biondo, con gli occhi azzurri.

– Sì, quindi lei è omosessuale?

– No, che ha capito. Mi era tanto caro. Quasi quanto lei. Bellissimo e infatti doveva vedere che pezzi di gnocche che gli ronzavano. Poi ha cominciato a drogarsi, non ha saputo controllarsi e un giorno mi hanno chiamato… e ho visto il lenzuolo, un lenzuolo come quello della Sacra Sindone, che avvolgeva il suo corpo. E da allora… che tragedia!

– Capisco. Deve essere terribile perdere una persona cara.

– Capisce? Era pieno di donne.

– No, scusi, si spieghi meglio. Che c’entrano le donne?

– Sa, io a parte mia moglie non son mai piaciuto molto alle donne. Ma lui era sangue del mio sangue!

 

Sì, la grande tragedia di quell’uomo non era la morte di quella persona, che non ho capito se era suo figlio o suo nipote, ma il fatto che quel ragazzo, essendo morto, non potesse più godersela…

Quello che io definisco transfert sessuale. Lo fanno in molti, la maggioranza a dire il vero. Molti genitori proiettano ai figli le loro aspirazioni, che non sono altro che i loro desideri mai realizzati. Allora vogliono che il figlio diventi avvocato non perché vogliano davvero la felicità del figlio. D’altronde, a mio avviso, un avvocato può fare molti soldi ma campa sulle disgrazie altrui, e quindi solo se possiede un cuore di pietra può essere soddisfatto. E via dicendo.

Quello che credo è che le brave persone lo prendono prima o poi nel culo. Perché troveranno sempre un figlio di puttana che li fotterà. Questo vale anche per le puttane. Ma molte puttane, le più a dire il vero, lo prendono anche in un altro “posto”. Comunque loro sono contente. Non fanno sconti a nessuno.

Ieri pomeriggio invece una donna mi ha espresso il desiderio di conoscermi. E io le ho chiesto se la voglia… d’incontrarmi era adducibile, dico adducibile, alla semplice motivazione che volesse scoparmi.

Lei mi ha risposto con grande onestà… – Perché no?

E io: – Solo questo vuoi? Una botta e via?

– Sì, perché no?

– Perché no. E poi le ho scritto vai a dar via il culo.

 

Sì, d’altra parte cosa resterà di me, una volta morto. Sono la persona, credo almeno in Italia, con più libri pubblicati. Tra selfpublishing, saggi monografici, eccetera, saranno più di una cinquantina di titoli. E mi piace recensire i film. Leggere degli ottimi libri.

Ma, si sa, agli occhi della gente sei valutato solo se guadagni ventimila euro al mese e se hai un lavoro “normale”. Altrimenti sei un mezzo demente.

 

Ho detto tutto. Cosa lascerò? Niente. Perché una modella su Instagram è più di me. Le basta mostrare il suo deretano per essere “seguita” da milioni di persone. Quando si dice che la vita è una questione di c… o. Il teorema è lapalissiano. Solo un ritardato non lo comprenderebbe.

Sì, molta gente non ha mai studiato, si presentava solo alle lezioni per timbrare il cartellino, poi passava il tempo a prendere appunto per il culo i paraplegici, i diversi, i froci, come dicono loro, le persone con una spiccata sensibilità, le persone particolari.

Ma avevano ragione loro. Mi scopriranno da morto. Ma sarò già bello che sepolto.

Al che lo psichiatra mi dice:

– Sa, credo che lei sia gravemente depresso. Sbaglio?

– Se per lei grave depressione significa vedere la vita per quello che è, sì, mi curi. Domani voglio essere uno stronzo qualsiasi. E sbatterlo al primo che capita per fargli capire che sono uno ce l’ha grosso. E che sa sfondare…

di Stefano Falotico

Attori bolliti: Bruce Willis


07 May

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Ebbene, come non potevo inserire in questa rubrica l’oramai rintronato Bruce Willis? Eh sì, mai avremmo pensato che il macho John McClane della saga Die Hard si sarebbe fatto dire, nello spot Vodafone, sei de coccio ma ci sei arrivato dal simpatico ma boccaccesco Giorgio Gobbi. Insomma, che figuraccia…

Forse c’è stato di peggio. Penso a De Niro della pubblicità Beghelli… ma i “cattivi” esempi sarebbero tanti.

Ma torniamo al Bruce. Naturalizzato statunitense fin da subito, ma nato nell’ex Germania dell’Ovest, esattamente a Idar-Oberstein il 19 Marzo del 1955.

Ecco che partecipa a Il verdetto di Sidney Lumet e si fa notare per un paio di godibilissimi film di Blake Edwards, Appuntamento al buio e Intrigo a Hollywood. Ma nel 1988 fa davvero il botto, come si suol dire, e con Trappola di Cristallo diventa immediatamente un’icona dell’action. Parte appunto, come precedentemente accennato, la clamorosa serie Die Hard e Willis, nei panni del poliziotto immarcescibile che si piega ma non si spezza e stermina ogni cattivone, entra dalla porta principale e di diritto nell’immaginario collettivo.

Hollywood impazzisce per lui e anche le donne perdono la testa, tanto che si sposa con l’allora ricercatissima e iper-avvenente Demi Moore. E Willis, senza battere ciglio, gira film come fossero noccioline, incrociando peraltro autori pregiatissimi. E si va da La morte ti fa bella di Robert Zemeckis a Il falò delle vanità di Brian De Palma, dall’hit L’ultimo Boy Scout di Tony Scott al mitico Pulp Fiction di Quentin Tarantino, dall’Esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam ad Ancora vivo di Walter Hill, eccetera eccetera.

Non tutti i film da lui interpretati sono di rilievo, anzi, come dimenticare l’abominevole softcore Il colore della notte?

Ma tutti lo vogliono e Willis è sempre impeccabilmente un duro irresistibile.

Inutile che vi stia a citare tutte le pellicole che interpreta negli anni novanta e nel nuovo millennio. A forza di elencarle tutte c’è da diventar matti.

Dico solo che con Il sesto senso e Unbreakable di M. Night Shyamalan trova altri due ruoli quasi storici. E che Willis in quegli anni si dimostra versatilissimo, passando dai ruoli d’azione pura a commedie brillanti e perfino interpretando parti drammatiche.

Poi, un bel giorno Willis incomincia a girare roba come Setup e altre schifezze immonde della Emmett/Furla e, nonostante gioiellini come Looper e camei nei film di Robert Rodriguez, dal punto di vista attoriale perde quota in maniera sensibile. E precipita a ruota libera.

Il remake di Eli Roth del Giustiziere della notte con lui protagonista doveva portarlo alla ribalta, ma il pubblico non ha affatto gradito e la Critica è stata impietosa.

Lo attendiamo presto in Glass e in Motherless Brooklyn di Edward Norton. Mi parrebbe idiota dirvi che il regista di Glass è Shyamalan e che è il seguito di Unbreakable? Invece ve lo dico, ah ah.

Ma comunque, caro Bruce, a prescindere da questi due titoli, ci deluderai ancora alla grande. D’altronde, i futuri The Bombing e Reprisal sono certamente, come no, film che ti faranno “onore”.

Insomma, anche Bruce è invecchiato e maluccio.

 

di Stefano Faloticoattori-bolliti-bruce-willis-03

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