Ebbene, partiamo dall’inizio. Stamattina, alle ore 8 e 15, forse 16, ecco che entro nel solito bar di cinesi ove mi reco da circa un mese, forse di più, a questa parte. Sì, prima andavo dal mio amico Giorgino (nome italico che usa per farsi accettare dagli italiani, anche se invero si chiama all’anagrafe Zhang) ma, come già scrissi (addivenite a quel pezzo, peraltro molto poetico, e rinvenitelo sempre qui, scartabellando…), improvvisamente chiuse il bar, al che optai per un’altra meta, sempre di suoi conterranei. Atmosfera deliziosa, pochi clienti. Quindi, mentre ordinai una pasta mignon, in questo posto poco frequentato dalle mignottine, entra nel locale una faccia che non mi è nuova, quella del Broccanello, un mio condomino. Un trofolo. Il trofolo, parola che non esiste in italiano, ma che in dialetto meridionale significa tipo simpatico e tracagnotto, un po’ alla Lino Toffolo, si distingue per la sua corporatura grassottella, ed è pienotto sulle guanciotte. Il Broccanello che ci faceva lì? Mi disse confidenzialmente che lavora da quelle parti, e spesso si ferma in quel bar prima d’iniziare a sudare. E come mai in questo bar ci vado sempre e prima non l’avevo mai visto? Perché stamattina ci son andato prima del solito e lui va a lavorare verso quell’ora. Tutto spiegato.
Comunque, sempre oggi, subito dopo pranzo, di nuovo mi sono recato in tale bar. Ho bevuto il caffettino e son tornato a casa. Nel tragitto, ecco che noto un’altra faccia che non mi è nuova. Mi parve subito quella del Palacio, centravanti di classe del mio Bologna Football Club. Ma no, non poteva essere lui. Palacio, un calciatore miliardario, anziché avere il macchinone, andava in giro con un’anonima Smart bianchissima. Ma non demordo e accelero, fin a sostare al semaforo rosso. Senza dare nell’occhio, sbircio meglio. Ma certo… è proprio lui, ha perfino quel codino assurdo nonostante sia “pelato” come Bruce Willis. Non è proprio un codino, ma una ciocca di capelli che lui si fa crescere per forgiare di stramberia la sua acconciatura e distinguersi. Sì, così è più facile riconoscerlo, e infatti lo riconobbi immediatamente. Lui fa finta che non sia lui, io faccio finta di non aver capito di sapere che è il centravanti del Bologna. Quindi, in una mossa da vero paparazzo, mentre sta per imboccare il tunnel di Via Prati di Caprara, ecco che colgo l’attimo e lo fotografo. Lui intuisce che sto “aggeggiando” per immortalarlo e si mette la mano sul mento, coprendosi il volto. Comunque, che mi crediate o meno, che si veda appena o no… è lui, è inconfutabile.
Ah, in tv sembrava più possente. Invece, è parecchio magrolino, uno sfigatello.
Vabbe’, ho una macchina migliore della sua. Una Punto…
Prendiamola così, su.
Perdonate se in questo scritto ho usato il presente, l’imperfetto e poi il passato remoto. È che io cambio i verbi ma non venderei Verdi al Napoli e neppure all’Inter.
E ricordate: il Genius, che sono io, vede tutto, sa tutto, anche quando non vede e non sa un cazzo. E non esistono tattiche per mandarlo fuorigioco. Eh sì. È un fuoriclasse, uno splendido fantasista, un fluidificante, inutile marcarlo a uomo o a zona. Dribbla di cervello fino e s’incunea ficcante.
di Stefano Falotico
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